Il pensiero leopardiano dal 1820 al 1823

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Il pensiero leopardiano dal 1820 al 1823

Produzione lett. dal 1810 al 1823

il 2° sistema o “PESSIMISMO” SENSISTICO –ESISTENZIALE - definizione e studio di L. Blasucci, S. Timpanaro e W.Binni Si attua attraverso un processo dialettico del pensiero: superare -conservando alcuni elementi fondanti del primo sistema Mondo antico Sempre migliore del moderno perché più attivo e vitale Rimedio della infelicità La distrazione

1822 - 23: dal I° sistema (NAT. e ILL 1822 - 23: dal I° sistema (NAT. e ILL.) si ha uno SLITTAMENTO nel 2° (PESS. SENSISTICO-ESISTENZIALE ) sensistico: si fonda sulle teorie gnoseologiche illuministiche del sensismo (conosciamo attraverso la sensazione: l’esperienza è il frutto delle sensazioni, la ragione le formalizza, le riordina e le interpreta ma non le determina) esistenziale –pone in primo piano la domanda sulle cause della infelicità nella esistenza dei singoli esseri

il concetto fondamentale : l’infelicità nasce da forze consustanziali all’animo umano (l'amor proprio - istinto di conservazione) che servono alla sopravvivenza stessa dell’essere vivente e sono quindi ineliminabili

l'impostazione generale del 1° sistema ed alcuni concetti-cardine vengono conservati ma: le ragioni dell'infelicità non sono più viste come un prodotto della ragione nella sua evoluzione storica (l’uomo divenuto essere sempre più razionale) sono il prodotto di strutture psicofisiche consustanziali all'essere che quindi è creato (da Dio, o dalla Natura) necessariamente infelice

vicende biografiche fondamentali concomitanti alla definizione del secondo sistema il viaggio a Roma 1822\23 l'uscita da Recanati non porta a sperimentare nessuna particolare soddisfazione-

la struttura filosofica fondante del II° sistema è la TEORIA DEL PIACERE : elaborata già da tempo nello Zibaldone, solo ora produce delle conseguenze rilevanti nel sistema ideologico leopardiano: essa è esposta articolatamente nella pag. ZIB. 646

SINTESI della teoria del piacere ciascun vivente si ama senza limite alcuno cioè desidera per se stesso il maggior bene possibile. Il maggior bene possibile è la felicità, identificata col PIACERE Questo desiderio insaziabile è prodotto dall' AMOR PROPRIO, sentimento ontologico nell'essere e necessario al mantenimento della specie

il maggior bene possibile è ciò che definiamo felicità essa non è che il piacere Ma….. senza limiti sia in intensità che in estensione

un piacere senza limiti è una contraddizione perché l'uomo e il vivente in genere hanno limiti fisici (sia nella capacità di provare piaceri sia nella durata della vita) l'intensità dei piaceri si spegnerebbe nella assuefazione Quindi….

il piacere non è una realtà concreta sperimentabile ma il prodotto dell'immaginazione ( definiz. Leopardiana: un ente di ragione) Nel divario tra il desiderio che proviamo (di un piacere illimitato) e la possibilità concreta (di fruire solo di piaceri limitati sta l'infelicità).

Infelicità= Scarto tra desiderio e piacere esperibile Desiderio di felicità allo stato puro (cioè non contaminato dal dolore o dall’aspettativa immediata di un piacer = noia) La NOIA riempie tutti vuoti dell’esistenza Vedi Operetta morale: Tasso e Genio

Ma… se non si prova alcun piacere, ma neppur alcun dolore particolare, si è allora felici? No: l’assenza di ogni sensazione è la NOIA dove il desiderio della felicità si prova allo stato puro : vedi " Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio "

Se i piaceri sono limitati, ne consegue che non sono veri piaceri come li vorremmo. Per questo traiamo più piacere dalle cose che sembrano avere tracce dell'illimitato (= vago, indefinito). Da qui nasce la prima POETICA DELL’INDEFINITO nella poesia e nell’arte piacciono elementi indefiniti, spazi vasti, contenuti suggeriti Compito del poeta: ingannare l’immaginazione alludendo all’indefinito, piacevole per le ragioni sopra indicate

gli unici cosiddetti "piaceri" che possiamo provare sono: 1 - il piacere della cessazione di un dolore (Quiete dopo la tempesta) 2 - il piacere dell'attesa di un piacere (Il Sabato del villaggio) 3 - il piacere della contemplazione del vago e dell'indefinito. 4- il piacere del ricordo –che di per sé è indefinito- ( la Sera del dì di Festa) 5- il piacere della distrazione Zib 3847 (distoglie dal considerare e avvertire l’assenza di piacere) 6- il piacere dell'ottundimento della coscienza (così non sentiamo il dolore dell’assenza di piacere) come con il sonno, le droghe, l’alcol (Dialogo di T.Tasso e del suo Genio famigliare)

Ma non si potrebbero affidare le proprie speranze di piacere alla religione cristiana, che promette una felicità infinita dopo la morte? al desiderio della felicità non può rispondere la religione cristiana perchè: la felicità che promette è di natura tale che noi, vivendo, non la possiamo concepire quella cristiana, negando il corpo e i piaceri nega la sostanza dell'essere umano vedi Dialogo di Tristano e di un amico (1832)

La poesia può produrre "piacere"? quando si fonda sopra il vago, l'indefinito, perché asseconda il naturale desiderio di illusione e di assenza di limite connaturato all’animo umano (poetica del vago-indefinito attiva negli idilli e nei canti pisano-recanatesi del 28-30)

allora, qual è il compito dell’intellettuale, del poeta e del sapiente? il compito dell'intellettuale e del poeta è "nascondere" il vero (la totale assenza di possibilità eudemonistiche nella vita dell'uomo); questo vero è conosciuto da pochi "saggi" e infelicissimi i quali tuttavia nel momento in cui scrivono tentano disperatamente di procurarsi alcuni illusori piaceri. Eleandro. Dunque s'ingannano grandemente quelli che dicono e predicano che la perfezione dell'uomo consiste nella conoscenza del vero, e tutti i suoi mali provengono dalle opinioni false e dalla ignoranza, e che il genere umano allora finalmente sarà felice, quando ciascuno o i più degli uomini conosceranno il vero, e a norma di quello solo comporranno e governeranno la loro vita. E queste cose le dicono poco meno che tutti i filosofi antichi e moderni. Ecco che a giudizio vostro, quelle verità che sono la sostanza di tutta la filosofia, si debbono occultare alla maggior parte degli uomini; e credo che facilmente consentireste che debbano essere ignorate o dimenticate da tutti: perché sapute, e ritenute nell'animo, non possono altro che nuocere. Il che è quanto dire che la filosofia si debba estirpare dal mondo. Io non ignoro che l'ultima conclusione che si ricava dalla filosofia vera e perfetta, si è, che non bisogna filosofare. Dal che s'inferisce che la filosofia, primieramente è inutile, perché a questo effetto di non filosofare, non fa di bisogno esser filosofo; secondariamente è dannosissima, perché quella ultima conclusione non vi s'impara se non alle proprie spese, e imparata che sia, non si può mettere in opera; non essendo in arbitrio degli uomini dimenticare le verità conosciute, e deponendosi più facilmente qualunque altro abito che quello di filosofare. In somma la filosofia, sperando e promettendo a principio di medicare i nostri mali, in ultimo si riduce a desiderare invano di rimediare a se stessa

quindi l’utilità dello scrittore secondo L quindi l’utilità dello scrittore secondo L. è diversa da quella dei romantici lombardi e toscani l'unica forma di "utilità" dello scrittore, contro quello che "predicavano" i romantici lombardi, è quello di essere "dilettevole"

Per questo le teorie romantiche dei lombardi che svalutano l’aspetto estetico dell’opera a favore della utilità sociale e morale sono deleterie: vedi le lettere a Giordani Togliendo dagli studi tutto il bello (come si fa ora), spegnendo lo stile e la letteratura, e il senso de' pregi e de' piaceri di essi ec. ec., non si torrà dagli studi ogni diletto, perchè anche le semplici cognizioni, il semplice vero, i discorsi qualunque intorno alle cose, sono dilettevoli. Ma certo si torrà agli studi una parte grandissima, forse massima, del diletto che hanno; si scemerà di moltissimo la facoltà di dilettare che ha questo bellissimo trattenimento della vita: quindi si farà un vero disservizio, un danno reale (e non mediocre per Dio) al genere umano, alla società civile.

