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Lezione 5 Obiettivo della lezione Comprendere il ruolo del manager nell’introduzione dell’etica nell’impresa e le sue finalità - Mercati morali e manager.

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1 Lezione 5 Obiettivo della lezione Comprendere il ruolo del manager nell’introduzione dell’etica nell’impresa e le sue finalità - Mercati morali e manager morali - Il mercato morale - La teoria dei bisogni di Maslow - Le finalità imprenditoriali - La teoria imprenditoriale del successo sociale La convergenza tra valori etici e finalità imprenditoriali

2 La visione positiva del rapporto complementare tra etica ed economia non è unanimemente condivisa L’introduzione dell’etica nell’impresa è resa più complessa da due ostacoli principali: - il comportamento opportunistico nella conduzione degli affari - la presenza di un gruppo organizzato a cui non è facile trasmettere, far applicare valori etici Mercati morali e manager morali

3 Nodo di fondo: E’ giusto ritenere che l’uomo impegnato in azienda possa perseguire solo finalità economiche ? Rifacendoci alla teoria maslowiana occorre riflettere su quanto contano, rispetto alle logiche economiche, i valori sociali di appartenenza, di stima, di socialità in senso ampio, gli standard morali di giustizia, equità, altruismo Il problema di fondo concerne il livello di moralità dell’imprenditore o del manager nei comportamenti e decisioni da assumere all’interno dell’organizzazione Mercati morali e manager morali

4 Carrol individua tre archetipi di manager Mercati morali e manager morali Tipo di ManagerCaratteristiche del comportamento MoraleRispetta l’etica e persegue gli obiettivi propri e dell’azienda ImmoralePersegue il proprio interesse non rispettando l’etica né, a volte, la legge AmoraleIntenzionale: persegue consapevolmente il proprio interesse al di là dell’etica Inconsapevole: mancanza di sensibilità etica

5 Il manager morale: a)Ricerca il successo ma nell’osservanza di sani precetti etici b)È interessato ai profitti, ma nei confini del rispetto sostanziale e formale della legge c)Pone a base del suo agire la strategia di probità Il manager immorale: Bada ai propri interessi e guarda alle leggi come barriere da eludere ed alle opportunità strategiche come mezzo per aumentare i propri guadagni Mercati morali e manager morali

6 Il manager amorale: Intenzionale … rispetta la legge e ritiene che etica ed economia non possano convivere Inconsapevole … non è attento agli effetti delle proprie decisioni e azioni sugli altri Mercati morali e manager morali

7 I manager amorali prevalgono nettamente su quelli morali e immorali, quindi il manager medio può essere amorale nella maggior parte dei casi, anzi sarà prevalentemente amorale non intenzionale (Carroll) Nella maggior parte dei casi l’amoralità sarebbe il frutto di metodi decisionali “carenti” piuttosto che il risultato di una scelta intenzionale, di una incapacità di vedere i molteplici aspetti di un problema di valutazione Se si parte dalla amoralità diventa più difficile l’inserimento dell’etica nell’impresa (Boatright) Mercati morali e manager morali

8 Se lo scopo della Business Ethics è quello di introdurre l’etica nelle decisioni strategiche vi sono due ostacoli da superare: - la burocrazia - la logica del mercato L’alternativa al modello del manager morale è quella del mercato morale (Boatright) problema: costruire mercati morali Mercati morali e manager morali

9 La posizione del Boatright è oggetto di molte critiche da parte di altri studiosi che invece sostengono l’importanza di formare manager morali Peraltro … il clima generale è quello in cui si va verso una deregulation, verso la promozione della libertà degli operatori di mercato Mercati morali e manager morali

10 Per altra via … l’eccessiva proliferazione delle Authority, nate per disciplinare la concorrenza e le condizioni di mercato non ha prodotto, in molti casi, i risultati sperati In mancanza di un’authority centrale forte (ad es. anti-trust) diventa sempre più difficile fare rispettare le regole comuni per operazioni nazionali ed internazionali Mercati morali e manager morali

11 La conclusione è che occorre: - regolamentare i mercati mediante strutture di controllo - puntare su un’etica manageriale (crescita del livello di moralità nel governo aziendale) E’ realistico ritenere che, accanto a inclinazioni egoistiche, si pongano motivazioni altruistiche, dirette a rispettare interessi più generali (A. Sen) Mercati morali e manager morali

