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Lettera 112
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso, considerando me che il servire a Dio non è essere servo, ma è regnare.
Non è fatta come la perversa servitudine del mondo, la quale servitudine fa invilire la creatura, e la fa serva e schiava del peccato e del dimonio. Il quale peccato, che non è cavelle, fa venire l'uomo a non cavelle.
Sappi, carissima e dolce figliuola, che l'anima che serve alle creature e alle ricchezze fuori di Dio, cioè che disordinatamente appetisce e desidera le ricchezze e delizie del mondo, e vanità con piacere di sé medesimo (perché tutte sono vane senza nessuna fermezza o stabilità, siccome la foglia che volle al vento); cade nella morte, e avvilisce sé medesima, perché si sottomette a quelle cose che sono minori di sé.
Perché tutte quante le cose create sono fatte in servizio della creatura ragionevole; e la creatura che ha in sé ragione, è fatta per servire al suo Creatore.
E però noi c'inganniamo: perché quanto l'uomo appetisce queste cose transitorie, tanto perde più quella dolce signoria che s'acquista in servire al suo Creatore; e si sottomette a quella cosa che non è: perché amando disordinatamente fuori di Dio, offende Dio. Sicché bene è verità, che della servitudune del mondo veniamo a non cavelle.
Oh come è matto e stolto colui che si dà a servire quello che non tiene signoria, non di quella cosa che non è, cioè del peccato.
Il dimonio non signoreggia se non coloro che sono operatori delle iniquità. E in che modo li signoreggia? Per tormento, dandogli supplizio nelleterna dannazione.
E il mondo ancora: ciò sono i disordinati affetti che noi poniamo al mondo. Che le cose del mondo in sé sono buone: ma la mala volontà di chi le usa, le fa cattive, prendendole e desiderandole senza timore di Dio.
E per questo modo dico che questi sono i famigli, che ci legano con il dimonio in tormento. Dico, che questa servitudine della morte toglie il lume della ragione, e dà tenebre; toglie la ricchezza della Grazia, e dà la povertà del vizio.
Non voglio, figliuola mia, (poiché tanto è pericoloso) che tu ti dia alla perversa servitudine del mondo; ma voglio che tu sia vera serva di Cristo crocifisso, il quale t'ha ricomprata del prezioso sangue suo.
Egli è il dolce Dio nostro, che ci creò alla immagine e similitudine sua; egli ci ha donato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo per toglierci la morte, e darci la vita.
Col sangue suo ci tolse la servitudine del peccato, e ci ha fatti liberi, traendoci dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi.
Il sangue, ancora, ci ha fatti forti, e ci ha messi in possessione di vita eterna; perché i chiodi ci son fatte chiavi che hanno disserrata la porta, che stava chiusa per il peccato che era commesso.
Questo dolce Verbo salendo a cavallo in sul legno della santissima Croce, come vero cavaliere, ha sconfitti i nemici, e ha messi noi in possessione della vita durabile, sì e per siffatto modo che né dimonio né creatura ce la può togliere se noi non vogliamo.
Adunque ben è dolce questa servitudine; e senza questa servitudine non possiamo partecipare la divina Grazia.
E però dissi, che io desideravo di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso; perché, subito che tu sei fatta serva (però che il servire a Dio è regnare), a mano a mano diventi sposa.
Voglio dunque che tu sia sposa fedele, che tu non ti parta mai dallo Sposo tuo, amando né desiderando nessuna cosa fuori di Dio.
Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'ha data la vita, e non muore mai.
Ma gli altri sposi muoiono, e passano come il vento: e spesse volte sono cagione della morte nostra. E tu hai provato che fermezza ha; perché in piccolo tempo due calci t'ha dato il mondo: e questo ha permesso la Divina Bontà perché tu fugga dal mondo, e rifugga a lui come Padre e Sposo tuo.
Fuggi dunque il veleno del mondo, che ti mostra un fiore, mostrandosi fanciullo, ed egli è un vecchio; mostra la lunga vita, e ella è breve; pare ch'egli abbia alcuna fermezza, e egli è volubile, sì come la foglia che si volle al vento.
Tu hai bene veduto che in te non ebbe fermezza: e così ti pensa che ti farà il simile se tu te ne fidi più; però che così è mortale l'ultimo come il primo.
Levati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove è perfetta, e vera sicurezza.
Egli è quel luogo dolce dove la sposa empie la lampada del cuore suo: che drittamente il cuore è una lampada.
Il quale deve essere siccome la lampada, ch'è stretta da piedi e larga da capo; cioè che il desiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo di sopra: cioè dilargare il cuore e l'affetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e temendolo con vera e santa sollecitudine.
E allora empirai questa lampada al costato di Cristo crocifisso.
Il costato ti mostra il segreto del cuore: che quello ch'egli ha fatto e dato per noi, ha fatto per proprio amore. Ine trova la vera e profonda umiltà, la quale è l'olio che nutre il fuoco e il lume del cuore della sposa di Cristo.
Che maggiore larghezza d'amore puoi trovare, che vedere ch'egli abbia posta la vita per te? E che maggiore bassezza si può vedere o si trova mai, che vedere Dio umiliato all'uomo? E Dio-e-Uomo corso all'obbrobriosa morte della Croce?
Questa umiltà confonde ogni superbia, delizie e grandezze del mondo; questa è quella virtù piccola che è balia e nutrice della Carità. Allora è ricevuta la Sposa dallo Sposo suo, ed è messa nella camera dove si trova la mensa e il cibo e il servitore.
La camera è la divina essenza dove si nutrono i veri gustatori. Ine si gusta il Padre eterno, che è mensa; il Figliuolo, ch'è il cibo, e lo Spirito Santo, che ci serve. E così gusta e si sazia l'anima in verità, delleterna visione di Dio.
Or non dormire dunque più, ma destati dal sonno delle delizie del mondo, e segui il tuo diletto Cristo; e non aspettare il tempo, che tu non sei sicura d'averlo, perché ti viene meno. Che talora crediamo noi vivere, che la morte viene a toglierci il tempo. E però chi fosse savio, non perderebbe il tempo che egli ha per quello che non ha.
Rispondi dunque a Dio che ti chiama, col cuore fermo: e non credere né a madre, né a suora, né a fratello, né a corpo di creatura che ti volesse impedire. Ché tu sai che in questo noi non dobbiamo essere obbedienti a loro.
E così dice il nostro Salvatore: «Chi non rinuncia al padre e alla madre, a suora e a fratelli, e anco a sé medesimo, non è degno di me». Si conviene dunque rinunciare a tutto il mondo e a sé medesimo, e seguire il gonfalone della santissima Croce.
Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
A te dico, figliuola mia, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che tu esca della casa del padre tuo; e disponiti di venire, quando il luogo sarà fatto; che già è cominciato, e si fa di forza: cioè il monastero di Santa Maria degli Angeli a Belcaro.
Se tu lo farai, giungerai in terra di promissione.
Altro non dico. Dio ti riempia della sua dolcissima grazia.