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PubblicatoEnrichetta Belloni Modificato 8 anni fa
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Giorgia Drudi Metalli Viviana Regine
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…cinque milioni di notti Primo Levi Primo Levi
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Sin dal XII secolo la comunità ebraica si stanzia in Polonia, specialmente a Cracovia per sfuggire alle persecuzioni delle crociate. In Polonia, infatti, dove la popolazione è divisa tra nobili e contadini, i sovrani capiscono che gli ebrei, essendo medici, artigiani e avvocati, avrebbero favorito la formazione di un ceto medio. Insediatisi nel centro della città grazie al re Vadislao Pio, ne sono espulsi nel XV secolo da Kasimiro dando vita al quartiere ebraico.
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Con l’inizio della guerra, nel settembre del ‘39, partì l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista e dell’Unione Sovietica, che si spartirono il suo territorio. Pertanto, sin dall'inizio, la guerra contro la Polonia fu intesa come obiettivo del piano descritto da Adolf Hitler nel suo libro «Mein Kampf». L'obiettivo primario del progetto era l'estensione della Germania verso l'Europa orientale. Perciò, gli obiettivi della politica di occupazione tedesca furono tesi ad utilizzare la Polonia come spazio vitale tedesco, per sfruttare le risorse di materiali della nazione e massimizzare l'uso della forza lavoro polacca come fonte di schiavitù. La nazione polacca avrebbe dovuto essere ridotta allo status di servo e la sua leadership politica, religiosa e intellettuale avrebbe dovuto essere distrutta. Iniziò cosi la “germanizzazione” dei polacchi. Simultaneamente avvenne la deportazione e lo sterminio degli ebrei a cui negarono inizialmente diritti civili e politici e successivamente ogni tipo di libertà catturandoli e conducendoli nei campi di concentramento.
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La piazza rappresenta un luogo della memoria, un pezzo di storia degli ebrei di Cracovia. Il 3 marzo del 1941 i nazisti decisero di relegare tutti gli ebrei in un’apposita area nota come Ghetto. Il centro di questo spazio angusto (600 x 400 m) è proprio la suddetta piazza che tra il 13 e 14 marzo del 1943 fu testimone della ‘liquidazione del Ghetto’ quando più di 700 ebrei furono catturati e deportati. L’istallazione di 70 sedie in ferro è opera di due architetti polacchi, Piotr Lewicki e Kazimierz Łatak, che si ispirarono a una foto d'epoca in cui una bambina sta trasportando una sedia (la sedia che utilizzava a scuola) durante lo spostamento di massa degli ebrei dal quartiere di Kazimierz al Ghetto.
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Tadeusz Pankiewicz era l'unico non ebreo del Ghetto. Polacco, di religione cattolica, si rifiutò di spostarsi quando venne costituito il Ghetto e continuò la sua attività alla Farmacia sotto l'Aquila, insieme al suo personale, aiutando clandestinamente la popolazione ebraica, distribuendo medicinali e generi alimentari, nascondendo e mettendo in salvo i perseguitati dai nazisti. La farmacia si trova ancora in un angolo di Plac Bohateròw Ghetta (Piazza degli eroi del ghetto) e oggi ospita un museo con fotografie e reperti del periodo tra il 1941 e il 1943.
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Il ghetto: prigione a cielo aperto.
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In seguito ai vari episodi di ghettizzazione tra il 13 e il 14 marzo 1943 i nazisti, per ordine dello Sturmbannführer Willi Haase, operarono la "liquidazione" finale del ghetto effettuata dalle SS al comando dello SS-Hauptsturmführer Amon Göth: circa 2.000 considerati inabili, soprattutto bambini ed anziani, vennero uccisi nelle strade del ghetto, 8.000 ebrei reputati abili al lavoro vennero deportati nel Campo di concentramento di Kraków-Plaszów, il resto invece al campo di sterminio di Birkenau iniziava così la “soluzione finale” auspicata da Hitler che ebbe come scopo l’annientamento delle razze ritenute inferiori.
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Il Campo di sterminio nazista di Auschwitz é diventato, per il mondo, il simbolo dell’Olocausto, dello sterminio e del terrore. Venne creato dai Tedeschi alla metá del 1940, nei dintorni di Oświęcim, città polacca annessa dai Tedeschi al Terzo Reich. Il nome della città venne modificato in Auschwitz e questo divenne anche la denominazione del Campo: Konzentrationslager Auschwitz. La causa diretta della creazione del Campo fu l’aumento del numero di Polacchi arrestati dalla Polizia tedesca e la conseguente saturazione delle carceri. All’inizio doveva trattarsi solo di un altro dei Campi di Concentramento creati nell’ambito del sistema di terrore nazista fin dall’inizio degli anni Trenta. D’altronde, il Campo svolse questa funzione per tutto il periodo della sua esistenza, anche quando, dal 1942, divenne gradualmente il principale centro di sterminio di massa degli Ebrei.
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Auschwitz II-Birkenau
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I blocchi
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Era così chiamato il blocco di detenzione per i bambini, generalmente utilizzati per gli esperimenti. Dormivano ammassati su pile di giacigli sovrapposti costituiti da travi di legno.