la SCOPERTA DEL PESSIMISMO ANTICO un ulteriore elemento conduce al passaggio dal primo al secondo sistema e determina la crisi del cosiddetto pessimismo storico: la SCOPERTA DEL PESSIMISMO ANTICO (messa in luce in parte da S.Timpanaro) L. legge il Barthelemy (Vojage du Jeune Anacharsis en Grece) ed altre opere, cominciando ad osservarvi la presenza costante di massime che alludono ad un coscienza, presso gli antichi, dell'infelicità insanabile dell'uomo.

se anche gli antichi si erano accorti in modo sistematico di questo vuol dire che l'infelicità dell'uomo è ontologica e non storica. Vedi: Bruto minore temi dell'inconsistenza e impraticabilità, anche nel mondo antico, della virtù e della gloria; il suicidio come protesta blasfema contro la divinità che non ha cura della virtù.

Tutti gli esseri sono tanto più infelici, quanto più avvertono la mancanza del piacere: più si è sensibili più la si avverte . L’uomo, perché il più sensibile, non è l’essere più perfetto del creato ma il più imperfetto* e quindi infelice Chi lo ha creato non ha avuto di mira il suo benessere *poichè è la sensibilità, cioè la capacità di percepire il desiderio e la sua insoddisfacibilità a produrre l'infelicità

Ma a che cosa ha mirato, la Natura o Dio, nel produrre il mondo e gli esseri? Per capirlo bisogna operare una distinzione tra "esistenza" e "vita": il fine della Natura è l'esistenza (=puro perseverare nell'esistere delle specie viventi) il fine dei viventi è la "vita": (=non esistere semplicemente come "durare", ma nella piena soddisfazione delle esigenze della propria natura, delle proprie aspirazioni e bisogni)

La Natura dà alle creature l'esistenza ma non la vita, che anzi è loro negata. L'esistenza infatti NON ha per fine il piacere dei viventi mentre essi hanno per fine loro proprio il conseguimento di tali piaceri, che renderebbero il puro esistere un vivere. l’esistenza è negazione della vita: noi vogliamo esistere non semplicemente per sopravvivere, ma per vivere, provando i piaceri, ma il modo in cui siamo fatti per durare nell’esistenza esclude a priori che li possiamo provare

Contraddizione insanabile Contraddizione evidente e innegabile nell'ordine delle cose e nel modo della esistenza, contraddizione spaventevole; ma non perciò men vera

Queste considerazioni infine portano alla: crisi del sistema cosidetto " Pessimismo sensistico- esistenziale" ridefinizione della WELTANSCHAUUNG leopardiana nei termini di uno STRATONISMO (materialismo) Leopardi giunge allora a formulare un terzo sistema che si definisce Pessimismo Materialistico O semplicemente materialismo

Le canzoni “filosofiche” poesie Sviluppano riflessioni filosofiche sulla scorta di solleciatazioni derivanti dalla contemplazione della natura Gli Idilli Le canzoni “filosofiche” Maturate tra primo e secondo sistema, ne sviluppano aspetti peculiari

LE CANZONI FILOSOFICHE 1822-23

Bruto Minore La caduta di ogni illusione, compresa quella della GLORIA e la perdita di fede nella virtù, da parte di un antico Ultimo canto di Saffo Il tormento di un animo sensibile posto in un corpo brutto e giovane

Genesi delle due opere a partire dalla: Poesia filosofica sostenuta dall’eloquenza dello stile Componente agonistica (Binni 1947: “eroica”) Crollo del mito rousseauiano della natura materna Protesta della virtù e della sensibilità che si ribellano alla distruzione delle illusioni Consapevolezza del pessimismo antico

