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PubblicatoGiustino Pagani Modificato 8 anni fa
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Storia del diritto romano Età monarchica
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La nostra storia inizia nel 1000 a.C. Il Lazio arcaico era caratterizzato da ripe scosese, acquitrini nelle pianure: gli esseri umani si stanziarono sulle colline e questo determinò il loro iniziale isolamento I boschi erano folti: vi era la presenza di quercia, faggio, salice, alloro
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Età monarchica La principale attività economica era rappresentata dall’allevamento di bestiame: bovini, ovini, maiale Questo iniziale caratterizzazione perdurò nel mondo romano: ancora nel II sec. d.C. Gaio annovera tra le res pretiosiores gli animali da tiro e da soma Gli animali da tiro e da soma faranno parte della categoria giuridica del res mancipi, beni che godevano di un regime giuridico diverso dagli altri per ciò che riguardava il tresferimento della proprietà a titolo derivativo
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Età monarchica Era praticata anche una forma primitiva di agricoltura: un cereale era particolarmente adatto a quelle zone, il farro Il farro era così diffuso che sopravvisse anche in epoche successive in alcune cerimonie religiose, talune produttive di effetti giuridici: es. confarreatio La confarreatio era uno dei modi di acquisto della manus, un potere che il marito aveva nei confronti della moglie
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Età monarchica La confarreatio era una cerimonia religiosa compiuta con un sacrificio a Giove Farreo nel quale era usato un pane di farro Il tutto si svolgeva alla presenza di 10 testimoni e aveva importanti implicazioni di carattere religioso: solo i figli nati da genitori fra cui esisteva la confarreatio potevano essere ordinati Flamini maggiori
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Età monarchica Nel corso dell’VIII sec. a.C le condizioni economiche migliorano, iniziano i primi scambi commerciali ed assumono rilievo le vie di comunicazione: l’Isola Tiberina e la via che collegava le zone costiere da quelle interne, la via Salaria
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Età monarchica Come nacque Roma? La domanda è difficile e diverse sono le ipotesi Secondo la prevalente dottrina, Roma nacque in seguito alla definizione della città rispetto alla campagna, ma anche in seguito alla nascita della polis cioè di una comunità politica organizzata Secondo alcuni autori, la nascita della città geografica coincise con la nascita della polis, secondo altri no
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Età monarchica Condizioni basilari per il realizzarsi di una comunità politicamente organizzata sono almeno due: unità della popolazione stanziata su di un territorio ed il controllo militare di quel territorio e di quella popolazione: questo non era, nell’VIII sec. a.C., ancora avvenuto
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Età monarchica Sappiamo che la più antica unità di popolazione fu il villaggio, ma come si giunse alla città?
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Età monarchica Pietro Bonfante, insigne romanista vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, elaborò la sua tesi: lo Stato era una costante nella società ed esso andava identificato in diversi organismi a seconda dello sviluppo della società stessa
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Età monarchica Bonfante si collocò in linea di continuità con le teorie evoluzionistiche dell’epoca e riteneva che la polis altro non fosse che l’esito dell’evoluzione della società umana che aveva nella famiglia il suo nucleo originiario
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Età monarchica Bonfante riteneva, dunque, che dall’organismo più semplice si originasse quello più complesso e che tutti questi organismi avrebbero svolto, nel corso del tempo, la medesima funzione
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Età monarchica Bonfante riteneva che il potere che il paterfamilias esercitava sulla familia proprio iure (coppia di sposi con figli) fosse del tutto simile a quello esercitato dal capo di un gruppo politico
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Età monarchica Familia proprio iure: coppia di sposi con figli Il pater esercita la patria potestas sulla moglie, sui figli, sulle figlie non sposate, i discendenti in linea maschile e le loro mogli La patria potestas non si esercita sulle figlie o sulle nipoti che si sposano, poiché è - in orgine - il marito ad acquistare la manus sulla moglie
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Età monarchica I poteri del paterfamilias sono: ius vitae ac necis (diritto di vita e di morte) ius vendendi (il diritto di vendere il figlio) ius noxae dandi (il diritto di cedere il figlio ad altri per liberarsi dalle conseguenze di un atto illecito da questo compiuto) ius exponendi (il diritto di esporre il neonato)
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Età monarchica La familia communi iure o agnatizia si compone, invece, di tutti coloro i quali sono legati da un vincolo di parentela per essere stati sottoposti alla patria potestas di un comune antenato
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Età monarchica Per gens si intende invece la lontana discendenza comune di cui si ha una vaga coscienza (es. Giulii, Claudii etc.)