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Fucilazioni Utilizzo di gas letali nelle camere a gas
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I forni crematori
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A
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Figlie di una coppia mista, madre ebrea e padre cattolico, furono catturate a Fiume assieme alla madre, la nonna, la zia ed il cugino Sergio nel marzo del ‘44 e arrivarono ad Auschwitz il 4 Aprile.
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Giunte nel campo di concentramento furono inserite assieme ad altri bambini-cavia in un Kinderblock poiché scambiate per gemelle e ritenute utili per gli esperimenti di Mengele. Nel lager le bambine vivevano a stretto contatto con la morte; i cadaveri bianchi e nudi, come ricorda la maggiore, spuntavano dalla porta delle baracche dove venivano ammassati. La madre di giorno lavorava. Entrambe ricordano le sue rare visite in cui gli ripeteva sempre i loro nomi in modo tale che non si identificassero solo con dei numeri. Ricorda Andra, che fu grazie al consiglio della kapò che si occupava del loro blocco che negarono di voler vedere la madre evitando così di essere utilizzate come cavie ad Amburgo dove morì il cugino assieme ad altri bambini. In seguito alla liberazione nel 27 gennaio 1945 le due sorelle ebbero la fortuna di ricongiungersi ad entrambi i genitori.
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Già dopo il 5 settembre del 1938,quando in Italia erano state emanate le leggi per la “difesa della razza” gli ebrei furono espulsi da ogni luogo pubblico, comprese le scuole. Piero racconta come da giovane risentì di questa privazione.
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Dopo l’occupazione di Roma nell’ottobre del 1943 gli ebrei furono deportati, nonostante fossero stati versati 50 chili d’oro come garanzia per evitare la deportazione: “abbiamo la parola d’onore di un generale”, sosteneva il padre di Piero Terracina. Mentre Piero celebrava la Pasqua Ebraica assieme al padre e ai fratelli le SS, a seguito della denuncia di un fascista italiano, irruppero nella dimora dei Terracina. Furono trasferiti nel carcere di Regina Coeli dove il padre disse tra le lacrime: “Ragazzi, possono accadere cose orribili ma mantenete la dignità” e Piero, all’epoca quindicenne, era consapevole che mantenere la dignità l’avrebbe portato alla morte. Poco dopo sul primo treno italo-romano raggiunse Auschwitz, dove migliaia di deportati si ammassavano per cercare i familiari; Piero ricorda l’ultimo straziante abbraccio con la madre e l’addio ai fratelli e la sorella.
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Grazie al consiglio di un altro italiano disse di avere 18 anni, così si salvò. Piero racconta la sua immatricolazione ed i primi contatti con un nuovo mondo privo di senso e in perenne contatto con la morte, dove non si aveva più un nome ma al suo posto solo un numero. A 17 anni torna a Roma, ma non ha più nessuno. Fu solo grazie agli amici della scuola ebraica che ritornò alla vita, nonostante la maggior parte delle persone non capisse pienamente quanto gli era accaduto. Erano soliti rispondergli: “Anche noi abbiamo sofferto durante la guerra.”
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Dal 18 luglio 1944 i tedeschi,nonostante stessero perdendo la guerra, si mobilitarono per rastrellare e deportare anche la comunità ebraica di Rodi di cui faceva parte la famiglia Modiano. Prima agli ebrei era stato tolto anche il lavoro e Sami racconta come da giovane cercò un impiego per portare almeno un pezzo di pane a casa.
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Sami ricorda l’inganno dei tedeschi: i padri di famiglia si dovevano presentare in caserma solo per un controllo, ma poi gli furono tolti i documenti. Il giorno dopo tutte le famiglie si dovettero presentare con i loro beni. Il 23 luglio del 1944 assieme ad altre 400 persone, il padre e la sorella Lucia, Sami fu imbarcato verso una “destinazione ignota”: Auschwitz. La tratta affrontata, in condizioni disumane, fu una delle più lunghe verso Auschwitz. Dopo la tappa ad Atene il 16 agosto arrivarono alla “pedana della morte”. All’arrivo, tra il panico e la confusione, sotto gli occhi del giovane Sami il padre fu picchiato per strappargli dalle braccia la figlia Lucia.
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Dopo la selezione assieme al padre e al gruppo di Rodi, fu portato nella sede dell’immatricolazione dove venne lavato e tatuato. Sami lavorava nei canali sotto ai treni osservando ogni giorno le selezioni e fu in uno di quei momenti che, per la prima volta nella sua vita, bestemmiò. Durante la detenzione ebbe la fortuna di riuscire a vedere sia la sorella (che perderà poi la vita nel campo) che il padre, prima che quest’ultimo si suicidasse dopo aver pregato il figlio di resistere. Stremato dal duro lavoro fu selezionato per le camere a gas, ma l’arrivo di un carico di patate e la scarsezza degli idonei al lavoro costrinse i tedeschi a richiamare i selezionati per liberare la pedana in quanto successivamente sarebbero arrivati altri prigionieri destinati a loro volta alle camere. Così si salvò.
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