Terapia dell`Alzheimer: stato dell’arte

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Transcript della presentazione:

Terapia dell`Alzheimer: stato dell’arte Dr. Francesco Colella Albino Medico geriatra LUGANO Clinica Parco Maraini 30.05.2012

WHY HAVE WE FAILED TO CURE ALZHEIMER’S DISEASE? 12th International Stockholm/Springfield Symposium on Advances in Alzheimer Therapy 9-12 Maggio 2012 WHY HAVE WE FAILED TO CURE ALZHEIMER’S DISEASE? Amos D. Korczyn, Sackler School of Medicine, Tel-Aviv University, Ramat-Aviv 69978, Israel

PERCHE` NON VI E` ANCORA UNA CURA? Abbiamo realmente capito l’origine patogentica dell’AD ? Concetto del «one protein» «one disease» «one pill» non valido per l’Alzheimer che risulta dalla combinazione di piu` processi patogenetici» La battaglia contro la malattia di Alzheimer va iniziata quando il soggetto è nella mezz’età, dopo si curano i sintomi!

Santa Maria della scala a Siena : sala del pellegrinaio (particolare dell’affresco di Domenico di Bartolo)

Alzheimer disease :clinical trial and drug development. F Alzheimer disease :clinical trial and drug development . F.Mangialasche (The Lancet 2010)

Dal passato !!

THE CHALLENGE OF TREATING PRODROMAL ALZHEIMER’S DISEASE PATIENTS 12th International Stockholm/Springfield Symposium on Advances in Alzheimer Therapy Maggio 2012 THE CHALLENGE OF TREATING PRODROMAL ALZHEIMER’S DISEASE PATIENTS Serge Gautheir, McGill Center for Studies in Aging, Montreal, QC, Canada Al presente !!!

IPOTESI COLINERGICA INSUFFICENZA SINAPTICA

Patogenesi dell’Alzheimer (beta-amiloide)

GROVIGLI NEUROFIBRILLARI (NFT)

Storia naturale Alzheimer e terapia. Farmaci sintomatici Brain Aging ARCD Brain Aging DMD Lieve Stato cognitivo MCI Moderato Moderato-grave ALZ clinico Grave Età (anni) Ferris, 4/03

12th International Stockholm/Springfield Symposium on Advances in Alzheimer Therapy Maggio 2012 TAMING BETA-AMYLOID: IS THAT THE SOLUTION? Ezio Giacobini, University of Geneva, Medical School, Dept. Internal Medicine, Rehabilitation and Geriatrics, Geneva, Switzerland

TERAPIA : STATO DELL` ARTE PREVENZIONE (FARMACOLOGICA –NON FARMACOLOGICA) TERAPIA NON FARMACOLOGICA TERAPIA SINTOMATICA TERAPIA «DISEASE MODIFYNG»

PREVENZIONE La stessa delle malattie cardiovascolari Protezione dai principali fattori di rischio cardiovascolari. Esercizio fisico costante Mantenute relazioni sociali Buon livello culturale-intellettuale Alimentazione sana/antiossidanti

PREVENTION OF ALZHEIMER’S DISEASE, IS IT POSSIBLE? Miia Kivipelto, A. Solomon, F. Mangialasche, T. Ngandu3, R. Rauramaa4, T. Laatikainen3, J. Tuomilehto4, H. Soininen2 1Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden; 2University of Eastern Finland, Kuopio, Finland; 3National Institute for Health and Welfare, Helsinki, Finland; 4University of Helsinki, Helsinki, Finland The Finnish Geriatric Intervention Study to Prevent Cognitive Impairment and Disability (FINGER) is ongoing multi- domain intervention designed to delay cognitive impairment among risk individuals. The 2-year intervention has four main components: nutritional guidance; exercise; cognitive training and social activity; monitoring/management of vascular risk factors.