Bruto:sconfitta dell’ultimo rappresentante della res publica romana, che apre i tempi barbarici della decadenza protrattisi fino al presente   BRUTO MINORE 1            Poi che divelta, nella tracia polve Dopo che, strappata via, nella polvere della Tracia (=dove sorgeva Filippi) 2            Giacque ruina immensa Giacque a terra come una immensa rovina 3            L'italica virtute, onde alle valli La virtus degli antichi abitanti dell'Italia, e per questo alle vallate 4            D'Esperia verde, e al tiberino lido, Della verdeggiante Italia e al litorale del Tevere 5            Il calpestio de' barbari cavalli Il rumore degli zoccoli dei cavalli dei barbari 6            Prepara il fato, e dalle selve ignude Era preparato dal fato, e da quelle selve desolate 7            Cui l'Orsa algida preme, sulle quali incombono le costellazioni del cielo del Nord (l'Orsa, con la stella polare) 8            A spezzar le romane inclite mura Per venire ad abbattere le mura di Roma, celebri (perché mai violate) 9            Chiama i gotici brandi; (il fato, sott. ) chiama le armi gotiche (germaniche) 10         Sudato, e molle di fraterno sangue, sudato, e imbrattato di sangue dei suoi concittadini 11         Bruto per l'atra notte in erma sede, Bruto, nella notte oscura, in un luogo solitario 12         Fermo già di morir, gl'inesorandi Già deciso a morire, gli inesorabili 13         Numi e l'averno accusa, Numi (Dei) e il regno dei morti incolpa 14         E di feroci note E con fiere parole 15         Invan la sonnolenta aura percote. Inutilmente colpisce la buia aria intorno (= indifferenza della natura) Discorso di Bruto 16         Stolta virtù, le cave nebbie, i campi O Virtù, stolta (perché solo gli stupidi ti praticano), le zone offuscate (sott. della mente umana), i luoghi 17         Dell'inquiete larve Dei sogni inquietanti 18         Son le tue scole, e ti si volge a tergo Sono le tue sedi, e dietro di te giunge immancabilmente 19         Il pentimento. A voi, marmorei numi, il pentimento. Per voi, o dei di marmo (indifferenti o inesistenti) 20         (se numi avete in Flegetonte albergo se è vero che esistono dei che abitano negli Inferi(: Flegetonte= fiume infernale) 21         O su le nubi) a voi ludibrio e scherno O nel cielo, per voi fonte di scherno e oggetto di azione vergognosa, zimbello 22         È la prole infelice È' quella stirpe infelice 23         A cui templi chiedeste, e frodolenta Alla quale chiedeste di venerarvi nei templi, e una ingannevole 24         Legge al mortale insulta. Legge offende noi mortali 25         Dunque tanto i celesti odii commove Dunque così poco turba gli odi tra gli dei 26         La terrena pietà? dunque degli empi La pena per ciò che accade sulla terra? O forse dei malvagi 27         Siedi, Giove, a tutela? e quando esulta Tu, o Giove, sei il difensore? E quando si forma tumultuosamente 28         Per l'aere il nembo, e quando Nell'aria la nube temporalesca, e quando 29         Il tuon rapido spingi, tu (o Giove) scagli veloce il tuono 30         Ne' giusti e pii la sacra fiamma stringi? Invii la sacra fiamma (=il fulmine) contro i giusti e i buoni? 31         Preme il destino invitto e la ferrata Il destino immutabile e la ferrea 32         Necessità gl'infermi Necessità opprimono i deboli 33         Schiavi di morte: e se a cessar non vale Esseri umani schiavi della morte; e se scampar non può 34         Gli oltraggi lor, de' necessarii danni Dalle loro offese, si consola delle sofferenze che ritiene inevitabili 35         Si consola il plebeo. Men duro è il male l'uomo vile. Ma forse è meno grave quel male 36         Che riparo non ha? dolor non sente Che non ha alcun rimedio? Forse che non sente il dolore 37         Chi di speranza è nudo? Chi è privo di ogni speranza? 