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PubblicatoLeonardo Ruggiero Modificato 8 anni fa
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Cromatografia
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La cromatografia è una tecnica nata dall’esigenza di separare ed identificare specie chimiche differenti tra loro, seppur minimamente.
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L'invenzione della cromatografia viene attribuita al biochimico russo che riuscì, nel 1906, a separare la clorofilla da un estratto vegetale. L'invenzione della cromatografia viene attribuita al biochimico russo Mikhail Tswett che riuscì, nel 1906, a separare la clorofilla da un estratto vegetale. ESPERIMENTO: Tswett fece passare miscele di pigmenti colorati di origine vegetale attraverso una colonna di vetro riempita con carbonato di calcio. I pigmenti si separarono in singole bande colorate lungo la colonna. Il termine cromatografia deriva appunto dalla combinazione delle parole greche chroma (colore) e graphein (scrivere). Con il suddetto esperimento Tswett mise in evidenza la possibilità di impiegare questo sistema di frazionamento, creando le basi della moderna cromatografia. Fonte: http://www.unipg.it
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Con il termine Cromatografia oggi si indicano tutte le varie tecniche separative e/o analitiche che si basano sulla distribuzione fra due fasi: una fase stazionaria (immobilizzata) ed una fase mobile (eluente). Una specie chimica depositata sulla fase stazionaria e immessa nella corrente della fase mobile si distribuisce dinamicamente tra le due fasi, in misura proporzionale alla diversa affinità che possiede per esse. La fase mobile è generalmente un liquido o un gas che scorre continuamente sopra la fase stazionaria fissa che può essere un solido o un liquido, trascinando con sé i soluti che costituiscono la miscela e realizzando la dinamica dell’estrazione in modo continuo. Fonte: http://www.chem.polimi.it
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FASE MOBILE FASE FISSA LIQUIDA GASSOSA LIQUIDA SOLIDA LIQUIDA/SOLIDA
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Il coefficiente di distribuzione Si consideri un sistema formato da due fasi in cui viene introdotto un analita: esso si distribuirà tra le due fasi immiscibili, S e M, a seconda delle sue proprietà chimico-fisiche. Indicando con C M e C S la concentrazione della sostanza nella fase mobile e nella fase stazionaria rispettivamente, e supponendo che le condizioni sperimentali siano tali da conseguire il raggiungimento di equilibri, è possibile, ad una determinata temperatura, rappresentare il coefficiente di distribuzione (K). K = C s C m M S
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È dal valore di K che dipende il tempo di ritenzione, ossia il tempo necessario affinché un analita percorra l’intera fase stazionaria. Infatti, un’elevata concentrazione nella fase stazionaria, rispetto a quella nella fase mobile, indica una maggiore affinità per la prima. Il altre parole, l’eluente incontrerà una certa difficoltà nel trascinare con se alcune sostanze, mentre altre più affini ad esso e meno verso la fase stazionaria, verranno dislocate dalle posizioni che occupano e trasportate verso la coda della colonna. In questo modo le sostanze meno affini per la fase stazionaria saranno separate da quelle maggiormente trattenute. Processo di separazione Fonte: http://www.angeloaquilino.it
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Principio su cui si basa la cromatografia Si supponga di avere a disposizione 5 colonne riempite uniformemente di un materiale solido in granuli di dimensione omogenea (fase stazionaria). All’inizio della prima colonna si deposita un analita che possiede K=1; ciò vuol dire che esso si ripartisce equamente tra la fase fissa e la fase mobile. 12345
