Gli intellettuali e la questione della razza nell’Italia fascista

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Transcript della presentazione:

Gli intellettuali e la questione della razza nell’Italia fascista Classe III B a cura della prof.ssa Clelia Alesi

Oggi si parla di Nazismo e Fascismo come di fenomeni lontani nel tempo ed estranei alla cultura italiana, cosa che purtroppo non è stata e di cui ancora oggi avvertiamo l’ombra. Spesso si tende ad identificare le politiche antisemite soltanto con il regime nazista, trascurando o minimizzando la responsabilità dell’Italia fascista in questo ambito. Ecco perché vogliamo soffermarci a considerare la situazione storico-culturale dell’Italia di quegli anni, con particolare attenzione al rapporto tra intellettuali, ebrei e non, e questione della razza.

La vicenda della persecuzione antiebraica messa in opera dal fascismo è argomento tuttora assai controverso, su cui il dibattito degli storici è ancora aperto. POPOLO ITALIANO MONDO DELLA CULTURA E DELLA SCIENZA aderì blandamente alle iniziative antisemite del regime diede il massimo consenso alle politiche razziali fu devastato dalle conseguenze delle misure politiche adottate

Il razzismo teorico in Italia Manifestazioni maggiori Manifestazioni minori

Appendice estremista e violenta importata dal nazismo. Minore Appendice estremista e violenta importata dal nazismo. Non ottenne larghi consensi. Faceva capo a: Riviste La difesa della razza Il Tevere La vita italiana Personalità Telesio Interlandi Giovanni Preziosi Julius Evola Roberto Farinacci

Maggiore Fu un razzismo moderato e dai toni “spiritualistici”. Generò larghi consensi, anche della Santa Sede. Divenne patrimonio del mondo scientifico e culturale per l’azione di: Sabato Visco Nicola Pende Giuseppe Bottai

Manifesto degli scienziati razzisti Fu pubblicato una prima volta in forma anonima sul Giornale d'Italia il 15 luglio 1938 con il titolo Il Fascismo e i problemi della razza, ripubblicato sul numero uno de La difesa della razza, il 5 agosto 1938. Il 25 luglio, dopo un incontro tra i dieci redattori della tesi, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri, ed il segretario del PNF Achille Starace, dalla segreteria politica del partito verrà comunicato il testo completo del lavoro, comprensivo dell'elenco dei firmatari e delle adesioni. Tra le adesioni al manifesto spiccano quelle di personaggi illustri, o destinati a diventare tali, come, tra gli altri, Giorgio Almirante, Piero Bargellini, Giorgio Bocca, Galeazzo Ciano, Amintore Fanfani, Agostino Gemelli, Giovanni Gentile, Luigi Gedda, Giovanni Guareschi, Mario Missiroli, Romolo Murri, Giovanni Papini, Ardengo Soffici.

Giovanni Gentile fu “l’unico grande intellettuale fascista che seppe prendere le distanze dalla canea razzista” (G. Israel – P. Nastasi, Scienza e razza nell’Italia fascista). Questa scelta si fece sentire negli indirizzi della Enciclopedia italiana, di cui Gentile fu a lungo direttore scientifico. Il filosofo castelvetranese ebbe il merito di tenersi sempre lontano dalle azioni più abiette del regime, al quale non di meno rimase fedele fino alla morte.

Ci lascia perplessi come il frate Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica di Milano e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, che aveva accolto come suoi membri anche scienziati ebrei (es. Volterra, Levi-Civita), si sia espresso con attacchi antiebraici di violenza inaudita. Nel 1924, Gemelli commentò il suicidio di Felice Momigliano sulla rivista Vita e pensiero, vero e proprio avamposto dell’antisemitismo, con queste parole: “Se insieme con il positivismo, il libero pensiero e il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l’opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che tutto il mondo starebbe meglio? Sarebbe una liberazione”.

Tra gli articoli del Manifesto, due ci hanno colpito particolarmente: Art. 6 - Esiste ormai una pura “razza italiana”. Art. 9 - Gli ebrei non appartengono alla razza italiana.

Art. 6 - Esiste ormai una pura razza italiana. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

Art. 9 - Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

Le leggi razziali del ’38 A partire dal Manifesto della razza, fra la fine dell’estate e l’autunno del 1938, furono emanati diversi decreti legge, a cui fece seguito una Dichiarazione sulla razza emessa dal Gran consiglio del fascismo, successivamente adottata dallo Stato con un regio decreto legge del 17 novembre. Tra le varie leggi emanate durante il periodo fascista a difesa della razza, un decreto riguarda significativamente il tema dell’istruzione.

Decreto del 5 settembre 1938 Provvedimenti razzisti nella scuola fascista Art.1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse all'assistentato universitario, né al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza. Art.2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Art.3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza. Art.4. I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.

