ANFITEATRO FLAVIO O COLOSSEO Costruito come dono ai cittadini di Roma, al posto della Domus Aurea, la residenza dell'imperatore Nerone tra il 71-72 e l'anno 80 d.C dagli imperatori della dinastia Flavia: Vespasiano Tito Domiziano
PRIMA DEI FLAVI La morte di Nerone nel 68 segnò la fine della dinastia Giulio-Claudia e l'inizio di quella Flavia. L'imperatore Vespasiano, acclamato dal Senato nel 69, intendeva compiere un gesto politico per riconciliare i cittadini romani con i nuovi IMPERATORI. La città aveva bisogno di un anfiteatro, poiché l'unico con una struttura parzialmente in pietra era stato costruito da Statilio Tauro nel 29 a.C. ed era ormai insufficiente. Così VESPASIANO restituì ai Romani la maggior parte delle aree che Nerone aveva occupato al centro della città e il Colosseo fu costruito dove prima giaceva un laghetto, nel parco della residenza di Nerone, la Domus Aurea. Vespasiano iniziò i lavori nel 72 d.C. e suo figlio Tito lo inaugurò nell'anno 80 con magnifici giochi che durarono 100 giorni. L'edificio fu completato dall'imperatore successivo, Domiziano, il fratello di Tito.
L’INAUGURAZIONE Ufficialmente, il Colosseo fu inaugurato nell’80 d.C. sotto l’imperatore Tito. L’inaugurazione durò 100 giorni e ci furono spettacoli straordinari, cacce, combattimenti sia di gladiatori che di animali di ogni genere. Alcune fonti riportano che il suddetto Cesare, nel giorno dell' apertura di questo magnifico edificio, fece comparire cinque mila fiere d'ogni specie e che vi furono tutte uccise. Oltre i suddetti giuochi vi si facevano i combattimenti navali. Scrive lo storico Cassio Dione (ca. 150-235) parlando di Tito: "La maggior parte delle sue imprese non fu degna di nota, ma quando inaugurò il teatro di caccia e le terme che portano il suo nome offrì molti spettacoli grandiosi. Vi fu una battaglia tra gru, e anche quattro elefanti: animali selvaggi e non furono uccisi sino al numero di novemila; ed anche delle donne (non certo quelle di importanza) presero parte al massacro. Quanto agli uomini, parecchi si affrontarono in combattimenti singoli e parecchi gruppi si scontrarono, sia di fanti che di marinai in battaglie navali. Perché Tito improvvisamente riempì d'acqua proprio quel teatro, e vi fece entrare cavalli e tori e altri animali ammaestrati che erano addestrati a stare nell'elemento liquido così come sulla terra. E vi fece entrare delle navi, della gente che impersonava i soldati di Corfù contro quelli di Corinto". ... Questi furono gli spettacoli offerti, che si protrassero per cento giorni; ma Tito provvide anche cose di uso pratico per la gente. Ogni tanto gettava dall'alto del teatro piccole palle di legno, con diverse iscrizioni: una rappresentava del cibo, un'altra abiti, un'altra un vaso d'argento, o forse d'oro, o anche cavalli, animali, bestiame o schiavi. Quelli che se ne impadronivano dovevano riportarle al dispensiere del tesoro, dal quale avrebbero ricevuto gli articoli iscritti." [Dio Cassius. 65.25].
GLI SPETTACOLI DEL COLOSSEO Nell‘anfiteatro - che era un'invenzione dei Romani - si tenevano spettacoli che oggi condanneremmo: le rappresentazioni di cacce e i munera (combattimenti tra gladiatori), che la classe dirigente romana era praticamente tenuta a finanziare ed organizzare, sia per legge che per soddisfare le aspettative delle classi popolari. I giochi comportavano grandi spese e la loro enorme popolarità li fece diventare oggetto di pubblico interesse, regolati da molte leggi. A Roma l'intera area del Colosseo era dedicata ai giochi: nei pressi dell'anfiteatro Domiziano costruì quattro ludi, che erano le caserme/prigioni dei gladiatori. I bestiarii, che combattevano contro le belve, si allenavano nel Ludus Matutinus (così detto perché le cacce si tenevano al mattino), e poi vi erano il Ludus Gallicus, il Dacicus e il Magnus. L'anfiteatro è rimasto in funzione per circa cinque secoli, nei quali è stato profondamente modificato, rimaneggiato e restaurato. Diverse volte fu distrutto da incendi; sebbene la struttura principale fosse di pietra, molti elementi di legno (nei sotterranei, l’arena stessa, i pali del velarium, le gradinate ed il tetto del maenianum summ in ligneis) fecero sì che il fuoco si alimentasse, calcinando a sua volta le pietre e sfarinandole.
