Corso Marketing Vitivinicolo Lezione n. ro 0 Il mercato internazionale dei vini e le produzioni italiane Lo scenario attuale e le future prospettive
Lo scenario mondiale
Lo scenario mondiale La produzione del vino nel mondo Superfici (ha) 2004 L’area del mondo con la maggiore estensione di vigneti resta l’UE - 25, con una quota pari al 45,6%. Essa è seguita dall’Asia, con il 21,5% della superficie vitata mondiale. Risulta in lento ma costante diminuzione il patrimonio viticolo dell’Europa extra-UE: infatti si registra 1% in meno rispetto al 2001 ed il 20% in meno rispetto alla seconda metà degli anni novanta. In lieve aumento risulta la superficie nel continente americano nel periodo 1997-2003. Per il 2004, invece, in tale continente si registra un brusco arresto che fa attestare le superfici vitate a 955 mila ettari. Nel continente africano si registra, dal 1996 al 2004, una progressione regolare, anche se lenta, delle superfici a vite (L’aumento medio dal 1997 al 2004 si quantifica in 5 migliaia di ettari/anno) Questa situazione riflette la continua crescita del vigneto in Sud Africa. Per il 2004 gli ettari vitati nel continente africano hanno raggiunto 390 mila ha. Per quanto riguarda l’Oceania, essa ha fatto un notevole passo in avanti rispetto agli inizi degli anni novanta. Infatti, tra il 1990 ed il 1994 la sua superficie vitata è risultata in media di 60 mila ha, per poi passare agli 80 mila ha del quinquennio successivo, per poi superare i 120 mila ha agli inizi del nuovo millennio e raggiungere quota 177 mila nel 2003. Il dato relativo al 2004 si attesta a 187 migliaia di ettari. L’Oceania rappresenta il secondo polo continentale di crescita della vigna mondiale, anche se gli incrementi risultano molto più contenuti rispetto a quelli osservati per il periodo precedente. All’interno del continente oceanico, il paese trainante risulta essere l’Australia, in cui si trovano 164 mila ha. Fonte: O.I.V.
Lo scenario mondiale La produzione del vino nel mondo Migliaia di ettolitri (2004) La produzione mondiale di vino nel 2004 si è attestata a 29,9 milioni di tonnellate, in aumento rispetto ai 26,7 dell’anno precedente. Analizzando nel dettaglio le principali aree produttrici si denota una progressiva, anche se lenta, perdita di posizioni dell’Europa. Infatti, anche se essa mantiene il primato producendo il 70% del totale mondiale di vino, rispetto agli anni ottanta perde ben 8 punti percentuali. Di contro si registra una progressione del peso del continente americano, che da meno del 16% degli anni ottanta è passato al 16,4% del 2004. Ma è soprattutto cresciuto il peso dell’Oceania, che passa dall’1,5% degli anni ottanta al 5% del 2004. Incrementi significativi si segnano anche per l’Asia, che trova nella Cina il principale rappresentante con oltre un milione di tonnellate di vino prodotto. Sostanzialmente stabile al 3% è rimasta invece la quota relativa all’Africa. Fonte: O.I.V.
Lo scenario mondiale La produzione del vino nel mondo Migliaia di ettolitri (evoluzione 1991-2004) La produzione di vino nel mondo è andata progressivamente crescendo, passando dalle 26,3 milioni di tonnellate come media per gli anni 1991-95 alle 27,2 milioni di tonnellate come media degli anni 2001-2004. Fonte: O.I.V.