38         Guerra mortale, eterna, o fato indegno, una guerra continua, senza esito, o malvagio destino 39         Teco il prode guerreggia, contro di te combatte l'uomo prode 40         Di cedere inesperto; e la tiranna Poiché egli non è abituato ad essere sconfitto, e quando la opprimente 41         Tua destra, allor che vincitrice il grava, tua mano destra (il Fato è personif.), che lo ha vinto, lo schiaccia 42         Indomito scrollando si pompeggia, egli, indomabile, scrollandosela di dosso, orgogliosamente si vanta 43         Quando nell'alto lato Quando nella parte alta del fianco 44         L'amaro ferro intride, conficca da solo la spada, bagnandola de suo sangue (amara perché gli porterà la morte) 45         E maligno alle nere ombre sorride. E malevolo (e sogghignando) sorride di fronte alla morte 46         Spiace agli Dei chi violento irrompe Disturba gli dei colui che di propria mano, all'improvviso, entra 47         Nel Tartaro. Non fora nel regno dei morti. Non ci sarebbe dunque 48         Tanto valor ne' molli eterni petti. Altrettanto coraggio negli animi eterni e rammolliti degli dei? 49         Forse i travagli nostri, e forse il cielo O forse è perche il Cielo le nostre sofferenze 50         I casi acerbi e gl'infelici affetti Le circostanze dolorose, e le infelici passioni 51         Giocondo agli ozi suoi spettacol pose? Le ha create come uno spettacolo piacevole per i suoi occhi? 52         Non fra sciagure e colpe, Non in mezzo a sofferenze e a colpe 53         Ma libera ne' boschi e pura etade Ma in uno stato selvaggio e semplice, la nostra vita 54         Natura a noi prescrisse, fu organizzata un tempo dalla Natura 55         Reina un tempo e Diva. Or poi ch'a terra Che era regina e divinità. Ora dopo che a terra 56         Sparse i regni beati empio costume, un malvagio modo di vivere (=troppo razionale) ha gettato l'età primitiva 57         E il viver macro ad altre leggi addisse; ed ha assoggettato la nostra miserabile vita ad altre leggi 58         Quando gl'infausti giorni Quando la sua vita insopportabile 59         Virile alma ricusa, un uomo coraggioso la rifiuta 60         Riede natura, e il non suo dardo accusa? Torna a farsi viva la Natura per accusare il colpo (la freccia, la morte) non inferto da lei? 61         Di colpa ignare e de' lor proprii danni Inconsapevoli della colpa e della loro condizione 62         Le fortunate belve Le bestie, fortunate per questo 63         Serena adduce al non previsto passo Una serena vecchiaia le porta a una morte da loro non prevista 64         La tarda età. Ma se spezzar la fronte Ma se a spezzarsi la fronte 65 Ne' rudi tronchi, o da montano sasso Ma se nei duri tronchi, o dalla cima di una rupe 65         Dare al vento precipiti le membra, a precipitarsi nel vento 66         Lor suadesse affanno Le inducesse una sofferenza 67         Al misero desio nulla contesa A quel miserabile desiderio, nessun ostacolo 68         Legge arcana farebbe Sarebbe mai stato posto da una incomprensibile norma morale o religiosa 69         O tenebroso ingegno. A voi, fra quante O da una mente malvagia (si riferisce probabilmente a Platone). Solo a voi uomini 70         Stirpi il cielo avvivò, soli fra tutte, di tutte le stirpi a cui il cielo diede vita 71         Figli di Prometeo, la vita increbbe; solo a voi, figli di Prometeo, la vita risultò odiosa 72         A voi le morte ripe, e a voi le rive dei fiumi del regno dei morti 73         Se il fato ignavo pende, se il destino, pigro, esita 74         Soli, o miseri, a voi Giove contende. A voi soli, o miserabili, la suprema divinità cerca di vietarvele. 