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La cessione e l’affitto d’azienda
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La cessione d’azienda Indice: L’azienda
La cessione di azienda: aspetti civilistici: La forma del contratto Il divieto di concorrenza Il subentro del cessionario nei contratti stipulati dal cedente Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente Aspetti tributari della cessione d’azienda: Il regime ordinario della tassazione delle plusvalenze realizzate in sede di cessione d’azienda Trasferimento mortis causa e donazione dell’azienda Le imposte indirette nell’atto di cessione d’azienda Le responsabilità fiscali del cessionario 04/03/2011
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L’affitto di azienda Aspetti civilistici dell’affitto di azienda:
I diritti e i doveri dell’affittuario dell’azienda La forma del contratto Il bilancio di esercizio dell’affittante e dell’affittuario nell’affitto d’azienda Approccio formale Approccio sostanziale Aspetti tributari dell’affitto d’azienda 04/03/2011
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L’azienda Definizione di azienda (art c.c.): “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Tale collegamento funzionale si sostanzia nell’attività “organizzativa” dell’imprenditore diretta ad attribuire ai beni una determinata qualità: quella di essere funzionalmente e reciprocamente collegati in un complesso produttivo unitario. Il termine “azienda” va inteso in senso ampio, comprensivo cioè anche di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, ma comunque universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa. 04/03/2011
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Suprema Corte : si ha un “ramo di azienda” in quanto sia identificabile “un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta alla produzione di beni e servizi. Affinché si abbia azienda non è necessario che l’impresa sia in esercizio, ma è sufficiente che il complesso dei beni organizzati abbia l’attitudine a realizzare la finalità economica cui quell’organizzazione tende. L’azienda sussiste anche se, non sia entrata ancora in funzione ovvero se, per qualsiasi causa temporanea, la gestione sia sospesa. 04/03/2011
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L’avviamento non è elemento, ma una “qualità” dell’azienda: attitudine dell’azienda a produrre beni o servizi e, quindi, profitto; maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono. L’avviamento costituisce un elemento non essenziale dell’azienda stessa, rispetto alla quale non può avere una esistenza autonoma, con la conseguenza che la sua cessione è accompagnata, necessariamente, dalla cessione dell’azienda. 04/03/2011
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Da non confondere con il concetto di avviamento è quello di “clientela”.
Suprema Corte: l’avviamento e la clientela, pur costituendo entrambi indici di valore capitale dell’azienda, rispondono a concetti non coincidenti. Ed infatti, mentre il primo (avviamento) sta ad indicare la potenzialità economica dell’azienda — cioè l’attitudine di questa a produrre beni e servizi — e in particolare ad attirare clienti —, il secondo (clientela) si riferisce, invece, al complesso dei clienti attirati. 04/03/2011
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La cessione di azienda: aspetti civilistici
(artt. dal 2556 al 2560 c.c) La forma del contratto Art c.c., comma 1: “Per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda debbono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto”. Una prima considerazione: l’azienda non ha giuridicamente una propria legge di circolazione ma, piuttosto, circola secondo le forme proprie dei singoli beni che la compongono. 04/03/2011
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La forma scritta è richiesta unicamente ad probationem, con la conseguenza che le parti, in assenza di un atto scritto, non sono in grado di provare l’eventuale trasferimento. Si tratta di pubblicità legale, avente efficacia dichiarativa, vale a dire rilevante solo sul piano della conoscenza legale e in termini di opponibilità nei confronti di terzi. Qualora l’azienda comprenda uno o più beni per il cui trasferimento sono previste forme particolari, è necessario fare riferimento a tali forme per il trasferimento dell’azienda stessa: se l’azienda comprende beni immobili o mobili registrati, il contratto di cessione richiederà la forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità (ai sensi dell’art c.c). 04/03/2011
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Art c.c., comma 2: “I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, debbono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante”. (per taluni forma scritta ad substantiam). Il notaio che interviene nella redazione del contratto ha l’obbligo di: — depositare entro trenta giorni l’atto di cessione presso il Registro delle Imprese; — comunicare al questore la generalità dei contraenti, i dati identificativi dell’azienda e il prezzo pattuito, il tutto entro il mese successivo alla vendita. 04/03/2011
