21.00 Lettera 184 Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

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Capitolo 8 1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi,
Transcript della presentazione:

21.00

Lettera 184

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce

Carissimi e dolci figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legati nel legame dolce della carità, il quale fu quel legame che tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in sul legno della santissima Croce.

Sapete che né chiodi né Croce era sufficiente a tenerlo se la carità non l'avesse tenuto. Ella è quel dolce e soave legame, che legò la natura divina nella natura umana. Chi né fu cagione? Solo l'amore. L'amore fu quello che trasse noi di Dio, creandoci alla immagine e similitudine sua.

E per amore, avendo noi perduta la Grazia, e volendoci restituire e rendere quello che avevamo perduto per il peccato e difetto nostro, ci mandò Iddio il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, e volle che col sangue suo riavessimo la Grazia; ed egli Figliuolo obbediente, corse all'obbrobriosa morte della Croce, siccome innamorato della salute nostra.

Sicché ogni cosa che Dio ha fatta e fa a noi, è fatta per amore, e però l'anima, che ragguarda questo smisurato e ineffabile amore, vi apre l'occhio dell'intelletto e del conoscimento nel suo obietto del sangue di Cristo crocifisso, nel quale sangue gli si rappresenta più la larghezza dell'ineffabile carità, che in veruna altra cosa.

E così disse Egli, che maggiore amore non può mostrare l'uomo che dare la vita per l'amico suo. Oh inestimabile amore, se tu commendi che maggiore amore non può essere che dare la vita per l'amico suo, quanto maggiormente è degno di commendazione l'amore tuo verso di noi, che, essendo fatti nemici, tu hai data la vita, e pagato il prezzo del sangue tuo per noi! Questo eccede ogni amore.

O dolce e amoroso Verbo Figliuolo di Dio, tu sei fatto tramezzatore; hai pacificato con la morte tua l'uomo con Dio: che i chiodi ci sono fatti chiave che ha disserrata vita eterna: ed è aperta per siffatto modo, che a veruno può essere chiusa se egli non vuole; perché l'uomo non può esser costretto a verun peccato, se egli non vuole.

Il peccato è quello che ci chiude la porta, e ci toglie il fine per il quale fummo creati: il peccato ci toglie la vita, e ci dà la morte; ci toglie la luce, e ci dà la tenebra, perché offusca l'occhio dellintelletto, e non gli lascia vedere il sole né la tenebra, la tenebra dico del conoscimento di sé, dove vede e trova la tenebrosa sensualità, che sempre ribella e impugna contro il suo Creatore; e perché non vede la tenebra sua, però non può conoscere l'amore e il lume della divina bontà.

Dissi, che l'anima che ragguarda questo smisurato amore, ha concepito amore ineffabile; ha fatta e confermata la sua volontà con quella di Dio! Giudica e vede bene che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò ch'egli ci dà e permette, o tribolazioni, o consolazioni, o persecuzioni o strazi o scherni o villanie, ogni cosa ci è data perché siamo santificati in lui.

Perché la santificazione non si può avere senza le virtù, e le virtù non si possono avere, se non per il suo contrario. E però l'anima che conosce questo amore, non si può turbare né contristare di veruna cosa che avvenga, di qualunque cosa si sia; perché sarebbe dolersi del suo bene, e della bontà di Dio che lo permette a noi.

È vero che la sensualità si vuole sentire quando la cosa che gli dispiaccia: ma la ragione la vince, e la fa stare soggetta come deve. E con che faremo stare soggetta questa sensualità, che non ribelli al suo Creatore? Ve lo dico. I diletti e le tribolazioni si raffrenano con la dolce e santa memoria di Dio, cioè con la continua considerazione della morte, la quale trarremo per il conoscimento di noi medesimi.

