Architettura e Monumenti 3. 3.1. Il centro monumentale 3.2. Le architetture medioevali 3.3. Le architetture rinascimentali 3.4. Le architetture del ‘600 e ‘700 3.5. Faenza capitale del neoclassico 3.6. Le architetture del ‘900 3.7. Chiese ed edifici religiosi Architettura e Monumenti Faenza medievale, rinascimentale, neoclassica, aspetti non discordanti di una città ricca di testimonianze artistiche e legata al proprio passato. Si prova un piacere sottile a passeggiare per le strade e a penetrare nell’anima della città. Una città madre di illustri architetti, di raffinati decoratori o anche semplicemente di anonimi artigiani, ma non per questo meno valenti, che nei palazzi, nelle chiese o in certi dettagli esterni o interni hanno diffuso quel gusto del bello, quel senso classico della misura e dell’eleganza che ha sempre contraddistinto il volto di Faenza. “Piccola Atene della Romagna” è l’appellativo che Faenza si era guadagnata nel IX secolo grazie alla sua vivacità culturale e artistica. Le famiglie nobili locali hanno arricchito il centro storico con le loro dimore progettate da valenti architetti e decorate internamente con splenditi affreschi; per iniziative del clero e, in seguito, dell’Amministrazione Pubblica e dei privati cittadini sono sorte biblioteche specializzate e musei. A Faenza è sempre esistito ed esiste tuttora un vasto patrimonio architettonico e culturale. Le prime opere murarie risalgono all' VIII secolo quando Faenza viene cinta di mura per la difesa dai Longobardi. Ma è dal XIV secolo e cioè con la Signoria dei Manfredi, che Faenza vive il periodo di maggior splendore e anche il periodo dello sviluppo della ceramica, elemento che caratterizzerà nei secoli la vita economica e culturale della città. In questo periodo viene ingrandito e abbellito il Palazzo del Popolo, costruito il Duomo, ingrandite le mura della città. Nel 1501 Faenza passa sotto il dominio del papato e vi rimane fino alla seconda metà del XIX secolo (1859), quando la Romagna, dopo la parentesi napoleonica e il ritorno al papato, con grande gioia e sollievo dei faentini, viene annessa al Regno di Sardegna. Il novecento poi segna un periodo florido per la città. Si moltiplicano gli scambi commerciali grazie alla realizzazione di un importante nodo ferroviario che collega Faenza con i maggiori centri commerciali ed inoltre viene realizzata l'Esposizione Torricelliana (1908), importantissima manifestazione economica, visitata anche dal Re, che dà notorietà nazionale alla città. Oggi Faenza è ricca di monumenti e soprattutto di un'arte, la ceramica, che l‘ha resa famosa in tutto il mondo. Tra gli altri beni monumentali del centro storico, Palazzo Milzetti (1795-1802), significativo esempio di palazzo neoclassico, ora Museo nazionale dell’Arte Neoclassica in Romagna e il Teatro Masini (1780-1787), uno dei più bei teatri italiani. In prossimità della città, nelle verdi vallate di Marzeno e del Lamone, numerose sono le ville gentilizie del settecento e dell’ottocento immerse in nobili parchi o annunciate da lunghi viali di cipressi. Tra tutte si ricordano «La Rotonda», costruita tra il 1798 e il 1805 su progetto di Giovanni Antonio Antolini, e la Villa Case Grandi dei Ferniani, celebre per la sua raccolta di ceramiche provenienti dalla manifattura attiva a Faenza nel XVIII e XIX secolo.