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Fasi FASE 1: 1 mL di analita è aggiunto nel tubo 1. FASE 2: essendo K=1, ad equilibrio raggiunto 0,50 mL saranno nella fase M e 0,50 mL saranno nella fase S. Tutta la fase mobile viene trasferita nel tubo 2 che avrà una quantità di analita pari a 0,50 mL. FASE 3: essendo K=1 nel tubo 1 l’analita si ripartisce nella fase M e nella fase S in quantità pari a 0,25 e 0,25 mL rispettivamente. Nel tubo 2 la ripartizione tra le 2 fasi sarà uguale anch’essa a 0,25 e 0,25 mL. Adesso, se tutta la fase mobile del tubo 2 viene trasferita nel tubo 3, la concentrazione di analita nei tubi 2 e 3 sarà pari a 0,25 mL. Inoltre, se tutta la fase mobile del tubo 1 viene immessa nel tubo 2, la quantità di analita sarà pari a 0,50 mL nel tubo 2 e 0,25 mL nel tubo 1. FASE 4: stesso discorso può essere fatto per questa fase. Raggiunto l’equilibrio la concentrazione dell’analita tra le 2 fasi è di 0,125 mL, 0,25 mL e 0,125 mL nei tubi 1, 2 e 3 rispettivamente. Quindi, se tutta la fase mobile del tubo 3 viene trasferita nel tubo 4, la quantità di analita in quest’ultimo è pari a 0,125 mL. Se tutta la fase mobile del tubo 2 viene trasferita nel tubo 3, la quantità di sostanza sarà pari a 0,375 mL, infine se tutta la fase mobile del tubo 1 viene trasferita nel tubo 2 la quantità di analita finale sarà pari a 0,375 mL. Nel tubo 1 rimarrano solo 0,125 mL di sostanza. FASE 5: all’equilibrio, la quantità di sostanza presa in esame sarà di 0,0625 mL, 0,1875 mL, 0,1875 mL e 0,0625 mL nei tubi 1, 2, 3 e 4 rispettivamente. Se tutta la fase mobile del tubo 4 viene trrasferita nel tubo 5, la quantità di analita sarà pari a 0,0625 mL. Continuando, come visto nell’esempio 4, al termine dell’esperimento la quantità di sostanza sarà di 0,0625 mL, 0,250 mL, 0,375 mL, 0,250 mL e 0,0625 mL nei tubi 1, 2, 3, 4 e 5, rispettivamente.
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Step → Tubo N. ↓ 12345 11---- 20,5 --- 30,250,50,25-- 40,1250,375 0,125- 50,06250,250,3750,250,0625 La tabella mostra l’andamento della sostanza nei 5 tubi che si verifica durante l’esperimento. Ogni fase corrisponde ad un equlibrio. È possibile osservare che, dopo 5 tappe, il composto è distribuito lungo l’intera colonna, ma la zona di massima concentrazione appare al centro della colonna. Il tipo di distribuzione è di tipo “gaussiano”. Più grande è il numero di equilibri che si succedono su una colonna, tanto maggiore diventa la concentrazione del composto in un determinato punto della colonna. Due sono, pertanto, i fattori principali che influenzano il quadro generale di una separazione: dal coefficiente di distribuzione, quindi dalla velocità di cammino sulla colonna degli analiti; dal numero di equilibri che si verificano
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Il cromatogramma Il seguente grafico riporta l’andamento dell’analita, studiato precedentemente. È possibile verificare come i punti siano distribuiti secondo una gaussiana. Il cromatogramma è il grafico prodotto da un’analisi cromatografica che correla la risposta del rivelatore del gascromatografo al tempo, ossia al volume di eluizione. Ogni picco rappresenta l’eluizione dei singoli analiti, separati dal processo cromatografico. TEMPO DI RITENZIONE RISPOSTA DEL RIVELATORE Fonte: www.wikipedia.it
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Meccanismi sui quali si basa la separazione cromatografica (1) ADSORBIMENTO La fase stazionaria è un solido sulla cui superficie si trovano dei siti attivi in grado di stabilire dei legami secondari (dipolo- dipole, legami H, forze di Van der Waals) con le diverse molecole della miscela da risolvere (separare). Se la fase mobile è un liquido si definisce il tipo di cromatografia liquido-solido (LSC); se invece è un gas, di cromatografia gas- solido (GSC). In genere, le molecole più facilmente fissate sono quelle che presentano gruppi polari, anche se la natura dell’adsorbente influisce sul fenomeno.
