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Chi sono i ragazzi? Persone da conoscere e amare LABORATORIO PER CATECHISTI PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2015-2016.

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1 Chi sono i ragazzi? Persone da conoscere e amare LABORATORIO PER CATECHISTI PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2015-2016

2 Arianna confida: «Come catechista alla prima esperienza, sono molto contenta di questo incarico. Sono però anche sorpresa dalla vivacità dei bambini. Credevo che in seconda elementare fossero diversi. Ora comincio a capire le maestre: prima le giudicavo un po' esigenti, quasi dure, ma è chiaro che tocca a loro dare un po’ di struttura a bambini che sono abi­tuati a fare solo quello clic vogliono».

3 E Anna a sua volta racconta: «Un pomeriggio abbiamo concluso l’incontro con una semplicissima preghiera insieme. Letizia, una bambina molto affet­tuosa, mi si è seduta vicino, poi si è accoccolala ac­canto a me, con grande tenerezza».

4 Alberto, papà di Samuele, confida a un amico: «A volte mi sorprendo a guardare mio figlio. Cresce in fretta, molto in fretta. E mi chiedo che cosa pensano davvero questi ragazzi. Di noi, di loro stessi...».

5 1. Ragazzi di oggi, non di ieri! «Ma che cosa pensano davvero questi ragazzi?». Un adulto, anche un adulto che ha figli, uno che conosce i bambini, se lo chiede con un filo di ansia. I bambini crescono.

6 Diventano presto ragazzini e, in un baleno, ragazzi e ragazze che accampano diritti e pretese da uomini e donne. Qualche volta si vorrebbe fermare l’orologio, lasciare che i bam­bini restassero bambini più a lungo, e noi più tranquilli accanto a loro.

7 Anche i catechisti, a volte, ripensano a quel bambino di un anno, due anni fa; scorgono in lui le evidenti trasformazioni; se ne compiac­ciono e se ne rammaricano insieme

8 A volte il catechista ripensa a quan­do era bambino lui, a come fosse meno complicata la vita, a come fosse comune rispettare gli adulti, frequentare la Chiesa, ascoltare chi parlava, recitare le preghiere. Che cosa è cambiato? Come dobbiamo agire?

9 Per rispondere ci affidiamo all’esperienza: è necessario osservare con simpatia e attenzione - possibilmente senza pregiudizi - i ragazzi che ci sono affidati.

10 Un’osservazione e un ascolto necessari e indispensabili per la comunità cristiana e per quegli adulti che ricevono l’onere e l’onore di servire la comunità nell’educazione alla fede. Non possiamo presumere di sapere già tutto, di conoscere il nostro interlo­cutore, di sapere come si fa a comunicare la fede.

11 Sui giornali e in internet sentiamo spesso descrivere i ragazzi tra i 7 e i 12 anni come «nativi digitali», oppure «tecnoager» o ancora «generazione multitasking». Ci chiediamo che cosa stia dietro queste defi­nizioni, alle quali peraltro non vogliamo legarci in maniera esclusiva.

12 2. Ragazzi distratti? Se guardiamo dentro di noi, dobbiamo ammettere di avere in men­te un modello di apprendimento per cui una persona parla e gli altri ascoltano, magari prendendo appunti; quando hanno qualche incomprensione o curiosità, alzano la mano, aspettano che sia loro dato il permesso di parlare, quindi pongono la domanda, ascoltano la rispo­sta e la lezione prosegue.

13 Questo avveniva un tempo a scuola e forse anche in parte al catechismo. Ora è tutto mutato! Soprattutto sono cambiati i ragazzi. La loro capacità di attenzione - ma è così anche della nostra! - è molto scarsa.

14 Difficilmente attendono il loro turno per fare domande o dire qualcosa, a meno che non li abituiamo così. Non usano volentieri il quaderno, soprattutto se hanno già trascorso una giornata a scuola.

15 Spesso interpretiamo questo loro modo di fare dicendo che i ragaz­zi di oggi non ascoltano volentieri, si distraggono facilmente, distur­bano. Ma è proprio così? Il termine multitasking, nel linguaggio infor­matico, identifica una modalità operativa che permette di eseguire più programmi contemporaneamente.

16 I ragazzi che frequentano oggi la catechesi sanno più di noi ascoltare e nel contempo pensare, scri­vere e insieme fare altro, essere apparentemente distratti e in realtà ascoltare.

17 Esattamente come sono soliti fare a scuola. Ecco perché, tra l’altro, la collaborazione tra educatori e catechisti, da un lato, e insegnanti cristiani e insegnanti di religione, dall’altro, va incoraggiata.

18 Dai nuovi Orientamenti: la scuola e gli altri luoghi di vita dei ragazzi Scrivono i vescovi: «Per i bambini e i ragazzi è esperienza quotidiana l’abitare ogni giorno luoghi che non sono contrassegnati dall’apparte­nenza ecclesiale: la scuola, le associazioni sportive, musicali e teatrali, le attività ricreative, i campi estivi... Questi luoghi, pur con finalità diversa, sono spazi di incontro, di scoperta, di crescita; adeguatamente promossi, possono essere luoghi educativi in cui sperimentare la gioia e la bellezza di una vita buona, ricca di valori umani e cristiani. Gli educatori cristiani non tralasceranno di cercare occasioni di con­tatto e di confronto con insegnanti, istruttori e allenatori, in modo che venga favorita una crescita integrale della persona fin dall’età scolare. Tra le persone incaricate di queste attività e servizi vi sono autentici credenti. Da loro i ragazzi possono ricevere, anche se non nella forma dell’annuncio organico, una testimonianza di vita evangelica» (CEI, IG 57).

19 I ragazzi di oggi sono detti «nativi digitali», in quanto soggetti cre­sciuti con le tecnologie digitali e in grado di usare telefoni cellulari, tablet, riproduttori di MP3, telecomandi complessi, videogiochi, computer e di trovarsi a proprio agio nella rete digitale, percependo il mondo legato alla tecnologia come spazio di assoluta normalità.

20 A differenza dei loro genitori e certamente dei loro nonni, questi ragazzi hanno sviluppato modalità di apprendimento più percettive e meno simboliche.

21 Tutto ciò alla lunga sta trasformando il modo di apprendere e, di conseguenza, di insegnare. La modalità di apprendimento più diffusa sembra essere quella di prove ed errori.

22 È normale per queste ragaz­ze e questi ragazzi documentarsi su internet, magari prendendo per buona la prima informazione, senza impiegare tempo per fare una ricerca critica.

23 Sono difetti? In parte sì. Ma sono anche elementi che aprono canali di comunicazione efficaci ed efficienti se vengono usati nel modo giusto e per una crescita umana.

24 3. Ragazzi soli? Come si è detto, tra la generazione dei nativi digitali o tecnoager la diffusione del computer è molto alta, come pure la navigazione in rete.

25 I bambini con i media elettronici giocano, scaricano musica, ricercano informazioni, fruiscono di materiale multimediale soprattutto grazie a piattaforme come YouTube, in cui diversi linguaggi, il verbale, il visivo, l’audiovisivo si integrano.

26 I ragazzi sono maggior­mente avvezzi a scene violente e una buona percentuale non si sente turbata da scene horror, anzi magari le cerca.

27 È anche da qui che viene loro la capacità di interagire a stimoli diversi, una certa abilità nell’integrare elementi differenti, riuscendo a elaborare immediatamente e in maniera flessibile le informazioni.

28 I ragazzi di oggi sono anche in grado di interagire generalmente in modo positivo con coetanei di altre nazionalità, dopo un iniziale pe­riodo di adattamento.

29 Consumatori voraci, grazie anche alla disponibilità di risorse spes­so incrementate dagli adulti, i ragazzi acquisiscono merci, molteplici informazioni e stimoli che imparano presto a gestire.

30 Conoscono il mondo e i linguaggi dei media che, come abbiamo detto, percepisco­no come familiari e parte naturalmente integrata nel loro ambiente di vita, quindi tendenzialmente come invisibili e armonicamente presenti nella loro quotidianità. Questo dice anche la loro tendenziale estraneità rispetto ad altri linguaggi o modalità comunicative.

31 Da un punto di vista familiare, i ragazzi sono spesso figli unici, quindi con poca esperienza di socializzazione verticale tipica della vicinanza di fratelli e sorelle più grandi o più piccoli. I loro genitori sono più grandi di quelli delle generazioni precedenti, perché si è al­zata l’età in cui ci si sposa e si genera.

32 Abituati a particolari attenzioni nei loro confronti, i tecnoager le attendono da ogni adulto che inte­ragisce con loro e le ritengono normali. Il loro orizzonte valoriale è definito dal prevalere dell’attenzione all’individuale più che al sociale e dalla dominanza del relazionale-affettivo.

33 Quelli di oggi sono insomma bambini dotati di particolari abilità visivo-motorie e peculiari modalità aggregative, e tendono a dare più importanza ai social network che al ritrovarsi insieme a giocare in corti­le.

34 Il che non significa che rifiutino l’amicizia o amino isolarsi, ma che esprimono l’apertura all’altro in maniera molto diversa rispetto a ciò che accadeva in passato.

35 4. Accogliere e accompagnare ragazzi così Le brevi note che abbiamo offerto ci dicono che solo apparentemente i ragazzi di oggi sono distratti, soli, indifferenti, refrattari e così via. Sono semplicemente bambini e ragazzi della nostra epoca, che manifestano con più schiettezza e chiarezza degli adulti che cosa conta per loro.

36 Possiamo allora decidere di giudicarli, ma dovremmo prima giu­dicare noi stessi. Possiamo decidere che è impossibile comunicare con loro, ma in realtà loro non rifiutano la comunicazione con noi.

37 Possia­mo affermare che non si interessano del Signore, ma in verità è pos­sibile che abbiano forme di manifestare la fede diverse dalle nostre, il che non significa che non credano o non preghino.

38 In positivo, bambini e ragazzi così ci spiazzano e ci aiutano a pensare un annuncio e una catechesi diversi dal passato. Se l’evangelizzazione vuole coinvolgere tutta la persona, fin dalle prime età, deve utilizzare tutti gli strumenti attraverso i quali l’uomo stesso comunica: il gesto, la parola, il suono, l’immagine.

39 Non abbiamo a che fare con bambini/ragazzi per forza distratti, ma con soggetti che desiderano una comu­nicazione a più ampio spettro e mal sopportano un procedimento da scuola elementare degli anni ‘70-‘80, come l’abbiamo raffigurato sopra.

40 Dai nuovi Orientamenti: una fatica della catechesi Tra le fatiche che i vescovi elencano, parlando degli itinerari di formazione cristiana oggi praticati in Italia, vi è “la tentazione di risolvere la catechesi dei piccoli prevalentemente attraverso incontri che utilizzano una metodologia ispirata a un modello scolastico antiquato (la catechesi è sì, anche scuola, ma nel senso più bello e più alto del termine)” (CEI, IG 14).

41 Ciò richiede una particolare alfabetizzazione da parte dell’educa­tore alla fede che deve conoscere, sviluppare e armonizzare, nel suo agire, il livello emozionale con quello relazionale e razionale, con un’attenzione particolare ai linguaggi.

42 Se la catechesi e l’educazione alla fede sono un’educazione della persona alla vita cristiana - che comprende da una parte un approccio organico e sistematico alla dottrina cristiana e dall’altra l’incontro con la persona di Gesù -, anche nella mediazione della comunità cristiana questa educazione si deve rivolgere a tutta la persona e alle sue componenti essenziali: affettive, cognitive e operative.

43 L’educatore alla fede deve ricercare e utilizzare strumenti adeguati al raggiungimen­to di questi obiettivi. Si tratta, quindi, di ricercare e definire finalità, obiettivi, contenuti e strumenti del proprio agire.

44 L’apertura fiduciosa del ragazzo nei confronti della dimensione della fede deve essere incoraggiata e concretizzata. I bambini sono generalmente ben disposti all’esperienza religiosa che affrontano con apertura, ed è bene valorizzare questo elemento considerando i ragazzi non come soggetti da proteggere bensì potenzialità da promuovere.

45 Una curiosità sviluppata e una certa abilità nell’elaborazione del­le informazioni richiedono che ciò che si presenta sia ammantato di coerenza, e sia presentato attraverso modalità narrative in grado di affascinare e stimolare l’approfondimento e spingere a vivere l’esperienza nella logica evangelica del «vieni e vedi».