3.1. Il centro monumentale Piazza del Popolo Piazza della Libertà Palazzo Comunale Palazzo del Podestà Duomo Fontana e Torre Il cuore del centro storico è costituito dalle due contigue Piazze della Libertà e del Popolo: la prima, su cui prospetta la cattedrale, la seconda, con i palazzi comunali porticata su ambedue i lati. Costituitesi in epoca medioevale come ideale continuità fra centro religioso e civile, perciò non separate, hanno avuto successive trasformazioni in epoca rinascimentale. Lungo il lato orientale di Piazza della Libertà si erge la splendida Cattedrale, una delle più alte espressioni dell’arte rinascimentale in Romagna, di chiara influenza toscana. Sorge su un'area sopraelevata (il Poggio di S. Pietro), sede di una Basilica del V secolo. La sua costruzione, su progetto dell' architetto fiorentino Giuliano da Maiano, fu iniziata nel 1474 dal vescovo Federico Manfredi, e fu terminata agli inizi del XVI secolo, ma la sua consacrazione si ebbe solo nel 1581. La facciata è in cotto a mattoni dentati. Il progetto iniziale contemplava un completo rivestimento marmoreo, ma nella realizzazione questo fu limitato al basamento. L’interno, a tre navate, con riferimenti evidenti al S. Lorenzo fiorentino del Brunelleschi, custodisce numerose opere d’arte del periodo rinascimentale, soprattutto sculture, tra cui le due arche di S. Terenzio e S. Emiliano di scuola toscana del Quattrocento e l’arca di S. Savino, forse scolpita a Firenze da Benedetto da Maiano. Piazza del Popolo è delimitata dalle due ali porticate a doppio ordine che le conferiscono un carattere scenografico: l’attuale aspetto è relativo ad un intervento ottocentesco che rispecchia l’immagine concepita nel corso del ‘700. I portici nascondono in parte il Palazzo del Podestà, di forme duecentesche, ma largamente restaurato ai primi dell’ottocento con l’aggiunta della merlatura. Conserva alcuni capitelli romanici nel sottostante voltone e la grandiosa Sala dell’Arengo al primo piano. L’antico Palazzo del Capitano del Popolo (ora del Municipio) divenne sede della signoria manfrediana e fu dotato di portico a due ordini, così da costituire il modulo per il successivo allungamento della loggia fino al raggiungimento della attuale forma. Tutto il complesso ebbe poi una radicale trasformazione nel settecento, quando divenne sede del governo pontificio ed il fronte sul Corso Mazzini fu realizzato in temperate forme barocche da G.B. Boschi. Si accede al piano superiore attraverso una scala settecentesca a due rampe e, da un grande salone cassettonato, si raggiungono le sale di rappresentanza fastosamente affrescate dai bolognesi V. M. Bigari e S. Orlandi nel 1728; la prima sala detta “del Sole”; la seconda, detta “delle Stelle”, fu sede della Convenzione di Faenza a seguito della quale Ferrara venne ceduta alla Santa Sede nel 1598; infine la terza, detta “delle Rose”; tutte hanno soffitti decorati con motivi architettonici illusionistici, con figure che si aprono a sfondati celesti. A fronte del Duomo fu costruito il Portico degli Orefici, intorno al 1604-1611; sulla destra della scalinata si eresse la Fontana monumentale, ideata da padre Domenico Paganelli, inaugurata nel 1621; realizzata in pietra d’Istria e in bronzo è notevole esempio di plastica barocca; le figure modellate: leoni e draghi allusivi alle immagini araldiche del Comune di Faenza e di Paolo V Borghese. A sinistra, prima dell’ingresso alla piazza del Popolo, sorge la Torre dell’Orologio di origine seicentesca, disegnata sempre dal Paganelli; l’attuale, che è fedele ricostruzione di quella originaria distrutta dagli eventi bellici nel 1944, consta di vari ordini sovrapposti su basamento a forte bugnato, nel primo ordine bella ringhiera in ferro ed edicola contenente una statua seicentesca della Vergine, opera di F. Scala ricomposta dopo la distruzione. inizio sezione
