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Difesa delle colture

MIGLIORAMENTO GENETICO Da quando l’uomo preistorico diventa agricoltore si può dire che incomincia la storia del miglioramento genetico, anche se le conoscenze necessarie a realizzare il miglioramento genetico consapevole sono state raggiunte solo in tempi molto recenti. La capacità di osservare i campi che davano i migliori raccolti o le piante che portavano i frutti più grossi o più numerosi ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale nell’indirizzare l’uomo preistorico a scegliere certi tipi di semi piuttosto che altri, cioè a fare una selezione, per soddisfare le sue esigenze, innanzitutto di tipo alimentare. Da questo momento in avanti, determinate specie hanno goduto di una diffusione e di una protezione maggiore di altre, affermandosi come specie utili all’uomo, in grado di soddisfare i bisogni alimentari delle popolazioni. Le specie più adatte alla coltivazione ed economicamente redditizie sono diventate quelle al centro delle maggiori attenzioni da parte degli agricoltori, che hanno cominciato a selezionarle applicando metodi diversi.

MIGLIORAMENTO GENETICO Il risultato di questa lunga fase di domesticazione sono le piante oggi coltivate in ogni regione del mondo, che presentano delle modificazioni notevoli, rispetto ai fenotipi di partenza,di quelle parti che rivestono maggiore interesse per l’uomo. Ne è un esempio l’asparago che, nella sua forma selvatica presente nei boschi e sulle spallette delle colline è un turione molto sottile, mentre nella forma coltivata raggiunge diametri considerevoli, anche di 3 centimetri.

MIGLIORAMENTO GENETICO Alcuni autori considerano come un’altra forma di miglioramento genetico, che ha seguito l’uomo nella sua storia, l’introduzione di piante coltivate in continenti diversi da quelli di origine. Il fenomeno migratorio allo scopo di introdurre nuove specie vegetali era già noto nell’antichità: indicazioni scritte riportano di spedizioni organizzate per far arrivare in Egitto, nel 1500 A.C.,l’albero dell’incenso, originario dell’Africa orientale, e più tardi, nel61 D.C., di un ordine dell’imperatore giapponese per andare a prendere in Cina frutti di agrumi.

MIGLIORAMENTO GENETICO Una tappa importante per il movimento delle piante coltivate è rappresentata dalla scoperta delle Americhe, dalle quali i primi esploratori tornarono con specie, come il mais o il pomodoro, che hanno poi influenzato in modo notevole l’agricoltura europea. Le selezione fatta dall’uomo per migliorare le specie vegetali è perciò vecchia quasi quanto la pratica dell’agricoltura. Ma è bene ricordare che la natura l’ ha sempre fatta, attraverso la selezione naturale, che, secondo Darwin, è ...il processo alla base dell’evoluzione delle specie mediante l’eliminazione degli individui meno adatti e favorendo i più adatti a un certo tipo di ambiente o di vita...

MIGLIORAMENTO GENETICO Il passaggio di caratteristiche ereditarie da genitori a figli ha sempre suscitato domande sul modo in cui queste vengono trasmesse e a queste domande, nel corso del tempo, si sono date varie risposte. La vera spiegazione dei meccanismi dell'ereditarietà ha incominciato a farsi strada solamente all'inizio del 1900, con la riscoperta del lavoro di Gregorio Mendel (1822 1884) . Egli si basò per le proprie affermazioni sull'osservazione della riproduzione incrociata tra diverse varietà di piselli. Nella sua ricerca prese in considerazione, a differenza dei suoi predecessori, caratteristiche ben definite che presentavano poche variazioni come il colore del seme o la forma del seme.

