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Lettera 295
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi servo e sposo fedele della Verità, e a quella dolce Maria,
acciocché mai non voltiamo il capo indietro per nessuna cosa del mondo, né per tribolazioni che vi volesse dare; ma con una speranza ferma, col lume della santissima fede, costante e perseverante passare questo mare tempestoso con ogni verità.
E nel sostenere ci gloriamo, non cercando la gloria nostra, ma la gloria di Dio e la salute dell'anime, sì come facevano i gloriosi martiri, i quali per la verità si disponevano alla morte e ad ogni tormento, onde col sangue loro, sparto per amore del Sangue, fondavano le mura della santa Chiesa.
Adunque, carissimo e dolcissimo padre, spogliamoci di noi e vestiamoci della Verità; e allora saremo sposi fedeli. Io vi dico che oggi voglio incominciare di nuovo, acciocché i miei peccati non mi ritraggano da tanto bene quanto è a dare la vita per Cristo crocifisso; perché io vedo che per il tempo passato, per mio difetto, io ne fui privata.
Molto avevo desiderato d'un desiderio nuovo, cresciuto in me oltre a ogni modo usitato, di sostenere senza colpa in onore di Dio, e in salute delle anime, e in riformazione e bene della santa Chiesa, tanto che il cuore si distillava per amore e desiderio che io avevo di porre la vita.
Questo desiderio stava beato e doloroso: beato stava per l'unione che si faceva della Verità e doloroso stava per mia occupazione, che il cuore sentiva, nell'offesa di Dio, e nella moltitudine delle dimonia che obumbravano tutta la città, offuscando l'occhio dell'intelletto delle creature.
E quasi pareva che Dio lasciasse fare, per una giustizia e divina disciplina. Onde la vita mia non si poteva dissolvere altro che in pianto, temendo del grande male che pareva che fosse per venire, e che per questo la pace non fosse impedita.
Ma del grande male, Dio, che non dispregia il desiderio dei servi suoi, e quella dolce madre Maria, il cui nome era invocato con penosi, dolorosi e amorosi desideri, provvide: ché, nel rumore e nella grande mutazione che fu, non c'ebbe quasi diciamo di morte d'uomini, di fuori da quelli che fece la giustizia.
Sicché il desiderio che io avevo, che Dio usasse la provvidenza sua, e togliesse la forza alle dimonia, che non facessero tanto male che esse erano disposte a fare, fu adempito; ma non fu adempito il desiderio mio di dare la vita per la Verità e per la dolce Sposa di Cristo. Ma lo Sposo eterno mi fece una grande beffa: siccome Cristofano a bocca pienamente vi dirà.
Onde io ho da piangere, perché tanta è stata la moltitudine delle mie iniquità, che io non meritai che il sangue mio desse vita, né illuminasse le menti accecate, né pacificasse il figliuolo col padre, né murasse una pietra col sangue mio nel corpo mistico della santa Chiesa.
Anco, parve che fossero legate le mani di colui che voleva fare. E dicendo io: «Io son essa. Togli me, e lascia stare questa famiglia» erano coltella che drittamente gli passavano il cuore.
O babbo mio, sentite in voi ammirabile gaudio, però che mai in me non provai simili misteri con tanto gaudio. Ine era la dolcezza della verità: ine era l'allegrezza della schietta e pura coscienza: ine era l'odore della dolce provvidenza di Dio; ine si gustava il tempo dei martiri novelli, sì come voi sapete, predetti dalla Verità eterna.
La lingua non sarebbe sufficiente a narrare quanto è il bene che l'anima mia sente. Onde tanto mi pare essere obbligata al mio Creatore, che se io dessi il corpo mio ad ardere, non mi pare di poter soddisfare a tanta grazia quanta io e i diletti miei figliuoli e figliuole abbiamo ricevuta.
Tutto questo vi dico non perché pigliate amaritudine, ma perché sentiate ineffabile diletto, con soavissima allegrezza; e acciocché voi e io cominciamo a dolerci della mia imperfezione, però che per il mio peccato fu impedito tanto bene.
Or quanto sarebbe stata beata l'anima mia che per la dolce sposa, e per amore del sangue e per salute dell'anime, avessi dato il sangue! Or godiamo e siamo sposi fedeli. Io non voglio dire più sopra questa materia: lascio questo e l'altre cose dire a Cristofano.
Solo questo voglio dire, che voi preghiate Cristo in terra, che per il caso occorso non ritardi la pace, ma molto più spicciatamente la faccia, acciocché si possa fare poi gli altri grandi fatti ch'egli ha a fare per l'onore di Dio e per la riformazione della santa Chiesa. Perché per questo non è mutato stato; anco, per ora s'è pacificata la città, assai convenevolmente.
Pregatelo che faccia tosto: e questo gli domando per misericordia; ché si leveranno infinite offese di Dio, le quali per questo si fanno. Ditegli, che abbia pietà e compassione a queste anime, che stanno in molta tenebra; e ditegli che mi tragga di prigione spicciatamente, però che se la pace non si fa, non pare che io ci possa uscire;
e io vorrei poi venire costà a gustare il sangue dei martiri, e visitare la Santità sua, e ritrovarmi con voi a narrare gli ammirabili misteri che Dio in questo tempo ha adoperati, con allegrezza di mente e con giocondità di cuore, e con accrescimento di speranza, col lume della santissima fede. Altro non vi dico.
Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.