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PubblicatoGianpiero Rota Modificato 8 anni fa
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POESIA, GIOVINEZZA E AMORE MITO E TOPOI NELLA POESIA DI ANGELO POLIZIANO Annalisa Perrotta. Corso di Letteratura italiana Secondo semestre - AA 2015-16
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Arsi paene semper (nimis improbe forsitan) sed arsi tamen semper studio famae perpetuae (Poliziano, Epistola XII 5, a Pico)
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MACHIAVELLI, LETTERA DA SAN CASCIANO A FRANCESCO VETTORI (1513) Io mi sto in villa; e poi che seguirono quelli miei ultimi casi, non sono stato, ad accozzarli tutti, venti dí a Firenze. Ho insino a qui uccellato a' tordi di mia mano. Levavomi innanzi dí, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso, che parevo el Geta quando e' tornava dal porto con i libri di Amphitrione; pigliavo el meno dua, el più sei tordi. E cosí stetti tutto settembre. Di poi questo badalucco, ancoraché dispettoso e strano, è mancato con mio dispiacere: e quale la vita mia vi dirò. Io mi lievo la mattina con el sole, e vòmmene in un mio bosco che io fo tagliare, dove sto dua ore a rivedere l'opere del giorno passato, e a passar tempo con quegli tagliatori, che hanno sempre qualche sciagura alle mani o fra loro o co' vicini. E circa questo bosco io vi harei a dire mille belle cose che mi sono intervenute, e con Frosino da Panzano e con altri che voleano di queste legne.
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MACHIAVELLI, LETTERA DA SAN CASCIANO A FRANCESCO VETTORI (1513) E Frosino in spezie mandò per certe cataste senza dirmi nulla; e al pagamento, mi voleva rattenere dieci lire, che dice aveva havere da me quattro anni sono, che mi vinse a cricca in casa Antonio Guicciardini. Io cominciai a fare el diavolo, volevo accusare el vetturale, che vi era ito per esse, per ladro. Tandem Giovanni Machiavelli vi entrò di mezzo, e ci pose d'accordo. Batista Guicciardini, Filippo Ginori, Tommaso del Bene e certi altri cittadini, quando quella tramontana soffiava, ognuno me ne prese una catasta. Io promessi a tutti; e manda'ne una a Tommaso, la quale tornò a Firenze per metà, perché a rizzarla vi era lui, la moglie, la fante, i figlioli, che pareva el Gaburra quando el giovedí con quelli suoi garzoni bastona un bue. Dimodoché, veduto in chi era guadagno, ho detto agli altri che io non ho più legne; e tutti ne hanno fatto capo grosso, e in specie Batista, che connumera questa tra le altre sciagure di Prato.
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MACHIAVELLI, LETTERA DA SAN CASCIANO A FRANCESCO VETTORI (1513) Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni, e quelli loro amori ricordomi de' mia: gòdomi un pezzo in questo pensiero. Transferiscomi poi in sulla strada, nell'hosteria; parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de' paesi loro; intendo varie cose, e noto varii gusti e diverse fantasie d'huomini. Viene in questo mentre l'hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, per l'ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m'ingaglioffo per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.
