14.00 Lettera 52 Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

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Transcript della presentazione:

14.00

Lettera 52

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce

A voi dilettissimo e carissimo padre e figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo nel prezioso sangue suo; risovvenendomi della parola del nostro Salvatore, quando disse ai discepoli suoi: «con desiderio io ho desiderato di fare la pasqua con voi prima che io muoia».

Così dico io a voi, frate Jeronimo, padre e figliuolo mio carissimo. E se mi domandaste che pasqua desidero di fare con voi; vi rispondo: Non c'è altra pasqua se non quella dell'Agnello immacolato, cioè quella medesima che fece Egli di sé ai dolci discepoli.

Oh, Agnello dolce, arrostito al fuoco della divina carità, e allo spiedone della santissima Croce! Oh, cibo soavissimo, pieno di gaudio e di letizia e consolazione! In te non manca cavelle: perché all'anima che ti serve in verità, tu gli sei fatto mensa, cibo e servitore.

Bene vediamo noi che il Padre c'è mensa, ed è letto dove l'anima si può riposare; e vediamo il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, che ti s'è dato in cibo con tanto fuoco d'amore. Chi te l'ha porto? il servitore dello Spirito Santo. E per lo smisurato amore che egli ci ha, non è contento che siamo serviti da altrui, ma esso medesimo vuole essere il servitore.

Ora a questa mensa desidera l'anima insieme con voi di far Pasqua prima ch'io muoia: perché, passata la vita, non la potremo fare. E sappiate, figliuolo mio, che a questa mensa ci conviene andare spogliati e vestiti. Spogliati, dico, d'ogni amor proprio e piacimento del mondo, di negligenza e di tristizia e di confusione di mente (perché la disordinata tristizia dissecca l'anima); e ci dobbiamo vestire dell'ardentissima sua carità.

Ma questo non possiamo avere se l'anima non apre l'occhio del conoscimento di sé medesima, sicché veda sé non essere, e come siamo operatori di quella cosa che non è, e perché noi non conosciamo in noi la infinita bontà di Dio.

Perché quando l'anima guarda il suo Creatore, e tanta infinita bontà, quanta trova in lui; non può fare che non ami; e l'amore subito la veste delle vere e reali virtù; e innanzi eleggerebbe la morte, che far cosa contraria a colui che egli ama: ma sempre cerca con sollecitudine di far cosa che gli sia in piacere. Onde subito ama ciò ch'egli ama, e odia ciò che egli odia: perché per amore egli è fatto un altro lui.

Questo è quellamore che ci toglie ogni negligenza, ignoranza e tristizia. Perché la memoria si leva a fare festa col Padre, ritenendo nella memoria sua i benefizi di Dio; lintendimento col Figliuolo, onde con sapienza e lume e conoscimento conosce e ama la volontà di Dio; e leva subito l'amore e il desiderio suo, e diventa amatore della somma ed eterna Verità, in tanto che non può né vuole amare altro né desiderare se non Cristo crocifisso.

E non gli diletta altro, se non di portare gli obbrobri e le pene sue: e tanto gli diletta e gli piace, che egli ha sospetto ogni altra cosa. Le pene, gli scherni e le persecuzioni del mondo e del dimonio, se le reputa gloria a sostenere per Cristo.

Accendete dunque, accendete il fuoco del santo desiderio; e guardate l'Agnello svenato in sul legno della santissima Croce; perché in altro modo non potremo mangiare a questa dolce e venerabile mensa. Fate che nella cella dell'anima vostra stia sempre piantato e ritto l'albero della santissima Croce; perché a questo albero coglierete il frutto della vera obbedienza, della pazienza e della profonda umiltà:

e morrà in voi ogni piacimento e amore proprio; e acquisterete la fame d'essere mangiatori e gustatori dell'anime, vedendo che per fame della salute nostra e dell'onore del Padre egli s'è umiliato e dato sé medesimo all'obbrobriosa morte della Croce, siccome pazzo, ebbro ed innamorato di noi. Or questa è la pasqua che io desidero fare con voi.

E perché abbiamo detto che dobbiamo essere mangiatori e gustatori dell'anime; questo desidera l'anima mia di vedere in voi, perché siete banditore della parola di Dio. Voglio dunque che siate un vasello di elezione, pieno di fuoco d'ardentissima carità, a portare il dolce nome di Gesù; e seminare questa parola incarnata di Cristo nel campo dell'anima.

Ma vi invito e voglio che, raccogliendo il seme, cioè facendo frutto nelle creature, voi lo riponiate nell'onore del Padre eterno, cioè, dando l'onore e la gloria a lui, e perdendo ogni gloria e piacimento di voi medesimi. Perché altrimenti saremo ladri, e fureremo quello che è da Dio, e lo daremo a noi. Ma credo che per la grazia di Dio, questo non tocca a noi; che certa mi pare essere che il primo movimento e principio è solo per onore di Dio e salute delle creature.

Ma bene ci cade spesse volte, cioè alcun piacere di noi nella creatura. Ma perché io voglio che siate perfetto, e rendiate frutto di perfezione; non voglio che amiate nessuna creatura, né in comune né in particolare, se non solamente in Dio. Ma intendete, in che modo io dico.

Ché io so bene che voi amate in Dio spiritualmente; ma alcuna volta, o per poca avvertenza o perché l'uomo ha natura che lo inchina, come avete voi, ama spiritualmente, e nell'amore piglia piacere e diletto, tanto che alcuna volta la sensualità ne piglia la parte sua pur col colore dello spirito.

E se mi diceste: «a che me ne posso avvedere che ci sia questa imperfezione?», ve lo dico: Quando voi vedeste, quella persona ch'è amata mancasse in alcuna cosa verso di voi, cioè, o che non vi facesse motto secondo i modi usati, o che vi paresse che amasse un altro più che voi, se allora vi cade uno sdegno e un cotale mezzodispiacimento, allentando l'amore che prima v'era; tenete di fermo che questo amore era ancora imperfetto.

Che modo ci è dunque di farlo perfetto? Non vi dico altro modo, figliuolo carissimo, se non quello che una volta la prima Verità disse ad una sua serva dicendo: «Figliuola mia carissima, io non voglio che facci come colui che trae il vasello pieno d'acqua dalla fonte; e lo beve poiché l'ha tratto fuori; e così rimane vuoto; e non se ne avvede.

Ma voglio che, empiendo il vasello dell'anima tua, facendoti una cosa per amore ed affetto con colui che tu ami per amore di me, non lo tragga fuori di me, fonte d'acqua viva; ma tiene la creatura che tu ami per amore di me, siccome vasello nell'acqua; e a questo modo non sarà vuoto né tu né chi tu ami, ma sempre sarete pieni della divina Grazia e del fuoco dell'ardentissima carità.

Ed allora non vi cadrà né sdegno né dispiacimento alcuno; perché colui che ama, perché vedesse molti modi o dilungare dalla sua conversazione, mai non n'ha pena affliggitiva, purché egli veda e senta che viva con le dolci e reali virtù; perché l'amava per Dio e non per sé.

Bene sentirebbe nondimeno una santa piccola tenerezza, quando si vedesse dilungare da quella cosa che ama. Or questa è la regola e il modo che io voglio che teniate acciocché siate perfetto. Non dico più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.