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FISICA DELLE RADIAZIONI. Modello di Rutherford Cariche positive nel nucleo ed elettroni orbitanti intorno al nucleo Il modello planetario di Rutherford.

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Presentazione sul tema: "FISICA DELLE RADIAZIONI. Modello di Rutherford Cariche positive nel nucleo ed elettroni orbitanti intorno al nucleo Il modello planetario di Rutherford."— Transcript della presentazione:

1 FISICA DELLE RADIAZIONI

2 Modello di Rutherford Cariche positive nel nucleo ed elettroni orbitanti intorno al nucleo Il modello planetario di Rutherford creò subito alcune difficoltà concettuali. Le forze repulsive coulombiane agenti tra le cariche positive protoniche, confinate in un limitato volume, avrebbero dovuto dar luogo ad una istantanea disgregazione del nucleo. Era impossibile giustificare la stabilità temporale dell’atomo. Infatti in base alle leggi dell’elettrodinamica classica, ogni carica che si muove di moto non uniforme irradia onde elettromagnetiche a spese della propria energia di moto. In un tempo molto piccolo un elettrone atomico (circa 10 -8 sec) dovrebbe quindi cadere sul nucleo.

3 Modello di Bohr  Secondo il modello di Bohr, gli elettroni occupano soltanto orbite ben definite, nelle quali l’elettrone non irradia energia.  Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato.  Si ha emissione o assorbimento di energia quantizzata (multiplo di hv) soltanto nella transizione tra i vari livelli atomici: E 1 - E 2 = h dove E 1 è l'energia dell'orbita iniziale ed E 2 è l'energia dell'orbita finale, è la frequenza della radiazione elettromagnetica emessa (fotoni) ed h=6.626 10 -34 J s è detta costante di Planck.

4 Livelli di energia Un elettrone può descrivere intorno al nucleo solo una successione discreta di orbite, nel senso che non tutte le orbite sono permesse (quantizzazione delle orbite) atomo eccitato Ogni elettrone occupa normalmente lo stato di energia più bassa disponibile: ma se acquista sufficiente energia,può essere strappato all’atomo o passare a un livello di energia più alta: atomo eccitato. L’energia assorbita deve essere esattamente uguale alla differenza di energia fra i due livelli. E0E0 E1E1 E2E2 E3E3 ecc.

5 RAGGI X I raggi X furono scoperti, per caso, dal Prof. Roentgen, una sera del Novembre 1895. Roentgen studiava i fenomeni associati al passaggio di corrente elettrica attraverso gas a pressione estremamente bassa. Stava lavorando in una stanza oscura ed aveva avvolto accuratamente il tubo di scarica in uno spesso foglio di cartone nero per eliminare completamente la luce, quando un foglio di carta ricoperto da un lato da una sostanza fosforescente, posto casualmente su di un tavolo vicino, divenne fluorescente. Egli spiegò il fenomeno come dovuto all'emissione, dal tubo di scarica, di raggi invisibili che eccitavano la fluorescenza.

6 Produzione di raggi X In laboratorio, la radiazione viene normalmente prodotta con tubi a raggi X (tubi di Coolidge), il cui funzionamento è molto semplice. Un fascio di elettroni (ottenuti da un filamento, con correnti dell'ordine di alcune decine di mA) viene accelerato ad elevato voltaggio (ordine di decine di kV) contro un anodo metallico. L'energia viene principalmente dissipata come calore e in parte minore utilizzata per l'emissione di radiazioni X. Lo spettro di emissione di un tubo a raggi X presenta 2 componenti:  componenete continua dovuta alla decelerazione degli elettroni (bremsstrahlung) circa 80%  righe di emissione: dovute all'estrazione di elettroni legati dell’anodo e successiva emissione di radiazione X per rilassamento di elettroni più esterni (circa 20%)