Testimonianza di Primo Levi Art.5. In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici. Testimonianza di Primo Levi Art.6. Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

Primo Levi, Il sistema periodico “Avevo in un cassetto una pergamena miniata, con su scritto in eleganti caratteri che a Primo Levi, di razza ebraica, veniva conferita la laurea in Chimica con 110 e lode: era dunque un documento ancipite, mezzo gloria e mezzo condanna”. “La liberazione universitaria ha coinciso con il trauma di sentirmi dire: attenzione, tu non sei come gli altri, anzi, vali di meno: sei avaro, sei uno straniero, sei sporco, sei pericoloso, sei infido. Ho reagito inconsapevolmente accentuando l’impegno nello studio”. Primo Levi, Il sistema periodico

L’antisemitismo di stato si abbatte sulla comunità scientifico-culturale La presenza degli ebrei italiani in tutti i campi della cultura nazionale – letteratura, musica e anche arti figurative – era evidente, ma il campo in cui essi avevano portato i maggiori contributi, talora di livello eccezionale, era quello delle scienze. Alla vigilia delle leggi razziali, i professori universitari di “razza ebraica” rappresentavano il 7% del contingente totale dei professori universitari.

L’antisemitismo di stato si abbatte sulla comunità scientifico-culturale Le leggi razziali furono applicate con particolare accanimento proprio nel campo dell’istruzione. Ciò comportò l’espulsione di un gran numero di docenti: non è noto il numero degli espulsi dalle scuole elementari e secondarie inferiori, mentre è stato calcolato che i docenti delle scuole secondarie superiori espulsi fossero 174 e addirittura 99 fossero i professori universitari epurati.

Le aree disciplinari più colpite Per quanto riguarda le aree disciplinari più colpite, le perdite più gravi furono le seguenti: 18 nella medicina 17 nel campo delle scienze matematiche, fisiche e chimiche 23 nel campo delle scienze giuridiche 20 nelle discipline letterarie e filosofiche. L’elenco dei docenti epurati, per la sua ampiezza e per il rilievo dei nomi che comporta, è più eloquente di qualsiasi commento. Ci limiteremo a citare più noti.

Corrado Segre, professore di geometria superiore a Torino. Salvatore Pincherle, professore di calcolo infinitesimale all’Università di Bologna, fu tra i creatori della moderna analisi funzionale. Vito Volterra, fisico-matematico che pose le basi del calcolo funzionale. Federigo Enriques, ordinario di geometria superiore all’Università di Roma. Tullio Levi-Civita, ordinario di meccanica razionale all’Università di Padova e Roma, contribuì alla creazione del “calcolo differenziale assoluto”, che divenne il linguaggio della relatività generale di Einstein. Attilio Momigliano, ordinario di letteratura italiana all’Università di Firenze e celebre critico italiano. Benvenuto Terracini, ordinario di Glottologia all’Università di Milano. Mario Fubini, straordinario di letteratura italiana all’Università di Palermo. Giuseppe Levi, ordinario di anatomia umana presso l’Università di Torino, tra i cui allievi furono i futuri premi Nobel Rita Levi Montalcini e Renato Dulbecco.

Della persecuzione antiebraica fu vittima anche Enrico Fermi, che non era ebreo, ma sposato con l’ebrea Laura Capon. Già professore di fisica teorica presso l’Università di Roma, fu costretto ad emigrare negli USA, dove contribuì in modo decisivo agli studi sull’energia nucleare.

Da queste notizie, è chiaro come il mondo della cultura e della scienza fosse stato devastato durante il regime fascista.

L’opinione più diffusa è che, con la caduta del fascismo e la liberazione dell’Italia dalla presenza nazista, la parentesi delle leggi razziali e del razzismo antiebraico in Italia si sia di colpo chiusa e tutto sia tornato alla normalità e allo stato antecedente.

Conseguenze La componente scientifica ebraica non fu mai completamente reintegrata, né fisicamente né culturalmente. Il reingresso degli scienziati ebrei nella vita universitaria e scientifica fu vanificato: infatti, coloro che erano stati la longa manus della politica razziale nell’Università riottennero il potere e le posizioni temporaneamente perdute dopo la caduta del fascismo; gli ebrei reintegrati nell’università, d’altronde, erano già alla soglia della pensione e comunque distrutti nel fisico e nel morale, per cui scomparirono tutti durante la guerra o nell’immediato dopoguerra.

Responsabilità che va ulteriormente ribadita. Questo excursus, lungi dall’essere esauriente, vuol essere un ulteriore stimolo alla riflessione sul ruolo rivestito dall’Italia nell’ambito delle persecuzioni razziali. Responsabilità che va ulteriormente ribadita.

Il contributo degli intellettuali italiani alla propaganda antisemita rivela il carattere ambivalente della cultura e dimostra che quest’ultima, se asservita a false e perverse ideologie, diviene il substrato dei più folli progetti del potere. Noi, oggi, vogliamo invece affermare con forza il valore positivo della cultura, la quale può e dev’essere humus, strumento, sprone per la costruzione di un mondo migliore, all’insegna della giustizia, della libertà, dell’uguaglianza.

Oggi siamo qui perché la Scuola non sia un luogo freddo di trasmissione di nozioni, ma sia veicolo di cultura, con l’alto compito di formare la coscienza di noi giovani. Cultura deriva dal latino colo, cioè coltivare: nel darci consapevolezza che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, la Scuola ci educhi al rispetto della persona umana nella sua dignità e nella pienezza dei suoi diritti inalienabili, preparando la nostra mente e il nostro cuore a svolgere nella società un ruolo culturale propulsivo – un ruolo che potremo esplicare solo facendo tesoro delle lezioni della storia, per non ricadere ancora una volta negli stessi errori (e orrori) del passato.

“La memoria è il rombo sordo del tempo, scandisce il distacco dal passato per tentare di capire quel che è accaduto”. E. Loewenthal