3.2. Le architetture medioevali S. Maria Ad Nives Chiesa dei Caduti Affreschi Complesso della Commenda Entro le maglie del tessuto cittadino, di carattere prevalentemente Sette-Ottocentesco, emergono resti, più o meno cospicui, della Faenza medioevale, interessanti per il loro distribuirsi entro un’area abbastanza dilatata, che consentono di percepire il nuovo assetto monumentale che, sui resti della Faventia romana, dall’alto medioevo al compimento del XIV secolo, la città è andata assumendo. La chiesa di S.Maria ad Nives (S. Maria Vecchia), eretta “extra moenia” a sud della via Emilia intorno al VI-VII secolo, è la più antica basilica cristiana cittadina di cui sussistano consistenti vestigia. Il più importante documento dell’architettura cittadina nel periodo alto medioevale è costituito dalla cripta della chiesa dei SS. Ippolito e Lorenzo. Delle numerose chiesette che già tra l’XI ed il XII secolo erano distribuite in tutta la città, la meglio conservata è quella di S. Bartolomeo (C. Matteotti), che conserva il campanile e l’abside di età romanica. La facciata e l’interno, in cui appaiono resti di affreschi recentemente restaurati, furono rifatti in stile mediovaleggiante dopo la prima guerra mondiale, quando fu destinata a Tempio dei Caduti. Nell’ultimo trentennio del XII secolo si dette inizio alla costruzione del Palazzo del Podestà che presenta nella parte inferiore interessanti capitelli romanici; al primo piano si sviluppa la grandiosa Sala Dell’Arengo costruita tra il 1230 e il 1256 che si apre con belle finestre polifore verso la piazza Martiri della Libertà. L’interessante chiostro ad archetti gotici, impostati su pilastri, visibile dal vicolo San Giovanni Battista n.11, è l’unica parte superstite del Monastero Camaldolese di San Giovanni Battista. Alla prima parte del XIV secolo è quasi sicuramente da riferirsi la decorazione ad affresco della sale delle udienze nel Palazzo Vescovile. Vi appaiono i resti di una finestra polifora ed importanti frammenti di affreschi, con solenni figure di sante dalle vesti nobilmente drappeggiate, nella parete nord, ed il Trionfo della morte, nella parete est, attribuiti a pittore riminese (1330-1340). Complesse sono le vicende del più antico edificio religioso del Borgo Durbecco: la chiesa, già dedicata a S. Maria Maddalena, detta la Commenda (c.so Europa), con l’annesso Ospizio del S. Sepolcro: l’edificio originale risale ai primi decenni del XII secolo, e di esso resta ben poco. L’abside attuale e parte del campanile si datano alla metà del XIII secolo ed alla fine dello stesso secolo il portico lungo il lato sinistro della chiesa. Agli inizi del Duecento, la chiesa era già Commenda dei Cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, poi Cavalieri di Malta. A fra’ Sabba da Castiglione che, dopo essere stato procuratore generale dell’Ordine di Malta, nel 1518 si ritirò nella Commenda faentina, si devono vari interventi di trasformazione del complesso. L’interno della chiesa a navata unica coperta con volta ospita resti di affreschi trecenteschi di derivazione veneta. Nel catino absidale il pittore Girolamo da Treviso nel 1533 dipinse la Madonna in trono e fra’ Sabba con le insegne dell’ordine, in ginocchio. Sulla parete di sinistra sono visibili un affresco con Madonna e Bambino e il sepolcro di fra’ Sabba; sopra la lastra tombale F. Menzocchi ritrasse ad affresco monocromo fra’ Sabba inginocchiato tra il Battista e la Maddalena in atto di venerare la Vergine. La residenza, recentemente ristrutturata, è composta di vari ambienti; in particolare interessante è la saletta rettangolare con volte e bei capitelli angolari. Le stanze si affacciano su un chiostro che reca nel registro superiore una iscrizione dettata dal Castiglione stesso. inizio sezione
3.3. Le architetture rinascimentali Case Manfredi Loggia degli Infantini Chiostro dei Servi Cattedrale Santo Stefano Vetere Rocca di Oriolo La città, durante tutta la prima metà del Quattrocento, condivise con le altre città romagnole una cultura di ‘gotico fiorito’, le cui espressioni più significative si incontrano oltre che in campo pittorico, anche architettonico: è diffusa una particolare tipologia di palazzetti caratterizzati dalla superficie esterna in mattoni a vista ben levigati, ripartita ed ornata da marcapiani e cornici in cotto a motivi geometrici o vegetali e con logge interne sempre decorate con formelle in cotto. Il complesso più rappresentativo è costituito dalle Case Manfredi e Ragnoli, situate tra le vie Manfredi, Torricelli e Comandini. La più