Lo scenario mondiale Consumo del vino nel mondo Fonte: O.I.V. (2004) Dal lato della domanda, i consumi mondiali di vino si attestano per il 2004 in circa 23,7 milioni di tonnellate. Anche in questo caso, come per l’aspetto produttivo, troviamo che poco meno del 70% dei consumi sono imputabili all’ Europa, che rimane dunque leader anche per questo aspetto. All’Europa seguono, per quote di vino consumate, l’America e l’Asia, con quantitativi sostanzialmente coerenti con quelli produttivi. Nel caso dell’America Latina e dell’Oceania, invece, si evidenziano importanti surplus produttivi. Queste ultime zone geografiche si caratterizzano per una quota mondiale di consumo vinicolo, pari al 10% per l’America Latina e al 4% per l’Oceania, sensibilmente inferiore alla rispettiva quota di produzione, delineandosi dunque come reali nuovi competitors. Fonte: O.I.V. (2004)
Lo scenario mondiale Volume esportazioni mondiali Questo grafico permette di evidenziare innanzitutto una progressiva crescita nelle produzioni mondiali di vino e un progressivo aumento di importanza del peso delle esportazioni relative ai nuovi paesi produttori che passano da 4,3 milioni di ettolitri del 1994 ai 17,7 milioni di ettolitri del 2004. Anche le esportazioni dei paesi tradizionali aumentano, ma in modo meno marcato. (milioni di ettolitri) Fonte: FAOSTAT (2004)
Lo scenario mondiale Volume esportazioni mondiali Aumenta la produzione totale Aumenta la produzione dei nuovi competitors Aumentano le esportazioni Infatti, In termini percentuali i paesi tradizionalmente produttori ed esportatori di vino perdono peso, passando dal 66% nel 1994 al 55% nel 2004. I nuovi produttori, invece, aumentano la loro importanza mondiale, raggiungendo la quota del 23% delle esportazioni totali per il 2004. % Fonte FAOSTAT (2004)
Lo scenario mondiale Principali paesi esportatori Valori in milioni di US $ Il principale paese esportatore di vino, in termini di valore, risulta essere la Francia, con una quota pari al 35%. Essa risulta essere seguita dall’Italia, con una quota pari al 18%, dalla Spagna, dall’Australia, dal Cile e dagli Stati Uniti. Da sottolineare come per la Francia, l’Italia, la Spagna e la Germania (ovvero i paesi tradizionalmente produttori), dal 1999 al 2004 si sia registrata una progressiva diminuzione nel valore delle esportazioni in concomitanza di un trend positivo nel valore delle esportazioni dei nuovi competitors (Australia, Cile, Stati Uniti). Pertanto alla perdita di competitività dei paesi tradizionali si è registrato un aumento di competitività dei nuovi produttori. Fonte: FAOSTAT (2004)
Lo scenario mondiale Principali paesi esportatori volumi ton In termini di quantità esportate, l’Italia supera la Francia nel 2004, ma lievemente. Seguono la Spagna, che raggiunge una quota pari al 18%, l’Australia, con l’8%, e il Cile, con il 6%. Fonte: FAOSTAT (2004)
Lo scenario mondiale Grado di propensione all’export Il grado di propensione all’export rappresenta il rapporto tra la quantità di vino esportata da un paese sulla quantità totale di vino prodotto nello stesso paese. Questo rapporto fornisce informazioni sul grado di apertura e sulla competitività del singolo paese rispetto agli altri paesi produttori. Il grafico in oggetto evidenzia la forte propensione all’export dei nuovi paesi produttori, Cile ed Australia prevalentemente, e quindi alla loro forte intenzione di competere sul mercato mondiale. Anche l’Italia e la Spagna, comunque risultano particolarmente aperte all’export, ma risulta necessario individuare strategie adatte per evitare di perdere posizioni sul mercato mondiale.
Lo scenario nazionale
Lo scenario nazionale La struttura produttiva nazionale L’EVOLUZIONE La struttura produttiva nazionale si è nel tempo contratta tanto in termini di superfici che di numero di aziende. Allo stesso tempo sono aumentate le produzioni DOC e DOCG, nonché quelle IGT (nella tab. comprese in altri vini), con tutti i vantaggi che esse offrono soprattutto a livello di commercio internazionale (si pensi ai Super Tuscan). Ciò ha rappresentato una risposta alle nuove esigenze di mercato (minori consumi ma con maggiori livelli di qualità)
Lo scenario nazionale La struttura produttiva nazionale Il dato nazionale, riferito al 2000, indica un valore medio di superficie viticola di 0,88 ha. Tale dato nasconde una distribuzione estremamente varia tra le diverse classi d’ampiezza, con un ancora marcato “dualismo strutturale” che rende assai complessa la gestione dell’intera filiera, contrapponendo realtà estremamente grandi a realtà estremamente piccole.
