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 La preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni conformi alla sua volontà. Essa è sempre un dono di Dio che viene ad incontrare.
IIDOMENICADIPASQUA ANNO C Gv 20, La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli.
V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO a Gv 11, b-45.
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11.00

PELLEGRINAGGIO A MEDJUGORJE Gruppo di preghiera Regina Pacis di Campobasso 30 giugno – 7 luglio 2012

MOLTI, ASCOLTANDO GESÙ, RIMANEVANO STUPITI di P. Pierangelo Casella

Nel cuore di ogni persona c’è il desiderio di conoscere nuove realtà e di incontrare nuove persone che possano illuminare quanto noi possiamo vedere e dilatare le dimensioni dei nostri desideri agli orizzonti più ampi. Quando uno è ancora piccolo, sembra che il mondo familiare sia tutto, però, man mano che cresce, si accorge che l’ambiente in cui vive è troppo piccolo per trovare tutto quanto il suo cuore cerca.

Così avviene anche per la fede in cui si cresce fin da piccoli, ci dona gioia nel cammino che si compie con Gesù, è il vero amico che si scopre e che non si vuole mai lasciare. Ma crescendo sembra che la sua familiarità non basti più e si cercano nuovi incontri che possano aprire nuove strade.

L’esperienza degli abitanti di Nazaret nei confronti di Gesù spesso riflette l’incapacità di vedere la realtà delle cose che stiamo vivendo e di aprire il cuore a come Dio viene incontro a noi nella persona di Gesù. Ci sembra troppo vicino a noi per accogliere da lui quanto di divino chiede il nostro cuore: tutto!

Così Gesù quando “venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo” (Marco 6, 2-3).

Gesù invece di diventare lo strumento del nostro incontro con Dio, diventa invece la pietra da aggirare perché ci è di inciampo e quindi da scartare dai nostri incontri. Non è forse l’abitudine a riempire la nostra vita delle tante cose che facciamo per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi, ad affaticarci per una strada che sembra colma di promesse, ma che spesso ci rende incapaci di vedere la vicinanza di Dio che si manifesta nel dono della sua parola e del suo Figlio? Così la chiusura del cuore a Dio e al suo Cristo significa inciampare nella propria autosufficienza e scandalizzarci di Gesù.

“Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.” (Marco 6, 4-6).

Così il rifiutare la grazia che Dio ci manifesta in Gesù, significa chiudere il cuore alla fede e rimanere nella propria miseria e nel proprio peccato. Solo chi fa esperienza della propria debolezza e del bisogno della potenza di Dio, sperimenta che Dio ha dato questo potere di salvezza proprio in Gesù. Credere quindi in Gesù significa permettergli di risanarci e di guarirci.

Così Paolo ha sperimentato che solo nella debolezza che si apre alla fede, si può diventare forti e vincere ogni prova. “Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Ed è proprio in forza di questo abbandono alla potenza di Gesù che Paolo sperimenta la vittoria su Satana e tutte le sue potenze.

Decidere di uscire dalle cose ovvie del nostro ambiente di vita, di poter ancora meravigliarci delle cose nuove che possiamo incontrare, significa metterci in cammino e aprirci a qualcosa che va oltre la nostra autosufficienza. Andare a Medjugorje significa aprirci a quella novità che il cuore ricerca e che le cose che accadono nel nostro vissuto quotidiano ci impediscono di vedere. Non per nulla, aver sentito che lì appare Maria, è già un aprire il cuore alla sua chiamata e disporci ad incontrarla.

Le risposte che abbiamo dato in passato nel nostro incontro con Gesù, riflettono spesso quelle che hanno dato gli abitanti di Nazaret, ma le conseguenze si ritorcono contro di noi e chiudono la nostra vita in un mondo senza luce e senza speranza.

Maria invece, ci invita ad aprire il nostro cuore a Dio e trovare in Gesù, il Figlio di Dio, inviato a noi per liberarci dal male e condurci alla vita nuova di Dio che ci vuole suoi figli. La sua presenza materna ci invita a scoprire che l’amore è dono gratuito che viene dall’alto e va accolto nella fede: con il cuore lo si accoglie e con le labbra si esprime la riconoscenza dell’amore del Padre che si rivela in Gesù e ci ricrea nello Spirito.

Proprio l’apertura del cuore ci fa guardare verso Gesù con occhi nuovi e pieni di meraviglia per le parole colme di grazia che ci rivolge. Quelle parole che avevamo sentite tante volte e che ci erano familiari, non diventano più motivo di scandalo, ma di accoglienza nella fede perché riconosciamo in lui la misericordia del Padre che si china su di noi per sanarci.

Poter dire con il cuore e con la vita ogni giorno “grazie”, significa accogliere la “Grazia” che ci è data in Gesù e riconoscere nella sua umanità l’amore del Padre che viene a noi.

Così anche noi impariamo da Maria nostra Madre a credere all’amore che Dio ci rivela in Gesù e rendiamo anche noi “grazie” a Dio per averci colmato di ogni “grazia” in Gesù!