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Radiazioni ionizzanti

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Presentazione sul tema: "Radiazioni ionizzanti"— Transcript della presentazione:

1 Radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono, per definizione, radiazioni capaci di causare, direttamente o indirettamente, la ionizzazione degli atomi e delle molecole dei materiali attraversati. In pratica, nell'attraversare la materia, queste radiazioni riescono a strappare, in virtù della loro energia, un elettrone dall'orbita esterna di un atomo creando così una coppia di ioni. Per produrre una coppia di ioni in aria occorrono mediamente 34 eV (dipende dal materiale). Sono direttamente ionizzanti le particelle elettricamente cariche (elettroni, particelle beta, particelle alfa, etc.); Sono indirettamente ionizzanti i fotoni (raggi X, raggi gamma), i neutroni. Considerato che le energie di soglia dei processi di ionizzazione sono di alcuni eV, si comprende che le radiazioni elettromagnetiche in grado di produrre ionizzazione nella materia sono unicamente i raggi ultravioletti di alta frequenza, i raggi X e i raggi gamma. G. Pugliese Biofisica, a.a

2 Radiazione elettromagnetica
G. Pugliese Biofisica, a.a

3 Interazione della radiazione con la materia
Radiazione elettromagnetica (γ, X) Particelle cariche pesanti (α, p, deutoni, ioni pesanti...) Particelle cariche leggere (β-, β+, e-, e+) Particelle neutre (n) G. Pugliese Biofisica, a.a

4 Interazione radiazione materia
I fotoni nell’attraversare un mezzo assorbente possono interagire sia con gli elettroni degli atomi sia con il nucleo atomico. I principali effetti osservati al passaggio della radiazione e.m. nella materia sono: Effetto fotoelettrico Scattering Thomson Effetto Compton Formazione di coppie G. Pugliese Biofisica, a.a

5 Effetto fotoelettrico
Fino ad energie di qualche keV il fenomeno dominante è l’effetto fotoelettrico. Consiste nell’urto tra un fotone ed un atomo, che determina assorbimento del fotone ed emissione di un elettrone. L'elettrone emesso per effetto fotoelettrico lascia una ‘lacuna' nell'atomo emettitore; questa lacuna viene riempita dagli elettroni più esterni e la transizione viene accompagnata dall'emissione di raggi X caratteristici del materiale (fluorescenza) o espellere un elettrone Auger (una sorta di effetto fotoelettrico interno in cui la radiazione di fluorescenza viene assorbita dall atomo stesso con conseguente emissione di un elettrone L’effetto fotoelettrico è un effetto a soglia, potendosi verificare solo quando l’energia del fotone incidente è superiore all’energia di legame dell’elettrone. G. Pugliese Biofisica, a.a

6 Effetto fotoelettrico
L'energia cinetica con cui vengono emessi gli elettroni variava con la frequenza n della radiazione incidente secondo la relazione: W0 l'energia caratteristica associata ad ogni dato metallo e chiamata energia di legame Formula di Moseley: Dove s = 1 per l’orbita k, 5 per la L e 13 per la M ed n è il numero quantico dell’orbita G. Pugliese Biofisica, a.a

7 Sezione d’urto x l’effetto fotoelettrico
x l’orbita k hν << mc2 e diverse dall’energia di legame e- Quando l’energia del fotone è circa uguale all’energia di legame dell’elettrone: dipende da n-8/3 per energie relativistiche e hν >> mc2 G. Pugliese Biofisica, a.a

8 Sezione d’urto x l’effetto fotoelettrico
X le orbite più esterne (formula empirica): L’effetto fotoelettrico predomina alle basse energie (< 0.5MeV ) ed è tanto più importante quanto più alto è il numero atomico del materiale G. Pugliese Biofisica, a.a