12 L’etica dell’impresa è fortemente dipendente dall’etica di chi governa perché l’affermazione di valori eticamente corretti non può non partire dalla morale individuale di chi governa E’ intuibile che nel caso di public company in cui c’è una profonda dissociazione tra proprietà e governo dell’impresa è più difficile la trasmissione di valori etici al suo interno Nel caso di imprese familiari l’introduzione dei valori etici nella gestione appare più agevole Mercati morali e manager morali

13 E’ possibile distinguere i fini dell’impresa dai fini dell’imprenditore? L’impresa stessa distinta dal soggetto che ne ha promosso l’esistenza? Ma … Impresa: è “insieme organizzato di risorse” (funzione) Imprenditore: chi organizza le risorse in vista del raggiungimento di uno scopo Occorre riflettere sugli interessi che si muovono all’interno ed all’esterno dell’impresa La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

14 L’impresa è spesso un centro di interessi a volte correlati, a volte contrapposti, per produrre benefici allargati all’imprenditore ed a coloro che sono coinvolti operativamente La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

15 Se volessimo ordinare questi interessi possiamo individuare: a)l’interesse al miglioramento dell’ambiente circostante (interesse della collettività) b)L’interesse al soddisfacimento di bisogni specifici (la collettività che utilizza i beni ed i servizi prodotti dall’impresa) c)L’interesse all’ottenimento del corrispettivo (coloro che cedono risorse all’impresa) d)L’interesse al raggiungimento del risultato aziendale (finalità imprenditoriale – individuo o gruppo gestore) La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

16 Intorno all’impresa si viene a creare una gerarchia di “fini-mezzi” per cui il fine proprio da raggiungere si ottiene a patto che anche gli altri siano ottenuti Le finalità possono essere definite ambientali, competitive, partecipative ed imprenditoriali esigenza generale di pervenire ad una “composizione” degli interessi dei partecipanti La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

17 La “composizione” degli interessi di tutti i partecipanti non può essere risolta in termini strettamente economici ma comporta anche la composizione di principi etici perché i partecipanti non hanno tutti la medesima posizione di forza La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

18 Le scale dei valori nella gestione dell’impresa

19 Critica della teoria classica della massimizzazione del profitto: - limiti logici: impossibilità di dare una misurazione al massimo profitto, difficoltà di definire un arco temporale di riferimento e difficoltà di qualificarlo sotto il profilo del rischio - limiti sociologici: l’organizzazione az. costituita nel contesto complesso di grp sociali interessati ad ottenere una parte adeguata del valore creato dall’impresa e contrari ad una manovra di massimizzazione del profitto da parte dell’imprenditore - limiti psicologici: se l’imprenditore vuole raggiungere una posizione di prestigio nella società non può trascurare l’assolvimento della responsabilità sociale La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

20 Tenuto conto di tutte queste osservazioni, appare giustificato il tentativo di delineare una nuova teoria e di inserire nuovi elementi nell’impostazione classica La funzione dell’impresa e le finalità dell’imprenditore

21 Una teoria che occupa un posto di rilievo nell’analisi dottrinale e rappresenta uno dei punti fermi della letteratura econ. aziendale è quella della «creazione del massimo valore economico nel tempo lungo» «valore economico», necessità di un ampliamento del contenuto del termine valore L’imprenditore è mosso solo da interessi economici oppure come gli altri individui tende a raggiungere anche traguardi appartenenti alla sfera del sociale? E’ possibile giungere ad una combinazione ottimale tra questi due ordini di finalità superando contrapposizioni e vincoli? La teoria del successo sociale

22 Le motivazioni e le finalità che spingono un individuo possono essere inquadrate secondo la famosa scala dei bisogni teorizzata da Maslow Le finalità imprenditoriali sono quelle di: - assicurare la sopravvivenza dell’impresa (equilibrio econ. tra costi e ricavi) - affermarsi nell’ambito della classe sociale di appartenenza - assumere posizioni di preminenza nell’intera comunità La teoria del successo sociale