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MACHIAVELLI, LETTERA DA SAN CASCIANO A FRANCESCO VETTORI (1513) Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
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MACHIAVELLI, LETTERA DA SAN CASCIANO A FRANCESCO VETTORI (1513) E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo ritenere lo havere inteso - io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo De principatibus; dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto, disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e' si acquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizzo, questo non vi doverrebbe dispiacere; e a un principe, e massime a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto…
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POGGIO BRACCIOLINI, LETTERA A GUARINO VERONESE (1416) Poggio fiorentino segretario apostolico saluta il suo Guarino Veronese. So che nonostante le tue molte occupazioni quotidiane, per la tua gentilezza e benevolenza verso tutti, ricevi sempre con piacere le mie lettere; e tuttavia ti prego nel modo più vivo di prestare a questa una particolare attenzione, non perché la mia persona possa destar l'interesse anche di chi ha molto tempo da perdere, ma per l'importanza di quanto sto per scriverti. So infatti con assoluta certezza che tu, colto come sei, e gli altri uomini di studio, avrete una grandissima gioia [...]. Un caso fortunato [...] volle che, mentre ero ozioso a Costanza mi venisse il desiderio di andar a visitare [...] il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere. (Trad. It. In E. Garin, Prosatori latini del Quattrocento, Ricciardi, Milano-Napoli 1952) […] Ibi, inter confertissimam librorum copiam quos longum esset recensere, Quintilianum comperimus adhuc salvum et incolumem, plenum tamen situ et pulvere squalentem. Erant enim non in bibliotheca libri illi, ut eorum dignitas postilabat, sed in teterrimo quodam et obscuro carcere, fundo scilicet unius turris quo ne capitalis quidem rei damnati retruderentur. […] Poggio Bracciolini, Lettere, vol. IV, ep. 5, ed. critica a c. di H. Hart, Firenze 1984
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POGGIO BRACCIOLINI, LETTERA A GUARINO VERONESE (1416) Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo e oscuro carcere, nel fondo di una torre in cui non si caccerebbero neppure dei condannati a morte. E io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli ergastoli in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a molti dei quali ormai si dispera. Trovai inoltre i tre primi libri e metà del quarto delle Argonautiche di Caio Valerio Flacco, e i commenti a otto orazioni di Cicerone, di Quinto Asconio Pediano, uomo eloquentissimo, opera ricordata dallo stesso Quintiliano.
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POGGIO BRACCIOLINI, LETTERA A GUARINO VERONESE (1416) Questi libri ho copiato io stesso, e anche in fretta, per mandarli a Leonardo Bruni e a Niccolò Niccoli, che avendo saputo da me la scoperta di questo tesoro, insistentemente mi sollecitarono per lettera a mandar loro al più presto Quintiliano. Accogli dolcissimo Guarino ciò che può darti un uomo a te tanto devoto. Vorrei poterti mandare anche il libro, ma dovevo contentare il nostro Leonardo. Comunque sai dov'è, e se desideri averlo, e credo che lo vorrai molto presto, facilmente potrai ottenerlo. Addio e voglimi bene, ché l'affetto è ricambiato. Costanza, 15 dicembre 1416.
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MACHIAVELLI, ISTORIE FIORENTINE (1525). CONCLUSIONE
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO (1492). MACHIAVELLI, ISTORIE FIORENTINE (1525). CONCLUSIONE Tenne ancora, in questi tempi pacifici, sempre la patria sua in festa; dove spesso giostre e rappresentazioni di fatti e trionfi antichi si vedevano; e il fine suo era tenere la città abbondante, unito il popolo, e la nobiltà onorata. Amava maravigliosamente qualunque era in una arte eccellente; favoriva i litterati, di che messer Agnolo da Montepulciano, messer Cristofano Landini e messer Demetrio greco ne possono rendere ferma testimonianza, onde che il conte Giovanni della Mirandola, uomo quasi che divino, lasciate tutte l'altre parti di Europa che egli aveva peragrate, mosso dalla munificenzia di Lorenzo, pose la sua abitazione in Firenze.
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO (1492). MACHIAVELLI, ISTORIE FIORENTINE (1525). CONCLUSIONE Della architettura, della musica e della poesia maravigliosamente si dilettava; e molte composizioni poetiche, non solo composte, ma comentate ancora da lui appariscono. E perché la gioventù fiorentina potesse negli studi delle lettere esercitarsi, aperse nella città di Pisa uno studio, dove i più eccellenti uomini che allora in Italia fussero condusse. Questo suo modo di vivere, questa sua prudenza e fortuna, fu dai principi, non solo di Italia, ma longinqui da quella, con ammirazione cognosciuta e stimata. […]
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO (1492). MACHIAVELLI, ISTORIE FIORENTINE (1525). CONCLUSIONE Né morì mai alcuno, non solamente in Firenze, ma in Italia, con tanta fama di prudenza, né che tanto alla sua patria dolesse. E come dalla sua morte ne dovesse nascere grandissime rovine ne mostrò il cielo molti evidentissimi segni: intra i quali, l'altissima sommità del tempio di Santa Reparata fu da uno fulmine con tanta furia percossa, che gran parte di quel pinnacolo rovinò, con stupore e maraviglia di ciascuno.
