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Lettera 260
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnati con santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso.
Ponetevelo per obietto dinanzi all'occhio dell'intelletto vostro: e facendo così, acquisterete una pazienza vera. Però che il sangue di Cristo ci rappresenta le nostre iniquità, e ci rappresenta l'infinita misericordia e carità di Dio; la quale rappresentazione ci fa venire in odio e dispiacimento i difetti i peccati nostri, e ci fa venire in amore le virtù.
E se voi mi domandaste, carissimi figliuoli, perché nel sangue si vedono più i nostri difetti, e la misericordia sua; vi rispondo: perché la morte del Figliuolo di Dio fu data a lui per i peccati nostri. Il peccato fu cagione della morte di Cristo.
Ché il Figliuolo di Dio non aveva bisogno per la via della Croce entrare nella Gloria sua; ché in lui non era veleno di peccato, e vita eterna era sua. Ma noi miserabili, avendola perduta per i peccati nostri, era caduta grandissima guerra fra Dio e noi.
L'uomo era infermo ed era indebolito, ribellando al suo Creatore: e non poteva pigliare l'amara medicina, che seguiva la colpa commessa. Fu di bisogno dunque, che Dio ci donasse il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo. E così per la inestimabile carità fece unire la natura divina colla natura umana, lInfinito s'unì colla nostra miserabile carne finita.
Egli viene come medico infermo, e cavaliere nostro medico. Dico che col sangue suo ha sanate le nostre iniquità, e ci ha dato la carne in cibo, e il sangue in bevanda. Questo sangue è di tanta dolcezza e soavità, e di sì grande dolcezza e fortezza, che ogni infermità sana; e dalla morte viene alla vita. Egli toglie la tenebra, e dona la luce.
Perché il peccato mortale fa cadere l'anima in tutti questi inconvenienti; il peccato ci toglie la Grazia, ci toglie la vita, e ci dà la morte: egli offusca il lume dell'intelletto, e lo fa servo e schiavo del dimonio; gli toglie la vera sicurezza, e gli dà il disordinato timore; perché il peccato sempre teme. Ha perduta la signoria, colui che si lascia signoreggiare al peccato.
Oimè, quanti sono i mali che ne seguono! Quante sono le tribolazioni, le angosce e le fatiche che ci sono permesse da Dio solo per il peccato! Tutti questi difetti e questi mali sono spenti nel sangue di Cristo crocifisso, perché nel sangue si lava l'anima dalle immundizie sue, riducendosi alla santa confessione.
Nel sangue s'acquista la pazienza. Che, considerando l'offese che abbiamo fatte a Dio, e il rimedio che egli ha posto, di darci la vita della Grazia, veniamo a vera pazienza. Sicché, bene è vero ch'egli è medico; che n'ha donato il sangue per medicina.
Dico ch'egli è infermo: cioè, che egli ha presa la nostra infermità, prendendo la nostra mortalità, e carne mortale; e sopra a essa carne del dolcissimo corpo suo ha puniti i difetti nostri. Egli ha fatto come fa la balia che nutre il fanciullo, che, quand'egli è infermo, piglia la medicina per lui, perché il fanciullo è piccolo e debole, non potrebbe pigliare l'amaritudine, perché non si nutre d'altro che di latte.
O dolcissimo amore Gesù, tu sei balia che hai presa l'amara medicina, sostenendo pene, obbrobri, strazi, villanie; legato, battuto, flagellato alla colonna, confitto e chiavellato in Croce; satollato di scherni, obbrobri; afflitto e consumato di sete senza nessun refrigerio: e gli è dato aceto mescolato con fiele, con grandissimo rimproverio: ed egli con pazienza porta, pregando per coloro che lo crocifiggono.
O amore inestimabile, non tanto che tu preghi per quelli che ti crocifiggono, ma tu li scusi dicendo: «Padre, perdona a costoro che non sanno quello che si fare». Oh pazienza che eccedi ogni pazienza! Or chi fu mai colui che, essendo percosso, battuto, e schernito, e morto, perdoni, e preghi per coloro che l'offendono?
Tu solo sei colui, Signore mio. Bene è vero dunque, che tu hai presa l'amara medicina per noi fanciulli deboli e infermi, e colla tua morte ci dai la vita, e coll'amaritudine ci dai la dolcezza. Tu ci tieni al petto come balia, e hai dato a noi il latte della divina Grazia, e per te hai tolta l'amaritudine; e così riceviamo la sanità. Sicché vedete che egli è infermato per noi.
Dico ch'egli è cavaliere, venuto in questo campo della battaglia; ha combattuto e vinto le dimonia. Dice santAgostino: «Colla mano disarmata questo nostro cavaliere ha sconfitti i nemici nostri, salendo a cavallo in sul legno della santissima Croce».
La corona delle spine fu l'elmo, la carne flagellata l'usbergo, le mani chiavellate i guanti della piastra, la lancia per il costato fu quel coltello che tagliò e recise la morte dall'uomo, i piedi confitti sono gli speroni. Vedete come dolcemente è armato questo nostro cavaliere! Bene lo dobbiamo seguire, e confortarci in ogni nostra avversità e tribolazione.
E però vi dissi io che il sangue di Cristo ci manifesta i peccati nostri, e ci mostra il rimedio e l'abbondanza della divina misericordia, la quale abbiamo ricevuta nel sangue suo.
Altro non vi dico, per il poco tempo che ho. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. E vi ricordo che dovete morire, e non sapete quando.
Fate che vi disponiate alla confessione e alla comunione santa, chi può; acciò che siate resuscitati in Grazia con Cristo Gesù.