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RIPARTIZIONE La fase stazionaria è un liquido, in cui si verifica una vera e propria solubilizzazione delle sostanze da analizzare. Esse pertanto si ripartiscono tra le due fsi (immiscibili tra loro). La fase mobile può essere un gas (GLC) o un liquido (LLC). Inoltre, se la fase stazionaria è polare il tipo di cromatografia è detta a “fase normale”, se invece è apolare è detta a “fase inversa”. Meccanismi sui quali si basa la separazione cromatografica (2)
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Meccanismi sui quali si basa la separazione cromatografica (3) SCAMBIO IONICO Si basa su un equilibrio di scambio ionico tra una resina (fase fissa) e una soluzione elettrolitica mobile. In particolare la fase stazionaria è costituita da macromolecole contenenti gruppi attivi dotati di carica elettrica (positiva o negativa) i quali sono in grado di scambiare i propri controioni (negativi o positivi, rispettivamente) con la soluzione da cui vengono lambiti
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Meccanismi sui quali si basa la separazione cromatografica (4) ESCLUSIONE MOLECOLARE La fase stazionaria è costituita da gel con pori di dimensioni controllate, la separazione è basata sulle dimensioni e sulla massa molecolare degli analiti. AFFINITA’ Si usano reazioni di tipo biochimico, reversibili e molto specifiche, in modo che le molecole da separare interagiscano con la fase stazionaria.
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Schema generale di un cromatografo 165432 1.Riserva di fluido; 2.Sistema di pompaggio; 3.Iniettore; 4.Colonna; 5.Rivelatore; 6.Registratore. Lo schema appena rappresentato descrive un cromatografo utile sia per l’analisi gas-cromatografica che per cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC).
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Gascromatografo RISERVA DI GAS Si tratta di bombole di gas inerte (azoto, elio, argon), talvolta è usato anche l’idrogeno. Lo scopo principale è quello di trascinare i componenti della miscela in analisi lungo la colonna cromatografica. INIETTORE Deve assicurare l’istantanea vaporizzazione del campione. Alcuni iniettori hanno la modalità split che consiste nel far entrare in colonna solo una parte del liquido iniettato. COLONNA Può essere impaccata o capillare. La prima ha un diametro interno di 2-4 mm, lunghezza 1-4m. È stata usata nella cromatografia classica. È costituita da un tubo di acciaio o di vetro riempita di materiale inerte (supporto per la fase stazionaria) sul quale è distribuita una pellicola sottile di liquido (fase stazionaria). Il processo di separazione è limitato e lento. La seconda ha un diametro interno di 0,1-0,8 mm, lunghezza 10-100 m. Sono di uso comune e rappresentano un’importante innovazione per la sua rapidità di eluizione e per una migliore risoluzione. Le colonne sono alloggiate in una camera termostatica. RIVELATORE I dispositivi in grado di rivelare la presenza di una sostanza estranea nel gas di trasporto, a valle della colonna, possono divicersi in universali e selettivi. I primi consentono di individuare tutti i componenti di una miscela, i secondi rivelano solo particolari categorie di composti. I più comunemente usati: FID (Flame Ionization Detector); ECD (Electron Capture Detector); TCD (Themal Conductivity Detector) REGISTRATORE Il segnale in uscita dal rivelatore passa ad un registratore che realizza il tracciato cromatografico. Le case produttrici di tali strumetnazioni mettono a punto software in grado di elaborare i dati ottenuti dalla corsa cromatografica.
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HPLC RISERVA DI LIQUIDO Un moderno apparato per HPLC è equipaggiato con uno o più contenitori in vetro o acciaio, generalmente bottiglie, contenente 1 L di solvente. Molto spesso sono presenti dei dispositivi per degassare i solventi e le soluzioni eluenti ed eliminare eventuali particelle indisciolte. SISTEMI DI POMPAGGIO Le pompe devono soddisfare le seguenti caratteristiche: generazione di pressioni maggiori a 6000 psi; non generare una pressione pulstile in uscita; velocità di flusso variabili in un range di 0,1-10 mL/min; la riproducibilità del flusso non deve variare più dello 0,5%; resistenza alla corrosione. I due tipi di pompe meccaniche impiegate sono quelle del tipo a siringa e a pistone. INIETTORE Esistono, essenzialmente, due tipi di caricamento; il sampling loop e l’autocampionatore. COLONNE La lunghezza delle colonne varia da 10 a 30 cm e il diametro interno da 4 a 10 mm. Sono generalmente impaccate con particelle di diametro variabile dai 5 ai 10 μm. Il più comune materiale usato per imapaccare le colonne è la silice e le particelle di tale materiale sono spesso rivestite con sottili film di composti organici, che sono legati alla superficie tramite legami chimici o fisici. Altri materiali usati sono l’albumina e le resine a scambio ionico. Anche in questo case le colonne possono essere disposte all’interno di una camera termostatata. RIVELATORI Il sistema di rivelazione usato dipende dalle esigenze dettate dalla natura del campione. I rilevatori spettrofotometrici sono i più versatili e i più usati negli strumenti ad alte prestazioni. Essi sono detti a diode array (DAD) e possono mostrare l’intero spettro di assorbimento di un analita che entra in colonna. Un altro tipo di rilevatore, che ha trovato molte applicazioni, si basa sul cambiamento dell’indice di rifrazione (RI) causato dal passagio di molecole di analita, diverse rispetto al solvente. Questo tipo di rilevatore è poco sensibile e selettivo. REGISTRATORE Il segnale in uscita dal rivelatore passa ad un registratore che realizza il tracciato cromatografico. Le case produttrici di tali strumetnazioni mettono a punto software in grado di elaborare i dati ottenuti dalla corsa cromatografica.
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Analisi qualitativa Tutte le informazioni inerenti all’analisi qualitativa vengono fornite dal cromatogramma. Infatti, esso procura una sicura evidenza della eventuale presenza o assenza degli analiti. Se l’analisi di un campione non produce un picco allo stesso tempo di ritenzione di quello di uno standard ottenuto nelle stesse identiche condizioni, si può concludere quasi certamente che il composto in questione è assente. Un’altra tecnica si basa sull’arricchimento del campione con una piccola parte di analita puro, del quale si vuole escludere o meno la presenza. Se compare un nuovo picco nel cromatogramma, la specie nota non è presente nella miscela; viceversa l’analita è presente. Le poche informazioni che provengono da un cromatogramma (il tempo di ritenzione soprattutto), non sempre permettono di risolvere campioni complessi di composizione non nota. Questa limitazione è superata interfacciando le colonne cromatografiche con spettrometri UV, IR o di massa.
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Analisi quantitativa L’analisi quantitativa si basa sul confronto delle altezze o delle aree dei picchi di un composto presente in un campione con quelle di uno o più standard. Generalmente l’area del picco è una misura più soddisfacente rispetto all’altezza. Come è stato visto nelle lezioni precedenti, il metodo più diretto nell’analisi quantitativa consiste nella preparazione di una serie di soluzioni standard di concentrazione vicina a quella del campione. Vengono eseguiti i cromatogrammi degli standard e vengono riportate le altezze o le aree dei picchi in funzione della concentrazione.
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L’analisi degli acidi grassi La legge del 13 novembre 1960 n. 1407 suddivide gli oli in tre diverse categorie: oli vergini; oli rettificati; miscele di oli vergini con oli rettificati. Gli oli vergini sono quelli estratti dall'oliva esclusivamente per pressione o centrifugazione (mezzi meccanici e fisici), esclusi quelli ottenuti con solvente, coadiuvanti chimici o biochimici, con processi di riesterificazione e miscelazione con oli di natura diversa. Gli oli vergini si distinguono in quattro qualità a seconda dell’acidità: olio extra vergine di oliva; olio sopraffino vergine di oliva; olio fino vergine di oliva; olio vergine di oliva.
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Frodi alimentari La chimica analitica applicata all’analisi degli alimenti si propone di verificare da quali principi nutritivi i cibi risultano costituiti ed in quali proporzioni siano essi contenuti. Grazie ad essa è inoltre possibile verificare se gli alimenti posseggano quei requisiti di salubrità e genuinità prescritti dalla normativa vigente, oltre che di stabilire quali alterazioni e adulterazioni (frodi) gli alimenti stessi abbiano subito. La parola frode alimentare è un termine generico che si riferisce alla produzione ed al commercio di alimenti non conformi alla normativa vigente; si suddividono in diverse categorie, quali: adulterazione: variazione, non dichiarata, dei componenti di un alimento; alterazione: modifiche delle caratteristiche chimico-fisiche e/o organolettiche di un alimento, dovute a processi naturali. Sono casi in cui la condotta umana può aver provocato l’episodio, ma in modo colposo e non doloso. ; contraffazione: l’alimento viene posto in commercio con una composizione o con valori diversi rispetto a quelli dichiarati; frode alimentare: consiste nel riportare indicazioni errate in etichetta; frode sanitaria: atto che rende nocivi i cibi (aggiunta di metanolo nel vino, ad esempio); sofisticazione: operazione fraudolenta che si attua sostituendo alcuni ingredienti con altri di minor pregio.
