La centrale nucleare danneggiata

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Transcript della presentazione:

La centrale nucleare danneggiata La geografia La storia La centrale nucleare danneggiata Il Giappone L'attività sismica Il terremoto Lo tsunami ALDO DE FALCO III B

La storia Nel 1920 il Giappone si unì alla Lega delle Nazioni divenendone un membro del consiglio di sicurezza, ma nel 1933 ne uscì in seguito alle critiche per l'occupazione della Manciuria del 1931. Nel 1936 firmò il patto anti-Comintern con la Germania nazista, unendosi all'Asse nel 1940 (Patto tripartito). Il Giappone attaccò il resto della Cina, così come molte altre nazioni e isole dell'Asia orientale, iniziando la seconda guerra sino-giapponese (1937-1945). In risposta alle sue azioni, alcuni Stati occidentali, tra cui principalmente gli Stati Uniti, il Regno Unito e i Paesi Bassi, imposero un embargo delle forniture di petrolio e altre sanzioni. Il 7 dicembre 1941 il Giappone attaccò la base navale statunitense di Pearl Harbor dichiarando guerra a Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi. Quest'azione fece entrare nella seconda guerra mondiale gli Stati Uniti, che quattro giorni dopo ricevettero la dichiarazione di guerra dalla Germania nazista. La guerra costò al Giappone milioni di vite e distrusse la maggior parte della struttura industriale e infrastrutturale. Nel 1947 il Giappone adottò una nuova costituzione pacifista, cercando la cooperazione internazionale, enfatizzando i diritti umani e le pratiche democratiche. L'occupazione statunitense durò ufficialmente fino al 1952; nel 1956 il Giappone divenne membro delle Nazioni Unite. Grazie a un programma di sviluppo industriale aggressivo e con l'assistenza degli Stati Uniti, l'economia giapponese crebbe rapidamente fino a diventare la seconda più grande economia del mondo, con un tasso di crescita medio del 10% per quattro decadi. Questa crescita si arrestò negli anni novanta, quando soffrì una grave recessione. A partire dal 2001 il Giappone ha ripreso a crescere grazie alle riforme dell'ex premier Junichiro Koizumi, ed ha anche riacquistato prestigio militare, affiancando gli USA nella guerra al terrorismo.

La geografia Le isole che formano il Giappone costituiscono la parte emersa di una grande catena montuosa, in origine appartenente al continente asiatico, dalla quale si staccarono nell'era cenozoica. La lunga e stretta isola principale, Honshu, ha un'ampiezza massima inferiore ai 322 km: in nessun punto del Giappone la distanza dal mare supera i 161 km. Il litorale del Giappone, molto lungo in proporzione alla superficie totale del paese, si estende, con numerose baie e insenature, per 29.750 km Il fenomeno che ha portato le isole giapponesi a staccarsi dalla costa asiatica è chiamato deriva dei continenti ed è qui esposto brevemente: la terra ha una struttura a strati, lo strato più esterno, la crosta non è compatto ma diviso in "placche" e galleggia sullo strato appena più interno, il mantello che è allo stato “fluido". Le placche possono spostarsi tra loro in tre modi: allontanamento, avvicinamento e scorrimento reciproco, che sono fenomeni rispettivamente costruttivi, distruttivi e neutri, perché creano nuova crosta o la consumano, lo scorrimento non genera nè consuma la crosta

L'attività sismica In Giappone sono frequenti i terremoti: secondo una statistica si verificano quotidianamente più di tre movimenti sismici. La ricerca geologica ha infatti evidenziato un abbassamento della costa giapponese occidentale, e un innalzamento della costa sul Pacifico. La costa orientale è colpita da terremoti che interessano una zona molto estesa, solitamente accompagnati da forti maree e maremoti talvolta con onde anomale di eccezionale altezza, dette tsunami

