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Lettera 220
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quel vestimento che ricopre la nudità, e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma il freddo.
Dico che ricopre la nudità; cioè che l'anima creata all'immagine e similitudine di Dio, avendo l'essere, senza la divina Grazia non avrebbe il fine per il quale fu creata. Ci conviene dunque principalmente avere il vestimento della Grazia, il quale riceviamo nel santo Battesimo mediante il sangue di Cristo.
Con questo vestimento i fanciulli che muoiono in puerizia, hanno vita eterna: ma noi spose, che abbiamo spazio di tempo, se non ci è posto un vestimento d'amore inverso lo Sposo Eterno, conoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa Grazia che noi abbiamo ricevuta nel Battesimo, fosse nuda.
E però è di bisogno che noi leviamo l'affetto e il desiderio nostro con vero conoscimento di noi ad aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi conoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile ch'egli ci ha. Però che l'intelletto, che conosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga il suo benefattore. E così con l'amore trae a sé l'amore: e si trova vestita e ricoperta la sua nudità.
Dico che nasconde la vergogna in due modi. L'uno, che per dispiacimento ha gettato da sé la vergogna del peccato; come che dalla vergogna che in quell'anima era venuta per loffesa fatta al suo Creatore, è restituita per il vestimento dell'amore delle virtù, ed è venuta a onore di Dio e ha frutto in sé.
Perché d'ogni nostra operazione e desiderio Dio ne vuole il fiore dell'onore e a noi lascia il frutto. Sicché vedi che nasconde la vergogna del peccato. Dico ancora, che un'altra vergogna le toglie: cioè, che di quello che la sensualità con amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna.
Anco, si diletta delle vergogne, strazi, scherni, villanie, rimproveri: tanto ha bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Onde ella è contenta, per onore di Dio, che il mondo la perseguiti colle molte ingiurie, il demonio colle molte tentazioni e molestie, la carne con voler ribellare allo spirito. Di tutte gode per vendetta e odio di sé, per conformarsi con Cristo crocifisso, riputandosi indegna della pace e quiete della mente.
E non se ne vergogna d'essere schernita e beffata da tutti tre questi nemici; cioè il mondo, la carne, il demonio, perché la volontà sensitiva è morta. Vestita del vestimento della somma ed eterna volontà di Dio, anco le ha in debita reverenza, e le riceve con amore, perché vede che Dio le permette per amore, e non per odio. Con quellaffetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo.
Dolce è dunque a desiderare vergogna, perché con essa si caccia la vergogna. Oh quanto è beata l'anima, che ha acquistato così dolce lume! Perché e insieme odia i movimenti nostri e gli altrui, e ama le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, e movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo, cioè la colpa odiare di colui che perseguita.
Réputati dunque, carissima figliuola, degna della pena, e indegna del frutto che séguita dopo la pena. Queste saranno le fregiature che tu porterai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo Sposo eterno fece il simile; perché sopra il vestimento suo pose le molte pene, flagelli, strazi, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della Croce.
Dico che scalda, e consuma la freddezza. Si scalda del fuoco dell'ardentissima carità, il quale dimostra per desiderio spasimato dell'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando i difetti suoi. Gode coi servi di Dio che godono; e piange con gli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio.
Si dà ad ogni pena e tormento per ridurli allo stato di coloro che godono, e che vivono innamorati delle dolci e reali virtù. Dico che consuma il freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima: il quale amore proprio accieca l'anima, ché non lascia conoscere né sé né Dio; gli toglie la vita della Grazia, e genera impazienza; e la radice della superbia mette fuori i rami suoi.
Anche offende Dio e il prossimo con disordinato affetto; ed è incomportabile a sé medesimo. Sempre ribella l'obbedienza sua: e tutto questo fa per amore proprio di sé. E però voglio, dilettissima e carissima figliuola, che tu perda ogni amore proprio della propria sensualità; perché non sta bene alla sposa di Cristo amare altro che lo sposo suo, e con il lume della ragione abbracciare le virtù.
Altrimenti, non potresti navigare in questo mare tempestoso di questa tenebrosa vita, cioè senza la navicella della santa obbedienza, nella quale tu sei entrata. Senz'essa tu non giungeresti al porto della vita durabile, dove tu ti unisci con lo Sposo eterno.
Pénsati, che se tu con l'amore proprio la percuotessi nello scoglio della disobbedienza, ella si romperebbe; e in questo modo affogheresti, e perderesti il tesoro, cioè il frutto del santo proponimento che tu facesti quando promettesti obbedienza, facendo professione. Adunque lévati da questo amore, acciocché non perisca; e virilmente, come vera sposa, rizza nella tua navicella l'albero dellimmacolato umile Agnello, sposo tuo, cioè la santissima Croce, colla vela della sua obbedienza.
Ché vedi bene, che con questa vela della obbedienza del Padre suo, egli l'ha spiegata, e corse con veloce vento d'amore e odio del peccato e di questo amore sensitivo, fino all'obbrobriosa morte della Croce santissima. Or così fa' tu; con obbedienza pronta, con umiltà vera, con amore di Dio e del prossimo portandoti, e amando caritativamente le tue suore senza scandalo di mente o mormorazione di lingua.
Porta e sopporta ciò che tu udissi o vedessi del prossimo tuo; e le reprensioni che ti fossero fatte, ricevile con riverenza, pensando che per amore ti dicono, eziandio se ti facessero, e non per odio. Per questo modo ti leverai lo sdegno e ogni pena; avrai l'affetto delle virtù, e l'odio e il dispiacimento del vizio e del proprio e disordinato amore; avendo imparato dal dolce e buono Gesù, il quale t'è regola, via e dottrina.
La regola e dottrina, te la insegna con la obbedienza sua, non schifando pene; ma con obbrobri, scherni e villanie, ingiurie e infamie, e con molte mormorazioni la compie in sul legno della santissima Croce.
Ci è via; però che, come egli per via di Croce andò, così tu, e ogni creatura che ha in sé ragione, deve seguirlo, sostenendo ogni pena, tormento e molestia per il suo amore; spiegando la vela in su questo albero, Cristo crocifisso; cioè la vela dell'amore e l'affetto del desiderio con la continua orazione. La quale orazione porta, e reca. Porta, dico, i nostri desideri pieni d'odio di noi e amore delle virtù provate nella carità del prossimo.
Dico che reca il desiderio e la volontà di Dio; avendo recato, se lo mette indosso con le mani delle sante e buone operazioni. Allora ti troverai spogliata del tuo proprio amore, e vestita del vestimento nuziale. In altro modo, non saresti vera sposa; né faresti resistenza alle molte mormorazioni, che io so che odi di noi, che t'hanno dato pena.
Non voglio dunque che abbi più pene; perché questa è la via onde debbono andare i servi di Dio. E considerando io che chi fa questo che detto è, è privato da ogni pena e rimane in pace e in quiete; però ti dissi che io desideravo di vederti spogliata dell'amore proprio sensitivo, e vestita del vestimento reale acciocché tu sia privata della pena della obbedienza, e di quella delle mormorazioni.
E sta' in pace e in quiete, gustando Dio per Grazia; sicché nell'ultimo riceva l'eterna visione di Dio, dove sono finite le pene, e si riceve il frutto della virtù, che séguita di poi le fatiche. Dio ti doni, a te all'altre, la sua dolce ed eterna benedizione. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio.