IL TARTUFO.

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Transcript della presentazione:

IL TARTUFO

Tracce storiche del prodotto umbro Nella pluralità degli uomini la parola tartufo richiama alla mente una formazione tuberoide carnosa, di aspetto marmorizzato, di odore stuzzicante, di gusto squisito, associata a quella di un pranzo ottimo annaffiato da vini prelibati e generosi; per i naturalisti invece non indica altro che l’apparato di fruttificazione dei funghi adattatisi alla vita sotterranea.

Sin dai tempi antichi i tartufi hanno interessato filosofi e scienziati, accendendo dispute ed ipotesi alle quali non si sono sottratti neppure pensatori di nota austerità, fra cui il Savonarola.

Quasi 2000 anni prima, il filosofo greco Teofrasto aveva aperto la discussione sostenendo che i tartufi fossero dei vegetali senza radici, originatisi durante le piogge autunnali accompagnate da tuoni. I romani ne furono ghiottissimi e i poeti latini Apicio e Giovenale ne cantarono gli elogi e ne dettarono le regole di cucina. In epoca rinascimentale fu il principe della cucina nelle raffinate corti signorili.

In un documento del barone Ancaiani sul “commercio attivo e passivo della città di Spoleto” si descrivono quantitativi di tartufi inviati nelle città di Firenze e Venezia dove erano molto ricercati. Rossini lo definì il Mozart della cucina e si narra che Napoleone ne facesse abbondante uso per assicurarsi un successore.

Il Bornolz riteneva che formassero una classe intermedia fra il regno vegetale e quello animale. Il Revel nel 1857 sosteneva che i tartufi erano prodotti dalle punture di una mosca sulle radici delle querce. Soltanto dopo la metà del 1800 si cominciò ad accettare completamente l’idea che i tartufi fossero organismi autonomi o meglio dei funghi.

La nostra Umbria possiede una ricca flora ipogea e detiene da secoli il primato nazionale della produzione dei tartufi, in special modo per quanto riguarda il tartufo meno pregiato particolarmente diffuso nelle zone di Spoleto e Norcia.

Il frutto ha dimensioni variabili, dalla grandezza di una noce a quella di una arancia ed è molto apprezzato per l’intensità del profumo e la ricchezza del sapore. Si raccoglie dai primi di dicembre alla metà di marzo.

Secondaria risulta invece, in queste stesse zone, la produzione del tartufo bianco e del tartufo uncinato, che presentano anch’essi un buon profumo ed esaltano alcuni piatti della cucina locale.

Che cosa sono i tartufi Con il nome di tartufi vengono indicati i funghi appartenenti all’ordine delle tuberales, in quanto i funghi hanno un corpo vegetativo rappresentato da una muffa biancastra, costituita da migliaia di filamenti estremamente sottili. Questa muffa vive nascosta nel terreno e si unisce fisicamente alle piccolissime radici di varie piante forestali, dando luogo ad una simbiosi molto particolare detta “micorriza”.

Il micelio genera i corpi fruttiferi che si formano a 40/50 cm sotto il suolo. Il corpo è costituito da una massa interna detta gleba. La gleba si divide in zona oscura e zona chiara. Il peridio protegge la gleba il colore può essere bianco, giallastro o nerastro

Composizione chimica e valore nutritivo Il tartufo nero pregiato è stato nelle vicinanze di Spoleto in tartufaie di quercius nel mese di gennaio. Il tartufo bianco è stato invece raccolto nella zona di città di castello in una tartufaia di populus nel mese di novembre.

Le due specie di tartufo non presentano tra loro grosse differenze chimiche. Mentre dal punto nutrizionale si differenziano per le loro proteine: metionina, lisina, cistina

Come conservarli Una volta raccolto il tartufo non si conserva a lungo. Infatti subiscono un processo di maturazione biochimica. Per conservarli meglio prima di tutto non si deve eliminare la terra dal tartufo e metterli nel frigo