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Lettera 356
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissime madri e figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in perfetta carità, acciocché siate vere nutrici e governatrici dell'anime vostre.
Perché mai non potremmo nutrire il prossimo nostro, se prima non nutrissimo l'anima nostra di vere e reali virtù; e di virtù non si può nutrire, se prima non s'attacca al petto della divina carità, del quale petto si trae il latte della divina dolcezza.
A voi, carissime suore, conviene fare come fa il fanciullo, il quale volendo prendere il latte, prende la mammella della madre, e se la mette in bocca; onde col mezzo della carne trae a sé il latte.
Così conviene fare a noi, se vogliamo nutrire l'anima nostra: e ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo crocifisso, in cui è la madre della carità; e col mezzo della carne sua trarremo a noi il latte, che nutre l'anima ed i figliuoli delle vere virtù; cioè per mezzo dell'umanità di Cristo; perché nell'umanità sua cadde e fu la pena, e non nella deità.
E noi non potremmo nutrirci in questo latte, che traiamo dalla madre della carità, senza pena: e differenti sono le pene.
Spesse volte sono pene di grandi battaglie del dimonio, o persecuzioni delle creature, con molte infamie, strazi ed ingiurie. Queste sono pene in loro, ma non all'anima, la quale s'è posta a nutrire a questo dolce e glorioso petto onde ha tratto l'amore, vedendo in Cristo crocifisso l'amore ineffabile che Dio ci ha mostrato col mezzo di questo dolce e amoroso Verbo; e nell'amore ha trovato l'odio della propria colpa e della legge perversa sua, che sempre impugna contro lo spirito.
Ma sopra l'altre pene che porti l'anima che è venuta a desiderio di Dio, sono i crociati e amorosi desideri, che ha per la salute di tutto quanto il mondo.
Perché la carità fa questo: che ella s'inferma con quelli che sono infermi, ed è sana con quelli che sono sani; ella piange con quelli che piangono, e gode con quelli che godono, cioè piange con coloro che sono nel tempo del pianto del peccato mortale, e gode con quelli che godono nello stato della Grazia.
Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la Croce con lui: non pena affliggitiva che dissecchi l'anima, ma pena che l'ingrassa, dilettandosi, ed ingegnandosi di seguire la dottrina e vestigie sue: e così gusta il latte della divina dolcezza.
E con che l'ha preso? Con la bocca del santo desiderio: in tanto che, se possibile le fosse d'avere questo latte, senza pena, e con esso dare vita alle virtù, le quali tutte hanno vita dal latte dell'affocata carità, non vorrebbe.
Ma più tosto elegge di volerlo con pena per amore di Cristo crocifisso: perché non le pare che sotto il capo spinato debbano stare membra delicate; ma più tosto portare la spina con lui insieme: non eleggendo punture a suo modo; ma a modo del capo suo.
E facendo così, non porta ella; ma il capo suo, Cristo crocifisso, n'è fatto portatore.
Oh quanto è dolce questa dolce madre della carità! Ella non cerca le cose sue; cioè che non cerca sé per sé, ma sé per Dio; e ciò ch'ella ama e desidera, ama e desidera in lui e per lui, e fuori di lui nulla vuole possedere.
In ogni stato che ella è, spende il tempo suo facendo la volontà di Dio. Se ella è secolare, vuole essere perfetta nello stato suo; se ella è religiosa suddita, ella è perfetta angela terrestre in questa vita: e non appetisce né pone l'amore suo nel secolo né nella ricchezza temporale, non volendo possedere in particolare, perché vede che sarebbe contro il voto della povertà volontaria.
Sicché, in qualunque stato l'anima è, è in stato vedovile; e in ogni modo, avendo in sé quella dolce madre della carità, nutrendosi al petto di Cristo crocifisso, ella gusta questo dolce e soave latte con affocato desiderio e con perfettissimo lume; però che s'ha tolta la tenebra del perverso e miserabile amore proprio di sé.
Ora è il tempo, suore carissime, da perder sé, di non cercare sé per sé, ma sé per Dio, e il prossimo per Dio, e Iddio dolce in quanto egli è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato, servito e cercato da noi; in lui conoscere la verità, e annunziarla, e fortificarla nei cuori delle creature che hanno in loro ragione, senza timore servile.
Ora è il tempo del bisogno che voi e gli altri servi di Dio vi disponiate a sostenere per la verità; e che l'amore, il quale avete trovato al petto di Cristo crocifisso, voi lo manifestiate sopra il prossimo vostro, portandolo per affetto d'amore e grande compassione, nel cospetto di Dio con lagrime, vigilia, e umile e continua orazione.
Non dobbiamo terminare la vita nostra altro che in pianto e amaritudine, sino a tanto che vediamo levata tanta tenebra, quanta vediamo in quelli che debbono dare luce nel corpo mistico della santa Chiesa.
Si dissolva dunque la vita nostra, diamo agli occhi nostri fiumi di lagrime; muggisca il desiderio sopra questi morti, acciocché si partano dalla morte e giungano alla vita.
Or che è questo a vedere, che quelli che hanno eletto Cristo in terra, papa Urbano VI, con tanto ordine, ora per l'amore proprio e miserabile vita loro dicano che non è papa? Guardate, carissime suore che voi non cadeste in tanta ignoranza, né in tanta cecità, che voi credeste a questi iniqui e malvagi uomini, non degni d'essere chiamati uomini, ma più tosto dimoni incarnati;
ma ferme e stabili, non seguendo la natura della femmina che si volge come la foglia al vento, ma virili e costanti confessate e tenete, che così è la verità, che papa Urbano VI è veramente papa, vicario di Cristo in terra. E se voi teneste il contrario, sareste riprovate da Dio, vi partireste dalla verità e seguireste la bugia e il dimonio che è padre delle bugie.
Ho grande desiderio di ritrovarmi con voi, perché, poi che frate Roberto mi contò di voi e teneramente vi raccomandò a me miserabile piena di difetto, vi concepii amore.
E però mi mossi a scrivervi toccando alcuna cosa di questa materia, acciò che non andiate vacillando con la mente vostra; ma perché voi vi fermiate in questa verità.
Forse che Dio adempirà i nostri desideri di ritrovarci insieme. Allora più largo e lungamente ne potremo parlare.
Vi basti questo, che se volete nutrirvi a questo glorioso petto, siccome nel principio io vi dissi che io desideravo di vedervi, e se volete gustare il latte della divina dolcezza dell'affocata carità di Cristo in cielo, vi conviene tenere affermativamente che papa Urbano VI è veramente Cristo in terra, vero e sommo pontefice, e verun altro no, mentre che questo vive; e chi tenesse il contrario sta in stato di dannazione, come ribelle alla santa Chiesa ed allobbedienza di Cristo in terra.
Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.