46 La logica del multitasking, ovvero la capacità di fare contemporanea­mente più cose (mutuata dall’utilizzo simultaneo di diversi media), offre anche all’educazione alla fede l’opportunità di compresenze temporali e funzionali di diversi stimoli, in cui il ragazzo può muoversi secondo modalità d’apprendimento che privilegiano la dimen­sione di prove ed errori.

47 L’articolazione di mezzi e linguaggi verso cui i ragazzi hanno fami­liarità permette e favorisce una logica inclusiva, dove i ragazzi sono ben disposti a integrare esperienze che devono essere loro proposte con puntualità e attenzione.

48 I ragazzi sono sempre più attivi in rete e sono soggetti esigenti e consapevoli, che chiedono, anche nella trasmissione della fede, coerenza, fascino e incontro con un tu che coinvolga.

49 5. Una comunità cristiana con i ragazzi al centro Lo sguardo sui ragazzi deve permettere loro di esprimere desideri, timori, passioni e gusti. È necessario mettere al centro i ragazzi, at­traverso una dimensione attenta all’ascolto e un’elaborazione di con­tenuti e strategie che tenga presente che Cristo stesso ha collocato i bambini nell’ambito del popolo di Dio.

50 È, dunque, necessario fare il possibile perché non si sentano respin­ti ma accolti, si sentano a proprio agio, a casa nelle nostre comunità. Occorre creare un tessuto di comunità cristiana, attento e accoglien­te, nella consapevolezza che i ragazzi non sono solo interlocutori ma membri attivi della comunità cristiana, portatori di un’istanza peculiare, testimoni della presenza del Signore nel mondo.

51 È urgente, quindi, mettersi in ascolto della parola di Dio e, in particolar modo, della parola di Dio che parla dei ragazzi, e questo prima di fargliela ascoltare. Esiste poi un diritto alla parola di Dio, ai linguaggi che esprimono l’esperienza credente a misura di ragazzi. E ciò senza riduzioni e senza mediazioni banalizzanti.

52 I ragazzi, con le loro domande e le loro istanze, aiutano a rimodel­lare l’esperienza di fede degli adulti; la comunità cristiana con la sua prassi battesimale, educativa e liturgica dona ai ragazzi Cristo: la vita, la Parola e il pane di vita, realizzando un compito specifico affidato da Cristo stesso alla sua comunità.

53 I ragazzi, infine, chiedono ascolto e rispetto, chiedono di poter co­noscere il Signore della vita ed è necessario permettere che possano andare a lui, sviluppando modalità che mostrino come a Dio si va in compagnia degli altri, degli amici, offrendo spazi e luoghi dove si pos­sa fare esperienza della presenza e della vicinanza di Dio.

54 Chi sono i ragazzi? Persone da conoscere e amare Strumenti per il laboratorio 1. I ragazzi del XXI secolo Vi riconoscete nella descrizione dei ragazzi di oggi offer­ta nel testo? Che cosa maggiormente vi colpisce del loro «mondo»? Dopo aver scorso l’elenco dei vostri ragazzi, provate a evi­denziare i 5 pregi e i 5 difetti che, secondo voi, li caratte­rizzano maggiormente: pregi  difetti 

55 2. Carissimo giovane amico... Nella catechesi vi sarete dovuti scontrare con qualche atteggiamento sfrontato dei ragazzi. Abbiamo visto che ciò dipende spesso dal fatto che hanno modi di ascoltare, essere attenti, ragionare, intervenire... molto diversi da quelli di un tempo. Vi suggerisco di scegliere uno dei ragazzi che a volte vi fa arrabbiare per il suo modo di parlare o di stare nel gruppo, e di immaginare di scrivergli una lettera, che potrà iniziare dicendo con molta semplicità che cosa vi indispettisce del suo comportamento. Poi gli spiegherete che, riflettendo, avete scoperto come le cose sono diverse da come sembrano a prima vista. E concluderete dicendo che potrete comunicare tra voi e volervi bene. La lettera non andrà consegnata all’interessato, ma potrete tenerla voi per rileggerla se dovesse ripresentarsi una situazione analoga. Caro...


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