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO (1492). MACHIAVELLI, ISTORIE FIORENTINE (1525). CONCLUSIONE Dolfonsi adunque della sua morte tutti i suoi cittadini e tutti i principi di Italia: di che ne feciono manifesti segni, perché non ne rimase alcuno che a Firenze, per suoi oratori, il dolore preso di tanto caso non significasse. Ma se quelli avessero cagione giusta di dolersi, lo dimostrò poco di poi lo effetto; perché, restata Italia priva del consiglio suo, non si trovò modo, per quegli che rimasono, né di empiere né di frenare l'ambizione di Lodovico Sforza, governatore del duca di Milano. Per la quale, subito morto Lorenzo cominciorono a nascere quegli cattivi semi i quali, non dopo molto tempo, non sendo vivo chi gli sapesse spegnere, rovinorono, e ancora rovinano, la Italia.
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GUICCIARDINI, STORIA D’ITALIA
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO GUICCIARDINI, STORIA D’ITALIA Ma le calamità d'Italia (acciocché io faccia noto quale fusse allora lo stato suo, e insieme le cagioni dalle quali ebbeno l'origine tanti mali) cominciorono con tanto maggiore dispiacere e spavento negli animi degli uomini quanto le cose universali erano allora piú liete e piú felici. Perché manifesto è che, dappoi che lo imperio romano, indebolito principalmente per la mutazione degli antichi costumi, cominciò, già sono piú di mille anni, di quella grandezza a declinare alla quale con maravigliosa virtú e fortuna era salito, non aveva giammai sentito Italia tanta prosperità, né provato stato tanto desiderabile quanto era quello nel quale sicuramente si riposava l'anno della salute cristiana mille quattrocento novanta, e gli anni che a quello e prima e poi furono congiunti.
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LA MORTE DI LORENZO IL MAGNIFICO GUICCIARDINI, STORIA D’ITALIA Perché, ridotta tutta in somma pace e tranquillità, coltivata non meno ne' luoghi piú montuosi e piú sterili che nelle pianure e regioni sue piú fertili, né sottoposta a altro imperio che de' suoi medesimi, non solo era abbondantissima d'abitatori, di mercatanzie e di ricchezze; ma illustrata sommamente dalla magnificenza di molti príncipi, dallo splendore di molte nobilissime e bellissime città, dalla sedia e maestà della religione, fioriva d'uomini prestantissimi nella amministrazione delle cose publiche, e di ingegni molto nobili in tutte le dottrine e in qualunque arte preclara e industriosa; né priva secondo l'uso di quella età di gloria militare e ornatissima di tante doti, meritamente appresso a tutte le nazioni nome e fama chiarissima riteneva.
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L’ITALIA DOPO LA PACE DI LODI (1454)
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RIASSUNTO-LEZIONE 1 Breve introduzione allo studio dei manuali Breve introduzione allo studio di un testo letterario (tradizione, miti, topoi, permanenza e trasformazione) L’Umanesimo italiano e il rapporto con i classici: Machiavelli, lettera a Francesco Vettori; Poggio Bracciolini, lettera a Guarino Veronese La costruzione del mito dell’età laurenziana: Machiavelli, Historie fiorentine, Guicciardini, Storia d’Italia
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Ripensando assai volte meco medesimo, illustrissimo signor mio Federico, quale in tra molte e infinite laudi degli antichi tempi fussi la più eccellente, una per certo sopra tutte l’altre esser gloriossisima e quasi singulare ho giudicato: che nessuna illustre e virtuosa opera né di mano né d’ingegno si puote immaginare, alla quale in quella prima età non fussino e in publico e in privato grandissimi premi e nobilissimi ornamenti apparecchiati. Imperocché, sì come dal mare Oceano tutti li fiumi e fonti si dice aver principio, così da quest’una egregia consuetudine tutti i famosi fatti e le maravigliose opere degli antichi uomini s’intende esser derivati.