7 Produzione di raggi X  I raggi X sono generati in un tubo a raggi X (tubo radiogeno), che consiste di un tubo a vuoto con un catodo ed un anodo  La corrente nel catodo per eccitazione termica rilascia elettroni (emissione termoionica), che vengono accelerati verso l’anodo (tipicamente di tungsteno o di molibdeno) da una ddp (kV o kVp), tra anodo e catodo  La corrente di elettroni nel tubo è misurata in mA  Gli elettroni colpiscono l’anodo e rilasciano la loro energia producendo calore e raggi X (circa l’1% dell’energia ceduta viene trasformata in RX)

8 RADIAZIONE DI BREMSSTRAHLUNG La radiazione di bremmsstrahlung viene prodotta all’anodo quando gli elettroni vengono deflessi dal nucleo L’energia dei raggi X così prodotti può avere diversi valori al di sotto di una soglia E max dipendente dalla ddp tra anodo e catodo dalla relazione: Energia espressa in eV ⇒ 1 eV = 1.602 × 10 -19 J 90 keV 30 keV 60 keV E ≤ E max = energia cinetica elettrone = e ΔV

9 Lo spettro è direttamente connesso con la d.d.p. V applicata tra il filamento e l’anticatodo: all’aumentare della tensione il grafico si sposta verso lunghezze d’onda più piccole. Con l’aumentare della tensione V appaiono per un certo valore tipico di V, sovrapposte allo spettro continuo, alcune righe spettrali che caratterizzano l’elemento costituente l’anticatodo.

10 RADIAZIONE CARATTERISTICA I raggi X caratteristici sono prodotti quando un elettrone rimosso dalla sua orbita per urto con l’elettrone proiettile, viene sostituito da un elettrone di un orbitale più esterno La lacuna elettronica che si viene a formare è riempita da un elettrone dell’orbitale immediatamente successivo. Sono infatti meno probabili transizioni da un orbitale più lontano. Soltanto la rimozione di elettroni a livello dell’orbitale K di elementi dotati di elevato numero atomico è in grado di generare raggi X energetici, utili in radiologia diagnostica.

11 RADIAZIONE CARATTERISTICA I raggi X vengono emessi con energia pari alla differenza delle energie degli orbitali coinvolti: E = h = E n -E m Spettro discontinuo, ossia a righe L’elettrone proiettile deve avere energia superiore a quella di legame dell’elettrone k. L’energia dei raggi X caratteristici non è modificabile

12 SPETTRO COMPLESSIVO DELL’EMISSIONE DI RAGGI X Le righe prendono il nome del livello energetico più basso coinvolto nel processo. Il livello più alto coinvolto è indicato con una lettera greca  n = 1 ⇒ transizione   n = 2 ⇒ transizione 

13 Materiali anodici diversi producono: Diversi raggi caratteristici Diversa quantità di RX bremsstrahlung  In diagnostica anodi di tungsteno (livelli energetici caratteristici: 58 e 67 keV)  In mammografia anodi di molibdeno (livelli energetici caratteristici: 17 e 19 keV). Maggiore contrasto dei tessuti mammari SPETTRO COMPLESSIVO DELL’EMISSIONE DI RAGGI X

14 ATTENUAZIONE DEI RAGGI X I fotoni interagiscono con la materia tramite differenti processi, la cui probabilità di verificarsi è strettamente legata all’energia da loro posseduta. Questa interazione è quindi un processo statistico. probabilità che un’interazione avvenga sezione d’urto   ha le dimensioni di un’area e rappresenta una sorta di area efficace in cui un’interazione ha luogo. FENOMENI DI INTERAZIONE  effetto fotoelettrico  effetto Compton  produzione di coppie Interazione radiazione materia

15 Effetto fotoelettrico Nell’effetto fotoelettrico il fotone interagisce con un atomo del mezzo attraversato. Nell’interazione il fotone incidente viene completamente assorbito e la sua energia è trasferita ad un elettrone orbitale che in questo modo acquista un’energia sufficiente per essere espulso dall’ atomo. Il fotoelettrone viene espulso con un’energia: E e- = h -E b Dove E b è l’energia di legame del fotoelettrone nella sua orbita originaria L’interazione crea anche un atomo ionizzato con una lacuna in una delle sue orbite. Questa lacuna si può colmare o mediante la cattura dal mezzo di un elettrone “libero” oppure con un elettrone proveniente da un’altra orbita  emissione di raggi X caratteristici.