75         E tu dal mar cui nostro sangue irriga, e tu, che da quel mare che viene irrigato dai ruscelli del nostro sangue 76         Candida luna, sorgi, o candida luna, ti levi 77         E l'inquieta notte e la funesta E la notte, piena di lamenti di feriti e moribondi, e la sfortunata 78         All'ausonio valor campagna esplori. Campagna, per il coraggio dei romani, illumini 79         Cognati petti il vincitor calpesta, mentre i vincitori calpestano i corpi dei loro congiunti sconfitti 80         Fremono i poggi, dalle somme vette La terra stessa freme, dalle alte cime 81         Roma antica ruina; cade l'antica Roma 82         Tu sì placida sei? Tu la nascente Tu, o luna, sei così tranquilla? Tu quando nasceva 83         Lavinia prole, e gli anni La stirpe dei discendenti di Enea e Lavinia (=i romani), e le epoche 84         Lieti vedesti, e i memorandi allori; fortunate hai visto, e gli allori di gloria memorabili 85         E tu su l'alpe l'immutato raggio E tu sulle alpi il tuo immutabile raggio di luce 86         Tacita verserai quando ne' danni Silenziosa riverserai quando contro 87         Del servo italo nome, il nome dell'Italia, che verrà assoggettata 88         Sotto barbaro piede Sotto i piedi dei barbari (=che varcheranno le Alpi) 89         Rintronerà quella solinga sede. Rimbomberanno quelle montagne solitarie 90         Ecco tra nudi sassi o in verde ramo Ecco, tra spoglie rocce, o su verdi rami 91         E la fera e l'augello, e la bestia selvatica e l'uccello 92         Del consueto obblio gravido il petto, con l'animo occupato dal consueto sonno della notte 93         L'alta ruina ignora e le mutate Ignorano questa orribile tragedia, e il fatto che i destini del mondo sono mutati 94         Sorti del mondo: e come prima il tetto E non appena il tetto 95         Rosseggerà del villanello industre, del contadino laborioso verrà arrossato dai raggi del sole che sorgerà 96         Al mattutino canto Con il canto mattutino 97         Quel desterà le valli, e per le balze Quegli (l'uccello) sveglierà le vallate, e attraverso le balze 98         Quella l'inferma plebe Quella (la bestia selvatica, feroce) la debole stirpe 99         Agiterà delle minori belve. Delle bestie più piccole inseguirà 100      Oh casi! oh gener vano! abbietta parte Oh circostanze avverse, oh, inutile stirpe, noi uomini siamo una trascurabile parte 101      Siam delle cose; e non le tinte glebe, delle cose, e le zolle colorate di sangue 102      Non gli ululati spechi Gli anfratti rocciosi che risuonano per le grida dai feriti 103      Turbò nostra sciagura, nessuna delle nostre sciagure ha turbato 104      Né scolorò le stelle umana cura. Né mai ha scolorato il volto delle stelle una sofferenza di un uomo 105      Non io d'Olimpo o di Cocito i sordi Non sarò io , che invocherò i sordi padroni dell'Olimpo o di Cocito (degli Inferi) 106      Regi, o la terra indegna, o la terra indegna (di essere abitata da uomini valorosi) 107      E non la notte moribondo appello; e non invoco la terra, io che sono deciso a morire 108      Non te, dell'atra morte ultimo raggio, e non invoco neppure te, che sei l'ultima speranza (l'ultimo raggio di luce) di chi muore ingiustamente 109      Conscia futura età. Sdegnoso avello O posterità che sarai consapevole. Forse che la tomba di un uomo sdegnoso (adirato contro il destino) 110      Placàr singulti, ornàr parole e doni Fu placata da singhiozzi, da parole o da doni 111      Di vil caterva? In peggio Di una vile massa di uomini? in peggio 112      Precipitano i tempi; e mal s'affida Si volgono i tempi, e inutilmente si affiderebbe 113      A putridi nepoti A corrotti discendenti 114      L'onor d'egregie menti e la suprema Difendere l'onore di nobili animi e fare l'ultima 115      De' miseri vendetta. A me dintorno Vendetta di noi miserabili. Intorno al mio cadavere 116      Le penne il bruno augello avido roti; voli in cerchio lo scuro uccello avido di carne (l'avvoltoio) 117      Prema la fera, e il nembo Mi calpestino le fiere, e il maltempo 118      Tratti l'ignota spoglia; distrugga il mio corpo senza nome 119      E l'aura il nome e la memoria accoglia. E il nome e la memoria di me siano accolti dall'aria (che non trattiene nulla)