34 DOCG - 313 DOC - 118 IGT - 84 strade del vino Lo scenario nazionale La struttura produttiva nazionale 34 DOCG - 313 DOC - 118 IGT - 84 strade del vino la produzione italiana vanta una eccellenza produttiva che si esprime anche in termini di varietà dell’offerta: varietà che più di ogni altra realtà produttiva mondiale è espressione di un forte legame tra prodotto e territorio. Tutto ciò è sottolineabile dall’elevato numero di prodotti a denominazione. Il legame del prodotto vino con il territorio è peraltro attestato dalle oltre 80 strade dei vini nonché da una rilevantissima attività enoturistica sviluppata in stretta connessione con il movimento agrituristico: in tali attività si vive concretamente il caso di un prodotto che gode di un chiaro vantaggio competitivo nelle opportunità di differenziazione merceologica che può vantare in ragione delle proprie origini territoriali; peraltro, è sempre sulla base di questo binomio prodotto- territorio, che il vino rappresenta uno dei più riusciti esempi di commodity capace di generare attrattività territoriale: una bottiglia di vino su di un tavolo è un biglietto da visita ed in essa colui che beve scopre molto spesso il desiderio di conoscere i luoghi dal quale proviene. E’ importante comunque ricordare che il successo di tali prodotti si fonda su due pilastri fondamentali: la credibilità assoluta degli enti certificatori e il supporto con opportune forme di comunicazione che, integrandosi adeguatamente con la distribuzione, enfatizzino al massimo il significato e la visibilità di tali forme di certificazione. Per la produzione italiana tali denominazioni occupano un ruolo strategico in quanto consentono delle vere e proprie azioni di marketing collettivo, mediando tra le minime dimensioni delle singole aziende di produzione e le esigenze di un mercato sempre più internazionale!
Lo scenario nazionale Volume import –export agroalimentare italiano Dall’analisi del comparto agroalimentare italiano, si evidenzia come il nostro paese sia prevalentemente importatore di materie prime agricole ed esportatore di prodotti trasformati, in cui è da evidenziare il ruolo prioritario svolto dal vino, subito seguito dai derivati dei cereali. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Posizione del vino nell’import –export agroalimentare italiano: il caso vino rosso VQPRD Il ruolo di primaria importanza del settore vitivinicolo all’interno del più ampio comparto agroalimentare è sottolineato da questo risultato. Infatti al primo posto in termini di valore tra i principali prodotti di esportazione si collocano i vini rossi e rosati VQPRD. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Quantità import –export vino italiano Da un’analisi degli andamenti di lungo periodo negli scambi di vino in termini di quantità emergono alcune considerazioni. Le esportazioni presentano un andamento piuttosto altalenante tra il 1993 e il 2004: infatti sono passate da 1,4 milioni di tonnellate del 1993 ad oltre 2 milioni di tonnellate nel 1999, per poi scendere nuovamente a quasi 1,5 milioni di tonnellate nel 2004. Rispetto al 2002, che aveva fatto segnare 1,77 milioni di tonnellate di export di vino, il 2003 fa segnare un netto ridimensionamento, con un calo pari al 15,3%, seguito da una lieve ripresa nel 2004, pari al 4,4%. Analogamente, i valori relativi alle quantità per il lato delle importazioni sono variabili, anche se in misura minore rispetto ai valori relativi alle esportazioni. Dal 1994 al 1996 le importazioni hanno oscillato intorno a 3,5 milioni di tonnellate, poi sono aumentate bruscamente nel 1997 e nel 1998, anno in cui hanno raggiunto un picco (raggiungendo 9,6 milioni di tonnellate) e, dopo una battuta di arresto nel 1999, sono tornate nuovamente a crescere fino a raggiungere, nel 2004, 16 milioni di tonnellate. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Import –export vino italiano Valori correnti (x1.000 €) Da un’analisi degli andamenti di lungo periodo negli scambi di vino si evidenzia un’evoluzione nettamente positiva: infatti, mentre nel 1988 il saldo commerciale nazionale per la categoria vino risultava essere pari a 597 milioni di €, nel 2004 esso ha superato i 2.700 milioni di €, grazie ad una costante e progressiva crescita nel valore delle esportazioni. Questa tendenza positiva negli scambi di vino, anche se con diversa entità, si è verificata fino al 2002, per ben 14 anni consecutivi, mostrando una lieve flessione per il 2003. L’export di vino italiano, dopo la rapida ripresa registrata nel 1999, mostra, quindi, tendenze divergenti nel periodo 2000-2002: un calo in termini di volumi, ma con un aumento in termini di valore. Questa situazione riflette, in sostanza, la caduta nella quantità esportate dei vini da tavola ed il contemporaneo incremento dell’export dei più costosi vini DOC/DOCG. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Import –export vino italiano Valori correnti €/ton Dal lato delle esportazioni è possibile evidenziare come il rapporto valore€/tonnellate sia progressivamente cresciuto, partendo da un valore di 540 €/tonn del 1988 fino a raggiungere 2023 €/tonn nel 2003. Questo sta a significare come a parità di quantità esportata il suo valore unitario sia aumentato, confermando il fatto che l’Italia intenda seguire una politica di qualità delle proprie produzioni (vendere sul mercato mondiale un prodotto di qualità). Dal lato delle importazioni, invece, il valore €/tonn assume un andamento altalenante, facendo segnare due picchi: uno nel 1995, dove si raggiunge un valore di 4.460 €/tonn, e uno nel 1999, con un valore di 3.500€/tonn. La tendenza di questi ultimi anni evidenzia comunque un netto calo del rapporto €/tonn. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale 3.008,6 milioni di € Export vino italiano 2004 Per categorie di prodotto % valore 3.008,6 milioni di € Guardando più dettagliatamente alle diverse categorie di prodotto vino esportate, è possibile identificare quali di queste rivestano un ruolo preponderante per l’Italia: i vini rossi e rosati di qualità VQPRD assumono un ruolo cruciale, contribuendo per il 33% alle esportazioni totali italiane, seguiti dai vini rossi e rosati non VQPRD (che raggiungono quota 17,%) a pari merito con i vini bianchi non VPQRD (17%) e seguiti dai vini bianchi di qualità (12%). Guardando più dettagliatamente alle diverse categorie di prodotto vino esportate, è possibile identificare quali di queste rivestano un ruolo preponderante per l’Italia: i vini rossi e rosati di qualità VQPRD assumono un ruolo cruciale, contribuendo per il 32,5% alle esportazioni totali italiane, seguiti dai vini rossi e rosati non VQPRD (che raggiungono quota 17,1%), dai vini bianchi non VPQRD (16%) e dai vini bianchi di qualità (12,8%). E’ da sottolineare come negli ultimi quattro anni il ruolo svolto dai vini bianchi non VQPRD sia cresciuto significativamente: infatti, le esportazioni di tale prodotto sono passate dai circa 300 milioni di € per il biennio 1999-2000 agli oltre 455 milioni di € per il 2004. Per quanto riguarda la categoria degli spumanti, l’andamento delle esportazioni è rimasto pressoché stabile negli ultimi anni, mentre per la categoria dei vini frizzanti si è assistito ad un significativo e progressivo miglioramento della loro performance. Infatti, nel caso degli spumanti il valore del saldo negli ultimi dieci anni ha oscillato intorno ai 200 milioni di euro, mentre per i vini frizzanti si è passati da un saldo pari a 83 milioni di euro del 1993 ad un saldo pari 187 milioni di euro del 2004. Risulta in costante miglioramento, almeno nell’ultimo quinquennio, anche il saldo relativo alla categoria dei vini aromatizzati, che è passato dai 110 milioni di euro del 1999 ai 185 milioni di euro del 2004. Analogamente, si assiste ad una positiva evoluzione della performance dei vini liquorosi: infatti si è passati da un saldo leggermente negativo degli anni 1993-94 a valori positivi, che per il 2004 si sono attestati intorno ai 22 milioni di euro. L’unica categoria di vino che presenta un saldo negativo per l’Italia è rappresentata dallo champagne, che fa registrare un valore di -97 milioni di euro, valore che però risulta tendenzialmente in diminuzione rispetto al valore massimo registrato nel 2000 e pari a -130 milioni di euro. Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Export vino italiano 2004 Principali destinazioni dell’export € x 1.000 I principali paesi di destinazione delle esportazioni italiane sono rappresentati dagli Stati Uniti (la cui quota paese è del 25%), dalla Germania (la quota paese è pari a 24%), il Regno Unito (10,9%) e Svizzera (6,5) Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale 249,5 milioni di € Import vino italiano 2004 Per categorie di prodotto % valore 249,5 milioni di € L’Italia importa prevalentemente champagne, che rappresenta anche l’unica categoria di vino con un saldo negativo ( -96,8 milioni di euro), valore che però risulta tendenzialmente in diminuzione rispetto al valore massimo registrato nel 2000 e pari a -130 milioni di euro. Lo champagne è seguito poi dai vini rossi e rosati non VQPRD (che rappresentano il 18% delle importazioni italiane) e dai vini bianchi non VQPRD (13%). Fonte: INEA (2004)
Lo scenario nazionale Import vino italiano 2004 Principali paesi di provenienza dell’import € x 1.000 Per quanto riguarda i principali paesi di importazione, la Francia, con una quota paese pari al 68,1%, risulta essere il principale interlocutore, seguita dalla Spagna, che raggiunge una quota paese pari al 14,7%. Fonte: INEA (2004)
Le sfide future
Le sfide Adattarsi alle diverse aspettative del consumatore Minori consumi, maggiore qualità Consumi e salute alimentare L’approccio culturale nel consumo dei vini Le sfide alle quali il settore vitivinicolo italiano dovrà rispondere in futuro sono molteplici. Innanzi tutto sarà importante avere la piena consapevolezza di che cosa chiede il consumatore a partire dalla ricerca di minori consumi ma maggiori livelli qualitativi: e questo tanto sul mercato nazionale che estero. Importante, e non solo per quello che accadde nell’’85, sarà l’attenzione da rivolgere agli aspetti salutistici legati al consumo del vino. Dopo le campagne più o meno direttamente disincentivanti il consumo dei vini in favore di altre bevande, oggi l’impiego di questo prodotto è ormai totalmente disgiunto nell’immaginario collettivo dalla piaga dell’alcolismo: il messaggio che oggi “penetra” è che un buon bicchiere di vino fa bene alla salute, seppure non mancano attualmente segnali da non sottovalutare su scorrette forme di impiegno soprattutto nelle fasce più giovani (alcolismo giovanile). Infine, ma non per ultimo, è importante considerare come in misura sempre maggiore il consumatore selezioni il vino sulla base di una serie di elementi che vanno sempre più aldilà della bottiglia, per interessare aspetti culturali legati a tale prodotto. Questo aspetto ha una importanza rilevante perché sollecita specifiche strategie nel marketing mix efficaci sotto questo punto di vista, nonché lo sviluppo di certe attività, come quella enotiristica, capaci di legare l’eccellenza di un prodotto all’esclusività del territorio, consentendo alle imprese non solo di meglio differenziare il proprio prodotto, ma anche di ricondurre nel reddito parte delle esternalità che esse producono (soprattutto il termini paesaggistici)
Le sfide Difendere il sistema porduttivo locale dalle sfide della globalizzazione La sfida della globalizzazione: Aumentano le produzioni mondiali (soprattutto per ingresso di nuovi competitors) Produttori tradizionali e nuovi competitors hanno necessità di incrementare le esportazioni La differente struttura produttiva: Produttori tradizionali: piccole imprese, alto livello di differenziazione sia in termini geografici, sia di segmenti qualitativi Nuovi competitors: grandi imprese, minore differenziazione, maggiore presenza nei segmenti qualitativi popular e premium Dal punto di vista dell’offerta, come abbondantemente descritto, oggi una posizione di leader la dobbiamo difendere sul campo e non possiamo certo sperare di averla in quanto capaci di operare su di un mercato esercitando una posizione di forza di