Nel tempo della Crisi: Comprendere, Valutare, Decidere

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Transcript della presentazione:

Nel tempo della Crisi: Comprendere, Valutare, Decidere Cividale del Friuli, 25 Ottobre 2013 a cura di Renato Pilutti Consulente direzionale, Teologo e Consulente filosofico Vicepresidente Phronesis Associazione nazionale per la Consulenza filosofica

Non solo “crisi” ma… un passaggio d’epoca Abbiamo spesso oggi l’impressione di attraversare un deserto… pieno di contraddizioni, quasi la fine di un mondo: Crisi variamente declinata dal senso comune: Mondializzazione senza regole Prepotenza finanziaria Decrescita economica Politica in crisi Lavoro che manca Nichilismo giovanile Famiglia e scuola in difficoltà…

La “società liquida” Un fortunato sintagma di Zygmunt Bauman, filosofo, ma forse più sociologo, polacco, pluripremiato e plurimediatizzato ha sdoganato un termine molto discutibile: “società liquida”. In realtà lui parla in un altro libro anche di “amore liquido”: in sostanza, secondo lui, tutto si sta liquefacendo, e in questo fenomeno fisico-sociale, si stanno smantellando anche i tradizionali ruoli sociali: - genitori/figli, - padroni/dipendenti, allievi/insegnanti e così via, ma noi andiamo cauti!

Un esempio: la bella (?) pensata di Hollande Il Presidente francese ha fatto passare una riforma del diritto di famiglia basato sul politically correct. Secondo il suo progetto padre e madre saranno chiamati genitore 1 e genitore 2, mentre marito e moglie si chiamerebbero nelle carte ufficiali dello stato “sposi”… … improvvido calcolo politico o solo… improntitudine cognitiva e scetticismo oltre ogni limite? …ovvero mancanza di rispetto per il linguaggio e la sua storia, che è tutt’uno con la storia umana?

… e allora, la crisi fondamentale è quella del Pensiero? Forse le cose sono un po’ più complesse, e quindi occorre proprio riprendere a pensare … declinando la riflessione argomentante, per cercare un senso plausibile delle parole con cui definiamo le cose…: …ad esempio, l’Italia sta diventando un “paese povero” o un “povero paese”? …e, stiamo vivendo una catastrofe o un’apocalisse? …e, la fragilità umana è male senza rimedio [cf. Paolo, Ia Corinzi]? …e ancora, possiamo conoscere qualche frammento di verità o è tutto semplice opinione? [Ha ragione Protagora o Socrate?] C’è un’esigenza vitale di rischiaramento concettuale, premessa per la ripartenza di un discorso etico.

La “crisi del Bene comune” Bisogna puntare allora su un equilibrio dei diritti e dei doveri per il Bene comune delle persone, delle famiglie e del paese-stato-nazione, …un bene comune sempre più a rischio per un welfare che deve fare i conti con numeri crescenti di disoccupati, workin’ poors, di separazioni e padri impoveriti, di suicidi per ragioni economiche, di famiglie numerose soprattutto al sud … Anche qui da noi il fenomeno sta diventando preoccupante.

Il rischio del declino …un altro chiarimento: l’Italia non è solo il paese del patrimonio artistico-ambientale più importante del mondo, della densità dei luoghi [M. Magatti, 2012] il paese degli Armani e dei Dolce&Gabbana, ma è anche il secondo paese manifatturiero d’Europa [dopo la Germania], e il primo per le meccaniche di precisione e le tecnologie avanzate, sopravanzando le orgogliosissime e spocchiose Francia e Gran Bretagna, che ci danno sempre lezioni di vita…