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Ripensando assai volte meco medesimo, illustrissimo signor mio Federico, quale in tra molte e infinite laudi degli antichi tempi fussi la più eccellente, una per certo sopra tutte l’altre esser gloriossisima e quasi singulare ho giudicato: che nessuna illustre e virtuosa opera né di mano né d’ingegno si puote immaginare, alla quale in quella prima età non fussino e in publico e in privato grandissimi premi e nobilissimi ornamenti apparecchiati. Imperocché, sì come dal mare Oceano tutti li fiumi e fonti si dice aver principio, così da quest’una egregia consuetudine tutti i famosi fatti e le maravigliose opere degli antichi uomini s’intende esser derivati.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) L’onore è veramente quello che porge a ciascuna arte nutrimento; né da altra cosa quanto dalla gloria sono gli animi de’ mortali alle preclare opere infiammati. A questo fine adunque a Roma i magnifici trionfi, in Grecia i famosi giuochi del monte Olimpo, appresso ad ambedue il poetico ed oratorio certame con tanto studio fu celebrato. Per questo solo il carro ed arco trionfale, i marmorei trofei, li ornatissimi teatri, le statue, le palme, le corone, le funebri laudazioni, per questo solo infiniti altri mirabilissimi ornamenti furono ordinati; né d’altronde veramente ebbono origine li leggiadri ed alteri fatti e col senno e con la spada, e tante mirabili eccellenzie de’ valorosi antichi, li quali sanza alcun dubbio, come ben dice il nostro toscano poeta [Petrarca], non saranno mai senza fama, se l’universo pria non si dissolve. (RVF LIII, 34)
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) L’onore è veramente quello che porge a ciascuna arte nutrimento; né da altra cosa quanto dalla gloria sono gli animi de’ mortali alle preclare opere infiammati. A questo fine adunque a Roma i magnifici trionfi, in Grecia i famosi giuochi del monte Olimpo, appresso ad ambedue il poetico ed oratorio certame con tanto studio fu celebrato. Per questo solo il carro ed arco trionfale, i marmorei trofei, li ornatissimi teatri, le statue, le palme, le corone, le funebri laudazioni, per questo solo infiniti altri mirabilissimi ornamenti furono ordinati; né d’altronde veramente ebbono origine li leggiadri ed alteri fatti e col senno e con la spada, e tante mirabili eccellenzie de’ valorosi antichi, li quali sanza alcun dubbio, come ben dice il nostro toscano poeta [Petrarca], non saranno mai senza fama, se l’universo pria non si dissolve. (RVF LIII, 34) 1 L’onore (il pubblico riconoscimento, la celebrazione) è il nutrimento dell’arte
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano questi mirabili e veramente divini uomini, come di vera immortal laude sommamente desiderosi, così d’un focoso amore verso coloro accesi, i quali potessino i valorosi e chiari fatti delli uomini eccellenti con la virtù del poetico stile rendere immortali; del quale gloriosissimo desio infiammato il magno Alessandro, quando nel Sigeo al nobilissimo sepulcro del famoso Achille fu pervenuto, mandò fuori suspirando quella sempre memorabile regia veramente di sé degna voce: Oh fortunato che sì chiara tromba / trovasti, e chi di te sì alto scrisse. (Canz. CLXXXVII, 3-4)
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano questi mirabili e veramente divini uomini, come di vera immortal laude sommamente desiderosi, così d’un focoso amore verso coloro accesi, i quali potessino i valorosi e chiari fatti delli uomini eccellenti con la virtù del poetico stile rendere immortali; del quale gloriosissimo desio infiammato il magno Alessandro, quando nel Sigeo al nobilissimo sepulcro del famoso Achille fu pervenuto, mandò fuori suspirando quella sempre memorabile regia veramente di sé degna voce: Oh fortunato che sì chiara tromba / trovasti, e chi di te sì alto scrisse. (Canz. CLXXXVII, 3-4) Sigeo: Promontorio della Troade, dove sbarcarono e si accamparono i Greci di Agamennone; in età classica qui erano collocate le tombe di Achille, Patroclo e altri eroi greci. Alessandro Magno iniziò la campagna contro la Persia con il sacrificio presso queste tombe