monopolio. Non siamo più i soli a produrre vino e soprattutto non siamo i soli a produrre buoni vini: quindi dobbiamo affrontare una concorrenza crescente tanto sul piano quantitativo che qualitativo. In questo scenario, producendo tutti di più dobbiamo pensare anche ad esportare di più! Ecco, quindi, che il confronto sul mercato globale diviene un momento importantissimo, non solo per le attuali quote esportate, ma per quelle che in futuro potremo continuare a vendere all’estero e quelle che ancora saremo in grado anche di vendere a livello di mercato nazionale. Oggi la globalizzazione, non propone più un confronto competitivo fra prodotti ma tra territori: questo vale anche per le produzioni vitivinicole! A livello di confronto sul mercato mondiale è importante ricordare le differenze marcate dei diversi sistemi produttivi (tralasciando quelle importantissime comunque sul piano dei costi dovute al dumping sociale, ovvero a diverse garanzie del mercato del lavoro che si riflettono sul costo dello stesso). Come si vede, la differenza sostanziale si sintetizza nel fatto che i produttori italiani possono sperare di reggere il confronto sul piano della qualità, spingendo verso forme di concorrenza di tipo monopolistico che si realizzano nelle così dette nicchie di mercato. Insomma si tratta di puntare sulla qualità come mezzo attraverso il quale diversificare il prodotto enfatizzando innanzitutto il rapporto prodotto-territorio.
Le sfide Le differenti strategie Nuovi competitors: Valorizzazione delle produzioni prevalentemente con strategie di branding, fidelizzando il consumatore al nome del produttore. Strategia ideale per vini basic, popular and premium venduti a livello di grande distribuzione o in mercati “giovani” Produttori tradizionali: La strategia ideale è il frutto della combinazione tra tradizione e innovazione, implementando il know how locale con le aspettative del mercato internazionale Strategia ideale per segmenti di qualità superiore Ecco, sintetizzando, le strategie a confronto che come vediamo si legano strettamente ad un mercato fortemente segmentato anche al suo interno e per il quale non è possibile certo esprimere un’unica forma di sviluppo del mercato. Vini venduti a prezzi ben diversi e in calali altrettanto diversi……. Seppure non potendo fare un discorso generale queste sono le due linee che sembrano caratterizzare le attuali strategie secondo le quali stanno muovendosi nuovi e vecchi produttori. Un importante segnale comunque lo stiamo avendo: il produrre un vino con l’idea del “costi quel che costi” diventa sempre più pericoloso: il consumatore è sempre più attento al rapporto qualità-prezzo e, anche se esistono eccezioni importanti a tale tendenza, è importante considerare che il “grosso” del venduto dovrà confrontarsi su questo orizzonte, peraltro il canali sempre meno “protetti” come in un certo senso è la GDO (perlomeno rispetto alle enoteche dove l’acquisto è sempre in qualche modo orientato). Come vincere le future sfide con un sistema del genere? Senza dubbio esaltando come pregio i nostri difetti!!!! A partire da quello di un sistema produttivo frammentatissimo, ma capace di essere il massimo interprete del rapporto prodotto-territorio. Dobbiamo riuscire a fare questo continuando a produrre qualità come abbiamo fatto sino ad oggi: su questo piano non dobbiamo imparare nulla da nessuno. Quello che dobbiamo sicuramente fare meglio è curare il prodotto sino al consumatore finale, verificando peraltro come questo reagisce in termini di CUSTOMER SATISFACTION. Insomma, dobbiamo imparare a vendere meglio ciò che produciamo curando con estrema attenzione le operazioni di posizionamento competitivo delle diverse produzioni sul mercato nazionale ed estero. Seguire l’andamento del mercato, assecondandolo adeguatamente senza comunque mai omologarsi pericolosamente alle mode del momento rappresenterà un importante operazione di ricerca di “equilibrio” tra la necessità di innovarsi e difendere la qualità di molte nostre produzioni che, in primo luogo, si gioca sul piano delle tradizioni.