…ma la crisi serve per una nuova …omeostasi, un nuovo equilibrio, ma occorre recuperare valori antichi basati sulla verità antropologica dell’uomo, che il cristianesimo declina con nettezza … La giustizia e l’equità in una democrazia partecipata per un lavoro a misura dell’uomo … che nel frattempo deve recuperare alcune virtù basilari: l’umiltà, la sobrietà nel dire e nel consumare … perché oggi tutto è interdipendente (cf. “Apologo del mandarino cinese “di H. de Balzac). Utilizzando i nuovi strumenti e linguaggi della comunicazione per rilanciare il dialogo e buone relazioni…

E se una certa decrescita non fosse uno scandalo? Scandalo per il greco antico e per i Vangeli è “pietra d’inciampo”, qualcosa che ti sveglia, che ti fa dire: “oh, c’è qualcosa qui!” A volte il nostro pensiero è condizionato (quasi sempre!) dai mezzi di comunicazione, a volte è stereotipato, pigro, incapace di cogliere i segnali deboli che provengono da “ciò-che accade”, o, come li chiamava Paolo VI, “segni dei tempi”. Non dobbiamo dunque temere il cambiamento, le discontinuità, perfino una certa dose di precarietà…

La ripresa di nuovi-vecchi valori Gli ultimi tempi ci hanno fatto dimenticare alcune dimensioni antropologiche elementari, quelli che a volte vengono chiamati “valori”, tra i quali la qualità delle relazioni tra le persone, il dialogo, come strumento principe della relazione intersoggettiva. Molto spesso queste dimensioni sono state sostituite dalla comunicazione, anche nelle sue più astratte tecnicalità, come ciò che l’informatica ha sviluppato, ausili importanti, ma non sostitutivi della relazione.

La Relazione, il Dialogo, la Comunicazione È in questo ordine, infatti, che dobbiamo considerare i tre termini: Senza una relazione di qualità non vi è dialogo vero tra le persone e la comunicazione è una mera tecnica, fredda e spiritualmente muta, addirittura pericolosa… E …ora vi racconto l’apologo del “tutto bene(?)”… Prima risposta: … (a un ingrato) Seconda risposta: … (a un laureato) Terza risposta: … (a una signora in età)

Il “bicchiere mezzo pieno” Abbiamo visto molte malinconie, ma anche accenni di un senso positivo del prossimo futuro … infatti molte cose oggi sono migliori di un tempo passato molto prossimo: - oggi un guerriero Masai con un telefonino può comunicare meglio del Presidente Reagan trent’anni fa, - vi è una riduzione esponenziale della mortalità infantile, nonostante la fame e la miseria colpisca ancora un settimo dell’umanità, - la scolarità si è elevata così come l’età media delle persone…, e così via.

Dalla I-economy alla We-Economy …il passaggio prossimo deve dunque essere quello verso un’economia della condivisione, che può permettere una conciliazione dentro le vite delle persone e quindi tra famiglia e lavoro: Economia competitiva e impresa integrale, Artigianato, industria, servizi, cooperazione equa…, Nuovo welfare e “Beni comuni” sussidiari e solidali.

Occorre lottare contro le rigidità a) psicologico-soggettive [come paura del cambiamento e perdita della sicurezza], b) sociologiche e culturali [modelli e comportamenti individuali e familiari, gestione degli orari quotidiani nel rapporto famiglia-lavoro, etc.] e c) normativo-organizzative [legislazione sociale, previdenziale, assistenziale da un lato e legislazione lavoristica e modelli organizzativi aziendali dall’altro].

Il work non è solo employment Il modello “industrialista” della corrispondenza tra lavoro e impiego non basta più [cf. Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 2007]. Occorre considerare i concetti nella loro autonomia semantica, fatto che produce conseguenze molto importanti, sia per e nelle famiglie sia nei contesti lavorativi esterni …

L’abbondanza frugale …un ossimoro mutuato da Serge Latouche qui ci è utile per riflettere sul nostro tema. Tommaso d’Aquino e Ivan Illich l’hanno chiamata austerità, ma potremmo anche dirla semplicemente ragionevole sobrietà, che non significa pauperismo o elogio dell’indigenza… …ma valorizzazione dei beni, tra i quali la Famiglia e il Lavoro, se declinati insieme sono tra i principali, …e riprendere un percorso di philia [Aristotele], di amicizia solidale tra le persone consapevoli della loro interdipendenza e del loro limite…