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano questi mirabili e veramente divini uomini, come di vera immortal laude sommamente desiderosi, così d’un focoso amore verso coloro accesi, i quali potessino i valorosi e chiari fatti delli uomini eccellenti con la virtù del poetico stile rendere immortali; del quale gloriosissimo desio infiammato il magno Alessandro, quando nel Sigeo al nobilissimo sepulcro del famoso Achille fu pervenuto, mandò fuori suspirando quella sempre memorabile regia veramente di sé degna voce: Oh fortunato che sì chiara tromba / trovasti, e chi di te sì alto scrisse. (Canz. CLXXXVII, 3-4) 2 Il desiderio di vera e immortal laude da parte dei grandi uomini comporta un focoso amore per i poeti.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) E sanza dubbio fortunato: imperocché, se ‘l divino poeta Omero non fusse stato, una medesima sepultura il corpo e la fama di Achille averebbe ricoperto. Né questo poeta ancora, sopra tutti gli altri eccellentissimo, sarebbe in tanto onore e fama salito, se da uno clarissimo ateniese non fusse stato di terra in alto sublevato, anzi quasi da morte a sì lunga vita restituto. Imperocché, essendo la sacra opera di questo celebratissimo poeta dopo la sua morte per molti e vari luoghi della Grecia dissipata e quasi dimembrata, Pisistrato, ateniese principe, uomo per molte virtù e d’animo e di corpo prestantissimo, proposti amplissimi premi a chi alcuni de’ versi omerici gli apportassi, con somma diligenzia ed esamine tutto il corpo del santissimo poeta insieme raccolse, e sì come a quello dette perpetua vita, così lui a sé stesso immortal gloria e clarissimo splendore acquistonne
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) E sanza dubbio fortunato: imperocché, se ‘l divino poeta Omero non fusse stato, una medesima sepultura il corpo e la fama di Achille averebbe ricoperto. Né questo poeta ancora, sopra tutti gli altri eccellentissimo, sarebbe in tanto onore e fama salito, se da uno clarissimo ateniese non fusse stato di terra in alto sublevato, anzi quasi da morte a sì lunga vita restituto. Imperocché, essendo la sacra opera di questo celebratissimo poeta dopo la sua morte per molti e vari luoghi della Grecia dissipata e quasi dimembrata, Pisistrato, ateniese principe, uomo per molte virtù e d’animo e di corpo prestantissimo, proposti amplissimi premi a chi alcuni de’ versi omerici gli apportassi, con somma diligenzia ed esamine tutto il corpo del santissimo poeta insieme raccolse, e sì come a quello dette perpetua vita, così lui a sé stesso immortal gloria e clarissimo splendore acquistonne
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) E sanza dubbio fortunato: imperocché, se ‘l divino poeta Omero non fusse stato, una medesima sepultura il corpo e la fama di Achille averebbe ricoperto. Né questo poeta ancora, sopra tutti gli altri eccellentissimo, sarebbe in tanto onore e fama salito, se da uno clarissimo ateniese non fusse stato di terra in alto sublevato, anzi quasi da morte a sì lunga vita restituto. Imperocché, essendo la sacra opera di questo celebratissimo poeta dopo la sua morte per molti e vari luoghi della Grecia dissipata e quasi dimembrata, Pisistrato, ateniese principe, uomo per molte virtù e d’animo e di corpo prestantissimo, proposti amplissimi premi a chi alcuni de’ versi omerici gli apportassi, con somma diligenzia ed esamine tutto il corpo del santissimo poeta insieme raccolse, e sì come a quello dette perpetua vita, così lui a sé stesso immortal gloria e clarissimo splendore acquistonne 3. La fama (la memoria delle sue gesta, la sua esemplarità) di Achille dipende dall’opera di Omero.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) E sanza dubbio fortunato: imperocché, se ‘l divino poeta Omero non fusse stato, una medesima sepultura il corpo e la fama di Achille averebbe ricoperto. Né questo poeta ancora, sopra tutti gli altri eccellentissimo, sarebbe in tanto onore e fama salito, se da uno clarissimo ateniese non fusse stato di terra in alto sublevato, anzi quasi da morte a sì lunga vita restituto. Imperocché, essendo la sacra opera di questo celebratissimo poeta dopo la sua morte per molti e vari luoghi della Grecia dissipata e quasi dimembrata, Pisistrato, ateniese principe, uomo per molte virtù e d’animo e di corpo prestantissimo, proposti amplissimi premi a chi alcuni de’ versi omerici gli apportassi, con somma diligenzia ed esamine tutto il corpo del santissimo poeta insieme raccolse, e sì come a quello dette perpetua vita, così lui a sé stesso immortal gloria e clarissimo splendore acquistonne 3. La fama (la memoria delle sue gesta, la sua esemplarità) di Achille dipende dall’opera di Omero. 4. La memoria e la sopravvivenza dell’opera di Omero deriva da un gesto politico. L’opera di Omero ottiene la sopravvivenza, il “principe” ottiene fama e gloria
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Per la qual cosa nessun altro titulo sotto la sua statua fu intagliato, se non quest’uno: che dell’insieme ridurre il glorioso omerico poema fussi stato autore. Oh veramente divini uomini, e per utilità degli uomini al mondo nati! Conosceva questo egregio principe li altri suoi virtuosi fatti, comeché molti e mirabili fussino, tutti nientedimeno a quest’una laude essere inferiori, per la quale e a sé e ad altri eterna vita e gloria partorissi.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Per la qual cosa nessun altro titulo sotto la sua statua fu intagliato, se non quest’uno: che dell’insieme ridurre il glorioso omerico poema fussi stato autore. Oh veramente divini uomini, e per utilità degli uomini al mondo nati! Conosceva questo egregio principe li altri suoi virtuosi fatti, comeché molti e mirabili fussino, tutti nientedimeno a quest’una laude essere inferiori, per la quale e a sé e ad altri eterna vita e gloria partorissi. Parole chiave: utilità eterna vita gloria laude
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Cotali erano adunque quelli primi uomini, de’ quali li virtuosi fatti non solo ai nostri secoli imitabili non sono, ma appena credibili. Imperocché, essendo già in tutto i premi de’ virtuosi fatti mancati, insieme ancora con essi ogni benigno lume di virtute è spento, e, non facendo gli uomini alcuna cosa laudabile, ancora [anche] questi sacri laudatori hanno al tutto dispregiati. La qual cosa se ne’ prossimi superiori [successivi] secoli stata non fussi, non sarebbe di poi la dolorosa perdita di tanti e sì mirabili greci e latini scrittori con nostro grandissimo danno intervenuta.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Cotali erano adunque quelli primi uomini, de’ quali li virtuosi fatti non solo ai nostri secoli imitabili non sono, ma appena credibili. Imperocché, essendo già in tutto i premi de’ virtuosi fatti mancati, insieme ancora con essi ogni benigno lume di virtute è spento, e, non facendo gli uomini alcuna cosa laudabile, ancora [anche] questi sacri laudatori hanno al tutto dispregiati. La qual cosa se ne’ prossimi superiori [successivi] secoli stata non fussi, non sarebbe di poi la dolorosa perdita di tanti e sì mirabili greci e latini scrittori con nostro grandissimo danno intervenuta. 5. Le occasioni di pregio e memoria (premi) e stimolo alla virtù sono interconnessi. Se non ci sono occasioni di dar lustro ai poeti, che garantiscono la memoria, anche lo stimolo a compiere azioni lodevoli viene meno; Viceversa: se gli esseri umani non compiono azioni degne di lode, anche i lodatori, i poeti, vengono dispregiati
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Cotali erano adunque quelli primi uomini, de’ quali li virtuosi fatti non solo ai nostri secoli imitabili non sono, ma appena credibili. Imperocché, essendo già in tutto i premi de’ virtuosi fatti mancati, insieme ancora con essi ogni benigno lume di virtute è spento, e, non facendo gli uomini alcuna cosa laudabile, ancora [anche] questi sacri laudatori hanno al tutto dispregiati. La qual cosa se ne’ prossimi superiori [successivi] secoli stata non fussi, non sarebbe di poi la dolorosa perdita di tanti e sì mirabili greci e latini scrittori con nostro grandissimo danno intervenuta. 5. Le occasioni di pregio e memoria (premi) e stimolo alla virtù sono interconnessi. Se non ci sono occasioni di dar lustro ai poeti, che garantiscono la memoria, anche lo stimolo a compiere azioni lodevoli viene meno; Viceversa: se gli esseri umani non compiono azioni degne di lode, anche i lodatori, i poeti, vengono dispregiati 6. Da qui discende il naufragio, la perdita di tanti testi di autori greci e latini
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano similmente in questo fortunoso naufragio molti venerabili poeti, li quali primi il diserto campo della toscana lingua cominciorono a cultivare in guisa tale, che in questi nostri secoli tutta di fioretti e d’erba è rivestita. Ma la tua benigna mano, illustrissimo Federico, quale a questi porgere ti sei degnato dopo molte loro e lunghe fatiche, in porto [in salvo] finalmenti gli ha condotti. Imperocché essendo noi nel passato anno nell’antica pisana città venuti in ragionare di quelli che nella toscana lingua poeticamente avessino scritto, non mi tenne punto la tua Signoria il suo laudabile desiderio nascoso: ciò era che per mia opera tutti questi scrittori le fussino insieme in un medesimo volume raccolti.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano similmente in questo fortunoso naufragio molti venerabili poeti, li quali primi il diserto campo della toscana lingua cominciorono a cultivare in guisa tale, che in questi nostri secoli tutta di fioretti e d’erba è rivestita. Ma la tua benigna mano, illustrissimo Federico, quale a questi porgere ti sei degnato dopo molte loro e lunghe fatiche, in porto finalmente gli ha condotti. Imperocché essendo noi nel passato anno nell’antica pisana città venuti in ragionare di quelli che nella toscana lingua poeticamente avessino scritto, non mi tenne punto la tua Signoria il suo laudabile desiderio nascoso: ciò era che per mia opera tutti questi scrittori le fussino insieme in un medesimo volume raccolti.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano similmente in questo fortunoso naufragio molti venerabili poeti, li quali primi il diserto campo della toscana lingua cominciorono a cultivare in guisa tale, che in questi nostri secoli tutta di fioretti e d’erba è rivestita. Ma la tua benigna mano, illustrissimo Federico, quale a questi porgere ti sei degnato dopo molte loro e lunghe fatiche, in porto finalmente gli ha condotti. Imperocché essendo noi nel passato anno nell’antica pisana città venuti in ragionare di quelli che nella toscana lingua poeticamente avessino scritto, non mi tenne punto la tua Signoria il suo laudabile desiderio nascoso: ciò era che per mia opera tutti questi scrittori le fussino insieme in un medesimo volume raccolti. Campi metaforici: mare in tempesta (implicito) campo deserto, coltivazione, fioritura
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Erano similmente in questo fortunoso naufragio molti venerabili poeti, li quali primi il diserto campo della toscana lingua cominciorono a cultivare in guisa tale, che in questi nostri secoli tutta di fioretti e d’erba è rivestita. Ma la tua benigna mano, illustrissimo Federico, quale a questi porgere ti sei degnato dopo molte loro e lunghe fatiche, in porto finalmente gli ha condotti. Imperocché essendo noi nel passato anno nell’antica pisana città venuti in ragionare di quelli che nella toscana lingua poeticamente avessino scritto, non mi tenne punto la tua Signoria il suo laudabile desiderio nascoso: ciò era che per mia opera tutti questi scrittori le fussino insieme in un medesimo volume raccolti. Campi metaforici: mare in tempesta (implicito) campo deserto, coltivazione, fioritura 7. Lorenzo e Federico sono come nuovi Pisistrato, che raccolgono in un volume la produzione dei poeti toscani
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Per la qual cosa, essendo io come in tutte le altre cose, così ancora in questo, desideroso alla tua onestissima volontà satisfare, non sanza grandissima fatica fatti ritrovare gli antichi esemplari, e di quelli alcune cose meno rozze eleggendo [scegliendo], tutti in questo presente volume ho raccolti, il quale mando alla Tua Signoria, desideroso assai che essa la mia opera, qual ch’ella si sia, gradisca, e la riceva sì come un ricordo e pegno del mio amore in verso di lei singulare.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Né sia però [perciò] nessuno che quella toscana lingua come poco ornata e copiosa disprezzi. Imperocché sì [se] bene e giustamente le sue ricchezze ed ornamenti saranno estimati, non povera questa lingua, non rozza, ma abundante e pulitissima sarà reputata. Nessuna cosa gentile, florida, leggiadra, ornata; nessuna acuta, distinta, ingegnosa, sottile; nessuna alta, magnifica, sonora; nessuna finalmente ardente, animosa, concitata si puote immaginare, della quale non pure in quelli duo primi, Dante e Petrarca, ma in questi altri ancora, i quali tu, signore, hai suscitati, infiniti e chiarissimi esempli non risplendino.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Né sia però [perciò] nessuno che quella toscana lingua come poco ornata e copiosa disprezzi. Imperocché sì [se] bene e giustamente le sue ricchezze ed ornamenti saranno estimati, non povera questa lingua, non rozza, ma abundante e pulitissima sarà reputata. Nessuna cosa gentile, florida, leggiadra, ornata; nessuna acuta, distinta, ingegnosa, sottile; nessuna alta, magnifica, sonora; nessuna finalmente ardente, animosa, concitata si puote immaginare, della quale non pure in quelli duo primi, Dante e Petrarca, ma in questi altri ancora, i quali tu, signore, hai suscitati, infiniti e chiarissimi esempli non risplendino. 8. La lingua toscana si mostra, alla prova della raccolta, di grandissimo valore
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Fu l'uso della rima, secondo che in una latina epistola scrive il Petrarca, ancora [anche] appresso gli antichi romani assai celebrato [1]; il quale, per molto tempo intermesso [interrotto], cominciò poi nella Sicilia non molti secoli avanti [dopo] a rifiorire, e, quindi [di qui, dalla Sicilia] per la Francia sparto, finalmente in Italia, quasi in un suo ostello, è pervenuto.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) […] Segue elenco e descrizione dei principali nomi dei poeti antologizzati: -Guittone -Guinizelli -Cavalcanti (in particolare Donna me prega) - Bonagiunta -Giacomo da Lentini -Piero delle Vigne -Cino da Pistoia -Dante -Petrarca
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Segue costoro di poi più lunga gregge di novelli [più recenti] scrittori, i quali tutti di lungo intervallo si sono da quella bella coppia allontanati. Questi tutti [poeti], signore, e con essi alcuni della età nostra, vengono a renderti immortal grazia, che della loro vita, della loro immortal luce e forma sie stato autore [artefice della loro salvezza], molto di maggior gloria degno che quello antico ateniese di chi avanti è fatta menzione [Pisistrato]. Perocché lui ad uno, benché sovrano, tu a tutti questi hai renduto la vita.
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EPISTOLA PROEMIALE ALLA RACCOLTA ARAGONESE (1477) Abbiamo ancora nello estremo [alla fine] del libro (perché così ne pareva ti piacessi) aggiunti alcuni delli nostri sonetti e canzone, acciò che, quelli leggendo, si rinnovelli nella tua mente la mia fede e amore singolare verso la Tua Signoria; li quali, se degni non sono fra sì maravigliosi scritti di vecchi poeti essere annumerati, almeno per fare alli altri paragone e per fare quelli per la loro comparazione più ornati parere, non sarà forse inutile stato averli con essi collegati. Riceverà adunque la Tua illustrissima Signoria e questi e me non solamente nella casa, ma nel petto e animo suo, sì come ancora quella [anche la tua signoria] nel core ed animo nostro giocondamente di continuo alberga. Vale.
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1.L’onore (il pubblico riconoscimento, la celebrazione) è il nutrimento dell’arte. 2.Il desiderio di “vera e immortal laude” da parte dei grandi uomini comporta un “focoso” amore per i poeti. 3.La fama (la memoria delle sue gesta, la sua esemplarità) di Achille dipende dall’opera di Omero. 4.La memoria e la sopravvivenza dell’opera di Omero deriva da un gesto politico. L’opera di Omero ottiene la sopravvivenza, il “principe” ottiene fama e gloria. 5.Le occasioni di pregio e memoria (premi) e stimolo alla virtù sono interconnessi. Se non ci sono occasioni di dar lustro ai poeti, che garantiscono la memoria, anche lo stimolo a compiere azioni lodevoli viene meno. Viceversa: se gli esseri umani non compiono azioni degne di lode, anche i lodatori, i poeti, vengono dispregiati. 6.Da qui discende il naufragio, la perdita di tanti testi di autori greci e latini. 7.Lorenzo e Federico sono come nuovi Pisistrato, che raccolgono in un volume la produzione dei poeti toscani. 8.La lingua toscana si mostra, alla prova della raccolta, di grandissimo valore. Parole chiave utilità eterna vita gloria laude Campi metaforici: mare in tempesta (implicito) campo deserto, coltivazione, fioritura
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