MIGLIORAMENTO GENETICO

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MIGLIORAMENTO GENETICO Egli condusse numerosi esperimenti tenendo nota dei dati numerici dei risultati degli incroci. Da queste osservazioni egli formulò tre leggi, note come leggi di Mendel. Le leggi di Mendel erano basate sull'ipotesi che ogni carattere era determinato da un " fattore" che non subiva modificazioni nel passaggio dai genitori ai figli. Per Mendel questi fattori erano presenti in coppia in un individuo; ciascun membro della coppia poteva specificare un tipo di caratteristica. Le due forme alternative vennero denominate DOMINANTE e RECESSIVA

MIGLIORAMENTO GENETICO

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MIGLIORAMENTO GENETICO Le piante con fiori possono riprodursi mediante impollinazione crociata o per autofecondazione. Per effettuare incroci controllati, si rimuovono gli stami prima che producano il polline e si trasferisce nel pistillo il polline di un’altra pianta

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MIGLIORAMENTO GENETICO Organogenesi indiretta in callo di Kiwi

MIGLIORAMENTO GENETICO Differenziazione di apici radicali su foglia di anacardio

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La difesa delle piante con prodotti fitosanitari iniziò, su larga scala, con la scoperta delle proprietà fungicide del rame contro la peronospora della vite più di un secolo fa, anche se l’impiego dello zolfo, conosciuto dai Greci già nel 1000 a. C., risale al 1850 per la lotta contro l’oidio della vite. Per molto tempo, quindi, la difesa delle piante è stata assicurata da prodotti fitosanitari di origine minerale (zolfo e rame), o vegetale (nicotina dal tabacco, quassine dal legno quassio).

A partire da metà del secolo scorso, la disponibilità di nuovi prodotti fitosanitari di sintesi chimica permise di ottenere i primi eclatanti successi in tutti campi d’impiego, in particolare con gli insetticidi e gli erbicidi e successivamente con i fungicidi sistemici. La lotta chimica sembrava potesse risolvere tutti i problemi relativi alla difesa delle colture e l’ottimismo era generale (anni 70).

Più recentemente, l’ottimismo generato dai risultati dell’uso massiccio e indiscriminato di tali prodotti è stato ridimensionato a causa degli effetti indesiderati che si sono manifestati nell’ecosistema agrario. L’eliminazione di organismi utili, con la comparsa di patologie finora contenute, e l’insorgenza di fenomeni di resistenza degli organismi dannosi ai principi attivi, in alcuni casi hanno indotto gli agricoltori ad aumentare il numero dei trattamenti o anche le dosi dei prodotti utilizzati, con il conseguente aumento, sia dei costi della difesa fitosanitaria, sia delle problematiche di natura ambientale e sanitaria.

Oggi, oltre ai sistemi di difesa convenzionali, si vanno affermando metodologie più rispettose dei delicati equilibri dell’ecosistema agrario, allo scopo di ridurre gli inconvenienti e rendere economicamente sostenibile l’applicazione della difesa delle piante.

Questo sistema di difesa, diffusosi negli anni ‘60, si basa sull’esecuzione di trattamenti preventivi ripetuti a intervalli di tempo determinati, esclusivamente in funzione delle fasi fenologiche delle colture (risveglio vegetativo, fioritura, presenza di frutti) e senza tenere conto dell’effettiva presenza di parassiti o del rischio reale di sviluppo delle malattie. Questa metodologia presenta numerosi svantaggi: •fenomeni di resistenza degli organismi dannosi ai principi attivi; •eliminazione di insetti utili al contenimento naturale delle popolazioni di insetti dannosi; •effetti negativi sugli insetti impollinatori; •eccessiva esposizione dell’operatore agricolo alle sostanze tossiche con grave danno per la sua salute; •rischi di carattere igienico-sanitario per la salute pubblica e inquinamento ambientale; •aumento dei costi aziendali per la difesa fitosanitaria.

Un esempio pratico di difesa a calendario è quello relativo alla protezione della vite contro la Peronospora (Plasmopara viticola). La tendenza è quella di applicare la lotta a calendario effettuando i trattamenti con cadenze regolari, ogni 7-10 giorni in relazione al prodotto impiegato, dalla fase del germogliamento fino alla fase di invaiatura dalla quale la coltura non risulta più sensibile alla malattia. In questo caso non vengono contemplate le condizioni effettive di rischio di infezioni legate all’andamento meteorologico e alla pressione del patogeno.