interessante, attigua alla Biblioteca Comunale, è posta sull’angolo tra via Manfredi e via Comandini. Nel trecento apparteneva ad un ramo dei Manfredi; sul lato che si affaccia su via Comandini vi sono resti, purtroppo deperiti, di marcapiani e di cornici in cotto attorno alle finestre. Notevole è il cortile interno, con finissime decorazioni in cotto nelle arcate e resti di affreschi quattrocenteschi. La fronteggiano sul lato di via Manfredi le case Ragnoli; un marcapiano con motivi floreali in cotto ben conservato si sviluppa per un bel tratto. Alla medesima tipologia è riferibile la Loggia della casa di Dio o dell’Ospedale Grande o degli Infantini (c. Mazzini 70), risalente agli inizi del Quattrocento (1425 c.) Le colonne e le arcate, sottolineate con cornici dai delicati rilievi, sono state in gran parte rifatte su modelli originali, la parte superiore è invece dovuta al completamento ottocentesco di Achille Ubaldini. Strutture architettoniche siffatte ebbero una discreta diffusione, infatti, percorrendo i corsi principali od affacciandosi sulle vie laterali, non di rado si possono scorgere frammenti delle caratteristiche cornici in cotto, che restauri recenti hanno messo in evidenza. Altro interessante esempio di architettura di tale periodo ci è fornito dai resti del più antico chiostro del convento dei Servi (oggi Biblioteca Comunale in via Manfredi) in cui uno dei capitelli reca le iniziali di Karolus e Zanone Zanelli, importanti ceramisti faentini della metà del XV secolo, probabili committenti dell’opera. Con l’avvento al potere di Carlo II e del Vescovo Federico, la politica urbanistica manfrediana si volse a progetti di grande respiro e di elevatissimo costo economico, superiore alle reali possibilità di una piccola signoria. La costruzione della nuova moderna Cattedrale è indubbiamente l’espressione più esaltante di tale politica, ma non ne costituisce un fatto isolato. Contemporaneamente agli inizi dei lavori della Cattedrale, la corte manfrediana decise di rinnovare la propria chiesa parrocchiale dedicata a S. Stefano. Realizzatore della opera fu Lapo di Pagno Portigiani che già era intervenuto nella costruzione del Duomo e che probabilmente, anche in questo caso, si avvalse di un progetto fornito da Giuliano da Maiano. Ispirata alle costruzioni a pianta centrale del rinascimento toscano, la potente mole a struttura ottagona di quel che fu poi detto il Santo Stefano Vetere (via S. Stefano) si eleva in un crocevia di vicoli dal percorso sinuoso. Le sfortunate vicende che ne hanno completamente cancellato l’interno, adibito da lungo tempo agli usi più diversi, ed erosa la superficie esterna, non consentono di valutare appieno la qualità dell’edificio, che doveva essere insigne. Del medesimo periodo e probabilmente con le medesime maestranze dovette essere realizzata anche la Rocca di Oriolo, posta a difesa della città sulle prime colline. La soppressione delle signorie di Romagna ad opera del Valentino pose fine alle grandi imprese archittettoniche, mentre nel campo della pittura e della scultura si svolgeva un’attività intensa, come dimostrano le numerose opere, spesso di apprezzabile qualità stilistica, tuttora presenti nelle chiese o raccolte nella Pinacoteca; personaggi quali Jacopo Bertucci e Pietro Barilotto sapevano esprimersi con efficacia ed autonomia di linguaggio entro il variegato mondo dell’arte italiana. inizio sezione
3.4. Le architetture del ‘600 e del ‘700 Chiese Torre e Portico degli Orefici Palazzo Mazzolani Architetti Faentini Palazzi Cavina e Ferniani Con l’aprirsi del secolo XVII pochi sono, dal punto di vista architettonico e urbanistico, gli interventi che si registrano in città, che sostanzialmente mantiene le caratteristiche di un centro medioevale e rinascimentale. Si hanno, però, importanti opere di architettura religiosa che introducono il nuovo gusto barocco di ascendenza romana; la chiesa del S. Nome di Gesù, ora di S. Maria dell’Angelo, del 1621, col pregevolissimo inserto dell’altare Spada completato dal Borromini, la chiesa di S. Filippo Neri o del Pio Suffragio, dalla bella facciata in laterizio, il rifacimento della vetusta basilica benedettina di S. Maria ad Nives. La Piazza maggiore comincia