23 L’elemento di novità è quello che lo stimolo economico non rappresenta sempre il richiamo più importante della funzione imprenditoriale: il fine economico può e deve trasformarsi in un mezzo per il raggiungimento anche di obiettivi morali e sociali La teoria del successo sociale

24 Si possono individuare ed ordinare le finalità imprenditoriali in funzione di una combinazione di profitto, potere e prestigio (3P) «successo sociale» Il «prestigio» rappresenta il traguardo più elevato. In posizione strumentale si pongono il «potere di mercato» ed il «profitto» che consentono all’impresa di svilupparsi rispetto alla concorrenza, preservando il fondamentale equilibrio economico La teoria del successo sociale

25 La scala delle finalità imprenditoriali La teoria del successo sociale

26 La possibilità di scalata dei bisogni da parte dell’imprenditore si costruisce su una corretta applicazione di valori economici ed etici nel governo dell’impresa Il mix tra valori economici e valori etici tende a modificarsi in rapporto all’orizzonte delle scelte aziendali e, quindi, all’elevarsi di grado delle finalità da raggiungere La teoria del successo sociale

27 Il rapporto finalità-valori imprenditoriali La teoria del successo sociale

28 Per quanto riguarda le grandi società per azioni, le risposte alle domande sulle finalità imprenditoriali dipendono dalla natura e dalla organizzazione dell’azionariato: a)Azionariato istituzionale (istituzioni pubbliche, fondi pensione, etc.) b)Azionariato di investimento (risparmiatori investitori senza poteri di governo, es. public company) c)Azionariato di gestione (azionisti che da soli o in coalizione formano un gruppo di controllo sulla gestione) La teoria del successo sociale

29 La scala dei fini imprenditoriali si riferisce soprattutto all’imprenditore proprietario dell’impresa per il quale il legame tra successo aziendale e successo personale è molto più stretto e visibile rispetto all’ipotesi di diffusione della proprietà quando c’è una imprenditorialità delegata In quest’ultimo caso il raggiungimento di risultati particolarmente brillanti in campo economico e sociale potrebbe essere il mezzo per il passaggio ad aziende di maggiore importanza La teoria del successo sociale

30 Le finalità perseguite dagli imprenditori La teoria del successo sociale T IPO DI IMPRENDITORE F INALITÀ PREVALENTE  I MPRENDITORE « VISIBILE » E INTEGRATO NELL ’ IMPRESA. -S UCCESSO SOCIALE.  I MPRENDITORE NON VISIBILE E MENO INTEGRATO NELL ’ IMPRESA. -M ASSIMIZZAZIONE VALORE ECONOMICO NEL TEMPO LUNGO.  I MPRENDITORE DELEGATO ( MANAGER ). -R ISULTATI REDDITUALI NEL TEMPO BREVE A VANTAGGIO DELLA PROPRIA MOBILITÀ INTERAZIENDALE.

31 Le situazioni più rilevanti per la caratterizzazione della teoria sulle finalità imprenditoriali: a)l’imprenditore «visibile», integrato nell’impresa a cui sembra potersi applicare la teoria del successo sociale b)L’imprenditore meno visibile a cui pare meglio riferibile la teoria della massimizzazione del valore economico dell’impresa nel tempo lungo c)L’imprenditore delegato (manager) al quale sembra potersi applicare la teoria della mobilità che gli consentirebbe di trasferirsi in aziende più importanti (orientamento più favorevole verso risultati di breve termine – «short termism») La teoria del successo sociale

32 Le gratificazioni morali tendono ad accomunarsi a quelle economiche perché l’uomo vivendo in un contesto sociale non può essere insensibile al riconoscimento del consenso. Di qui l’importanza di: a)«Codici etici» nella gestione aziendale b)Il porsi di «dilemmi morali» propri di sistemi con interessi differenziati Nell’ambito del «prestigio sociale» sono molto rilevanti le convergenze tra istanze economiche e attributi di valore etico La teoria del successo sociale

33 Si può concludere che la moralità del capo d’impresa è decisiva nel progresso dell’etica aziendale poiché il problema fondamentale dell’introduzione di criteri etici nelle scelte aziendali risiede nei valori prevalenti al vertice dell’organizzazione e questo sia nel caso di piccole aziende a che nel caso di grandi realtà imprenditoriali Conclusioni


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