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Lettera 126
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù per si fatto modo che non volgiate mai il capo a dietro a mirare l'arato.
Il quale mirare s'intende in due modi: l'uno si è quando la persona è uscita dal fracidume del mondo, e poi volge il capo col diletto della propria volontà, ponendo l'occhio dell'intelletto sopra di loro. Costui non va innanzi; anco, torna indietro verso il vomito, mangiando quello che prima aveva vomitato.
E però disse Cristo, che nessuno si debba volgere indietro a mirare l'arato; cioè non volgersi a mirare le prime delizie, né guardare alcuna operazione fatta per sé medesimo; ma riconoscerla dalla divina bontà. Sicché dunque deve andare innanzi con la perseveranza delle virtù, e deve non volgersi in dietro, ma dentro nel conoscimento di sé medesimo, dove trova la larghezza della bontà di Dio.
Il quale conoscimento spoglia l'anima del proprio amore, e la veste d'odio santo e d'un amore divino, cercando solo Cristo crocifisso, e non le creature, né le cose create, né sé medesimo sensitivamente, ma solo Cristo crocifisso; amando e desiderando gli obbrobri suoi.
Se questo cotale è esercitato e ha dibarbicata la radice dell'amore proprio; va innanzi, e non volge il capo indietro. Ma se al tutto non fosse dibarbicata spiritualmente, temporalmente cadrebbe nel secondo volgere del capo.
E sai, quando si volge questa seconda volta? Non alle delizie del mondo; ma quando l'anima avesse cominciato a metter mano ad arare la grande perfezione. La quale perfezione principalmente sta, in tutto, in annegare e in uccidere la volontà sua; e più nelle cose spirituali che nelle temporali; perché le temporali le ha già gittate da sé; ma si abbia cura delle spirituali.
In questa perfezione ama l'anima in verità il Creatore suo, e le creature per lui, più e meno, secondo la misura con che essi amano. Dico dunque, che se la radice non è al tutto divelta dell'amore proprio di sé, che volgerà la seconda volta il capo indietro e offenderà la sua perfezione.
Perché o egli l'offende, amando la creatura senza modo, e non con modo il quale amore senza modo e senza misura si deve dare solamente a Dio; ma la creatura, amarla con modo, e con la misura del suo Creatore, o egli si volge ad allentare l'amore verso la creatura, la quale esso amò di singolare amore:
il quale allentare, non essendovi la cagione della colpa verso la cosa amata, non può essere che non allenti quello di Dio; ma movendosi per mormorazioni o scandali, o per dilungamento della presenza di cui egli ama, o per mancamento di propria consolazione, non è senza difetto. Questi cotali volgono il capo indietro, allentando la carità verso del prossimo suo.
Non è dunque questa la via; ma la perseveranza. E però dissi, ch'io desideravo di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù, considerando me, che voi eravate andati tra i lupi delle molte mormorazioni; e perché pare che non sia veruno che sia sì forte che non indebolisca.
Perché io ho veduto volgere indietro quegli, del quale io pensavo ch'egli avesse fatti sì fatti ripari contra ogni vento che nessuno lo potesse nuocere fino alla morte; non credevo che punto volgesse la faccia, e non tanto la faccia, ma la miratura dell'occhio.
Veramente questo è segno che la radice non è divelta, perché, se ella fosse divelta, faremmo quello che devono fare i veri servi di Dio, i quali né per spine né per triboli, né per mormorazione, né per consigli delle creature né per minacce né per timore dei parenti si volgono mai indietro; ma in verità seguiremmo Cristo crocifisso in carcere, ed in morte; e seguiremmo le vestigia sue, non senza il giogo della vera e santa obbedienza dell'Ordine.
Di questo non dico, perché se egli volesse, io non vorrei; ma di fuori da questo, me ne dolgo non per me, ma per l'offesa che è fatta alla perfezione dell'anima; perché verso di me fanno bene.
Perché mi dà egli e gli altri materia di conoscere la mia ignoranza e ingratitudine, di non avere conosciuto, né conosca il tempo mio e le grazie ricevute dal mio Creatore. Sicché a me fanno aumentare la virtù. Ma non ho voluto tacere, perché la madre è obbligata di dire ai figliuoli quello loro bisogna.
Partorito è stato egli, e gli altri con molte lagrime e sudori; e partorirò fino alla morte, secondo che Dio mi darà la grazia in questo tempo dolce della sollecitudine data a me e a questa povera famigliola dalla prima dolce Verità.
E pare che di nuovo voglia che si fornisca la navicella dell'anima mia, ricevendo solo la soddisfazione dal mio Creatore, con l'esercizio di cercare e conoscere la dolce Verità, con continui muggiti e orazioni nel cospetto di Dio per la salute di tutto quanto il mondo. Dio ci dia grazia, a voi e a me, e ad ogni persona, di farlo con grande sollecitudine.
Raccomandateci a Teopento, che preghi Dio per noi ora che egli ha il tempo della cella: perché siamo peregrini e viandanti in questa via, e posti a gustare il latte e le spine di Cristo crocifisso.
E ditegli che legga questa lettera: e chi ha orecchie, sì oda; e chi ha occhi, sì veda; e chi ha piedi, sì vada, non volgendo il capo indietro; anco, vada innanzi, seguendo Cristo crocifisso, e con le mani adoperi sante vere e buone operazioni, fondate in Cristo crocifisso. Altro non dico.