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Lettera 88
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
A voi reverendissimo e carissimo Padre in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava di Dio e vostra, e di tutti i servi di Dio, scrivo, e vi conforto nel prezioso sangue sparso con tanto ardentissimo amore per noi.
E benché presunzione sia, voi mi perdonerete, e lo porrete all'amore e al desiderio che io misera miserabile ho della salute vostra e d'ogni creatura; ma singolarmente di voi che siete Padre di molte pecorelle.
E però vi prego dolcissimamente che vi destiate, e leviate dal sonno della negligenza, imparando dal dolce Maestro della carità; che ha posto la vita come pastore per le pecorelle, che volontariamente udranno la voce sua, cioè coloro che saranno osservatori dei comandamenti suoi.
E se ci cadesse cogitazione nel cuore: «Io non posso seguire questa perfezione, perché mi sento debole e fragile ed imperfetto; e per lillusione del dimonio, e per la fragilità della carne, e per le lusinghe e inganni del mondo sono indebolito»;
e veramente, reverendo Padre, è così, perché colui che segue questo, diventa debole, e sì pauroso e timoroso di timore servile, che, come fanciullo, teme dell'ombra sua, e più l'ombra della creatura, che l'ombra sua: ed intanto abbonda in lui questo timore, che non si cura, per non dispiacere alle creature, e per non perdere lo stato suo, che il suo Creatore sia offeso, e d'offenderlo.
Ma se egli è prudente e savio, fugge alla madre, e nel suo grembo diventa sicuro e perde ogni timore. Onde la inestimabile Bontà ha posto rimedio contro ogni nostra debolezza con la sua ineffabile carità. Perché ella è quella dolcissima madre, che ha per nutrice la profonda umiltà, e nutre tutti i figliuoli delle virtù, e nessuna virtù può avere vita se non è concepita e partorita da questa madre della carità.
Così dice quellinnamorato di Paolo, raccontando molte virtù: che nulla gli vale senza la carità. Adunque seguite quei veri pastori che seguirono Cristo crocifisso: perché furono uomini come voi; e potente è Dio, come allora, perché egli è incommutabile.
Ma essi tenevano le vestigia sue; e conoscendo la debolezza loro, fuggivano umili, abbattuta la superbia dell'onore e amore proprio di sé, e fuggivano alla madre della vera carità; e ivi perdevano ogni timore servile. E non temevano di correggere i sudditi loro, perché tenevano a mente la parola di Cristo; cioè: «Non temete colui che può uccidere il corpo, ma me».
E non me ne meraviglio; perché l'occhio loro e il gusto non si pasceva di terra, ma dell'onore di Dio e della salute delle creature; volendo servire, e ministrare le grazie spirituali e temporali. E come di grazia avevano ricevuto, di grazia davano, non vendendo per pecunia, né per simonia. Ma facevano come buoni ortolani e lavoratori posti nel giardino della santa Chiesa.
E non attendevano né a giuochi, né a grossi cavalli, né alla molta ricchezza, né a spender quello della Chiesa nel disordinato vivere, né quello che deve essere dei poveri. Ma stavano come fortificati da questa madre, al vento e all'acque delle molte battaglie, a divellere i vizi, e piantare le virtù; perdevano sé e guardavano il frutto che portavano a Dio.
Ed erano privati dell'amore proprio: onde amavano Dio per Dio, e perché è somma bontà e degno d'amore; e sé amavano per Dio, donando l'onore a Dio e la fatica al prossimo; e il prossimo per Dio, non guardando ad utilità che da lui potessero ricevere, ma solo che egli possa avere e gustare Dio.
Oimè, oimè, oimè, disavventurata l'anima mia! Non fanno oggi così. Ma perché amano d'amore mercenario, amano loro per loro, e Dio per loro, e il prossimo per loro. E tanto abbonda questo perverso amore, il quale più tosto si deve chiamare odio mortale, perché ne nasce la morte! Oimè, piangendo lo dico, che non si curano delle immundizie, né di mercantare e vendere la grazia dello Spirito Santo.
Vengono i ladri che furano l'onore di Dio e lo danno a loro. Oimè, e non lo impiccano per correggimento. Vede il lupo infernale portarne la pecora, e chiude gli occhi per non vederla. E questa è la cagione perché non vede e non corregge; cioè per amore proprio di sé; onde nasce il disordinato timore; perché egli si sente in quei medesimi vizi, i quali gli legano la lingua e le mani; e non lo lascia correggere né castigare il vizio.
Non vorrei dunque, carissimo, reverendissimo e dolcissimo Padre in Cristo Gesù, che questo avvenisse a voi, ma vi prego che siate pastore vero, a porre la vita per loro. E però dissi, che io pregavo e desideravo con grande desiderio che vi levaste dal sonno della negligenza; perché chi dorme, non vede e non sente.
E avete bisogno di molto vedere, molto sentire; perché avete a rendere ragione di loro, e siete in mezzo dei nemici, cioè del corpo, del dimonio, e delle delizie del mondo. La necessità della vostra salute m'invita a destarvi, e col lume seguire la vita e i santi modi dei veri pastori.
Accostatevi dunque a questa dolce madre della carità, la quale vi toglierà ogni timore servile e ogni freddezza di cuore, e vi darà fortezza e larghezza e libertà di cuore. Perché Dio è carità: e chi sta in carità sta in Dio e Dio in lui.
Adunque, Padre, poiché abbiamo veduto che la carità fortifica e ci toglie la debolezza, e i nimici sono molti e ci assediano; non è da indugiarsi a entrare in questa fortezza, seguendo la via della verità e degli altri pastori. Non aspettate il dì di domani; ma vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, vi rechiate innanzi la brevità del tempo, perché non sapete se avrete il dì di domani.
Vi ricordo che voi dovete morire, e non sapete quando. Non dico più, Padre, se non che perdoniate a me misera miserabile. E perché siete Padre dei poveri, e perché mi pregaste e mi faceste promettere che la prima limosina che fosse da fare, che mi venisse alle mani, io vi richiedessi;
e però ardisco e richiedo voi, come Padre dei poveri, e per adempire la promessa che io vi feci... onde sappiate che io ho per le mani da fare una grandissima limosina, cioè al monastero di SantAgnese, del quale altra volta vi scrissi che sono buone donne, e santissima famiglia; ed è in grande bisogno.
Ma tra gli altri è questo, che essendo il monastero di fuori si è ordinato che torni dentro per cagione delle brighe e delle guerre: ma si vuole per loro comincio cinquanta fiorini d'oro, per la parte del monastero; e gli altri mette il Comune. E però io vi scrivo la necessità loro. Vi prego e vi stringo, che sforziate il potere quanto potete.