Origine dei giochi: tuttora oggetto di discussione Latino munera > "offerti” Alcuni, fondandosi soprattutto su fonti letterarie, ritengono che essi discendano dal costume etrusco di offrire sacrifici umani per celebrare la morte di un nobile, allo scopo di pacificare lo spirito del defunto. Lo storico romano Livio e molti studiosi di oggi affermano che i giochi originarono in Campania (ove in effetti vi sono molti dipinti funerari che raffigurano scene di duelli e corse di carri). Altri ancora invece ritengono che i giochi siano originari del Sannio, poiché i primi gladiatori usavano le tradizionali armi sannite. E' accertato che all'inizio i giochi erano collegati alla religione e alla magia. Qualsiasi ne sia stata l'origine, la prima testimonianza di un combattimento tra gladiatori risale al 264 a.C., quando i figli di Bruto Pera offrirono questo spettacolo per onorare la memoria del padre. L'ultimo combattimento nel Colosseo è registrato nel 438 d.C., anno in cui i giochi furono aboliti dall'imperatore Valentiniano III.
VALORE SOCIALE DEI GIOCHI I giochi esprimevano la ritualità della classe aristocratica del mondo italico.9-+ Divennero un'esibizione di potere e prestigio familiare e ebbero un'immensa popolarità. Anche per ragioni politiche essi divennero più frequenti: i cittadini che avevano disponibilità economiche e desideravano guadagnare il favore (e i voti) dei plebei iniziarono a finanziare i giochi.
Organizzazione dell’evento A Roma l'organizzazione era affidata a magistrati, chiamati curatores. La produzione effettiva dei giochi era però competenza di un editor, che prendeva i necessari contatti con il lanista, una specie di manager dei gladiatori e pubblicizzava il programma. Ratio a Muneribus, una specie di Ministero dei Giochi, che aveva poteri finanziari ed organizzativi per le venationes e i munera; vi era la Ratio Summi Choragi, che soprintendeva alle macchine ed ai costumi degli spettacoli; un esponente della classe equestre era a capo del Ludus Magnus, la principale scuola gladiatoria di Roma. I giochi si tenevano, al pari delle cerimonie religiose, in alcuni giorni fissi, ma vi erano anche giochi "straordinari" e quelli offerti da privati cittadini. Comunque, col tempo la natura dei giochi mutò, finché "ogni pretesto era valido per offrire combattimenti al popolo" (Auguet). I giochi divennero quasi quotidiani, e ai tempi di Cesare per arricchire lo spettacolo si aggiunse al combattimento tra gladiatori, che si teneva al pomeriggio, una caccia mattutina. Negli ultimi anni dell'impero vi erano 177 giorni di spettacolo all'anno (10 per i gladiatori, 66 per il circo e 101 per gli spettacoli teatrali). Col tempo, gli spettacoli crebbero in quantità e splendore: il popolo voleva essere stupito, e così si utilizzarono armature d'argento, animali esotici, coreografie, musiche ed "effetti speciali". Durante i giochi si offrivano doni agli spettatori (sparsio): palle o tavolette con impressa l'immagine del dono erano gettate al pubblico. Si poteva vincere cibo, uno schiavo, o persino una casa o una nave.