TERAPIA NON FARMACOLOGICA Terapia di stimolazione cognitiva (solo nelle fasi iniziali) Interventi multidimensionali e multidisciplinari Educazione e formazione dei care-givers Supporto per i care givers NON PHARMACOLOGICAL INTERVENTION AND CAREGIVER SUPPORT Orazio Zanetti, IRCCS, Centro S.Giovanni di Dio-Fatebenefratelli, Brescia, Italy

TERAPIA SINTOMATICA SINTOMI COGNITIVI : Anticolinesterasici (fasi iniziali- moderate) e Memantina (approvato per le fasi moderate-gravi ) SINTOMI NON COGNITIVI (psiche comportamento): neurolettici antidepressivi ecc.

Farmaci attualmente approvati per il trattamento della Demenza di Alzheimer

Anticolinesterasici Efficacia: miglioramenti nelle facoltà cognitive fino a 6 mesi di trattamento nei soggetti con malattia di Alzheimer di grado lieve-moderato. Nessuna differenza di efficacia fra i 3 anti-colinesterasici. Dati discordanti su valutazione clinica globale, attività strumentali e sintomi comportamentali: in alcuni studi non sponsorizzati il farmaco non è risultato più efficace del placebo Birks, Cochrane 2009 Gilstad, JAGS 2008

Anticolinesterasici Ruolo nel trattamento AD è oggetto di dibattito, soprattutto in relazione alla reale utilità clinica. Benefici misurabili attraverso scale sono minimi e di breve durata. Raccomandazioni favorevoli all’uso anticolinesterasici non sembrano essere basate su evidenze solide ma il loro utilizzo nell’ AD lieve-moderato è senza dubbio da raccomandare ! ADAS-cog (0-70): miglioramenti rispetto al placebo di 1.5-3.9 punti sono marginali dal punto di vista clinico (perdita media in un anno è di 7-11) MMSE (0-30): miglioramenti rispetto al placebo di 0.7-1.8, perdita media in 1 anno 2-4 punti Nessuna efficacia nel ritardare l’istituzionalizzazione (42% donepezil vs 44% placebo, p=0.4) o la progressione della disabilità (58% donepezil vs 59% placebo, p=0.4) a 3 anni Kaduszkievicz, BMJ 2005 Courtney, Lancet 2004

Memantina Modula gli effetti dei livelli elevati di glutammato che possono causare danno neuronale (antagonista del glutammato sui recettori NMDA) In CH rimborsato con MMSE da 19 a 3 Approvata per il trattamento della malattia di Alzheimer da moderata a grave. Piccoli benefici vs placebo a 6 mesi Piccoli miglioramenti nella misura delle facoltà cognitive, attività strumentali, sintomi comportamentali e alla valutazione clinica globale. Inefficace nelle forme lievi di Alzheimer o nel decadimento cognitivo di grado lieve, nonostante il crescente utilizzo off-label. Terapia di associazione con donepezil nelle forme di Alzheimer di tipo moderato-grave non offre alcun vantaggio a distanza di 1 anno rispetto a donepezil (ugualmente efficace vs memantina) McShane, Cochrane 2009 Schneider, Arch Neurol 2011 Howard, NEJM 2012

MEMANTINA + DONEPEZIL IN AD MODERATO -GRAVE Nessun beneficio in termini cognitivi e funzionali dovuto all’associazione Donepezil + Memantina Memantina piu’ efficace rispetto a placebo p < 0,001 Gruppo che interrompeva Donepezil peggiorava dal p.d.v cognitivo e funzionale CI 95% NEJM Howards 3/2012

Farmaci “disease-modifying” Farmaci che hanno un effetto sulla patogenesi della malattia, ritardandone lo sviluppo o rallentandone il decorso Mani, Stat Med 2004; Cummings, Alzheimer’s & Dementia 2009 Farmaco sintomatico Farmaco disease-modyfing Cummings, Alzheimer’s & Dementia 2009

Aggregazione e rimozione della proteina β-amiloide

Alzheimer disease :clinical trial and drug development. F Alzheimer disease :clinical trial and drug development . F.Mangialasche (The Lancet 2010)

Vaccini anti-Aβ amiloide Immunizzazione attiva o passiva per favorire eliminazione della β-amiloide Studio preliminare su 300 soggetti con AD di grado lieve moderato sospeso per grave reazione avversa (meningoencefalite) in 19 (6%) pazienti immunizzati e assenza di efficacia (atrofia cerebrale più frequente nei soggetti immunizzati e nessun beneficio a 12 mesi sulla sfera cognitiva e sulla disabilità generale) Gilman, Neurology 2005; Fox, Neurology 2005 Anticorpi monoclonali Bapineuzumab in RCT di fase II non ha evidenziato alcun effetto significativo sulla facoltà cognitive e disabilità a 18 mesi. Possibile ruolo in soggetti non portatori del genotipo ApoE. Rischio edema cerebrale Salomone, BJCP 2011; Mangialasche, Lancet Neurol 2010

Modulatori delle gamma-secretasi Semagecestat, Tramiprosato, Scyllo-inositolo: risultati promettenti in studi preliminari. Studi fase III interrotti prima del termine per: - assenza di risultati favorevoli sulla progressione della malattia negli RCT I in pazienti con malattia di Alzheimer di grado lieve-moderato. - gravi reazioni avverse (semagecestat e scyllo-inosiyolo) Salomone, BJCP 2011; Mangialasche, Lancet Neurol 2010

Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) Dato epidemiologico aveva evidenziato una più bassa prevalenza d’uso di FANS nei soggetti con AD. Soggetti con osteoartrosi sembravano protetti dal rischio di demenza. Protezione attribuita all’uso dei FANS Metanalisi studi osservazionali: uso FANS a lungo termine (>2 anni) è associato ad una riduzione del rischio d’insorgenza AD del 58% Ciò aveva fatto ipotizzare che i FANS avessero un effetto neuroprotettivo riducendo lo stato infiammatorio tipicamente presente nel soggetto con AD e rallentando i processi neurodegenerativi che portano all’insorgenza della malattia. Ruolo nelle fasi della malattia che precedono l’insorgenza dei sintomi tipici della AD. Szekely et al. 2007; McGeer et al. 1997

Studi Clinici Randomizzati A) Soggetti affetti da malattia di Alzheimer 9 RCT: indometacina, diclofenac, nimesulide, naprossene, celecoxib, rofecoxib, ibuprofene e flurbiprofene Numerosità: 40 - 1.649 soggetti Durata compresa: 6 - 18 mesi Nessun risultato favorevole nel ridurre la progressione della malattia FANS potenzialmente efficaci nel ridurre la sintesi di β-amiloide : Indometacina: 44 soggetti Flurbiprofene: risultati favorevoli di uno studio preliminare, non confermati in studio su 1.649 pazienti per 18 mesi Ibuprofene su 132 soggetti per 12 mesi. Nessun risultato Szekely et al. 2010

Studi di prevenzione B) Soggetti affetti da deterioramento cognitivo di grado lieve (MCI) Rofecoxib associato ad un aumento della progressione verso la malattia di Alzheimer (n=1.457) Thal, Neuropsychopharmacology 2005 C) Prevenzione primaria: studio ADAPT Naprossene o celecoxib nella prevenzione della malattia Alzheimer in 2.625 soggetti anziani cognitivamente normali, ma con familiarità per Alzheimer. Durata studio prevista 7 anni. Studio interrotto prematuramente (3 anni) per le emergenti evidenze di tossicità cardiovascolare legate ai coxib Naprossene e celecoxib aumentano rischio insorgenza AD (celecoxib RR=1.99 e naprossene RR=2.35 vs placebo) ADAPT Group, Neurology 2007; Alzheimer’s & Dementia 2011