Temi Indifferenza degli dei di fronte al male subito dai giusti e dai valorosi REQUISITORIA violenta, non contro la natura “che a noi prescrisse libera e pura etade” ma contro I mistificatori (Platone) I marmorei numi Il fato indegno Bruto Minore Canzoni filosofiche 1821-22 (vedi anche Ultimo canto di Saffo: “virtù non luce in disadorno ammanto”- La natura condanna all’infelicità esseri incolpevoli “qual fallo mai qual sì nefando eccesso macchiommi anzi il dì natale…” costringendo il loro filo della vita a divenire “ferrigno stame”   Poesia filosofica sostenuta dalla eloquenza (stile alto, parole “ardite”) Sentimentalische Dichtung Ÿ        Componente agonistica (Binni: “poetica eroica”) Ÿ        Crollo del mito rousseauiano della Natura benefica e materna Ÿ        Già in antico alcuni uomini più sensibili (Saffo, Bruto) hanno compreso l’inconsistenza delle illusioni (l’amore, la virtù etc.) Ÿ        Uomini virtuosi e sensibili si ribellano rabbiosamente e dolentemente alla distruzione delle illusioni Il personaggio Bruto Minore (uno dei congiurati: “Tu quoque Brute, fili mi?” avrebbe detto Cesare in punto di morte. Seguace ad oltanza della filosofia stoica coi dogmi della libertas del saggio, della omologheia, dell’amor fati, del logos-pronoia che governa il mondo- così, imperturbabile, (aponia) lo rappresenta Dante nell’inferno dove è divorato da Lucifero stesso in quanto traditore della autorità imperiale) Sconfitta dell’ultimo rappresentante della respublica Romana, portatore delle virtutes, dei mores antiqui. Con la sconfitta di Filippi la repubblica romana crolla e si apre la via all’istituzione dell’impero sancita formalmente solo nel 27 ac. Nell’ottica del discorso di Bruto questa sconfitta apre i tempi della decadenza di Roma che culmineranno con la sua distruzione ad opera dei barbari (nella poesia il Fato chiama i gotici brandi a distruggere Roma) Ÿ        L’eroe: posto in un luogo solitario (erma sede) nella notte dopo la sconfitta di Filippi , separato dal rapporto con altri uomini Ÿ        Il tempo è presago di sventure imminenti (atra notte) Il prode e il plebeo Manifestazione del proposito titanico del suicidio: il mortale indomito (il prode, inesperto di cedere) gurreggia col Fato una guerra eterna (rovesciamento del precetto stoico dell’amor fati) Il Fato, gli dei, la Natura sono sinonimi. Sono tutti elementi negativi: gli dei sono marmorei numi, hanno molli petti (vigliacchi) e sono inesorandi (cioè è perfettamente inutile pregarli _non ascoltano o non esistono) Il suicida deride la paura della morte (maligno alle nere ombre sorride) che invece tutti gli altri uomini hanno (de’ necessari danni si consola il plebeo) e si “pompeggia” cioè si vanta del suo coraggio ardimentoso quando si conficca la spada nel fianco (quando nell’alto lato\l’amaro ferro intride) sottrendosi così agli dei che lo hanno creato e tormentato per il loro divertimento (il Cielo ha posto i mortali in terra a patire come “giocondo agli occhi suoi spettacolo”) l’indifferenza della Natura La natura anche nei suoi elementi costitutivi –la luna, gli animali- manifesta totale indifferenza: la luna sorge candida dal mare irrigato dal sangue dei romani e illuminerà le Alpi che i cavalli dei barbari varcheranno per distruggere la città eterna con la stessa imperturbabilità –la luna è la vera stoica…; gli animali riprendono come niente fosse le loro attività anche nei luoghi teatro di vicende che hanno sconvolto il mondo degli uomini (la fera…e l’augello) L’indifferenza della natura è uguale alla indifferenza degli dei di fronte alle ingiustizie e alle sconfitte subite dagli uomini valorosi e dai giusti ideali anzi visto che i malvagi prevalgono forse Giove “siede a tutela degli empi”. Ÿ        Come il topo Rubatocchi, unico eroe valoroso e coraggioso dell’esercito di Topaia, nei Paralipomeni, cade da solo combattendo contro un esercito di nemici (una morte che ricorda quella di Catilina in Sallustio) e Leopardi di lui dice “Cadde, ma il suo cader non vide il Cielo “(soggetto) così Bruto è sconfitto, e muore suicida da solo nell’indifferenza della natura e della divinità. Rovesciamento di miti 1.    L’impianto strutturale è quello di un monologo teatrale; 2.    la chiusura ricorda modi e forme della poesia ossianica (gusto del lugubre e dell’orrido, forte espressionismo) con l’immagine prefigurata del cadavere dell’eroe che dopo il suicidio giace anonimo ed insepolto, fra i cadaveri dei commilitoni caduti, abbandonato e volontaria preda di immondi animali e degli elementi della natura 3.    (rovesciamento del mito foscoliano della sepoltura lacrimata e delle tombe dei grandi che accendono ‘egregie cose’ nelle anime grandi- i posteri, dice Bruto, non saranno che putridi nepoti, gente vigliacca e serva, abituata al padrone, 4.    e rovesciamento dell’altro mito foscoliano della morte “giusta dispensiera di glorie”-Aiace e le prode Retee; 5.    ma rovesciamento anche del tradizionale orrore degli antichi per il rimanere insepolti- ricordate che Didone nel maledire Enea glielo augura ? “mediaque inhumatus arena”-) Suicidio: il gesto del magnanimo che si ribella al Fato - naturale, se non fosse che un tenebroso ingegno –Platone?-la cultura cristiana? – ha instillato negli uomini il terrore del suicidio per paura di pene maggiori nell’aldilà Mes sentiments envers le Destinèe ont etè et sont toujours ceux que j’ai exprimés dans Bruto Minore (i miei sentimenti nei confronti del destino sono stati e sono tuttora quelli che ho espresso nel Bruto Minore) scrive leopardi a De Sinner nel maggio del 1832. Nondimeno, nell’operetta morale Dialogo di Plotino e di Porfirio scritta nel 27 che tratta lo stesso problema il suicidio razionalmente non condannato è fisto come un atto negativo in quanto provoca ulteriori sofferenze ai nostri cari. E’ il senso dell’animo dice Plotino, che ci deve trattenere dal suicidio (appello alla sfera emotiva- recupero della partecipazione al dolore degli altri -compassione da cum Patior=soffro insieme con…)

