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L’Arte nell’Antico Egitto: La pittura
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La campitura Nell’antico Egitto, la tecnica usata per dipingere era la campitura: Campire significa stendere in maniera uniforme il colore dentro una forma delimitata da un contorno. Osiride che presiede all'Occidente, Affresco. XIX dinastia, Tomba di Nefertari, Valle delle Regine, Luxor
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Di cosa erano composti i colori?
I colori venivano prodotti con una miscela di pigmenti ottenuti dalla macinazione di terre colorate con un’ agglutinante sostanza collosa formata da acqua, lattice di gomma vegetale tratta dall’albero tropicale della gomma Hevea Brasiliensis ed albume d’uovo.
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La trasformazione delle materie prime per ottenere i pigmenti per la pittura era una tecnica molto complessa che richiedeva una specifica conoscenza e una abilità pratica raffinatissima. La maggior parte dei pigmenti impiegati dagli artisti Egizi erano di origine naturale: minerale (es. ocre, azzurrite, malachite), vegetale (es. indaco, robbia) o animale (kermes). Tuttavia è nella creazione di pigmenti sintetici, ottenuti tramite elaborati processi chimici, che si rivela l'eccezionale capacità tecnologica degli Egizi.
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La tempera Questo tipo di pittura si chiamava tempera (dal latino temperare: mescolare) e veniva fatta su superfici perfettamente asciutte e al riparo di piogge poiché veniva miscelata con acqua. Pittura murale raffigurante una scena di banchetto, da un tempio di Tebe, Nuovo Regno. Da notare le figure umane e gli oggetti disposti tutti su un unico piano, parallelo a chi guarda.
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Il colore veniva steso con dei pennelli ricavati dalle fibre di palma o con cannucce sfilacciate all’estremità. L’intonaco sottostante era preparato con un impasto di argilla e paglia triturata, sul quale veniva spalmato uno strato di gesso e bianco d’uovo.
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L’importanza del colore
Nell'antico Egitto, il colore, chiamato Iwen, era parte integrante di ogni aspetto della vita quotidiana. La parola Iwen veniva usata per significare il concetto di colore, ma poteva anche indicare l'aspetto esteriore, la natura, il carattere, l'essenza di ogni cosa. Quando si diceva che non era possibile vedere il colore degli dei, significava che non si potevano conoscere o comprendere completamente.
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Nell'arte, i colori erano indizi sulla natura degli esseri raffigurati
Nell'arte, i colori erano indizi sulla natura degli esseri raffigurati. Per esempio, quando Amon veniva ritratto con la pelle blu, era in riferimento al suo aspetto cosmico. La pelle verde di Osiride, invece, era un riferimento al suo potere sulla vegetazione e alla sua resurrezione. Tomba di Amon-er-khephesef, Valle delle Regine, Luxor
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Il significato simbolico dei colori
L'uso del colore nell'arte era dunque in gran parte simbolico. I colori venivano ricavati in gran parte da composti minerali e quindi molti hanno mantenuto la loro vitalità nel corso dei millenni. Ogni pigmento aveva un proprio significato, spesso ambivalente.
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IL VERDE Il verde, wadhj, era il colore della vegetazione e della nuova vita. Nel linguaggio quotidiano fare "cose verdi" indicava un comportamento positivo. Come già accennato, Osiride era raffigurato spesso con la pelle verde ed era anche denominato Grande verde. Osiride, tomba di Nefertiti
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Il pigmento verde probabilmente veniva preparato come una pasta ricavata da ossidi di rame e di ferro mescolati con silice e calcio. Poteva anche essere estratto dalla malachite, un minerale naturale contenente rame.
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La malachite verde era un simbolo di gioia e la terra dei morti fu descritta come il "campo di malachite". Nel libro dei morti si legge che il defunto diventerà un falco "le cui ali sono di pietra verde".