ad assumere l’attuale fisionomia con l’innalzamento della Torre dell’Orologio ad opera di padre Domenico Paganelli (1545-1624) fin dal 1604, il portico detto degli Orefici di fronte al Duomo (1604-1611) e, soprattutto, la Fontana monumentale ideata dal padre Paganelli, disegnata nei particolari da Domenico Castelli e completata nel 1621. Alcuni palazzi gentilizi, come l’imponente incompiuta mole del palazzo Mazzolani della fine del secolo, il corpo vecchio di palazzo Ferniani di forme tardo cinquecentesche, il palazzo Spada poi Strozzi, rappresentano attraverso l’accentuazione volumetrica dei corpi, rispetto all’edilizia preesistente, un segno di affermazione e di prestigio di importanti casate locali. Con il secolo XVIII, Faenza vede un radicale processo di ristrutturazione, con la perdita delle testimonianze medioevali. Nella febbrile attività edilizia, che ha come fautori architetti e costruttori faentini, da Carlo Cesare Scaletta a Raffaele e Giovanbattista Campidori, al Boschi ed al Tomba, a progettisti bolognesi come Alfonso Torreggiani e Francesco Tadolini, la maggior parte delle chiese, dei conventi e dei palazzi viene rifatta nelle forme di un barocchetto elegante, con preziosi rivestimenti in stucco ad opera di maestranze di origine ticinese. Giovan Battista Campidori (1726-178?) è l’esponente più qualificato di questo periodo ed evidenzia una particolare immagine architettonica, negli interni di candida spazialità e negli esterni connotati da riquadrature di lesene a telaio. La sua opera più importante è l’Ospedale degli Infermi, con l’annessa chiesa di S. Giovanni (c. Mazzini): realizzato nel 1752 e concepito secondo criteri di funzionalità, rispecchia, specialmente nella facciata, il senso di un ‘illuminismo’ architettonico di particolare interesse. Per quanto concerne l’architettura civile, diversi sono i palazzi gentilizi che vengono costruiti, con caratteri ricorrenti: uso del cotto a vista, sagomatura delle finestre dai timpani mistilinei, soluzioni angolari smussate o cernierate, sono variamente interpretati dallo Scaletta, dal Campidori e dal Boschi. Palazzo Naldi, poi Cavina (v. Castellani), presenta una bella soluzione del portale in pietra raccordato alla finestra col balcone e l’angolo sinistro cernierato; palazzo Bertoni-Bracchini (v. XX Settembre), attribuito alla collaborazione tra Scaletta e R. Campidori, con uno scalone scenografico completato da ballatoio e ringhiera; palazzo Zanelli-Pasolini (c. Mazzini) soprattutto per la forma delle finestre dalle eleganti profilature rococò; palazzo Ginnasi-Ghetti (c. Matteotti) dalla grandiosa facciata con forti bugnature angolari e con pregevoli stucchi alle finestre. Palazzo Ferniani (v. Naviglio) consta di due parti, una seicentesca in corrispondenza del portale d’ingresso, e una settecentesca eretta nel decennio 1740-50. L’imponente facciata, tutta in laterizio, è a tre ordini di finestre, quelle del piano nobile hanno timpani decorati; particolarmente felice è la soluzione angolare con ampia smussatura dove, una nicchia contiene la statua marmorea dell’Immacolata. All’interno, salito lo scalone, si apre il grande salone delle feste, decorato a stucchi e, alle pareti, da due belle vedute prospettiche di ambito bolognese dipinte alla maniera del Mirandolese. Dalla porta a sinistra si accede alla cappella, ricca di stucchi dorati sulla volta e con bellissimo pavimento in maiolica decorata del settecento. inizio sezione
3.5. Faenza Capitale del Neoclassico Architetti: Pistocchi e Tomba Artisti: Giani e Trentanove Teatro Comunale Palazzo Milzetti Alla fine del secolo XVIII, la città vede ancora un grande momento di trasformazione architettonica in particolare nell’edilizia civile, ad opera di artefici locali: Giuseppe Pistocchi (1744-1814), Giovanni Antolini (1754-1841), Pietro Tomba (1774-1846). Essi contribuiranno a creare il volto neoclassico della città. Nel 1780 Francesco Tadolini realizza il disegno per il palazzo Laderchi-Zacchia, (angolo via XX Settembre e Corso Garibaldi); l’esterno ha forme neocinquecentesche che preludono al neoclassico. Al piano nobile si trovano decorazioni pittoriche tardo-settecentesche, ma è l’aspetto neoclassico che si impone