16 Effetto Compton L’interazione Compton avviene tra il fotone incidente e un elettrone del mezzo attraversato dalla radiazione. E’ il meccanismo di interazione predominante per le energia dei raggi  dei radionuclidi. Il fotone è deflesso con un angolo  rispetto alla direzione originaria. Il fotone trasferisce parte della sua energia all’elettrone. Applicando le leggi della conservazione dell’energia e della quantità di moto è possibile esprimere la relazione che lega l’energia del fotone diffuso all’energia del fotone incidente:  = c (1 – cos  ) c = (h / m e c) = lunghezza d’onda Compton

17 Produzione di coppie La creazione di coppie è un processo a soglia in cui è richiesto un fotone incidente di energia almeno pari alla somma delle energie a riposo di un elettrone ed un positrone, cioè 2m 0 c 2 = 1.022 MeV. Nell’interazione il fotone incidente perde tutta la sua energia h dando origine ad una coppia elettrone-positrone con energie cinetiche rispettivamente pari a T - e T +. Se il fotone ha energia maggiore di 1.022 MeV avremo che l’energia viene ripartita tra l’elettrone ed il positrone: h - 2 m 0 c 2 = T - +T + Il positrone prodotto si può poi annichilire con un elettrone libero del mezzo dando luogo a due fotoni ciascuno di 511 KeV come prodotti secondari dell’interazione. I due fotoni sono emessi nella stessa direzione con verso opposto. Nel processo non viene “creata” carica elettrica in quanto l’elettrone ed il positrone hanno carica opposta. Il processo si può considerare come una collisione tra il fotone ed il nucleo, nella quale il nucleo acquista energia trascurabile e la sua quantità di moto non varia

18 ATTENUAZIONE DEI RAGGI X Complessivamente, a causa delle interazioni che nascono all’interno della materia stessa, l’intensità del fascio tenderà a ridursi progressivamente. Detta I 0 l’intensità del fascio incidente ed I l’intensità del fascio dopo che la radiazione ha attraversato uno spessore x di materiale, si ricava la seguente relazione esponenziale: dove , chiamato di attenuazione lineare, rappresenta un parametro che dipende dall’energia dei fotoni, dal numero atomico Z e dalla densità del mezzo attraversato. Alcuni coefficienti di assorbimento noti:  (aria)  0 cm -1  (osso)  0.48 cm -1  (muscolo)  0.18 cm -1  (sangue)  0.178 cm -1

19 Interazione raggi X con la materia La caratteristica peculiare dell’ interazione di un fascio di fotoni con la materia è che esso non viene degradato in energia, ma solo attenuato in intensità. Nell’attraversare uno spessore di materiale, quindi, vi è una probabilità che un singolo fotone del fascio interagisca, diminuendo così il numero (intensità) dei fotoni del fascio uscente. L’ attenuazione del fascio di fotoni è descritta da una legge esponenziale in funzione dello spessore x attraversato e dal coefficiente di assorbimento lineare del mezzo  : Cammino libero medio (spessore in cui l’intensità del fascio si riduce a 1/e) Spessore emivalente SEV (spessore in cui l’intensità del fascio si riduce alla metà)  dipende dalla densità del materiale attenuatore 0.50 e-xe-x x 0.37 x 1/2

20 Spessore emivalente SEV Un’altra importante caratteristica delle radiazioni ionizzanti è lo spessore emivalente SEV ossia lo spessore dopo il quale l’intensità iniziale è ridotta al 50%:

21 Caratterizzazione di un nuclide: simbolo chimico Gli atomi “leggeri” con un numero di nucleoni relativamente basso sono stabili. Al crescere di Z, la repulsione elettrostatica tra i protoni diventa così intensa che, per avere nuclei stabili, è necessario un elevato numero di neutroni in grado di esercitare un’interazione forte sufficiente. Dimensioni del raggio nucleare: ordine del femtometro 1 fm = 10 -15 m Esempio: Bromo → r = 6 fm 238Uranio → r = 8.68 fm Il nucleo atomico Tutti gli elementi con Z più grande di 82 (piombo) sono radioattivi e danno origine a disintegrazioni attraverso una lunga serie fino ad un isotopo stabile.