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IL ROSSO Rosso, deshr era il colore della vita e della vittoria. Durante le celebrazioni, gli antichi egizi si dipingevano il corpo con ocra rossa, indossando amuleti in corniola, una pietra rosso scuro. Ma rosso era anche un simbolo di collera e di fuoco. Una persona che agiva "con cuore rosso" era piena di rabbia. "Arrossire" significava "morire". Seth, che aveva occhi e capelli rossi, era stato anche l'assassino del fratello Osiride. La sua colorazione rossa potrebbe quindi assumere il significato di male o di vittoria, a seconda del contesto in cui è interpretato.
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Questo colore è stato collegato con le forze pericolose che minacciavano l'ordine cosmico (Maat). Ad esempio il deserto, minaccia per la vita, era chiamato "Terre rosse". Pericolo, distruzione e morte erano le idee connesse con il rosso: gli Scribi usavano l'inchiostro rosso quando volevano scrivere la parola "male".
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La tempera rossa veniva creata dagli artigiani egiziani utilizzando ferro ossidato naturalmente e ocra rossa. Raffigurazione del Dio Horus
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IL BIANCO Il bianco, hedj e shesep, suggeriva l'onnipotenza e la purezza. Considerato come mancanza di colore, era usato per le cose semplici e sacre. Il colore bianco puro utilizzato in questo tipo di arte egizia era quello naturale del gesso. Vasi canopi provenienti dalla tomba di Nsikhonsou, moglie di Pinedjem II ( a.C.), British Museum
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Thot, lo scriba, registra il risultato della pesatura del cuore di Ani
Thot, lo scriba, registra il risultato della pesatura del cuore di Ani. Dal papiro di Ani.
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IL NERO Il nero, kem, era simbolo di morte e della notte.
Osiride, il re dell'aldilà, era anche chiamato "il nero": i colori nero e verde con i quali è raffigurato il dio rappresenterebbero la morte e la rinascita della vegetazione. La regina Ahmose Nefertari, patrona della necropoli, era solitamente raffigurata con la pelle nera. Ahmose Nefertari
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Anubi, il dio dell'imbalsamazione, era raffigurato come uno sciacallo o un cane nero.
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Così come simboleggiava la morte, il nero era anche un simbolo naturale del mondo sotterraneo e quindi della resurrezione. Probabilmente era anche simbolo di fecondità e persino della vita, questa associazione era dovuta all'abbondanza generata dal limo nero delle annuali inondazioni del Nilo. Il colore del limo divenne emblematico dello stesso Egitto: il paese infatti era chiamato "Kemet" (Terra nera). Pigmenti neri erano ricavati da composti del carbonio come fuliggine, carbone di legna o di terra oppure ossa di animali bruciate.
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IL GIALLO Il giallo, khenet, kenit, era creato dagli artigiani egiziani mescolando le ocre gialle derivate dagli idrossidi di ferro con il trisolfuro di arsenico o l’orpimento.
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Anche per gli antichi Egizi come in diverse civiltà, il giallo è un colore indice di pregio e associato al divino. Rappresentava l'oro e la carne e le ossa degli dei. Solitamente venivano dipinte in giallo le divinità femminili. Il fatto che il colore giallo fosse così prezioso dipendeva anche da motivazioni economiche, perché uno dei componenti che ne costituivano il pigmento, l'orpimento, era un minerale molto raro, importato in Egitto dai paesi asiatici.
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IL BLU Blu, irtiu, sbedj Tra i principali minerali estratti in epoca Egizia vi era l’azzurrite, che fu probabilmente il primo minerale da cui i pittori trassero il blu per la loro tavolozza. Anche l pigmento chiamato blu egiziano, i cui ingredienti base sono rame, calcio e silice, è probabilmente il più antico pigmento sintetico prodotto dall’uomo in quanto risale probabilmente all’epoca Predinastica (3100 a.C.). La sua invenzione fu dettata forse dalla necessità di disporre di un pigmento blu più stabile dell’azzurrite.
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Il blu egiziano era il colore simbolo del cielo e delle divinità celesti.
Amon fu spesso raffigurato con la pelle blu per simboleggiare il suo ruolo nella creazione del mondo. Per estensione i Faraoni erano talvolta indicati con facce blu, proprio per identificarli con Amon. Nut - dea della volta celeste per gli antichi Egizi
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Tomba di Seti, Valle dei Re, particolare della decorazione di un pilastro della prima sala con il faraone raffigurante le costellazioni a. C., XIX Dinastia.
