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PubblicatoSabina Vinci Modificato 8 anni fa
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le moderne politiche sociali si definiscono ispirandosi agli stessi principi (diritti di cittadinanza, integrazione sociale, solidarietà) ma non necessariamente hanno la stessa dinamica di sviluppo e lo stesso profilo. In termini astratti e tenendo conto del diverso ruolo che lo Stato può rivestire, R. Titmuss ha proposto una articolazione dei modelli di politica sociale basata su tre distinte opzioni Ferrera, pp.17-22
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i modelli idealtipici di politica sociale secondo Titmuss: residual welfare model (modello residuale) industrial achievement-performance model (modello acquisitivo) institutional redistributive model (modello redistributivo) (R. Titmuss, Social Policy, 1974) Nota bene: 1) i modelli di politica sociale di Titmuss (elaborati tra gli anni ‘50 e ‘60) fanno riferimento ad un contesto di welfare state e quindi prestano particolare attenzione al ruolo dello Stato 2) l’epoca in cui vengono formulati (trentennio glorioso) fa immaginare a Titmuss che i tre modelli corrispondano ad inevitabili stadi di sviluppo della protezione sociale Ferrera, pp.17-22
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modello residuale il soddisfacimento dei bisogni e la copertura dei rischi è attribuita al mercato e/o alle reti sociali primarie; lo Stato interviene – in modo selettivo (means test) e con azioni limitate nel tempo e nei contenuti – solo quando le risposte tradizionali risultano inefficaci o inadeguate. Nel modello residuale la politica sociale statuale è concepita come intervento ex post POLITICHE SOCIALI COME ASSISTENZA
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modello acquisitivo-performativo il soddisfacimento dei bisogni e la copertura dei rischi è collegata ai meccanismi di autoprotezione che derivano dal posizionamento dell’individuo sul mercato del lavoro. Il modello è essenzialmente produttivo-corporativo e propone una politica sociale costruita sui “meriti” connessi allo status occupazionale: chi ha lavorato e versato i contributi ha maturato il diritto a delle prestazioni che andranno ad integrare il livello di vita e di sicurezza che può procurarsi autonomamente. Lo Stato è regolatore e garante delle politiche sociali ma non si fa carico direttamente della loro realizzazione POLITICHE SOCIALI COME ASSICURAZIONE
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modello istituzionale-redistributivo la copertura dei rischi e il soddisfacimento dei bisogni sono assicurati dal sistema pubblico in modo universalistico e indipendente dalla collocazione dell’individuo nel mercato del lavoro. Lo Stato è regolatore e soprattutto finanziatore delle politiche sociali. Il benessere sociale è considerato un valore da assicurare ai cittadini indipendentemente dal fatto che lo abbiano “meritato”. Le politiche sociali, quindi, mirano a garantire in modo generalizzato uguaglianza di opportunità, senza per questo eliminare le differenze prodotte dagli altri sistemi di allocazione delle risorse (mercato e reti di sostegno). Le prestazioni e i servizi sono forniti da istituzioni pubbliche su base universalistica e sono sostenuti da risorse attinte dal sistema fiscale (principio di redistribuzione). POLITICHE SOCIALI COME SICUREZZA SOCIALE
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In sintesi, le politiche sociali assumono la veste di ASSISTENZA SOCIALE quando esse si caratterizzano per la erogazione di prestazioni e benefici in base alla prova dei mezzi; l’intervento è quindi residuale e limitato nel tempo, perché lo stato affida principalmente al mercato e alla famiglia i processi allocativi delle risorse sociali ASSICURAZIONE SOCIALE quando esse si caratterizzano per la erogazione di prestazioni standardizzate in base a precisi diritti/doveri individuali (pagamento dei contributi) normalmente associati ad una condizione occupazionale stabile SICUREZZA SOCIALE quando esse si caratterizzano per soddisfazione dei bisogni e la copertura dei rischi estesa a tutti i cittadini lungo tutte le fasi del corso della vita
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regime liberalepaesi anglosassoni regime conservatore-corporativopaesi dell’Europa continentale regime socialdemocraticopaesi scandinavi Un tentativo di combinare la modellizzazione tipico-ideale di Titmuss con lo studio di casi si realizza nella originale proposta di Esping- Andersen (G. Esping-Andersen, The Three Worlds of Welfare Capitalism, 1990) Ferrera, pp.39-45 Categorie che consentono di differenziare i regimi di welfare DEMERCIFICAZIONE : la possibilità che in un dato regime di welfare gli individui hanno di astenersi dalla prestazione lavorativa senza rischiare perdite significative di reddito e di benessere DESTRATIFICAZIONE : la capacità che hanno le prestazioni sociali di un dato regime di welfare di attenuare i differenziali di status occupazionale Saraceno, pp.27-40
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regime liberale Predominanza di misure di assistenza basate sulla prova dei mezzi Destinatari principali: bisognosi, poveri, lavoratori a basso reddito. Incoraggiamento del ricorso al mercato: in modo passivo (minima interferenza e regolazione, soprattutto sul mercato del lavoro) o in modo attivo (incentivi per il ricorso a schemi assicurativi non statali) Casi emblematici: Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito Demercificazione bassa: forte dipendenza degli individui dal mercato Destratificazione bassa: dualismo tra “welfare dei ricchi” e “welfare dei poveri”