Se da un lato, come già detto, la difesa a calendario presenta aspetti negativi, dall’altro risulta essere di facile acquisizione e di pratica realizzazione anche da parte di chi ha limitate conoscenze fitoiatriche. La sua applicazione, al contrario dei metodi di difesa di più recente introduzione, non richiede approfondite conoscenze. Dagli anni ottanta, la costante crescita delle possibilità economiche e conoscitive, ha indotto ad affrontare il problema della difesa anche dal punto di vista ecologico-ambientale, applicando sistemi più razionali e di minore impatto ambientale.

Al fine di razionalizzare l’uso delle sostanze chimiche nella difesa delle colture, è stato introdotto il concetto di soglia di intervento o soglia economica, secondo il quale il trattamento va eseguito solo quando le avversità raggiungono una pericolosità tale che le eventuali perdite da esse determinate equivalgono il costo da sostenere per un eventuale trattamento di controllo. Per i parassiti animali (insetti, acari) la soglia d’intervento viene accertata con periodici campionamenti in campo che permettono di definire l’epoca della comparsa e la reale densità di popolazione.

A tale fine si ricorre a controlli visivi sugli organi vegetali o a sistemi di monitoraggio con l’ausilio di trappole (a feromoni, colorate, alimentari).

Per le malattie crittogamiche il rischio di comparsa di infezioni viene valutato preventivamente sulla base delle condizioni climatiche e colturali favorevoli al loro sviluppo, utilizzando modelli epidemiologici, campi spia, captaspore, capannine agrometeorologiche, ecc. Per salvaguardare l’attività degli organismi utili (insetti impollinatori, insetti antagonisti delle specie dannose) e quindi mantenere l’equilibrio naturale dell’ecosistema agrario, è necessario scegliere prodotti fitosanitari selettivi, che, grazie al loro meccanismo di azione, mirano ad eliminare soltanto gli organismi dannosi.

L’adozione delle tecniche di lotta guidata consente: •risparmio economico; •maggiore salvaguardia dell’ambiente; •migliore qualità dei prodotti; •minore esposizione dell’agricoltore alle sostanze tossiche.

La lotta biologica consiste nell’uso di antagonisti naturali per contenere le popolazioni degli organismi dannosi. I primi importanti successi di lotta biologica si ebbero nel secolo scorso, contro insetti esotici importati da altri ambienti. Prelevando e trasferendo sulle colture infestate gli entomofagi (insetti predatori e parassiti di insetti nocivi) più attivi nell’area d’origine, si possono ottenere risultati interessanti di lotta biologica soprattutto in ambiente protetto.

Entomofagi come Chrysoperla carnea, Diglyphus isaea, Phytoseiulus persimilis, Encarsia formosa, allevati e moltiplicati in laboratorio (biofabbriche) vengono immessi nelle colture con lanci periodici.

Gli insetti dannosi possono anche essere controllati impiegando microrganismi patogeni (funghi, virus, batteri, protozoi). Da qualche tempo vengono impiegati con successo formulati a base di Bacillus thuringiensis, batterio in grado di provocare la morte degli insetti che ne ingeriscono le tossine. Più recentemente, a livello sperimentale, sono stati impiegati funghi entomoparassiti (Beauveria bassia - na, Verticillium lecanii, Metarhizium anisopliae, ecc.) e nematodi (Steinernema spp., Heterorhabdidis spp.).

Per agricoltura biologica si intende il metodo di produzione che esclude l’uso di prodotti di sintesi per la difesa fitosanitaria e per la nutrizione delle piante. Quindi, in agricoltura biologica, la difesa fitosanitaria può essere attuata solamente con prodotti di origine naturale (es. rame, zolfo, piretrine naturali, ecc.) o applicando le tecniche di lotta biologica precedentemente descritte (insetti utili e microrganismi).