9 Scattering Compton Secondo la teoria classica dell’elettromagnetismo gli elettroni “bersaglio”, una volta “eccitati” dai fotoni “proiettile”, oscillano con la stessa frequenza della radiazione incidente emettendo quindi, qualunque sia la direzione di diffusione, radiazione ancora della stessa frequenza. Secondo la teoria quantistica invece avviene un fenomeno d’urto fra fotoni ed elettroni periferici, tramite il quale gli elettroni assorbono parte dell’energia dei fotoni che quindi risultano avere una frequenza minore dipendente dall’angolo di scattering. Processo elastico e relativistico ed incoerente (gli e- si comportano come se fossero liberi ed indipendenti) il fotone viene diffuso in una direzione diversa da quella incidente L’elettrone viene messe in moto con una certa energia cinetica G. Pugliese Biofisica, a.a

10 Scattering Compton Per la conservazione della quantità di moto :
Calcoliamo la perdita di energia del fotone incidente in funzione dell’angolo di diffusione. Sia γ il fotone (di frequenza ν) incidente su un elettrone a riposo Sia γ’ il fotone diffuso (di frequenza ν’) Sia e’ l’elettrone dopo l’urto Indichiamo θ l’angolo di diffusione Per la conservazione della quantità di moto : ma Quindi G. Pugliese Biofisica, a.a

11 Scattering Compton Per la conservazione dell’energia: dove Quindi
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12 Scattering Compton Combinando le 2 equazioni si ottiene: Sviluppando
ricordando che si ottiene G. Pugliese Biofisica, a.a

13 Scattering Compton dove lc = h/mec è la lunghezza d’onda di Compton dell’elettrone. G. Pugliese Biofisica, a.a

14 Scattering Compton L’energia del fotone diffuso
Per valori di hn minori di circa 10-2 MeV, tutte le curve convergono lungo la diagonale, indicando che hn' hn per qualunque angolo di diffusione. L’elettrone, quindi, riceve una frazione trascurabile di energia nell’interazione G. Pugliese Biofisica, a.a

15 Scattering Compton L’energia cinetica impressa all’elettrone:
Per θ=0° l’energia trasferita è nulla, e quindi l’energia del fotone è conservata. Per θ=180° il fotone è rimbalzato all’indietro e l’energia trasferita è massima e vale : G. Pugliese Biofisica, a.a

16 Sezione d’urto Compton
La sezione d’urto per lo scattering Compton è data dalla formula di Klein-Nishina, posto la costante: Per a << 1 Per a >> 1 G. Pugliese Biofisica, a.a

17 Sezione d’urto Compton
la sezione d’urto per effetto Compton relativa ad un atomo avente numero atomico Z è data da: Predomina ad energie tra circa 0.8 MeV e 4 MeV G. Pugliese Biofisica, a.a

18 Produzione di Coppie Quando l’energia del fotone diventa maggiore di 2me = 1.02 MeV il processo dominate è la produzione di coppie. occorre che alla reazione partecipi un altro corpo, per poter soddisfare la conservazione del momento (il nucleo o elettrone). Processo a soglia: il processo può verificarsi solo se il fotone possiede un’energia maggiore della somma delle masse delle due particelle prodotte; ossia deve avere un’energia Eγ ≥ MeV, nel caso avvenga nel campo del nucleo. 4me se avviene nel campo di un elettrone G. Pugliese Biofisica, a.a

19 Sezione d’urto produzione di coppia
La sezione d’urto atomica del processo di creazione di coppie nel campo del nucleo La sezione d’urto atomica del processo di creazione di coppie nel campo di un e- G. Pugliese Biofisica, a.a

20 Riassiumiamo Per un tipo di radiazione elettromagnetica i processi di interazione dipendono dall’energia e dalle caratteristiche del materiale G. Pugliese Biofisica, a.a

