Stili di leadership Un altro studio significativo ha individuato tre stili diversi nella conduzione di un gruppo: 1.Stile autoritario: prevede che il leader stabilisca gli obbiettivi, scelga i mezzi adeguati, distribuisca i compiti a ciascuno, non ammette iniziative personali, diriga il lavoro passo per passo senza fornire spiegazioni sul futuro sviluppo delle attività. Giudica il lavoro di ciascuno secondo criteri che non deve giustificare e si mantiene distaccato dalla attività di gruppo, salvo quando deve dare dimostrazioni. 2.Stile democratico: prevede che il leader spieghi nella prima riunione quali sono le attività proposte al gruppo. Invita il gruppo a partecipare alle decisioni, accetta suggerimenti,favorisce le iniziative; offre consigli in modo non vincolante. I membri sono liberi di stabilire la divisione dei compiti e di scegliersi i compagni di lavoro. Critiche e apprezzamenti sono giustificati e spiegati al gruppo. Cerca di partecipare emotivamente al gruppo anche se non lavora materialmente con gli altri.
Stili di leadership 3. Stile disinteressato (laisser faire): prevede che il leader pur avendo un atteggiamento amichevole, resti ai margini del gruppo: limita al massimo i suoi interventi, da spiegazioni e suggerimenti solo se richiesti, lascia la massima libertà di iniziativa ma non fornisce stimoli, né dimostra particolare interesse per il lavoro del gruppo. L’efficacia dei vari stili di leadership dipende anche da fattori situazionali: così la leadership autoritaria tende ad affermarsi quando il gruppo è nella necessità di assolvere un compito in un tempo strettamente limitato e in generale in situazioni di stress
Conflitti interni al gruppo Un gruppo può essere soggetto tanto a conflitti interni, che a conflitti con altri gruppi. I conflitti interni possono sorgere per molti motivi: la lotta per la leadership, la discordanza su alcune scelte di fondo, il disaccordo sulla distribuzione dei compiti o dei componenti nel gruppo, o sugli obbiettivi da raggiungere. I conflitti possono permanere allo stato latente,e l’incisività sulla vita del gruppo è data dal fatto che sui problemi di contenuto prevalgono i problemi di relazione. Le manifestazioni del conflitto possono andare da un atteggiamento totalmente passivo fino ad un comportamento di aperta aggressività o esplicito sabotaggio del lavoro di gruppo.
Teoria della comunicazione Presupposti teorici Un fenomeno qualunque esso sia resta inspiegabile finchè il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica. Lo stesso vale per il comportamento: invece che studiare la natura della mente umana, si estende l’osservazione del comportamento della persona fino ad includere gli effetti che tale comportamento ha su gli altri, le reazioni degli altri a questi comportamenti e il contesto in cui tutto ciò accade. Allora il centro dell’interesse si sposata da una monade isolata artificialmente alla relazione tra le parti di un sistema più vasto.
Presupposti teorici Chi studia il comportamento umano passa allora dall’analisi deduttiva della mente all’analisi delle manifestazioni osservabili nella relazione: il veicolo di tali manifestazioni è la comunicazione Lo studio della comunicazione umana si può dividere in tre settori:quello della sintassi, della semantica e quello della pragmatica. Il primo gruppo copre tutta quella parte che riguarda i problemi relativi alla trasmissione dell’informazione; si interessa cioè ai problemi della codifica, dei canali, della capacità del rumore della ridondanza e di altre proprietà statistiche del linguaggio Campo della semantica è invece il significato; è senz’altro possibile trasmettere successioni si simboli con precisione sintattica, ma sarebbero privi di significato se il trasmettitore ed il ricevente non si fossero accordati in precedenza sul loro significato.
Presupposti teorici La comunicazione, infine, influenza il comportamento ed è questo l’aspetto definito pragmatica. In questa teoria i termini comportamento e comunicazione sono sinonimi; perché i dati della pragmatica non solo solo le parole, ma anche i fatti non verbali concomitanti come pure il linguaggio del corpo. Alle azioni del comportamento personale occorre inoltre aggiungere quei segni di comunicazione che appartengono al contesto in cui ha luogo la comunicazione. In questa prospettiva tutto il comportamento è comunicazione e tutta la comunicazione influenza il comportamento. Il campo di interesse della teoria, inoltre, non è limitato all’effetto della comunicazione sul ricevitore ma, si occupa anche dell’effetto che la reazione del ricevitore ha sul trasmettitore perché i due effetti sono considerati inscindibili.
Rumore e ridondanza I problemi posti dalla comunicazione sono molteplici e possono riguardare ognuno degli aspetti prima accennati:emittente, ricevitore, codice e canale. Per esempio, il canale di trasmissione può essere disturbato da segnali estranei al messaggio che si vorrebbe comunicare. Tale disturbo viene chiamato “rumore”. Uno dei modi tipici per superare il rumore è la “ridondanza”. Rumore e ridondanza nel gruppo.
Feed-back o retroazione Per essere sicuri della propria sintonia comunicativa si può stimolare e accettare continuamente dall’altro un feed-back, cioè una “comunicazione di ritorno”, un segnale che mi riporta il mio messaggio filtrato attraverso la comprensione del ricevente. La retroazione può essere positiva o negativa; in maniera molto più frequente nel fenomeni comportamentali si può osservare una retroazione negativa perché questa è caratterizzata dall’omeostasi ( stato stazionario) che gioca un ruolo importante nel far raggiungere o mantenere la stabilità delle relazioni. In termini correnti omeostasi equivale ormai a stabilità ma nel linguaggio psicologico il significato assume sfumature profondamente diverse.
Omeostasi Esistono due definizioni di omeostasi: In quanto fine ( o stato) esiste una costanza rispetto al cambiamento esterno In quanto mezzo i meccanismi di retroazione negativa agiscono per minimizzare il cambiamento Quando invece intervengono processi di cambiamento, di crescita o di mutamento di parla di omeostasi positiva.
Metacomunicazione Quando non usiamo più la comunicazione per comunicare ma per comunicare sulla comunicazione si dice che stiamo metacomunicando Dalla metacomunicazione derivano gli assiomi della comunicazione: “ non si può non comunicare” “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione” “la natura della relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti” “Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico: il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di uan semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.
Assiomi della comunicazione 5. “ tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”
La comunicazione patologica Tutti gli assiomi che abbiamo enunciato implicano certe patologie nella comunicazione ad essi inerenti. Rifiuto della comunicazione Accettazione della comunicazione Squalifica della comunicazione Il sintomo come comunicazione Definizione di sé e dell’altro: conferma,rifiuto, disconferma Causa e effetto. Escalation simmetrica Complementarietà rigida.