La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

INDICI DI VARIABILITÀ GENETICA

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "INDICI DI VARIABILITÀ GENETICA"— Transcript della presentazione:

1 INDICI DI VARIABILITÀ GENETICA
Questo documento è pubblicato sotto licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo

2 Loci polimorfici e monomorfici
Nel lavoro di Das et al., tutti i loci analizzati sono risultati polimorfici, cioè hanno rivelato più di un allele per locus in campioni relativamente piccoli di popolazione. In questo caso ovviamente i loci sono stati scelti dagli autori in quanto polimorfici. Non tutti i loci presi a caso si comportano tuttavia in questo modo, e può accadere che la maggior parte dei loci tipizzati risultino essere costituiti da un solo allele anche in grandi campioni di individui di una data popolazione: in questo caso si parla di loci monomorfici. È però evidente che se si tipizza per un qualsiasi locus un numero arbitrariamente grande di individui, prima o poi ci si imbatterà in un allele mutante; e tuttavia il nostro intuito ci suggerisce di non considerare polimorfico tale locus, per il quale la grande maggioranza degli individui sono omozigoti per un unico allele, e occasionalmente si trovino individui eterozigoti per un allele raro.

3 Proporzione di loci polimorfici
Due limiti convenzionali spesso usati per definire un locus come polimorfico è quando la frequenza dell’allele più comune è minore di 0,99 o 0,95. Usando tali criteri si può descrivere il livello di variabilità genetica riscontrato in una popolazione riportando la proporzione di loci identificati come polimorfici Ad esempio, in uno studio sull'ape domestica sono stati tipizzati 12 loci enzimatici (10 enzimi diversi) in cinque popolazioni (4 greche e 1 cipriota).

4 Allozimi I 10 loci studiati rappresentano un classico nelle analisi di genetica delle popolazioni. Si tratta dei cosiddetti allozimi, che furono introdotti a metà degli anni ’60 e appartengono alla classe dei loci studiati mediante l’elettroforesi delle proteine La particolarità di queste proteine è che si tratta di enzimi, dei quali quindi si può utilizzare la specificità di substrato per catalizzare reazioni di colorazione specifiche, dopo che le molecole hanno migrato in un gel sottoposto ad un campo elettrico Nel corso del tempo sono state messe a punto una quarantina di reazioni specifiche di altrettanti enzimi

5 Allozimi studiati per polimorfismi genetici

6 Circa 1/3 dei loci sono polimorfici
La proporzione dei loci polimorfici usando il criterio del 95% mostra che per 4 delle 6 popolazioni un terzo (4 loci su 12) , vengono classificati come polimorfici, mentre una popolazione (Kasos) ha un solo locus polimorfico e l’ultima ha 5 loci polimorfici.

7 Conseguenze di diversi criteri
Se però si utilizza il criterio del 99%, i dati si modificano (gli autori riportano in dettaglio le frequenze alleliche di tutti i sitemi, per cui è possibile effettuare il calcolo): per esempio la popolazione di Kasos risulterebbe avere 4 loci polimorfici anzichè 1. Ciò mostra che se si utilizzano criteri diversi per la definizione di locus polimorfico si può cambiare l'ordine delle popolazioni rispetto a questo indice di variabilità genetica La proporzione di loci polimorfici non è dunque una buona misura della variabilità genetica presente in una popolazione Essendo tuttavia un parametro descrittivo di significato immediato esso è spesso riportato nelle tabelle che confrontano risultati sulla variazione genetica in popolazioni diverse

8 Eterozigosità osservata e attesa
Le ultime due colonne della tabella di Bouga et al., riportano i valori di due parametri denominati Ho e He, che stanno rispettivamente per eterozigosità osservata e attesa Questi due indici sono molto più appropriati per misurare la variabilità genetica, e sono quasi universalmente riportati negli studi sperimentali di genetica delle popolazioni Si può notare che nello studio di Bouga et al. la popolazione di Ikaria risulta geneticamente più variabile di quella di Phthiotida sulla scala dell’eterozigosità , mentre il contrario avviene sulla scala della proporzione di loci polimorfici

9 L'eterozigosità osservata
L’eterozigosità osservata è semplicemente la proporzione di individui eterozigoti osservati per ciascun locus. Quindi per un dato campione di dimensione N si contano tutti gli individui eterozigoti Nhet e tutti gli individui omozigoti Nhom, indipendentemente dai genotipi, e il rapporto H = Nhet/N è l’eterozigosità del locus, mentre Nhom/N è l’omozigosità

10 L'eterozigosità attesa
In analogia con le frequenze genotipiche attese si può definire l’eterozigosità attesa, Hexp, come la probabilità che un genotipo preso a caso da una popolazione panmittica sia eterozigote ad un certo locus; Dalla legge di HW segue immediatamente che, per un locus diallelico, Hexp = 2p1p2 = 1 – p12 – p22 In generale quindi, per loci con un qualsiasi numero di alleli, segue che Hexp = 1 – S pi2.

11 L'eterozigosità attesa come indice di variabilità genetica
L'eterozigosità attesa è un indice naturale di variabilità genetica per ciascun locus. Essa non dipende dall'arbitrarietà della definizione del polimorfismo, ed è univocamente definita dalla lista delle frequenze alleliche. L'eterozigosità attesa si può intendere come la probabilità che un genotipo estratto a caso da ua popolazione in equilibrio sia eterozigote. L’eterozigosità media è la media aritmetica di questa quantità su tutti i loci di interesse. A volte si usa il simbolo h per definire l’eterozigosità di un singolo locus e il simbolo H per indicare l’eterozogosità media, altre volte si usano Ho e He (o simili) per distinguere eterozigosità osservata e attesa. In genere comunque con “eterozigosità di una popolazione” si intende l’eterozigosità attesa media.

12 Generalità del concetto di eterozigosità
L'eterozigosità media calcolata su molti loci ha il duplice significato di proporzione di individui eterozigoti a ciascun locus nella popolazione e di proporzione di loci eterozigoti per individuo Con un unico indice ci si può quindi riferire sia alla variabilità genetica esistente nella popolazione che alla variabilità genetica presente in ciascun individuo Il concetto di eterozigosità si può anche applicare alle specie aploidi (per le quali non esistono nè omozigoti nè eterozigoti); in questo caso essa corrisponde alla probabilità che due geni presi a caso dalla popolazione siano identici È quindi chiaro come l’eterozigosità sia una misura generale della variabilità genetica esistente in una qualsiasi popolazione; per questo motivo è anche chiamata diversità genica.

13 Equivalenza fra eterozigosità degli individui ed eterozigosità della popolazione
Il valore “1”nella tabella significa che l'individuo è eterozigote Il vaor medio calcolato sull'intera tabella è ovviamente identico sia che si parta dalle medie marginali di riga che di colonna Il valore atteso dell'eterozigosità attesa di ciascun individuo è pari all'eterozigosità della popolazione. I valori osservati tendono a coincidere con l'atteso su un grande numero di loci


Scaricare ppt "INDICI DI VARIABILITÀ GENETICA"

Presentazioni simili


Annunci Google