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PubblicatoAureliana Bernardi Modificato 8 anni fa
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Tribunale di Varese Sentenza n° 116, 8 aprile 2013
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Il fatto: La curatrice di un blog, «comunicando con più persone attraverso la rete Internet ed in particolare diffondendo notizie e scritti […] sul sito Internet, intraprendeva una campagna denigratoria nei confronti delle case editrici a pagamento, per mezzo della quale ledeva la reputazione di ST in quanto rappresentante della casa editrice Z.». La casa editrice Z. doveva essere considerata «a pagamento», perché richiedeva contributi alle spese editoriali agli scrittori; Denunciava insulti dalla fondatrice e amministratrice della casa editrice Z. non realmente pronunciati; Definiva la casa editrice Z. come «stampatore, editore che non offre distribuzione e produzione e produttore di libri di pessima qualità»; offendeva direttamente ed esplicitamente l’amministratrice della casa editrice Z. con i seguenti epiteti: “arpia”; “repressa del cazzo”; “urticante peggio di una medusa”; “non ha altro da dire che non siano le solite stronzate”; Diffondeva immagini denigratorie dell’onore della rappresentante della casa editrice.
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Le accuse: «esistenza di affermazioni asseritamente travalicanti il diritto di critica» Art. 595 cpv comma 3: Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516. Art. 13 l. 47/1948 (Disposizioni sulla stampa): Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000. […] Art. 30 l. 223/1990 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato): Nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato, si applicano ai soggetti di cui al comma 1 le sanzioni previste dall'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Art. 81 cpv: aggravanti concorso formale – reato continuato
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Il giudice : Casa editrice «a pagamento»: non è diffamazione, è «sintesi opinabile ma non offensiva delle suaccennate forme di partecipazione al costo editoriale». Parole mai pronunciate: «non soddisfa i caratteri di chiara enunciazione dell’accusa e non consente di affermare la penale responsabilità dell’imputata». Definizioni: «Non integrano il reato, risolvendosi in forti ma legittime critiche». Epiteti e immagini sono «sono obiettivamente tali da lederne l’onore e il decoro». C’è diffamazione.
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L’uso della rete come strumento giornalistico? Giurisprudenza prevalente «Negata l’ammissibilità della comunicazione giornalistica su Internet a quella tradizionale della carta stampata ritenendo che l’eventuale assimilazione sarebbe frutto di estensione analogica in malam partem, inammissibile in campo penale» Assimilazione testuale Tribunale di Varese Lavori preparatori 1947 «Riproduzioni impresse» «ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici» Progressi in campo tecnologico «in questo quadro interpretativo la L. 7 marzo 2001, n. 62 ("Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali"), non è fonte di “rilettura” della L. 8 febbraio 1948, n. 47, bensì sopravvenienza coerente» Analisi storico/interpretativa
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L’uso della rete come strumento giornalistico?/2 Se questo è vero, compete peraltro all’interprete attribuire a un sito Internet, sulla base di caratteristiche intrinseche e fenomeniche, nonché formali (la registrazione) la natura di “stampa”. Nel caso di specie, il sito non ha caratteristiche di informazione ascrivibili alla “stampa” ma costituisce la base per la costruzione di un gruppo settoriale di interesse.
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L’uso della rete come strumento giornalistico?/3 È corretto da parte del Pubblico Ministero parlare di comunicazione con più persone; sussiste l’aggravante di cui all’art. 595, terzo comma, c.pen. sotto il profilo dell’utilizzazione di “mezzo di pubblicità”, non sotto il profilo dell’essere l’offesa recata “col mezzo della stampa”
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Una peculiarità: i commenti Art. 57 cpv: Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.
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Tardività della querela La natura di reato di evento della diffamazione associata alla tipicità del mezzo fa sì che la querela debba ritenersi tempestiva in ragione della effettiva percezione dell’offesa da parte della vittima, in occasione dell’accesso ai contenuti del sito.
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