Il recente terremoto Il sisma si è generato a 130 km a est di Sendai, Sulla terraferma, situata a 100 Km dall'epicentro, si è rilevato un valore compreso tra 6 e 7 di magnitudo.[9] L'accelerazione del suolo ha raggiunto picchi di 0,5 g. Ulteriori scosse si sono succedute dopo quella iniziale delle 14:46: una 7,0 alle 15:06, una di magnitudo 7,4 alle 15:15 ed una di magnitudo 7,2 alle 15:26, e sono state oltre quaranta le scosse di magnitudo superiore a 5,0 hanno avuto luogo nelle ore seguenti la scossa iniziale. Molte parti della città di Tokyo sono rimaste temporaneamente senza fornitura di energia elettrica. All'alba del 13 marzo (ore 5:00 locali) si sono verificate altre scosse di 6,8 e 6,0 nel nord est del Paese.[10] Il 14 marzo si verifica un'altra grande scossa di 6,2 avvertita anche a Tokyo.[11] Il 15 marzo un'altra della stessa magnitudo si è riscontrata a 120 chilometri a sud-ovest di Tokyo, nei pressi del monte Fuji con epicentro a Shizuoka.[12] Il 16 marzo una scossa di 6.0 scuote la prefettura di Chiba, alla periferia est di Tokyo.[13] Il 17 marzo la tv Nhk annuncia che una nuova scossa di magnitudo 5.8 si è registrata poco fuori da Tokyo, con epicentro al largo delle coste della prefettura di Ibaraki, a nord della capitale.

Lo tsunami In seguito alla scossa si è generato uno tsunami con onde alte fino a 10 metri e che hanno raggiunto una velocità di circa 750 km/h. Molti paesi, tra cui la Nuova Zelanda, l'Australia, la Russia, Guam, le Filippine, l'Indonesia, la Papua Nuova Guinea, Nauru, le Hawaii, le Marianne Settentrionali e Taiwan hanno, di conseguenza, dichiarato l'allerta tsunami. In Giappone l'allerta è stata subito portata al livello massimo.[18] L'agenzia di stampa giapponese Kyodo News ha riportato la notizia di onde alte quattro metri nella prefettura di Iwate. La prefettura di Miyagi è stata la più colpita, con automobili, edifici, navi e treni travolti dalle onde.

I danni alla centrale nucleare Le centrali che hanno subito i maggiori danni sono state quelle di Fukushima Daini (Fukushima II) e, in particolare, Fukushima Daiichi (Fukushima I), situate a circa 11 km l'una dall'altra nella prefettura di Fukushima. I reattori attivi a Fukushima I erano i n. 1, 2 e 3, mentre altri tre erano stati spenti per manutenzione[47]. Questi si sono disattivati automaticamente dopo la scossa, ma i sistemi di raffreddamento sono comunque risultati danneggiati, causando un surriscaldamento incontrollato. Il livello dell'acqua negli impianti è sceso sotto i livelli minimi di guardia in tutti e due i siti, e pertanto è stata dichiarata l'emergenza nucleare (la prima nella storia del Giappone). Alle 15:40 (6:40 UTC) dell'11 marzo il reattore n. 1 di Fukushima I ha subito la fusione delle barre di combustibile e un'esplosione visibile anche dall'esterno, che ha provocato il crollo di parte delle strutture esterne della centrale[48]. In un'ora sarebbero state rilasciate più radiazioni che nell'arco di tempo di un anno[40]. Il 12 marzo si è verificato lo stesso problema al reattore n. 3 della stessa centrale. Per contenere il surriscaldamento è stato autorizzato il rilascio controllato di vapore e si è proceduto all'irrorazione dei reattori con acqua di mare e acido borico (capace di assorbire neutroni e rallentare la reazione del combustibile). I gas dispersi dalle esplosioni e dal rilascio di vapore hanno diffuso nell'atmosfera ioni radioattivi di iodio 131[49]. La successiva evacuazione ha interessato 110 mila persone nel raggio di 30 chilometri dall’impianto di Fukushima I[40]. Il 14 marzo si è interrotto l'impianto di raffreddamento del reattore n. 2, subito irrorato con acqua marina e boro. Nella notte del 15 marzo è avvenuta un'esplosione, con successivo incendio, al reattore n. 4: anche se spento, il guasto all'impianto di raffreddamento ha impedito di contenere il surriscaldamento dovuto al decadimento naturale del combustibile nucleare, e questo ha portato alla vaporizzazione dell'acqua della piscina di soppressione in cui è immerso il reattore e alla successiva reazione tra vapore bollente e lo zirconio che riveste le barre di combustibile[50]; l'acqua attorno al reattore si è prosciugata portando il surriscaldamento fuori controllo. Gli incendi e la radioattività hanno reso problematico l'accesso negli impianti dei tecnici che cercavano di riprendere il controllo dei reattori. Tuttavia, i contenitori primari (vessel) dei reattori interessati dagli incidenti (n. 1, 2, 3 e 4) hanno resistito alle esplosioni e al surriscaldamento[51]. Gli avvenimenti sono stati provvisoriamente classificati al livello 6 sulla scala INES dall'Agenzia atomica francese.