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La tesi di Bonfante vacillava però sotto un aspetto: mancava un elemento fondamentale per ritenere il potere esercitato dal paterfamilias come statale: la stabilità Alla morte del paterfamilias la struttura familiare sarebbe finita per mancanza di un capo
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Bonfante ipotizzò allora che la struttura familiare coincidente con quella statuale fosse la familia communi iure o la gens In questo caso mancava però un altro elemento: il capo Egli allora ipotizzò che nell’epoca più antica la gens fosse retta da un princeps o da un pater gentis Di un capo di questo tipo non abbiamo però notizie certe
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Bonfante cercò di superare questo limite ipotizzando l’anteriorità della successione testamentaria rispetto a quella legittima: così facendo, egli immaginò che il pater alla sua morte e con testamento avrebbe indicato un unico erede e successore che avrebbe assunto il comando su tutto il gruppo L’ipotesi incontrava altri ostacoli, perché alla morte del paterfamilias tutti i figli diventano sui iuris
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Età monarchica Bonfante abbandonò questa idea e sostenne che l’organismo sovrano antesignano della civitas fosse la gens, come abbiamo visto Il punto più critico rimane la sua ipotizzata figura di pater gentis, del capo della gens. Si discute molto su questo punto e non si è giunti ad una visione unitaria
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Età monarchica A conclusioni opposte giunse uno studioso tedesco: Eduard Mayer Egli riteneva che Roma si sarebbe formata in seguito alla disgregazione di gruppi etnici indoeuropei emigrati in Italia L’ipotesi di Mayer è diametralmente opposta da quella di Bonfante: il Bonfante parte dal piccolo per arrivare al grande, Mayer dal grande per arrivare al piccolo
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Il dato che accomuna entrambe le tesi è un altro: gli autori sostengono una concezione statualistica, in ragione della quale stato e società si identificano Lo stato non è un fenomeno storico, ma necessario e connaturato all’idea stessa della società Per entrambi non esisteva la possibilità che esistesse una società che non si identificasse con lo Stato
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Tutto questo aveva un’importante implicazione: presupposto il carattere statale delle strutture preciviche, sorgeva la necessità di rintracciare in esse una struttura gerarchica
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Ma le recenti scoperte archeologiche cosa ci dicono?
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Capanne sul Palatino
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I pagi (villaggi) sono piccoli gruppi stanziati su di un territorio e legati da interessi economici, come la spartizione dei pascoli, dei traffici commerciali, lo sviluppo agricolo I pagi erano anche legati da leghe religiose: questa unione serviva molto spesso come strumento di difesa del territorio
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Ancora nell’VIII sec. a.C. i pagi sono formati da capanne e non esiste differenziazione tra loro Una conferma della omogeneità esistente tra i villaggi è testimoniata da scoperte archeologiche: gli arredi delle tombe in questo periodo sono del tutto simili tra loro Così non sarà successivamente: quando si creerà una frattura tra ricchi e poveri, le tombe saranno molto diverse
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Sino alla metà dell’VIII sec. a.C. esisteva, dunque, una struttura democratica in cui il potere sovrano era esercitato da un gruppo di uomini armati, salvo deferire i poteri, in particolari momenti di crisi e pericoli, ad alcuni uomini particolarmente valorosi
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Dalla metà dell’VIII sec. a.C. in poi si verificano quelle trasformazioni economiche e sociali che portano al processo di differenziazione sociale: gli uomini non sono più tutti uguali, ma ci sono ricchi e poveri Questo è rappresentato, a livello archeologico, dal rinvenimento di tombe abbellite con arredi funerari molto ricchi: i gruppi economicamente forti esprimono in questo modo la loro supremazia
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Cosa determinò questo processo di differenziazione? Il sorgere del lavoro specializzato (artigiani e commercianti), ma soprattutto la guerra: i guerrieri più bravi conquistavano più prede belliche divenendo, pertanto, più ricchi
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Il processo di differenziazione coincise con l’emergere delle gentes La gens si afferma cioè come struttura sociale dominata dall’aristocrazia guerriera Non sappiamo dire se la gens solo in tale epoca si afferma o se solo in tale epoca si trasforma in organismo aristocratico: sappiamo però che questo coincide con la genesi dell’ordinamento cittadino
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Con l’emergere delle gentes tendono a scomparire i pagi e a formarsi strutture proto urbane (che anticipano la città) Le gentes rappresentano il gruppo sociale economicamente più forte Gli strati più deboli della popolazione chiamati clienti si metteranno al servizio della gens aumentando la forza lavoro e il numero degli uomini armati
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Questa differenziazione porterà alla dissoluzione di quella primigenia democrazia militare
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Età monarchica Accanto al processo di differenziazione della società, accadono altri fatti: si riducono le aree boschive, le paludi e i villaggi interagiscono tra loro Talvolta possono scoppiare dei conflitti, ma anche questo conduce ad un processo di unificazione: se un villaggio prevale sull’altro si realizza una fusione I villaggi sono uniti anche da rapporti economici e commerciali Tutte queste circostanze determinarono la fusione dei pagi
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La nascita di Roma non è un evento improvviso, ma la naturale evoluzione dello sviluppo dei pagi
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La popolazione romana venne divisa dal primo re, Romolo, in tre tribù Ogni tribù era composta da dieci curie Ogni curia era composta da dieci decurie Capo della tribù era il tribuno, capo della curia il curione e capo della decuria il decurione La strutturale piramidale era composta da trecento decurie, trenta curie e tre tribù
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Già in epoca romulea si sarebbe affermata la differenziazione tra patrizi e plebei I patrizi erano i discendenti dei più antichi membri del senato, antica assemblea degli uomini più saggi di cui facevano parte gli esponenti di punta delle gentes I plebei, la parte più povera della popolazione, dovevano scegliere un patrono tra i patrizi con funzione di protezione
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I plebei lavoravano i campi I patrizi erano sacerdoti o giudici o magistrati ausiliari del re