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regime conservatore-corporativo Predominanza di schemi assicurativi pubblici collegati alla posizione occupazionale (modello bismarckiano) Formule di computo collegate ai contributi e/o alle retribuzioni Destinatari principali: i lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners) Enfasi sulla sussidiarietà degli interventi pubblici: lo Stato interviene nella misura in cui i bisogni non trovano risposta a livello individuale, famigliare o di associazioni intermedie Casi emblematici: Germania, Austria, Francia, Olanda Demercificazione media: la dipendenza dal mercato è solo attenuata Destratificazione medio-bassa: il welfare tende a preservare le differenze di status e classe e la segregazione di genere
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regime socialdemocratico Predominanza di schemi universalistici di sicurezza sociale (modello beveridgeano) Formule di computo generose ma prevalentemente a somma fissa, con finanziamento fiscale Destinatari: tutti i cittadini Casi emblematici: Svezia, Danimarca, Norvegia Demercificazione alta: il welfare state mira a marginalizzare l’importanza del mercato come fonte di risposta ai bisogni e ai rischi sociali Destratificazione alta: prestazioni elevate e eguaglianza di trattamento per tutti i cittadini, finanziate tramite il sistema fiscale (progressivo)
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modello sud europeo Europa meridionale: inizialmente modello bismarckiano; nella fase espansiva regime con caratteri distinti: prestazioni generose per dipendenti pubblici e di grandi imprese, meno per categorie periferiche; assenza di protezione contro povertà fino a anni ’80: sistema dualistico e polarizzato; famiglia come ammortizzatore sociale istituzione di servizi sanitari nazionali negli anni ’70-80 elevato particolarismo (sia erogazione che finanziamento)
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Regimi di welfare anglosassone:mercato europeo continentale:status occupazionale + famiglia scandinavo:Stato mediterraneo:Stato + famiglia caso italiano modello della solidarietà familiare e parentale, della presenza attiva ma incoerente dello Stato, del particolarismo (basso livello di azione statuale strategica) -Approccio bismarckiano nelle politiche di sostegno del reddito -Universalismo nel settore sanitario (SSN 1978) -Scarso sviluppo dei servizi sociali
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il quadro della protezione sociali: il caso italiano Spesa sociale vicina media UE Composizione spesa distorta: tante pensioni a scapito di famiglia, disoccupazione, abitazione (ma copertura universale sanità dal 1978) Inoltre distorsione distributiva: livello diversificato di protezione fra categorie garantite (P.A. e grandi imprese), semi-garantiti e non Uso welfare per fini di consenso partitico Conseguenze: questioni di welfare tra generazioni; familismo, deficit pubblico Ferrera, pp.45-50
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spesa pubblica per la protezione sociale 500 miliardi
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composizione della spesa per la protezione sociale il confronto con l’Europa pensioni
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distorsione distributiva La doppia distorsione del welfare italiano distorsione funzionale Vecchiaia e superstiti Altri rischi Garantiti+++++++ Semigarantiti+++ Non garantiti+-
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nella letteratura scientifica il modello italiano di welfare …. da un punto di vista costituzionale viene definito LAVORISTA (artt. 1, 4 Cost.), SOLIDARISTA (art.2 Cost.) e OCCUPAZIONALE (art. 38 Cost.) ma meglio sarebbe dire “OCCUPAZIONALE MISTO A TRATTI DI UNIVERSALSMO”, perché il S.S.N. dal 1978 garantisce pari prestazioni sanitarie a tutti i cittadini; in base alle caratteristiche tipiche del welfare dell’Europa mediterranea viene considerato FAMILISTA (Ferrera); da un punto di vista politico risulta PARTICOLARISTA e CLIENTELARE (Paci, Ascoli).
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Sistema di Welfare complesso di politiche pubbliche destinate ad assicurare un reddito ai soggetti fuoriusciti dal mercato del lavoro oppure oggettivamente impossibilitati ad accedervi, a garantire un sufficiente livello di cura e assistenza sanitaria ai cittadini, a rimuovere le condizioni di disagio sociale che le persone possono incontrare nel corso della vita. Si realizza attraverso trasferimenti e servizi I SETTORI DI INTERVENTO DELLE POLITICHE SOCIALI pensioni lavoro sanità servizi sociali
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Possibili domande sugli argomenti trattati 1.Descrizione dei modelli di politica sociale proposti da R. Titmuss 2.Quali sono le differenza tra le politiche sociali improntate all’assistenza, quelle basate sul’assicurazione e quelle ispirate alla sicurezza sociale? 3.Quali sono i regimi di welfare identificati da Esping Andersen? 4.Che cosa si intende per demercificazione e destratificazione? 5.I tratti caratteristici del regime di welfare liberale 6.I tratti caratteristici del regime di welfare conservatore corporativo 7.I tratti caratteristici del regime di welfare socialdemocratico 8.Il modello sud europeo: caratteristiche e peculiarità 9.Gli elementi che contraddistinguono il modello di welfare italiano 10. Le finalità delle politiche sociali in Italia e le politiche settoriali
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