Il Reg. CEE 2092/91, valido in tutti i paesi della Comunità Europea, è la legge di riferimento per questo tipo di agricoltura a basso impatto ambientale. Le produzioni ottenute con questo metodo possono fregiarsi di uno specifico logo dell’Unione Europea. Chi segue il Reg. CEE 2092/91 deve assoggettarsi ad un sistema di controllo da parte di un Ente autorizzato. L’agricoltore, prima di notificare l’attività di produzione con metodo biologico, deve scegliere l’Organismo di Controllo cui aderire. Attualmente in Italia sono autorizzati sedici Organismi di Controllo di cui sette hanno sede in Sicilia

Può essere considerata come un’evoluzione della lotta guidata poiché ne condivide le finalità prendendo in considerazione alcuni fattori aggiuntivi. Consiste, infatti, nell’uso razionale di tutti i mezzi di difesa disponibili (biologici, biotecnologici, agronomici e chimici), per mantenere i parassiti delle piante al di sotto della soglia di intervento. Si ricorre ai prodotti chimici, preferibilmente selettivi, solo nel caso in cui non si sia riusciti a contenere il parassita. Questa metodologia si fonda nel creare e mantenere le condizioni ottimali di sviluppo delle piante, riducendo in questo modo la loro suscettibilità alle avversità e, di conseguenza la necessità di ricorrere all’uso degli antiparassitari.

L’applicazione della lotta integrata presuppone quanto segue: • monitoraggio dei parassiti delle piante e conoscenza dei loro cicli vitali al fine di effettuare i trattamenti nei momenti di loro maggiore vulnerabilità; • monitoraggio degli organismi utili presenti sulla coltura; • verifica della soglia d’intervento di ogni parassita; • scelta dei principi attivi in funzione della loro efficacia, della ridotta tossicità e della selettività nei confronti degli organismi dannosi; • conoscenza degli aspetti ambientali e colturali influenti sullo sviluppo dei parassiti.

Le tecniche di difesa alle quali si ricorre sono le seguenti: • agronomiche, che comprendono la scelta colturale, le potature, le lavorazioni del terreno, le irrigazioni, le consociazioni, le rotazioni, le concimazioni; • fisiche, consistenti nell’utilizzo del calore (secco e umido, fuoco) per la sterilizzazione o pastorizzazione di terricci e terreni di coltivazione (solarizzazione), la distruzione dei focolai di infezione, nonchè l’uso di pannelli colorati (trappole cromotropiche); • meccaniche, quali l’uccisione diretta dei parassiti con uncini, le spazzolature, lo scortecciamento, l’utilizzo di barriere meccaniche;

• biologiche, che prevedono l’uso di organismi viventi o di prodotti di derivazione biologica; • biotecnologiche, basate sull’uso di portinnesti e varietà che presentano maggiore resistenza alle diverse fitopatie, uso di trappole a feromoni (utilizzate per il monitoraggio degli insetti dannosi o per la loro cattura di massa) o di questi ultimi da soli applicati in piani di difesa quali la confusione o distrazione sessuale; • chimiche, da effettuare solo quando è strettamente necessario e utilizzando prodotti selettivi a più basso impatto sugli agroecosistemi.

Si definisce produzione integrata il metodo di gestione dell’agricoltura che, senza rinunciare alla produttività, mira all’ottenimento di produzioni di qualità nel rispetto dell’ambiente e della salute umana. Per raggiungere questo obiettivo bisogna tenere in considerazione ed integrare tutte le variabili che influenzano la produzione (lavorazioni, rotazioni colturali, concimazioni, controllo delle infestanti, potatura, irrigazione) le scelte di impianto (varietà, epoca di semina, sesto di impianto) e la difesa fitosanitaria.

Lotta meccanica Fascia in lana di vetro contro l’oziorrinco

Solarizzazione

Trappola cromotropica