Insulinoresistenza

Tiozoladinedioni (antidiabetici orali) Insulinoresistenza sembra promuovere la patogenesi della malattia di Alzheimer. Glitazoni sono antidiabetici orali che agiscono aumentando la sensibilità periferica all’insulina. Riduzione sintesi β-amiloide Rosiglitazone: studio di fase III di 24 settimane su 693 soggetti con Alzheimer grado lieve moderato (senza ApoE) non hanno confermato risultati preliminari (studio fase II su 511 soggetti aveva mostrato possibile efficacia nei soggetti senza ApoE). Nessuna differenza con il placebo nel migliorare facoltà cognitive. Rischi cardiovascolari nei soggetti diabetici hanno imposto restrizioni nell’uso del farmaco. Rischi non noti e imprevedibili sui non diabetici Pioglitazone: studi su soggetti con MCI o Alzheimer grado lieve moderato interrotti in fase II per assenza di risultati favorevoli (recenti evidenze di rischio tumore alla prostata per uso superiore a 2 anni) Craft, Arch Neurol 2009 Rainer, Pharmacogenomics 2006 Salomone, BJCP 2011; Mangialasche, Lancet Neurol 2010

Aggregazione e fosforilazione della proteina tau

Litio e Acido Valproico Farmaci che inibiscono la fosforilazione della proteina tau. Nel modello animale hanno dimostrato di prevenire e rallentare i processi neurodegenerativi Sodio valproato: assunzione cronica non si è dimostrata utile nel ritardare l’insorgenza di disturbi del comportamento in soggetti con Alzheimer di grado lieve-moderato e non ha mostrato alcun effetto sulle funzioni cognitive e stato generale dei pazienti. Metanalisi che ha valutato l’efficacia nel ridurre agitazione nei soggetti con demenza non ha mostrato alcun effetto. Profilo tollerabilità sfavorevole: elevato tasso drop-out, sedazione, cadute e infezioni Tariot, J Clin Psychiatry 2009 Lonergan, Cochrane 2009

Litio e Acido Valproico Litio: potenziale effetto anche sulla riduzione dell’aggregazione della β-amiloide. Rischio di sviluppare malattia di Alzheimer in soggetti in trattamento cronico (> 6 anni) con litio per disturbi psichiatrici è minore (5% vs 33%) RCT di 10 settimane su 71 soggetti con Alzheimer di grado lieve non ha evidenziato alcun beneficio sulla sfera cognitiva RCT di 12 mesi in soggetti con MCI (21 con litio, 20 con placebo) ha evidenziato migliori performance cognitive, ma nessuna differenza significativa nella percentuale di soggetti che sono progrediti verso malattia Alzheimer (4 con litio, 7 con placebo, p=0.2) Nunes, Br J Psychiatry 2007 Hampel, J Clin Psychiatry 2009 Forlenza, Br J Psychiatry 2011

Riduzione dello stress ossidativo

Vitamina E (alfa-tocoferolo) Vitamina: in colture cellulari ha dimostrato di ridurre la morte cellulare indotta dalla β-amiloide. Potrebbe contrastare lo stress ossidativo alla base del danno neuronale, rallentando conseguentemente la progressione della malattia. TRATTAMENTO: RCT su 341 pazienti con malattia di Alzheimer di grado moderato. Obiettivo: valutare efficacia vitamina E, selegilina (o associazione) nel ritardare mortalità, istituzionalizzazione, disabilità e progressione verso la forma più grave della malattia a distanza di 2 anni. Dosi elevate di vitamina E, 2000 UI/die (RDA=15 UI/die). Riduzione rischio istituzionalizzazione del 58% e aumento del tempo medio di sopravvivenza di 230 gg vs placebo. Nessun effetto su facoltà cognitive e progressione della malattia. Maggior numero di cadute. Behl, Biochem Biophys Res Commun 1992 Sano, NEJM 1997

Vitamina E (alfa-tocoferolo) PREVENZIONE: RCT su 769 soggetti (55-90 anni) con MCI (257 con Vitamina E; 259 con placebo; 253 con donepezil). Obiettivo: valutare effetto protettivo della vitamina E nella progressione da MCI verso malattia di Alzheimer Studio non ha evidenziato alcuna differenza significativa vs placebo a distanza di 3 anni nella progressione verso la demenza di Alzheimer. Piccoli benefici vs placebo nel linguaggio e nella performance cognitiva nei primi 18 mesi Petersen, NEJM 2005