“Tu sì placida sei? Bruto alla luna, che dal cielo vede la tragedia della “ruina immensa” di Roma antica Gnome: “né scolorò le stelle umana cura” Simboli: la fera e l’augello Il mare irrigato dal sangue dei romani, uccisi nella guerra civile

Chiusura ossianica Prefigurazione espressionistica del cadavere dell’eroe, che giacerà insepolto dopo il suicidio, abbandonato agli elementi della natura ostile Eroico estremo rifiuto della religione e della illusione del sepolcro e della gloria presso i posteri Antifoscoliano….

Bruto Natura, Luna, Posterità impianto Monologo “teatrale”

Significato del suicidio Protesta della virtù che si ribella alla strage delle illusioni Virtù etimologic. = Virtus = coraggio di ribellarsi alla norma che vieta il suicidio, promossa da un tenebroso ingegno (Platone?) perchè gli uomini non si sottraggano al loro ruolo di ZIMBELLO degli dei

Lettera a Luigi De Sinner, 1832 Mes sentiments envers le destineé, ont eté et sont toujours quel ch’je à esprimeè dans Bruto Minore Leop. Lettera a De Sinner del 24 maggio 1832 … Ho ricevuto i fogli dell'Hesperus, dei quali vi ringrazio carissimamente. Voi dite benissimo ch'egli è assurdo l'attribuire ai miei scritti una tendenza religiosa. Per gravi che siano i miei mali, che si è ritenuto opportuno divulgare e che forse sono stati un po' esagerati su quel giornale, ho avuto abbastanza coraggio per non cercare di diminuirne il peso né con frivole speranze di una pretesa felicità futura e sconosciuta, né con una vile rassegnazione. I miei sentimenti riguardo al destino sono gli stessi che ho espressi nel Bruto minore. E' stato grazie a questo stesso coraggio se, condotto dalle mie ricerche a una filosofia disperata, non ho esitato ad abbracciarla interamente; mentre d'altro canto è stato solo per effetto della viltà degli uomini, che hanno bisogno di essere persuasi del valore dell'esistenza, che si sono volute considerare le mie opinioni filosofiche come il risultato delle mie sofferenze personali, e che ci si ostina ad attribuire alla mia situazione materiale ciò che si deve soltanto al mio intelletto. Prima di morire, protesterò contro questa invenzione della debolezza e della volgarità, e pregherò i miei lettori di impegnarsi a confutare le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che a darne la colpa alle mie malattie….   Traduzione dal francese in cui la lettera è redatta

(rispetto all’agonismo titanico del Bruto) Ultimo canto di Saffo Protesta dolente Vittimistica (rispetto all’agonismo titanico del Bruto)

lessico Parole difficili, preregrine “Ardiri” Costruzioni brachilogiche Sillessi periodare latineggiante Voluta difficoltà /Berardi e altri critici: Linguaggio del vero in Leopardi