22 Difetto di massa ed energia di legame nucleare Massa delle particelle (in u.m.a.):1 u. m. a. = 1.66 10 -24 g protone = 1,00728; neutrone =1,00867; elettrone = 0,000549 La massa di un nuclide risulta sempre inferiore alla massa che si ottiene sommando la massa dei protoni e dei neutroni: la differenza fra i due valori viene chiamata difetto di massa Esempio:Massa di un nucleo di 4 He= 4,0026 uma Somma delle masse di 2 protoni e 2 neutroni= 4,0319 uma Difetto di massa  m = 0.0293 uma = 4.86 10 -29 kg Al difetto di massa corrisponde un’energia di legame nucleare E =  m c 2 Esempio:Energia di legame nucleare per il nucleo 4 He E =  m c 2 = 4.37 10 -12 J/nucleo L’energia corrispondente al difetto di massa è il lavoro che bisognerebbe fare per separare il nucleo nei suoi costituenti elementari fino ad una distanza tale che non interagiscano fra loro (c = 2,998·10 8 m/s)

23 IL DECADIMENTO RADIOATTIVO Un nucleo instabile si trasforma in un nucleo stabile dopo una o più decadimenti radioattivi. Non è possibile prevedere quando un dato nucleo si trasformerà ma si può definire una certa probabilità di trasformazione in un’unità di tempo data. Questa probabilità è la stessa per tutti i nuclei di un dato nuclide ed è costante nel tempo ed è indipendente dal numero di nuclei che sono contenuti nel campione (statistica di Poisson). Se = probabilità per unità di tempo di un nucleo di decadere Nell’intervallo compreso tra t e t+dt, il numero di nuclei che decadono (–dN) è proporzionale al numero di nuclei N presenti al tempo t: ed integrando e osservando che al tempo t = 0 erano presenti N 0 nuclei, abbiamo: : Attività del radionuclide Attività iniziale A 0 = N 0 dN/dt = - N(t) = -  N 0 e -t/ 

24 IL DECADIMENTO RADIOATTIVO Tempo di decadimento  = 1/ Tempo di dimezzamento  1/2 = tempo necessario affinché il numero di nuclei radioattivi contenuti nel campione si dimezzi Imponendo N(  1/2 ) = N 0 /2 N(t =  ) = N 0 e -  /    e     e e = numero di Neper = 2.718 N(t =  ) =     e =    2.718 = =    0.3678 =    0.3678 = 0.37   1/2 0.37   

25 Decadimento radioattivo: grafici

26 Decadimenti radioattivi +  Nuclei pesanti ++ ++ Nuclei con pochi neutroni  + Spesso dopo decadimento  o  -- ++ Nuclei con troppi neutroni

27 Tempo di dimezzamento fisico, biologico, effettivo In un organo o tessuto, la quantità di radioisotopo presente (es. inalato/ingerito) viene influenzata, oltre che dal decadimento radioattivo della sostanza, anche dal metabolismo dell’organo (escrezione, scambi liquidi/gassosi,…) Tempo di dimezzamento biologico = T b Tempo di dimezzamento fisico = T f Tempo di dimezzamento effettivo = T e 131 I  T f = 8 gg T b = 8 gg  T e = 7.3 gg

28 UNITÀ DI MISURA DELLA RADIOATTIVITÀ L’unità di misura della radioattività fu proposta all’inizio del secolo scorso da Marie Curie come l‘attività di 1 g di radio. Nel 1950 la definizione di tale unità è stata modificata in modo da corrispondere esattamente a 37 miliardi di disintegrazioni al secondo. Tale grandezza è chiamata curie (Ci) e corrisponde approssimativamente a circa 1 g di 226 Ra. Oggi l’unità che esprime la quantità di radioattività è misurata in becquerels (Bq) e corrisponde ad una disintegrazione al secondo. Conversione utile:


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