Riduzione del danno mitocondriale

Latrepirdine (Dimebon) Antistaminico con possibili effetti neuroprotettivi agendo su di un differente target: disfunzione mitocondriale. Meccanismo d’azione: protezione dei mitocondri; inibizione acetilcolinesterasi e antagonismo recettori NMDA Risultati promettenti in studi preliminari su 183 soggetti con Alzheimer di grado lieve-moderato in cui aveva dimostrato a 26 settimane di rallentare il decorso della malattia, migliorando funzione cognitiva, attività strumentali, sintomi comportamentali. Risultati non confermati in studio fase III Doody, Lancet 2008 Salomone, BJCP 2011; Mangialasche, Lancet Neurol 2010

Altri interventi

Estrogeni Dato epidemiologico: donne in post-menopausa hanno un più alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer rispetto agli uomini, forse a seguito di una ridotta disponibilità di estrogeni Alcuni studi osservazionali hanno riportato una riduzione del rischio di demenza del 29-44% tra le donne in post menopausa trattate con estrogeni. Altri hanno messo in evidenza che sintomi della demenza sono più lievi tra le donne con Alzheimer che ricevono la terapia ormonale sostitutiva Differenti meccanismi degli estrogeni sulla patogenesi dell’Alzheimer: proteggono vie colinergiche e potenziano l’azione dell’acetilcolina migliorano il flusso sanguigno cerebrale regolano l’espressione dell’ApoE effetti antiossidanti Birge, Am J Med 1997 Nelson, JAMA 2002 Handerson, Psiconeuroendocrinology 2006 Brinton, Neurobiol Aging 2000

Estrogeni TRATTAMENTO Studi piccoli e di breve termine in donne con AD hanno fornito risultati favorevoli (studio di maggiori dimensioni includeva 20 donne per 8 settimane di trattamento) Utilizzo quotidiano di estrogeni coniugati su 120 donne post-menopausa con Alzheimer di grado lieve-moderato non ha evidenziato alcuna correlazione con le facoltà cognitive a distanza di 12 mesi. Aggiunta di estrogeni a rivastigmina non ha dimostrato di migliorare gli effetti in un campione di 117 donne in post-menopausa con Alzheimer di grado lieve-moderato dopo 28 settimane. Thal, Arch Neurol 2003 Rigaud, Neurology 2003

Estrogeni PREVENZIONE RCT multicentrico di ampie dimensioni Women’s Health Initiative Memory Study (WHIMS) ha indagato efficacia della TOS vs placebo senza evidenziare alcun effetto protettivo degli estrogeni (da soli o in associazione a progestinico) sulla progressione verso la demenza in donne in post-menopausa (età 65-79 anni) senza deficit cognitivi al baseline Estrogeni (da soli o coniugati) non riducono incidenza di demenza (tra cui Alzheimer) o MCI nelle donne in post-menopausa a distanza di 5 anni. Al contrario è stato evidenziato un aumento del rischio di demenza Schumaker, JAMA 2004; Handerson Neuroscience 2006

Omega 3 polienolici (DHA) Efficaci in vitro e in modelli animali nel ridurre la tossicità indotta dalla β-amiloide, agglomerati proteina tau e migliorare capacità di apprendimento dell’animale da esperimento Dato epidemiologico favorevole a sostenere effetto protettivo del DHA. Uno studio osservazionale condotto su 815 soggetti (65-94 anni) ha evidenziato che il consumo di pesce è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare malattia di Alzheimer. A distanza di 4 anni rischio è più basso del 60% tra consumatori di 1 o 2 pasti di pesce/settimana Risultati discordanti in studi randomizzati su anziani con deterioramento cognitivo grado lieve. Green J Neurosci 2007; Haschimoto, J Pharmacol Sci 2011 Morris, Arch Neurol 2003 Freud-Levi, Arch Neurol 2006