con le decorazioni di Felice Giani, Gaetano Bertolani e Antonio Trentanove. Di particolare unità stilistica e bellezza sono la Galleria delle feste del 1794 con le storie di Amore e Psiche e lo studiolo ellittico dedicato all’astronomia. Il Teatro Comunale “A. Masini” è una delle opere più significative della cultura artistica faentina. L'edificio fu progettato e costruito tra il 1780 e il 1787 dall' architetto G. Pistocchi su richiesta dell'Accademia dei Remoti. L'interno è a pianta a ferro di cavallo ed è fornito di quattro ordini di palchi, separati da colonne di vario stile. La fascia superiore è abbellita da venti statue raffiguranti divinità dell'Olimpo. Le decorazioni plastiche sono opera del Trentanove. Palazzo Milzetti (oggi Museo Nazionale dell’Arte Neoclassica in Romagna) rappresenta uno dei più ricchi e significativi esempi di Palazzo neoclassico. La facciata è opera del Pistocchi. L' interno presenta bellissime decorazioni eseguite nei primi anni dell' Ottocento dal Giani e dagli stuccatori Trentanove e Graziani. Degne di rilievo sono la sala da pranzo, l'antibagno ovale, la sala ottagonale "Tempio di Apollo", la sala delle feste "Galleria di Achille" e la sala col Giuramento di Annibale. Il palazzo Gessi in c. Mazzini, fu progettato da Giuseppe Pistocchi nel 1785 in forme neorinascimentali, lo scalone si adorna di una statua di Ercole del Trentanove, mentre le sale del primo piano hanno decorazioni pittoriche del Giani. Dal lato opposto del corso si trova il palazzo Conti-Sinibaldi, sempre disegnato dal Pistocchi nel 1786, con all’interno la grande Galleria affrescata dal Giani, che fu purtroppo danneggiata dalla guerra. Tra le case ideate dal Pistocchi, si ricorda l’elegante casa Morri ora Gaudenzi (in c. Mazzini) e, nella stessa strada, verso la Piazza, la casa Pistocchi che l’artista costruì per sé, intorno al 1790, in lineari forme neoclassiche. A Pietro Tomba si deve la maggior parte delle architetture che hanno contribuito a dare quell’impronta classicheggiante-purista che tuttora conserva il centro storico faentino. Al fondo del lungo viale di platani, lo “stradone”, fu edificata dal Tomba nel 1824 la prospettiva con nicchione centrale e due fontane laterali, nota come il “Fontanone”. In c. Mazzini, l’antica chiesa parrocchiale di S. Vitale fu riedificata in forme neoclassiche: particolare è la facciata con timpano e grande arcone con lunetta di tipo termale di tipologie palladiane. Tra le case tombiane più significative per i ritmi delle lesene, delle finestre e per i lievissimi aggetti delle superfici, ornate da rilievi del plasticatore Ballanti Graziani (1762-1835), si ricordano casa Bubani, casa Passanti e casa Guidi. A cavallo tra i due secoli diversi sono gli esempi architettonici che vedono inseriti piastrelle e pannelli in maiolica di raffinata qualità ad opera delle manifatture ceramiche faentine; significativi esempi, tra eclettismo e liberty, sono la casa Albonetti e casa Matteucci progettata come la prima da G. Casanova con superbi ferri battuti dei Matteucci e decorazioni in maiolica dei fratelli Minardi. inizio sezione
3.6. Le architetture del ‘900 Il Liberty Il Fascismo Il Dopoguerra Il PRG ’96 Bioarchitettura Nel campo dell’architettura il ‘900 è un secolo ben rappresentato a Faenza. Il periodo liberty, nei primi due decenni del ‘900, consegna alla città un vasto repertorio, in cui l’architettura si fonde con le cosiddette arti minori: applicazioni ceramiche, pitture, ferri battuti, ebanisteria. Molti sono gli interventi riconducibili al periodo liberty che ritroviamo nel centro storico e nella prima periferia. Eclatanti esempi sono rappresentati da Palazzo Matteucci in Corso Mazzini, casa Albonetti in P.zza della Libertà, l’albergo Vittoria in Corso Garibaldi, Villa Caroli nel Viale della Stazione (viale Baccarini). Un intervento di epoca fascista (il Palazzo delle Poste) ignorato per anni viene giustamente ricompreso fra gli edifici di valore del Prg e per questo da tutelare. A differenza di molte città dove l’ultima architettura risale al periodo fascista, si registra in Faenza, dagli anni ’60 alla metà degli anni ’90, l’attività dell’arch. Filippo Monti che ha realizzato interventi, soprattutto