Leadership di prodotto Le sfide < 3 <1.1 Basic >150 >30 Icon Sassicaia 75.1 - 150 15-30 Ultra premium II Brunello di Montalcino Solaia Rosso superiore Ornellaia 15.1 - 75 3.35-15 Ultra premium I Barolo Chianti classico Amarone di Valpolicella Sagrantino di Montefalco 7.1 - 14 2.25-3.35 Super Premium Barbera del Monferrato Chianti Rufina Rosso di Montalcino Nobile di Montepulciano 5 .1 - 7 1.65-2.25 Premium Morellino di Scansano Nero d’Avola Pinot nero Cirò superiore 3.1 - 5 1.1-1.65 Popular premium Lambrusco Merlot Aglianico Rosso Toscano I segmenti di qualità Strategie Leadership di prodotto Leadership di prezzo € E questa è una possibile segmentazione del mercato per quality segments (segmenti di qualità). I vini indicati in ogni segmento sono indicativi (spesso è possibile che alcune tipologie di prodotto possano appartenere a segmenti diversi da quello indicato). Le strategie di leadership di prodotto (capace di conquistare le preferenze del consumatore non tanto per la convenienza all’acquisto quanto per la qualità del bene acquistato) si applicano efficacemente per le tre ultime classi. Intermedie sono le opportunità competitive che si vivono per i superpremium. Invece per le categorie poular premium e premium il confronto con i nuovi competitors è massimo, soprattutto per quanto riguarda i consumi domestici effettuati presso la Grande Distribuzione Organizzata. In tale ambito si punta ad una leadership che via via tende a giocarsi a livello di prezzo, con un consumatore “a caccia di qualità” ma non più “a qualunque prezzo” Il discorso diventa estremo e totalmente legato ad una leadership di prezzo nell’ambito delle produzioni basic, dove operano grandi aziende industriali (Caviro e CIV in testa). Cantina consumatore
Le sfide Mantenere elevata la qualità (di prodotto e di processo) Le differenti strategie Mantenere elevata la qualità (di prodotto e di processo) Curare il posizionamento competitivo a partire dai costi di produzione Conquistare i gusti internazionali senza perdere la propria identità locale Capacità di penetrare nella moderna distribuzione Inventare nuove forme di consumo (wine bar, enoturismo, ecc.) Customer satisfation e customer education Per concludere, possiamo indicare per la realtà italiana le seguenti priorità.
Le sfide Le differenti strategie Produttori italiani: la sfida principale sapere “vendere bene” oltre che avere la capacità di “produrre bene” Prezzo Prodotto Riprendendo una considerazione già fatta in precedenza, possiamo dire che per la realtà italiana è vero che se molto si è fatto sul piano della qualità (quindi a livello di marketing di prodotto), si può ancora fare “qualcosa” a livello di “marketing di prezzo”, soprattutto cercando di migliorare la struttura produttiva in termini di economie di scala (accorpando le unità produttive o favorendo oltremodo lo sviluppo di cantine sociali e sovrastanti organizzazioni cooperative operanti tra di esse. MA NON BASTA avere un prodotto di qualità e magari anche a buon prezzo! Oggi le sfide non si esauriscono in queste due leve del marketing! Oggi il successo si gioca nella capacità commerciale che le aziende hanno, ossia nella capacità che esse hanno di manovrare le leve del marketing distributivo e del marketing della comunicazione. Ed essere competitivi in uno scenario del genere è ancora più problematico per la relatà italiana, dove la filiera risulta molto lunga e frammentata. Distribuzione Comunicazione