Organizzazione dell’evento Giulio Cesare stabilì un'organizzazione che sarebbe sopravvissuta durante il periodo imperiale: egli aprì una scuola di gladiatori a Ravenna; i gladiatori, potevano essere allenati da cavalieri e senatori. Più tardi, con gli imperatori i munera divennero una sorta di servizio pubblico: a Roma in pratica tutti i giochi erano offerti al popolo dall'imperatore, almeno formalmente. Nelle province questo onore/onere era riservato a cittadini ricchi, sommi sacerdoti del culto imperiale, ed i giochi erano dedicati all’imperatore, non più alla memoria di un defunto. Dati gli enormi costi dei munera, e la loro frequenza, l'imperatore poteva rinunciare al suo privilegio di organizzare i giochi, a favore dei funzionari del culto imperiale (detti anche magistrati). In realtà, i magistrati provinciali erano obbligati dalle leggi cittadine ad offrire munera a nome dell'imperatore. Questo era per loro spesso uno spinoso problema finanziario ed organizzativo, anche se potevano contare su una quota fissa proveniente dalle casse pubbliche. In seguito le nuove classi emergenti iniziarono ad offrire giochi nel tentativo di imitare lo stile delle classi dirigenti romane, allora si limitò il numero massimo della spesa ammessa, riducendo così il valore di questi giochi rispetto a quelli ricchi e splendidi offerti dall'imperatore.
Leggi Molte leggi vennero fatte per regolamentare questa materia, sin dai tempi repubblicani. Uno dei temi costanti della legislazione sembra essere stato quello di limitare le spese dei giochi, anche per far fronte alla concorrenza dei nuovi ricchi e dei liberti, che potevano permettersi enormi spese per guadagnare popolarità. In seguito, gli imperatori tentarono di risolvere la faccenda istituendo un monopolio. Il Senato romano decise di prendere misure per mettere ordine nell'organizzazione dei giochi e "controllare la pubblica asta delle cariche statali" (Auguet): nel 22 a.C. fu approvata una legge per ridurre il numero dei giochi offerti dai privati cittadini, il Senato si riservò l'autorizzazione ed impose un limite di due giochi all'anno, con non più di 120 gladiatori per spettacolo; nel 61 d.C. fu approvata la Lex Tullia de ambitu, che affidava l'organizzazione dei giochi agli imperatori e fissava le occasioni in cui essi si potevano tenere (eventi pubblici e inaugurazioni ufficiali). La produzione dei munera era divenuta di pubblico interesse, poiché era troppo importante per essere lasciata a qualsiasi privato che intendesse sfruttarne la popolarità per guadagnare il credito e il favore del pubblico.
Regolamento dei combattimenti Si trovano poche informazioni sul regolamento che i gladiatori dovevano seguire nell’arena. Probabilmente sia i gladiatori che il pubblico sapessero cosa fosse giusto o sbagliato all’interno di una gara. Vi sono delle raffigurazioni dove si può riconoscere un arbitro con una tunica e un bastone di legno tra le mani, intento a seguire il combattimento. È probabile che il compito dell’arbitro fosse quello di controllare che i gladiatori mantenessero le loro posizioni anche nei momenti più tragici. C’erano dei segni fatti con il gesso, dentro i quali i gladiatori dovevano restare. Sicuramente l’arbitro interveniva anche quando il combattimento diventava lento e senza ritmo. Il suo compito era quello di incentivare la gara e renderla più dinamica e accattivante. Nel caso in cui i gladiatori erano entrambi troppo stanchi, l’arbitro concedeva una pausa per farli riprendere e per farli dissetare. Dopo la pausa si ricominciava a combattere ma quando, anche dopo il riposo, nessuno riusciva ancora nella vittoria, l’arbitro sospendeva il duello rivolgendosi all’imperatore e al pubblico chiedendo che fossero giudicati. Quando i gladiatori combattevano con vero coraggio ed erano di pari livello, veniva concesso loro di uscire in modo trionfale dall’arena. In questo caso, i due gladiatori erano fieri di uscire insieme dall’arena in assoluta parità
PERCHE’ L’ANFITEATRO FAVIO E’ CHIAMATO COLOSSEO? Domanda PERCHE’ L’ANFITEATRO FAVIO E’ CHIAMATO COLOSSEO?
Risposta
Sitografia http://archeoroma.beniculturali.it/siti- archeologici/colosseo http://www.il-colosseo.it/ http://www.colosseo-roma.it/ http://www.tesoridiroma.net/monumenti_ro ma/colosseo.html http://www.the-colosseum.net/ita/idx- ita.htm