21 Coefficiente di attenuazione (esempi)
G. Pugliese Biofisica, a.a

22 Coefficiente di attenuazione (esempi)
G. Pugliese Biofisica, a.a

23 Riassiumiamo: Sezioni d’urto
Intervalli di energia per fotone in cui sono rilevanti i processi fotoelettrico, di scattering e di produzione di coppie, nel caso di sottili lamine di piombo e di alluminio Pb Al f h < 5  105eV h < 5  104eV s 5  105eV < h < 5  106eV 5  104eV < h < 5  107eV PC h > 5  106eV h > 5  107 eV In generale si può dire che , f, s, PC dipendono dal numero atomico degli atomi bersaglio. Più l’atomo è leggero, più si abbassa il punto al di sotto del quale domina l’effetto fotoelettrico e diventa invece rilevante il livello di frequenze ove predomina la produzione di coppie. Ciò è dovuto al fatto che per gli atomi più leggeri diminuisce la probabilità di assorbimento: l’atomo subisce un urto consistente e dà luogo a fenomeni di trasmissione (scattering). G. Pugliese Biofisica, a.a

24 Riassiumiamo: Coeficienti di attenuazione
Coefficienti di attenuazione ad energie del fascio incidente comprese fra 0.1 MeV e 1GeV per lamine di alluminio, stagno e piombo. Osserviamo come nell’intervallo MeV, ove diventa consistente la produzione di coppie, il coefficiente di attenuazione sia il più basso e quindi risulti maggiore la lunghezza di attenuazione. Esempio: γ del 208Tl (2.61 MeV). Nel piombo μtot= cm-1 quindi λ = 2.1 cm G. Pugliese Biofisica, a.a

25 Coefficiente di attenuazione
I fotoni interagiscono con la materia in modo discontinuo e la loro intensità non viene mai ridotta a zero. dove μ è detto coefficiente di attenuazione (o di assorbimento) e dipende sia dall’energia del fotone sia dalle caratteristiche del mezzo attraversato. rappresenta la probabilità per unità di percorso che un fotone ha di interagire con la sostanza nella quale si propaga. La lunghezza di attenuazione λ è definita come: Rappresenta la lunghezza dopo la quale un fascio incidente su un materiale, risulta attenuato di un fattore 1 / e. sezione d’urto σ che esprimeremo in cm2/atomi: rappresenta la probabilità che una data collisione tra due particelle avvenga. Essa ha le dimensioni di una superficie e viene misurata in barn (1 barn = cm2). G. Pugliese Biofisica, a.a

26 Coefficiente di attenuazione (esempi)
Andamento dei coefficienti di attenuazione lineare delle singole interazioni in funzione dell energia del fotone incidente. Il coefficiente di attenuazione totale μtot, è la somma dei coefficienti dei tre processi considerati, e cioè: G. Pugliese Biofisica, a.a

27 Coefficiente di attenuazione massico
coeff. di attenuazione massico È indipente dalla densità e stato fisico del mezzo. Se il mezzo considerato è una miscela di piu elementi il coefficiente di attenuazione masssico può essere valutato: Dove fi è la frazione in peso dell’iesimo elemento G. Pugliese Biofisica, a.a

28 Spessore emivalente SEV
Un’altra importante caratteristica delle radiazioni ionizzanti è il cosiddetto SPESSORE emivalente SEV ossia lo spessore dopo il quale l’intensità iniziale è ridotta al 50%: G. Pugliese Biofisica, a.a

29 SEM (esempi) Esempio dell’acqua (SEM in condizione di buona geometria per fotoni monocromatici di varie energie): E(MeV) SEM (cm) 0.1 4 0.5 7 1 10 3 18 G. Pugliese Biofisica, a.a

30 tessuti biologici :Tessuti molli
Nel caso di tessuti biologici si possono individuare essenzialmente tre tipologie per le quali ciascun processo di interazione avrà maggiore o minore probabilità di avvenire. G. Pugliese Biofisica, a.a

31 tessuti biologici G. Pugliese Biofisica, a.a

32 Nel caso del piombo si ha l’effetto maggiore ( = 0
Nel caso del piombo si ha l’effetto maggiore ( = 0.4cm-1), con riduzione dell’intensità del fascio di circa il 70%, prodotta da una lastra spessa 2.5 cm. Lo stesso risultato si avrebbe con lastre di alluminio di spessore 20cm G. Pugliese Biofisica, a.a


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