residenziali, alcuni dei quali senza dubbio appartengono alla storia dell’architettura. Ma è negli ultimi ani del ‘900 che, un nutrito gruppo di architetti, ispirandosi anche ai principi della bioarchitettura, sta lasciando un forte segno nella città. Si citano fra le opere di architettura più importanti la sede della società Caroli, vicino all’autostrada, il complesso di S.Antonino in Borgo e le nuove costruzioni nell’area ex Omsa. Gli innovativi criteri della bio-edilizia hanno ispirato la progettazione di due quartieri bioclimatici pubblici di grande rilevanza: il Peep di S. Lucia e l’area residenziale pubblica S. Rocco. inizio sezione
3.7. Chiese ed edifici religiosi Cattedrale Santa Maria Ad Nives Santi Ippolito e Lorenzo Complesso della Commenda Pievi Di pregevole interesse storico - artistico sono gli edifici di carattere religioso nel territorio faentino. Innanzitutto, entro la cinta delle mura storiche, la Cattedrale, dedicata a S.Pietro, che sorge nel centro della città. L’attuale costruzione del 1474, sostituisce una più antica chiesa di epoca medioevale, eretta per volontà dei Manfredi ad opera dell’architetto toscano Giuliano da Maiano è in Romagna una notevole testimonianza di quello stile rinascimentale di matrice brunelleschiana integrato da elementi e caratteri di tradizione emiliana. Conserva opere plastiche e pittoriche dal XV al XVIII secolo tra le quali le arche quattrocentesche di S.Savino, S. Terenzio e S. Emiliano di autori toscani e l’affresco con l'effigie della Madonna Patrona della città, custodita nella cappella della B. Vergine della Grazie. Di origine medioevale (VI secolo) è la Chiesa di S. M. ad Nives, detta anche “Foris Portam”, rifatta nel 1655 conserva segni dell’antica costruzione, in particolare il bellissimo campanile ottagonale con serie di bifore e trifore del X-XI secolo. La Chiesa dei SS. Ippolito e Lorenzo, appartenente ai monaci camaldolesi, è di origine medioevale anche se l’aspetto attuale si deve al tardo ‘700, la cripta sottostante il presbiterio è del X-XII secolo e presenta importanti elementi romani e bizantini. Anche la Chiesa di S. Maria Maddalena o della Commenda è di origine medioevale, presenta forme romaniche e gotiche arricchite nell’abside da pregevoli affreschi del 1533. Annessa al convento dei Padri Predicatori si trova la Chiesa di S. Domenico: di origine duecentesca fu rinnovata in forme tardo settecentesche da F. Tadolini. Già dei Gesuiti la Chiesa di S. M. dell’Angelo costruita nel 1621 esemplifica lo stile chiesastico della controriforma, custodisce nel suo interno ad aula uno splendido altare disegnato dal Borromini. Altre chiese cittadine da segnalare sono la Chiesa di S. Francesco e il Santuario del S. Crocefisso. Altrettanto ricco è il territorio circostante la città. Salendo le colline nella vicina Brisighella si trovano la Collegiata di S. Michele e la Chiesa - Santuario della B. V. del Monticino, di epoca barocca. Proseguendo la strada verso Marradi si incontra la Pieve di S. Giovanni in ottavo o del Tho, importante edificio medioevale, caratterizzato da colonne e capitelli tardo romani fu per secoli l’unica pieve dell’alta vallata del Lamone. Giunti poco dopo Marradi si segnala il complesso di Badia del Borgo risalente al secolo XI e che ha ospitato dal 1109 e per un lungo periodo i Monaci Vallombrosani. Di maggior rilievo, nell’Appennino tosco-romagnolo, è invece l’Eremo di S. Barnaba a Gamogna, fondato da S. Pier Damiani verso il 1053 e destinato a monaci eremiti che vi conducevano una vita molto austera. Soppresso nel primo trentennio del secolo XVI, divenne chiesa parrocchiale, rimanendo tale fino agli anni cinquanta quando finì in totale abbandono. La chiesa e l’edificio monastico sono stati recentemente restaurati ed adibiti a luogo di ritiri spirituali, diretti da una comunità monastica. Tornando in pianura di pregevole interesse sono la pieve di S. Pietro in Sylvis, nella campagna presso Bagnacavallo con forme architettoniche ravennati protoromaniche che presenta sulla parete absidale un importante ciclo di affreschi di scuola riminese del Trecento, e la Chiesa del Santo a Cotignola di origine tardo quattrocentesca con forme gotiche. inizio sezione