Statine Uso di statine è stato associato ad una riduzione del rischio di demenza, inclusa la malattia di Alzheimer in soggetti con età inferiore ad 80 anni. Riduzione del rischio di sviluppare una demenza di qualunque tipo del 79% e del 74% per Alzheimer Studio osservazionale condotto su 1.037 donne in post-menopausa ha evidenziato che bassi livelli di colesterolo o assunzione di statine sono associati ad una riduzione del rischio di peggioramento delle facoltà cognitive a 4 anni. Possibili azioni sulla patogenesi: Riduzione del colesterolo Riduzione della produzione di β-amiloide Effetti antinfiammatori e antiossidanti Rockwood, Arch Neurol 2002 Yaffe, Arch Neurol 2002 Solomon, Expert Rev Neurother 2009

Statine Simvastatina: studio preliminare di 12 settimane su 19 pazienti con malattia di Alzheimer non è stato osservato alcun effetto sulle funzioni cognitive Atorvastatina: aggiunta di atorvastatina a donepezil non ha mostrato alcun effetto clinicamente rilevante rispetto al placebo sulle facoltà cognitive, dopo 18 mesi di trattamento in studio randomizzato di fase III su 640 soggetti con malattia di Alzheimer di grado moderato-grave. Sjogren, Dement Geriatr Cogn Disord 2003 Feldman, Neurology 2010

FARMACI « MULTI TARGET» Il futuro? Studiare farmaci con meccanismi di azione multipla potrebbe aiutare in una malattia poli-patogenetica Studi ancora in fase preclinica F. Mangialasche The Lancet Neurology Luglio 2010

12th International Stockholm/Springfield Symposium on Advances in Alzheimer Therapy Maggio 2012 LADOSTIGIL, A NOVEL MULTIFUNCTIONAL DRUG FOR THE PREVENTION AND TREATMENT OF ALZHEIMER’S DISEASE Marta Weinstock-Rosin, Department of Pharmacology, Institute of Drug Research, Jerusalem, Israel Email: martar@ekmd.huji.ac.il

LADOSTIGIL Derivato da rasagilina e rivastigmina funziona come un anticolinesterasico ,un MAO, ha proprietà antiossidanti, puo’ modulare la sintesi dell ` APP , incrementa i livelli di serotonina, adrenalina, dopamina nel cervello, in vitro riduce i livelli di A-beta. STUDI PRECLINICI F.Mangialasche , M.Kivipelto The Lancet Neurology July 2010

CONCLUSIONI (1) Gli unici farmaci approvati per il trattamento sintomatico della AD sono gli anticolinesterasici e la memantina Il Donepezil è l’unico ACHEi efficace anche nelle forme piu’ avanzate di AD (specialmente se a dosaggio pieno) Attualmente non esistono farmaci in grado di rallentare o modificare l’evoluzione della Malattia di Alzheimer. Il fallimento di molti farmaci nei trials clinici dipende probabilmente dalla presenza di un meccanismo patogenetico di malattia ancora non del tutto chiaro ma sicuramente poli-patogenetico ( colinergico, A-beta, APP, genetica, ambientale, stile di vita, , età , )

CONCLUSIONI (2) Molti farmaci hanno dimostrato in fase preclinica un effetto anti-amiloide ma nessuna influenza sul decorso della malattia. E` ormai assodato che i trattamenti farmacologici disease modifyng andrebbero iniziati nelle fasi asintomatiche ma patogeneticamente già attive (importanza dei biomarkers)

CONSIDERAZIONE DEL GERIATRA La Demenza di Alzheimer è una malattia la cui gestione non puo` prescindere da un approccio multidisciplinare centrato sulla persona e i suoi familiari. Purtroppo non essendoci farmaci in grado di contrastarla, al momento attuale il ruolo piu’ importante è giocato da coloro i quali fanno assistenza, familiari infermieri, badanti… pertanto è fondamentale la formazione di queste persone.

Prossimamente ………