La Politica può… La politica può e deve… mettere all’ordine del giorno, sotto il profilo fiscale e dei redditi familiari, sulle tracce virtuose di Francia [si cf. il trend di una significativa ripresa demografica delle donne francesi negli ultimi 10/15 anni!] e Germania, il cosiddetto “quoziente familiare”, che darebbe risposte significative ai redditi di base; occorre completare una riforma pensionistica che tenga conto dell’invecchiamento della popolazione, selezionare meglio l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, allargandone la platea e nel contempo riducendone i garantismi, ridurre il cuneo fiscale per imprese e lavoratori, etc..

Le Forze sociali possono… Le “forze sociali” possono pattuire normative più flessibili sugli orari [tempi parziali, job sharing, slittamenti, turnistiche articolate, etc.], come già si è mostrato possibile in alcuni casi realizzati anche nel Nordest, e conosciuti/vissuti da chi vi parla; occorre sviluppare il Modello dell’Etica d’impresa [ex D.Lgs. 231/2001], dei Codici etici e della responsabilità sociale d’impresa, coinvolgendo direttamente i lavoratori [e i Sindacati, quelli e se ci stanno]; occorre impostare modelli di “Balance Score-card”, cioè di bilancio propositivo, in modo da coinvolgere i lavoratori stessi nei progetti di riorganizzazione dei modi i lavorare [anche di ciò esistono esempi conosciuti praticati da chi scrive, come il coinvolgimento di cooperative di animatori per tenere i bambini nei sabati lavorativi delle mamme, etc.], e così via.

Il “Terzo Settore” può fare… … in tutto quanto detto sopra il “terzo settore” si può inserire con le sue strutture operative flessibili, ma a patto di non pretendere di rappresentare una specie di “mondo perfetto” ispirato a una visione etica superiore, come spesso accade di intuire dalla comunicazione retorica che lo promuove: in realtà il terzo settore ha caratteristiche di flessibilità e di applicabilità molto vaste, sempre che non pretenda di potersi sostituire in toto alle altre strutture socio-economiche pubbliche e private.

Non dunque… Liquefazione totale dei ruoli, bensì aggiornamento linguistico-espressivo … Il ‘68 e i decenni successivi non sono passati invano nelle positività che hanno apportato, ma hanno anche contribuito alla confusione concettuale e valoriale odierna, per cui occorre riprendere da alcuni fondamenti che sono antropologicamente imprescindibili, se non si vuole finire nelle peste di un’entropia cognitiva senza sbocchi (dicesi “nei casini”).

… e infine: Tolleranza o Rispetto? Nel titolo di questo incontro vi è il termine “rispetto”, che significa etimologicamente “riconoscere nell’altro un interlocutore” (dal verbo lat. respicio, guardo attentamente). Si tratta di un termine un poco desueto, sostituito in gran parte negli ultimi anni dal termine “tolleranza”: mi piacerebbe che gli amanti del politicamente corretto, politici, giornalisti e talk shower (tipo l’ambiguo e sfuggente Fazio o il parlante-sopra Floris, o l’immarcescibile (?) Vespa) si rendessero conto di quanto “tolleranza” significhi implicito senso di superiorità, abbassamento al livello dell’altro.

Costruire “comunità di destino”… Famiglie e imprese possono essere od diventare “comunità di destino”, [E. Borgna, 2012] aiutando l’uomo a superare l’insicurezza del vivere e la fragilità soggettiva. Occorre costruire ponti e sim-boli tra le varie dimensioni del vivere. Occorre riprendere pazientemente il discorso che scorre e richiede tempo per ascoltare, prima di parlare …