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Lettera 250
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero e dolcissimo lume, il quale lume è necessario all'anima; cioè, d'aprire l'occhio dell'intelletto a vedere e guardare e giudicare la somma ed eterna volontà di Dio in voi.
Questo è quel dolce vedere che fa l'uomo prudente, e non ignorante; Lo fa cauto, e non leggermente giudicare la volontà degli uomini, come spesse volte fanno i servi di Dio, con colore di virtù e con zelo d'amore. Esso lume fa l'uomo virtuoso, e non timoroso.
E con debita riverenza giudica la volontà di Dio in sé; cioè, che quello che Dio permette, o persecuzione o consolazione, o dagli uomini o dal dimonio, tutto vede che è fatto per nostra santificazione; e si gode della smisurata carità di Dio, sperando nella provvidenza sua, che provvede in ogni nostra necessità; ogni cosa dà con misura; e se cresce la misura, cresce la forza.
Questo vede l'anima e conosce, quando, illuminato l'occhio dell'intelletto suo, ha conosciuta la volontà di Dio, e però n'è fatto amatore. Dico che questo lume non giudica la volontà dei servi di Dio, né di veruna altra creatura; ma giudica ed ha in reverenza che lo Spirito Santo li guidi; e però non piglia ardire di mormorazione: che essi non siano giudicati dagli uomini, ma solo da Dio.
Benché potremmo dire: è veruno servo di Dio, che sia tanto illuminato, che un altro non possa vedere più di lui? No. Anco è di necessità, per manifestare la magnificenza di Dio, e per usare l'ordine della carità, che l'un servo di Dio con l'altro usino e partecipino insieme il lume e le grazie e i doni che ricevono da Dio;
e perché si veda che il lume e la magnificenza della propria dolce Verità si manifesti infinita, come ella è, e non finita; e perché noi ci umiliamo a conoscere il lume e la Grazia di Dio nei servi di Dio.
I quali egli pone come fonti; e chi tiene un'acqua, e chi ne tiene un'altra; i quali sono posti in questa vita per dare vita ad essi medesimi, e per consolazione e refrigerio degli altri servi di Dio, che hanno sete di bere queste acque, cioè di molti doni e grazie che Dio pone nei servi suoi. E così sovviene alla nostra necessità.
Sicché, è vero che non è veruno che sia tanto illuminato, che spesse volte non abbia bisogno del lume d'altrui; ma colui che è illuminato di questa dolce volontà di Dio, dà lume con lume di fede; non giudicando con mormorazione e scandalo di colui che egli vuole consigliare; ma per sì fatto modo, che sta e rimane senza pena.
Onde, se egli s'attiene al consiglio suo, ne gode; e se egli non s'attiene al consiglio suo, ne gode; e se egli non vi s'attiene, giudica dolcemente che non è senza mistero e senza necessità, e con provvidenza e volontà di Dio. E però rimane in pace e in quiete, e senza pena; perché è vestito di questa volontà; e non si affanna di parole, partecipando con altri i suoi pareri: anco, s'ingegna d'annegarli e di mortificarli nel parere dolce di Dio; offrendogli ogni dubbio e timore che egli n'avesse.
Liberamente offre sé, e il dubbio che ha dal prossimo suo dinanzi a Dio. Or con questa dolce prudenza vanno e stanno coloro che sono illuminati di questo vero lume: onde in questa vita gustano vita eterna.
Il contrario è di coloro che sono ignoranti; poniamoché servono a Dio: i quali pur s'hanno serbato ancora dei loro giudizi e dei loro pareri, colorati di virtù e di zelo d'amore. E per questo cadiamo spesse volte in grandi difetti e in molti scandali e mormorazioni. E però c'è bisogno il lume vero e schietto.
Ma non so che si possa bene avere se non si perde la nuvola e la tenebra di noi; che il nostro parere non sia fermo, ma dia a terra. Oh lume glorioso! O anima annegata, perduta sei nel lume; perché non vedi te per te, ma vedi solamente il lume in te; e in quel lume vedi e giudichi il prossimo tuo.
Così vedi e ami e hai in reverenza il prossimo tuo nel lume, e non nel tuo parere, né nel falso giudizio dato per zelo d'amore. Bene è da aprire, dunque, e speculare con l'occhio dell'intelletto nostro, con la perduta e annegata volontà.
E così col lume dell'amore vero, e reverenza della volontà di Dio, e di quella dei suoi servi, acquisteremo il lume, e giungeremo alla perfetta e vera purità; e non saremo scandalizzati nei servi di Dio. Perché non ne saremo fatti giudici: ma saremo consolati in loro, e dello stare, dell'andare e d'ogni loro operazione godremo, avendo giudicato e veduto la volontà di Dio in loro.
Orsù dunque, carissimo padre e figliuolo, poniamoci al petto della divina Carità, e ine gustiamo questo dolce e soave latte, il quale ci farà venire alla perfezione dei Santi, e seguire le vestigia e la regola dell'Agnello. Perderemo il timore, e ci metteremo fra le spine e fra i triboli, e non schiferemo labore: ma ci dorremo dell'offesa dei mormoratori e dello scandalo degli uomini; e li porteremo con grande compassione dinanzi a Dio.
E noi seguiremo l'operazioni sante, cominciate per onore di Dio e salute delle anime; e finiremo nella sua dolce volontà. Sopra questa materia io non dico più, se non che noi ci anneghiamo nel sangue di Cristo crocifisso; senza veruno timore vi dico, sapendo che se Dio è per noi, nessuno sarà che sia contro noi.
La mia venuta non so quando ella potrà essere. Non posso sapere quanto io mi starò. Mi spaccerò il più tosto che si potrà; sempre compiendo in me, nell'andare e nello stare, la dolce volontà di Dio, e non quella degli uomini. Vi fo sapere, a voi e agli altri, che tante pene e cogitazioni vi lasciate cadere nel cuore, che io non sto né mi vo affaticando, con le molte infermità, a diletto, se non quando io son costretta da Dio per il suo onore e per salute dell'anime.
Onde se del bene i cuori infermi ne vogliono pigliare male, io non ne posso fare altro. Non debbo però io volgermi indietro, e lasciare stare l'arato; perché così parrebbe che noi arassimo a petizione degli uomini, onde verrebbe la zizzania, e affogherebbe il grano.
Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.