Noi vediamo, carissimi figliuoli e fratelli in Cristo dolce Gesù, che noi siamo tutti mortali; che, subitoché siamo creati nel ventre della madre nostra, siamo condannati alla morte, e dobbiamo morire, e non sappiamo quando né come. E chi sarà colui che, se egli considera in sé che la vita sua è tanto breve che aspetta di dì in dì la morte (perché la vita nostra è quanto una punta d'ago), che non raffreni e tagli ogni disordinata letizia la quale si piglia dalle stolte e vane letizie del mondo?

Dico che si raffrenerà, e non cercherà né onori né stati né grandezza; né ricchezza possederà con avarizia: anco, se egli avrà la ricchezza, sarà fatto dispensatore di Cristo ai poveri, e non le vorrà possedere né tenere con superbia; anco con vera e profonda umiltà, vedendo e conoscendo che veruna cosa ci è stabile né ferma in questa tenebrosa vita; ma ogni cosa passa via come il vento.

Se ella è tribolazione, egli la porta pazientemente, perché vede che è piccola ogni tribolazione che in questa vita possiamo sostenere. E perché è piccola? perché è piccolo il tempo nostro. Perché la fatica che è passata, tu non l'hai; e quelle che sono a venire, non sei sicuro d'avere, perché non sai se la morte ti verrà e sarai privato d'ogni fatica.

Hai dunque solo questo punto del tempo che t'è presente. Sicché la memoria della morte toglie limpazienza nelle tribolazioni e la disordinata letizia nelle consolazioni.

È vero che non vuole essere pura la memoria della morte, perché cadrebbe in confusione; gli volle dunque dare compagnia, e la compagnia si è l'amore ordinato col santo timore di Dio, cioè d'astenersi dai vizi e dai peccati per non offendere il suo Creatore. Il peccato non è in Dio; e però non è degno d'essere amato né desiderato da noi che siamo figliuoli suoi, creature create alla immagine e similitudine sua.

Dobbiamo amare quello ch'egli ama, e odiare quello ch'egli odia. Allora si apre l'occhio dellintelletto, e vede quanto è utile il dispregiare i vizi e amare le virtù, e quanto gli è danno il contrario: che il dormire nei vizi e nei peccati, venendogli la morte di subito (che non è sicuro), gli dà l'eterna dannazione, dove non ha poi rimedio veruno; e vivere virtuosamente gli dà sempre letizia, pace con Dio e pace col prossimo.

Levatesi da ogni rancore, si sente una carità fraterna d'amare il prossimo suo come sé medesimo ama. E così dobbiamo amare amici e nemici in quanto creature ragionevoli, e desiderare la salute loro; e ingegnarci, giusto il nostro potere, di portare e sopportare i difetti loro, odiando il vizio che fosse in loro, ma non loro. Piangete con coloro che piangono, e godete con coloro che godono.

Cioè, con coloro che sono nel peccato mortale, che si può dire che siano nel tempo del pianto e della tenebra; piangere con loro per compassione, e offrirli per santo desiderio dinanzi a Dio: e rallegrare con loro che vivono in virtù, e rallegrarci con loro, non con invidia del loro bene, ma in un santo ringraziamento della divina bontà, che li ha tratti dalla tenebra e ridotti alla luce della Grazia.

E a questo modo vive in unità, e osserva il comandamento di Dio; che per l'amore suo ama il prossimo. Questo è il segno che c'è dato da Cristo per essere conosciuti d'esser figliuoli e discepoli suoi, e così disse egli ai discepoli: «Amatevi, amatevi insieme; che a questo sarà conosciuto che voi siate discepoli miei!». Passando per questa dolce e soave via, vive in Grazia; e poi si trova nell'ultimo nell'eterna visione di Dio!

Ma sopra tutte l'altre cose, figliuoli miei, di che io vi prego e costringo, si è che voi v'amiate insieme: perché noi ci dobbiamo innestare il cuore e l'affetto nell'amore di Cristo crocifisso. E perché noi vediamo che sommamente egli ha amato l'uomo, così noi dobbiamo trarre questo amore, e legarci stretti col prossimo nostro sì e per siffatto modo, che né dimonio, né ingiuria che ci fosse fatta da esso prossimo nostro, né amore proprio di noi medesimi, ci possa mai sciogliere né rimuovere da questo legame dell'amore.