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Secondo alcuni studiosi le tre tribù sarebbero state il risultato di un’aggregazione tra gruppi etnici diversi La tribù dei Ramnes sarebbe stata guidata da Romolo e stanziata sul Palatino La tribù dei Tities stanziata sul Quirinale e guidata da Tito Tazio La tribù dei Luceres capeggiata da Lucumone, capo etrusco
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Mommsen, grandissimo studioso di storia e diritto romani, riteneva che le tre tribù fossero nate dall’aggregazione di comunità distinte, mentre ricollegava la nascita delle curie alla stessa città Sembra, tuttavia, più plausibile che fossero proprio le curie ad essere collegate a quelle strutture preciviche di cui abbiamo parlato, cioè i pagi
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Vediamo quali erano gli organi costituzionali di Roma durante la monarchia: re, senato (consiglio degli anziani) e l’assemblea della comunità Il re in cui coesistono due poteri fondamentali: il potere militare, perché il re è ductor, comandante di tutti gli uomini armati, nonchè giudice e amministratore della città; il potere religioso: il re è il mediatore tra la comunità e la divinità. La crescita del re è parallela all’affermazione stessa della città
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Più incerto il potere del senato, espressione dell’aristocrazia gentilizia. È indubbio che il senato ambisse a guidare la città e ad imporre la sua egemonia, ma non è egemone, neppure nella fase iniziale della monarchia
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Età monarchica Il legame tra il re e il mondo divino si evince già dalla cerimonia di nomina del secondo re di Roma, Numa Pompilio Egli venne nominato nel templum dinanzi a tutto il popolo riunito, con un sacerdore che tocca con la mano destra il capo di Numa chiedendo l’assenso della divinità alla sua nomina
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Il popolo è presente all’inauguratio del nuovo re, ma discusso è il loro ruolo Secondo Cicerone i comizi curiati avrebbero addirittura eletto il re con l’autorizzazione del senato Che il popolo svolgesse una qualche funzione è attestato da un istituto di epoca repubblicana, la lex curiata de imperio
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I magistrati repubblicani, una volta eletti dai comizi centuriati, dovevano essere confermati dai comizi curiati Questo era il procedimento che dava vita alla lex de imperio, cerimonia che secondo alcuni storici dovrebbe essere proiettata all’indietro e riferita alla nomina dei re Problema diverso è se questa lex esprimesse o meno un’elezione popolare
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Età monarchica Mommsen non è d’accordo e ritiene che i comizi svolgessero un ruolo passivo durante la cerimonia e la lex de imperio avrebbe rappresentato un impegno di obbedienza da parte del popolo nei confronti del nuovo re La storiografia moderna tende ad escludere l’esistenza di un sistema elettivo da parte dei comizi curiati
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Età monarchia Quel che sappiamo con certezza perché ce lo dicono sia Livio che Dionigi di Alicarnasso, è che alla morte del re, il senato interviene ed assume collegialmente i poteri del re: questo istituto si chiamo interregnum I poteri erano di fatto attribuiti a dieci senatori che li esercitavano individualmente ciascuno per cinque giorni La nomina del nuovo re avveniva durante l’interregum, quando le circostanze politiche lo avessero permesso
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Età monarchica La nomina da parte dell’interrex prendeva il nome di creatio Se dovessimo, dunque, dire come veniva eletto il re, dovremmo innanzitutto dire che alla base della nomina vi era la convergenza di una volontà politica unitaria: la creatio, l’inauguratio e l’eventuale lex curiata erano atti che registravano questo consenso
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Età monarchica Ricordiamo che: Romolo regnò dal 753 al 716 Numa Pompilio dal 715 al 673 Tullo Ostilio dal 673 al 641 Anco Marzio dal 640 al 616
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Tarquinio Prisco dal 616 al 579 Servio Tullio dal 578 al 535 Tarquinio il Superbo dal 535 al 509
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I poteri del re erano la guida dell’esercito, amministrare la comunità, rendere giustizia e legiferare Il comando militare si rafforza nel tempo e caratterizza la figura dei re etruschi
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Età monarchica I collaboratori che agivano su delega del re: Il magister populi, in assenza del re aveva il comando supremo militare I quaestores parricidii si occupavano della repressione dei crimini
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Il re era anche giudice: interveniva a risolvere i conflitti tra i cittadini, evitando tensioni tra i vari gruppi gentilizi ed evitando che si facesse ricorso alla vendetta privata che avrebbe incrinato l’unità della nascente polis Nell’esercizio di questo potere, si poteva avvalevere dello strumento legislativo che serviva a determinare le norme seguite per stabilire chi aveva torto e chi aveva ragione: queste leggi si chiamavano leges regiae
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Queste leggi molto probabilmente non facevano altro che cristallizzare le norme consuetudinarie già presenti (mores) ed erano diretta emanazione del potere di ordinanza del re
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Età monarchica Le leges regiae avevano ad oggetto la materia religiosa, la repressione criminale e i rapporti tra i privati
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Un ruolo molto importante è svolto nell’epoca monarchica dai sacerdoti Lo stesso re è inizialmente il sacerdote supremo a Roma
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Età monarchica Esistevano tre collegi sacerdotali maggiori: i pontefici, i feziali e gli auguri Il collegio dei pontefici è presieduto dal pontifex maximus e le sue competenze superano i confini religiosi
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Età monarchica Esisteva sin nell’antichità un istituto giuridico chiamato adrogatio. Con esso un paterfamilias (cittadino romano pubere) si sottoponeva alla potestas di un altro pater divenendo alieni iuris. L’istituto aveva lo scopo di dare un erede a chi non lo aveva Per la rilevanza che assumeva (vi era uno spostamento di ricchezza), la cerimonia si svolgeva davanti all’assemblea del popolo e in presenza del pontefice massimo
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Età monarchica Il pontefice massimo faceva al popolo la proposta di adrogatio e il popolo la approvava Il pontefice massimo era, dunque, chiamato ad intervenire in alcuni negozi che realizzavano importanti effetti giuridici Tenete presente che anche in epoca successiva il ricordo di questa collegialità continuerà ad esprimersi, seppur in forme diverse: basti pensare alle cause ereditarie che erano affidate al collegio giudicante dei centumviri
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Età monarchica Torniamo al collegio dei pontefici. I membri erano cinque e duravano in carica per tutta la vita. Venivano eletti per cooptazione La cooptazione consiste nell’elezione di un nuovo membro di un organo collegiale, elezione che avviene all’interno del collegio stesso
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Età monarchica Le funzioni principali del collegio dei pontefici erano due: l’enunciazione del calendario (conoscevano i modi del computo del tempo e della divisione dell’anno) e la conservazione del sapere tecnico-giuridico. Inizialmente sono loro e successivamente gli esperti di diritto che conservano memoria delle tradizioni giuridiche (mores) e delle rielaborazioni dei re Il collegio dei pontefici garantiva la memoria collettiva della comunità
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Età monarchica Il collegio dei feziali aveva, invece, competenze che oggi definiremmo di diritto internazionale. Avevano il compito di stringere accordi con le altre comunità attraverso la figura del pater patratus I feziali avevano il compito di controllare la regolarità formale delle attività romane internazionali, il rispetto dei trattati stipulati, chiedere il risarcimento dei danni per eventuali torti subiti e, non ultimo, il compito di dichiarare la guerra in forme legali
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Età monarchica La dichiarazione di guerra avveniva in questo modo: deliberata dal re e dal senato, una volta assunta la decisione di dichiarare guerra ad un popolo nemico, intervenivano i feziali che lanciavano l’asta bellica nel territorio nemico I feziali non decidono la politica estera che rimane competenza del re, ma applica le decisioni secondo la forma necessaria per la validità degli atti internazionali Il collegio dei feziali si compone di venti membri scelti per cooptazione che durano in carica tutta la vita
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Età monarchica Il collegio degli auguri aveva il compito di interrogare la volontà divina prima di prendere decisioni importanti per la comunità romana Si componeva di cinque membri i quali trasmettevano il loro sapere ai successivi auguri mediante raccolte di testi conservati segretamente e gelosamente Il re aveva il potere di prendere gli auspicia, cioè di interrogare gli dei per il tramite gli auguri per farsi guidare nelle sue scelte quotidiane
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Età monarchica Auguria erano interrogazioni rivolte agli dei dagli auguri, cioè dal collegio sacerdotale di cui ci stiamo occupando e rivelavano un rapporto con il divino più ampio e generale di quello che spettava al re Auspicia erano le interrogazioni rivolte agli dei dal re o dai magistrati in epoca repubblicana ed avevano ad oggetto l’operare quotidiano
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Età monarchica I mores erano l’antico sistema normativo fondato sugli usi, ordinamento non scritto Le norme non scritte erano custodite dai pontefici e ai mores si affiancavano le c.d. leges regiae, le norme di diretta emanazione del re
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Età monarchica Alcuni studiosi hanno sostenuto che i mores (usi) avessero un fondamento che andava oltre l’uso in sé considerato Due sono stati i punti di vista fondamentali: secondo un primo approccio, i mores sarebbero stati l’espressione di un ordinamento che corrispondeva alla natura delle cose, alla natura dei rapporti tra le persone Secondo un altro punto di vista, i mores sarebbero stati espressione del volere divino, avrebbero avuto cioè un fondamento teocratico
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Età monarchica In Roma la norma religiosa e la norma giuridica sono distinte tra loro, non vi è identità, ma – fate attenzione – vi sono delle circostanze in cui la norma giuridica viene usata per riparare ad azioni che violano la c.d. pax deorum La pax deorum è la pace con gli dei, che i romani si sforzavano di mantenere: qualunque atto che loro ritenessero potenzialmente lesivo della pace con gli dei, prevedeva una espiazione che non era solo religiosa, ma anche giuridica
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Età monarchica In questo senso, non esisteva una netta separazione tra fenomeno giuridico e fenomeno religioso, ma sono due mondi che si incrociano pur non essendo coincidenti Per capire incrocio tra mondo giuridico e religioso, basti pensare alla figura del rex, capo politico, militare e religioso della città
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Età monarchica Altro esempio è dato dalla legis actio sacramento, azione introduttiva di un giudizio privato: sorgeva una controversia tra due persone ed una chiamava in giudizio l’altra per verificare chi avesse torto o ragione Ebbene, questa azione prevedeva tra le altre cose uno scambio di reciproci giuramenti in cui ciascuna parte giurava, sostanzialmente, di avere ragione Il giudice aveva il compito di decidere chi era in torto e chi in ragione e, quindi, anche quale dei due giuramenti fosse iustum e quale iniustum
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Età monarchica In questo senso, dunque, il mondo del diritto e il mondo religioso si accavallano, si intrecciano, ma rimane certo che la norma giuridica non derivava dalla divinità, ma – di volta in volta – dai mores, dal rex e da tutti gli altri organi riconosciuti idonei a creare il diritto
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Età monarchica L’ipotesi, dunque, che vede nei mores la corrispondenza alla norma religiosa deve escludersi: non abbiamo, infatti, tracce di una identificazione della norma divina con quella giuridica come accadeva invece in altre civiltà del vicino oriente
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Età monarchica L’altra ipotesi, al contrario, che vede nei mores l’espressione di un ordinamento insito nella natura delle cose è maggiormente fondato, ma per l’epoca più antica: già dal VI sec. a.C. si doveva avere la consapevolezza piena che la norma giuridica trovava il suo fondamento nella volontà politica
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Età monarchica Con riguardo alle curie, un giurista di età adrianea, Lelio Felice, afferma che la popolazione sarebbe stata distribuita fra le curie per genera hominum (genera viene da genus che significa stirpe) Alcuni avrebbero affermato una diretta correlazione delle curie con le gentes (genus = gens) Secondo altri, invece, gens andrebbe intesa in senso più ampio come stirpe
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Età monarchica Le curie erano, pertanto, fondate sui legami famigliari Ogni curia, sin dall’epoca di Romolo, era impegnata a fornire cento fanti e dieci cavalieri per un totale di tremila fanti e trecento cavalieri
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Età monarchica Dinanzi ai comizi curiati si svolgevano importanti atti quale l’enunciazione del calendario, redatto dai sacerdoti e pronunciato dal re in assemblea Con il calendario si indicavano i giorni fasti e nefasti, cioè i giorni nei quali si poteva o non si poteva svolgere una certa attività Nel calendario si indicavano, ad esempio, i giorni in cui si potevano riunire i comizi o quelli in cui si poteva chiedere giustizia
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Età monarchica I comizi curiati partecipavano a numerosi atti di diritto pubblico e privato: dubbia è però la funzione loro svolta Per quanto riguarda le scelte di politica estera, ad esempio, è molto probabile che il re si presentasse con delle decisioni già assunte: tuttavia, l’eventuale assenso dei comizi poteva rafforzare la decisione del re (es. in caso di guerra) I comizi partecipavano anche alla nomina degli ausiliari del re: anche in questo caso sembra più probabile che il re scegliesse autonomamente e i comizi avessero un ruolo passivo
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Età monarchica I comizi intervenivano anche in attività che concernevano il diritto privato Oltre all’adrogatio che abbiamo precedentemente visto, prendevano parte anche nel testamentum calatis comitiis, antica forma testamentaria che si svolgeva dinanzi ai comizi curiati riuniti appositamente due volte l’anno
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Età monarchica Il senato era il consesso dei patres, degli uomini più anziani e saggi legati alle gentes Il numero dei senatori sarebbe cresciuto da cento a centocinquanta con la fusione della comunità del Palatino con quella del Quirinale a trecento sotto Tarquinio Prisco
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Età monarchica Due erano le funzioni più importanti del senato: l’interregnum e la consulenza e l’ausilio al re (mediazione politica) Presumibilmente i senatori venivano scelti dal re tra gli uomini che avevano, comunque, maggior peso all’interno delle gentes Conferma ci giunge dalla circostanza che fu un re, Tarquinio Prisco, ad aumentarne il numero sino a trecento
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Età monarchica Il motivo di questo incremento del numero dei senatori è spiegato da Livio in questo modo: i nuovi senatori sarbbero stati “un partito sicuro del re” L’aspetto rivoluzionario dell’operazione compiuta da Tarquinio è rappresentato dal fatto che i nuovi senatori venivano scelti non in quell’aristocrazia gentilizia di cui abbiamo parlato, ma – come ci dice Dionigi di Alicarnasso – erano scelti tra gli uomini che avevano attitudini politiche e capacità militari
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Età monarchica Affrontiamo il tema della differenza tra patrizi e plebei Abbiamo visto come le gentes, gruppi espressione dell’aristocrazia guerriera, tendono a differenziarsi dal resto della popolazione indicata con il termine di plebs (plebe)
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Età monarchica Diverse sono le tesi relative alla nascita della plebe, uno dei temi più controversi del nostro studio Alcuni ritenevano che patrizi e plebei si differenziassero in base ad una diversa origine etnica Altri che la distinzione fosse il risultato della sopraffazione di un gruppo su un altro Queste tesi risentivano di un’idea diffusa in passato, quella che vi fosse stata un’epoca di grandi migrazioni in Europa
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Età monarchica Alla luce delle recenti scoperte archeologiche, questa tesi non è più accettabile Altri studiosi hanno ipotizzato che la distinzione si basasse sui diversi ruoli svolti in ambito economico (pastori e agricoltori), altri che la plebe fosse quella stanziata in città e i patrizi coloro i quali vivevano in campagna
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Età monarchica Seppure questi sono elementi veritieri, non bastano da soli a spiegare la nascita della plebe Giambattista Vico fu il primo ad ipotizzare un collegamento tra patrizi e plebei e le strutture preciviche in cui era già presente la distinzione tra gentili e clienti
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Età monarchica Nel XIX secolo due furono i filoni di pensiero più diffusi Niebhur, grande storico tedesco, ipotizzò che la città fosse il risultato dell’aggregazione di tre comuni e che avesse come membri di pieno diritto solo i gentili, mentre rimanevano fuori le popolazioni conquistate da Roma Queste popolazioni partecipavano alla vita economica, ma non alla vita politica, prerogativa dei gentili
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Età monarchica Di diverso avviso Ihne e Mommsen i quali hanno ritenuto che gli originari cittadini romani dovessero identificarsi con i gentili, mentre la plebe avrebbe originato dalla clientela Tuttavia un’importante obiezione mossa a queste tesi consiste nella circostanza che la plebe faceva parte delle curie: siccome non vi è menzione di un ampliamento delle curie nel corso del tempo, la plebe doveva farne parte sin dall’inizio Viene meno l’ipotesi di una identificazione tra patrizi e originaria cittadinanza romana
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Età monarchica Altre tesi sull’origine della plebe sono state proposte da Hugh Last e Momigliano: vediamo la prima Last ipotizza che il l’antagonismo tra patrizi e plebei sia sorto solo alla fine della monarchia In età monarchica sarebbe stata ben definita solo la struttura gentilizia, non quella plebea
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Età monarchica Il Momigliano ritiene, invece, che la plebe fosse composta da fasce di popolazione diverse tra loro Nucleo originario della plebe sarebbe stato rappresentato da coloro i quali erano fuori dall’esercito che, a suo giudizio, si componeva solo dei gentili e dei loro clienti. A questo gruppo si sarebbero aggiunti anche alcuni clienti il cui legame con la gens di appartenenza si andava affievolendo
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Età monarchica Questo approccio è ritenuto tra i più validi perché vede nella plebe un ordine che si forma nel corso del tempo tramite l’unificazione di gruppi diversi tra loro e che troverà compimento all’inizio dell’età repubblicana In particolare, una linea di pensiero ritiene che nella fase più arcaica l’aristocrazia gentilizia prevalesse e soffocasse le forze antagoniste dei clienti Quando questa aristocrazia subisce una prima limitazione, all’epoca della monarchia etrusca, la forza antagonista degli ‘emarginati’ inizia a farsi sentire
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Età monarchica In questo senso, basti pensare all’allargamento del senato voluto da Tarquinio Prisco che ruppe il dominio dell’aristocrazia gentilizia su quest’organo Altra grande riforma è quella di Servio Tullio che riguardò l’organizzazione militare e le strutture di inquadramento della popolazione (curie e tribù)
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Età monarchica Abbiamo visto come, in una prima fase, fossero le curie a provvedere al fabbisogno militare, inviando fanti e cavalieri Inizialmente, l’ordinamento militare era sotto il controllo delle genti (aristocrazia guerriera) che aveva grande influenza anche sulle curie Ma perché solo l’aristocrazia aveva in origine il controllo sull’esercito? Perché solo gli aristocratici potevano permettersi un’armatura completa, vista la scarsità di metalli
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Età monarchica Con l’aumentare della disponibilità di risorse e metalli, aumenta il numero di coloro che possono permettersi un’armatura completa Si forma un nuovo tipo di esercito: gli opliti (armati) che segnano il tramonto degli eserciti aristocratici: laddove prima rilevava l’abilità individuale di uno, ora prevale il numero degli armati schierati insieme a formare un blocco monolitico
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Età monarchica L’introduzione degli opliti determinò il passaggio al c.d. ordinamento centuriato da cui a sua volta si sarebbero sviluppati i comizi centuriati Il popolo veniva diviso, nelle centurie, in cinque classi in base alla loro ricchezza personale Ogni centuria (come era per le curie) è tenuta a fornire un numero fisso di uomini armati Nei comizi centuriati, ogni centuria esprime un voto
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Età monarchica I cittadini più ricchi erano inseriti nelle prime centurie, mentre i più poveri che non raggiungevano un livello minimo di ricchezza facevano tutti parte di una sola centuria Ciò ebbe due implicazioni: i ricchi, pur essendo in numero minore, erano tenuti a fornire un numero maggiore di armati, proprio perché distribuiti in più centurie ognuna delle quali forniva un contingente fisso. L’altra implicazione è che, a fronte del maggior impegno economico, godevano di una più ampia influenza politica, poiché ogni centurie esprimeva un voto
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