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Le frodi più comuni dell’olio a. extravergini non puri, contenenti cioè oli raffinati, di oliva e di semi. b. oli di sansa decerati a freddo con acetone; c. oli con parametri analitici non conformi alla classificazione; d. oli di semi (anche geneticamente modificati) commercializzati come oli di oliva; e. miscelazione di oli di oliva con oli esterificati (dichiarati non commestibili); f. miscelazione di oli di semi con olio fortemente colorato (verdone). L’analisi gascromatografica degli acidi grassi (come esteri metilici) permette di ottenere un cromatogramma con picchi ben visibili per tutti gli acidi grassi, anche quelli presenti in tracce o con isomeria differente (è possibile distinguere gli isomeri cis- dagli isomeri trans-). Con particolari colonne capillari, poi, si può ottenere un cromatogramma dove si distingue il picco caratteristico dell’acido elaidinico, indice di un olio non ottenuto da pressione ma proveniente da esterificati, da oli rettificati oppure da oli di sansa rettificati.
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Trans-esterificazione Gli acidi grassi dei gliceridi presenti nell’olio vengono trasformati, mediante trans- esterificazione, nei rispettivi esteri metilici, che presentano una maggiore volatilità rispetto al trigliceride tal quale. Fonte: www.ambienteenergia.com Processo di trans-esterificazione
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Risultato della corsa cromatografica Fonte: www.leonardodavinci.csa.fi.it FAME MIX 37 Components Supelco In un tipico referto di analisi GLC vengono riportati, per ciascun acido grasso metilato: il tempo di ritenzione assoluto, il tempo di ritenzione relativo, l’area assoluta del picco, la percentuale di acidi rilevati. Il tempo di ritenzione assoluto dei picchi viene comparato a quello ottenuto analizzando nelle stesse condizioni lo standard puro. Ad ogni picco corrisponde un estere metilico di un acido grasso differente.
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La percentuale di acidi grassi metilati consente di caratterizzare l’olio in esame attraverso il confronto con i valori di riferimento. Acido grassoLimite CEESignificato C14:0 (%)0,05Un valore elevato indicala presenza di olio di semi C18:3 (%)0,9Un valore elevato indicala presenza di olio di semi, in particolare soia o colza C20:0 (%)0,6Un valore elevato indicala presenza di olio di semi, in particolare soia, colza o arachide C20:1 (%)0,4Un valore elevato indicala presenza di olio di semi, in particolare soia o colza C22:0 (%)0,2Un valore elevato indicala presenza di olio di semi, in particolare soia, colza o arachide C24:0 (%)0,2Un valore elevato indicala presenza di olio di semi, in particolare soia, colza o arachide C18:1 + T (%)0,05I trans isomerisi formano in raffinazione: un valore elevato è indice do oli raffinati o desterolati C18:2 + C18:3 T (%)0,05I trans isomerisi formano in raffinazione: un valore elevato è indice do oli raffinati o desterolati Acido arachico (%)0,6Se superiore, indica presenza di oli di semi Acido eicosanoico (%)0,4Se superiore, indica presenza di oli di semi Acido miristico (%)0,05Se superiore, indica presenza di oli di semi Acido beenico (%)0,2Se superiore, indica presenza di oli di semi
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Bibliografia e sitografia Douglas A. Skoog, Donald M. West F. James Holler; Chimica analitica una introduzione; edizioni EdiSes Cappelli P., Vannucchi V.; Chimica degli alimenti. Conservazione e trasformazioni. Zanichelli Skoog – Leary; Chimica analitica strumentale; edizioni Edises Fabbri N., Robino P., Simonelli G.; Quaderni di analisi chimica strumetnale; ITAS “Gambacorti” Pisa (vedere copyright) Regolamento CE n. 796/2002 del 6 maggio 2002 e Reg. 1513/2001 in vigore dal 1/11/2003. www.leonardodavinci.csa.fi.it http://www.sigmaaldrich.com/sigma-aldrich/home.html
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