Considerando me, che, in altro modo, l'anima sta in stato di dannazione; e però dissi, che io desideravo di vedervi legati nel legame della carità: che per ogni ragione dovete essere uniti, sì perché siete tutti creati da Dio, e ricomperati d'un medesimo sangue; e poi per la santa e dolce congregazione la quale avete fatta nel dolce nome di Maria, la quale è nostra avvocata, madre di grazia e di misericordia.

Ella non è ingrata a chi la serve; anco, è grata e conoscente. Ella è quel mezzo, che drittamente è un carro di fuoco, che, concependo in sé il Verbo dell'unigenito Figliuolo di Dio, recò e donò il fuoco dell'amore: perché egli è esso amore. Adunque servitela con tutto il cuore e con tutto l'affetto, perché ella è madre dolcissima vostra.

Anco vi prego, che abbiate in odio e in dispiacimento il peccato della immundizia, e ogni altro difetto: che non sarebbe cosa convenevole che con immundizia serviste a Maria, che è somma purità. Non dormite più, padri, fratelli e figliuoli carissimi: levatevi con amore della virtù, e odio e dispiacimento del peccato.

Vedete che è tanto abominevole dinanzi a Dio il peccato, che permise che il Figliuolo né sostenesse morte e passione, ed egli con tanto amore sostenne pena, strazi, scherni e villania, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della Croce. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe sue per affetto d'amore.

Maggiore amore non può mostrare l'amico, che dare la vita per l'amico suo; ed egli v'ha dato la vita, avendo svenato ed aperto il corpo suo. Si ammollino i cuori vostri ora in questo santo tempo, il quale ci rappresenta questo Agnello immacolato, arrostito in su la Croce al fuoco dell'ardentissima carità: e nella Pasqua dolcemente vi si dà in cibo. E però vi prego che tutti vi disponiate alla santa comunione; se non ne avesse già legame, che non si potesse sciogliere senza andare a Roma.

Altro non dico. Amatevi, amatevi insieme. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Io, indegna serva vostra, mi raccomando alle vostre orazioni; benché io son certa che lo fate. E vi prego, e vi stringo da parte di Cristo crocifisso, che in tutte le vostre orazioni e sante operazioni che Dio vi concede di fare, voi l'offriate e ne facciate sacrificio a Dio per la riforma della dolce sposa di Cristo, della santa Chiesa, per pace ed unità di tutti i Cristiani;

e singolarmente per la nostra città, che Dio ci mandi vera e perfetta unione, e che essi escano da ogni offesa che fatta avessero contro al nostro Salvatore e alla Chiesa santa. E pregate strettamente che la rovina che ci è venuta della guerra dei Fiorentini col santo Padre per i nostri peccati, che Dio, per la sua pietà, la converta in vera pace.

Che io vi dico, che se noi non ci aiutiamo con le molte e continue orazioni a chiamare la divina misericordia, noi siamo nel peggiore stato, l'anima e il corpo, che noi fossimo mai. Bussiamo alla misericordia sua con l'orazione e desiderio di pace: ed egli è benigno, che non spregerà la voce del popolo che griderà a lui.

Udite il dolce e buon Gesù che ce lo insegna, che noi dobbiamo bussare e chiamare a lui col lume della fede, che noi crediamo essere esauditi da lui: altrimenti, l'orazione non varrebbe niente. Dice la dolce prima Verità: «Bussate, e vi sarà aperto: chiedete, e vi sarà dato: chiamate, e vi sarà risposto».

Poiché egli c'insegna il modo, pigliamolo con buona e santa sollecitudine, con lunga e perfetta perseveranza; che, come dice egli stesso, se non ve lo desse per altro, per l'importunità della perseveranza ce lo darà. Altro non dico.