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L'azzurro o le varianti di blu chiaro sono invece utilizzate per rappresentare l'acqua.
Pitture murali su stucco della tomba di Nebamon nella necropoli di Sheikh Abd El Qurna.
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Arte e potere nell’ antico Egitto
In anni di vita, l’antico Egitto ha prodotto un’arte dalle caratteristiche stilistiche molto omogenee e riconoscibili. In effetti, caso unico nella storia dell’arte, l’arte egizia non ha conosciuto evoluzioni, restando sempre fedele ad alcuni moduli figurativi che vengono fissati agli inizi della sua storia e non vengono più mutati, se non con modifiche assai lievi. Questa concezione dell’arte era una diretta conseguenza di una società che lasciava poco spazio alla libertà dell’individuo, e quindi dell’artista. Lo stato egiziano era impostato su una monarchia fortemente autoritaria, dove il faraone era anche una divinità. L’arte doveva attenersi alle regole della tradizione, necessarie a perpetuare l’immagine di potenza del faraone e del suo impero.
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L'arte nell'Antico Egitto fu da sempre legata a intenti celebrativi e di propaganda del potere centrale assoluto, con complesse simbologie legate alla religione e alle tradizioni funerarie. Il termine arte non esisteva nemmeno nella lingua egizia, perché il compito dell'artista non era certamente quello di creare, inventare, quanto piuttosto di concretizzare i simboli della potenza terrena e ultraterrena.
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Horus, con la testa di falco, insieme ad Anubis e al Faraone.
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I Canoni La produzione figurativa degli antichi egizi, per restare costante in tutta la sua storia, doveva necessariamente affidarsi a dei «canoni». Con la parola canone intendiamo un insieme di norme codificate, che permettono di dare dimensioni e proporzioni ad una forma, sia nella pittura, che nella scultura e nell’ architettonica.
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I canoni possono derivare da considerazioni diverse, a seconda dell’intento artistico che si vuole raggiungere. Nel caso dell’arte egizia, l’intento è di dare delle regole precise, costanti ed immutabili al modo di rappresentare la realtà. La figura umana aveva due canoni fondamentali: uno per la pittura e il bassorilievo, uno per la scultura.
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Nelle rappresentazioni pittoriche, la figura umana veniva sempre rappresentata con una stilizzazione fissa: alcune parti erano rappresentate frontalmente (il busto e l’occhio) altre di profilo (gli arti e il viso). Era necessario privilegiare la veduta che rendesse leggibile con più chiarezza ogni parte del corpo. Muro dipinto ad affresco dalla tomba di Tutankhamon che mostra la scena della sua sepoltura: Tutankhamon dà il benvenuto ad Osiride.
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La figura del faraone, o del personaggio più importante, era sempre più grande delle altre.
Scena di caccia, XVIII dinastia, Affresco staccato dalla Tomba di Nebamon, Londra, British Museum.
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Per la costruzione dell’immagine ci si serviva di un reticolo, ovvero di una maglia di linee che definivano un campo quadrettato. Tale reticolo ha subìto un’evoluzione, passando da un canone antico, che prevedeva 18 quadretti in altezza, ad un canone tardo, che aumentò i quadretti a 22. Canone antico
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Dopo aver disegnato il reticolo sulla zona in cui si doveva rappresentare l’immagine umana, il canone fissava le norme. Nel canone tardo, il piede aveva un’altezza pari ad un quadretto, ed una lunghezza pari a 3,5. Se la figura doveva essere rappresentata ferma, la distanza tra le estremità dei due piedi era pari 4,5 quadretti, se invece era in movimento questa distanza diventava di 10,5 quadretti. Il busto doveva attaccarsi alle gambe in corrispondenza della linea numero 12, mentre il collo si attaccava al busto in corrispondenza della linea numero 19. Canone tardo
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Fissate quindi tutte le regole per utilizzare la trama del reticolo, la proporzione della figura risultava automaticamente corretta.
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