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Il contratto di cessione non richiede che i beni oggetto di trasferimento vengano dettagliatamente individuati, ma nella prassi contrattuale viene comunque attribuita grande importanza all’identificazione delle componenti del complesso aziendale, effettuata con l’ausilio di apposite ricognizioni, il più delle volte effettuate da esperti nominati dalle parti, il cui risultato, consistente in situazioni patrimoniali ed inventari, diventa parte integrante del contratto di cessione. Le attività indicate nei bilanci ed inventari presi a base per la vendita costituiscono il parametro di riferimento, alla data della cessione del complesso aziendale, anche al fine di garantire l’acquirente da ogni eventuale sopravvenienza passiva che dovesse sorgere successivamente al suo acquisto, che sia riconducibile alla gestione precedente. 04/03/2011
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Deve essere tenuto distinto dalla cessione di azienda l’accordo in ordine alla voltura delle autorizzazioni amministrative all’esercizio dell’attività (licenza del commercio): la licenza non è parte dei beni aziendali ed essendo comunque intrasmissibile non può essere trasferita in uno con l’azienda. Il cosiddetto “accordo di voltura della licenza” vale allora come obbligo del cedente a rinunciare alla licenza e a non opporsi al rilascio della stessa a nome del cessionario. Le parti possono però condizionare il negozio di cessione dell’azienda al rilascio della nuova licenza. 04/03/2011
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Il divieto di concorrenza
Art 2557 c.c.: il soggetto che cede l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Se nel patto è indicata una durata superiore a cinque anni o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento. Deve, dunque, ritenersi indubitabile che il limite di cinque anni per il divieto di concorrenza, ivi stabilito, è di ordine pubblico e non può essere derogato in aumento dalla volontà delle parti. 04/03/2011
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La ratio della norma risiede nella circostanza che chi acquista un’azienda ha diritto ad assicurarsi l’avviamento inteso come clientela; per questo si prevede che chi cede un’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. In caso di cessione delle quote di una società a responsabilità limitata, laddove i soci cedenti, anche per il tramite di una società di nuova costituzione, vadano a svolgere un’attività analoga a quella esercitata dalla società a responsabilità limitata e idonea a sviare la clientela di quest’ultima, tale attività è censurabile ai sensi dell’art c.c. che deve ritenersi applicabile in via analogica anche alle cessioni di partecipazioni sociali. 04/03/2011
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Ed inoltre: se l’alienante, dopo la cessione dell’azienda, come socio di maggioranza ed amministratore unico, partecipi alla costituzione di una società di capitali per l’esercizio di attività che per oggetto, ubicazione od altre circostanze possa sviare la clientela dell’azienda ceduta, pone in essere comportamenti elusivi del divieto posto dall’art c.c.; l’alienante che, dopo aver venduto la propria azienda, abbia iniziato a quattro mesi di distanza dalla cessione la gestione di altra impresa di vendita di prodotti analoghi e situata a breve distanza dalla prima, viola l’art c. c., risultando irrilevante la circostanza che la licenza relativa al nuovo esercizio sia intestata alla figlia dell’alienante; se l’alienante concorre alla costituzione di una società di fatto ed allo svolgimento nel suo ambito di attività di rilievo, si configurano i presupposti per l’applicazione dell’art c.c. 04/03/2011
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Il subentro del cessionario nei contratti
stipulati dal cedente Art c.c.: “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”, quindi nei contratti “pendenti” al momento dell’alienazione. Art secondo comma c.c., peraltro, “Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante”. 04/03/2011
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Questa norma costituisce una deroga alla regola generale in materia di cessione dei contratti (art c.c.), che subordina l’effetto della cessione al consenso del terzo contraente. La ratio di tale disposizione derogatoria (art c.c.) è quella di salvaguardare l’azienda, intesa come insieme di beni organizzato in funzione dell’esercizio, anche contrattuale, dell’impresa e pertanto di anteporre la salvaguardia delle potenzialità produttive dell’impresa stessa all’interesse dei terzi creditori. In questa ottica il passaggio dei contratti diventa un elemento naturale del passaggio dell’azienda. 04/03/2011
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A temperare tale principio, lo stesso art. 2558 c. c
A temperare tale principio, lo stesso art c.c. prevede però la possibilità del patto contrario (“se non è pattuito diversamente…”) che permette alle parti contraenti di evitare tale “automatismo”. Non si ha subentro automatico del cessionario rispetto al cedente soltanto per quei contratti che abbiano “carattere personale”, quali ad esempio i contratti in cui prevale l’elemento fiduciario come la scelta del consulente legale, l’adesione dell’imprenditore alienante ad una associazione sindacale di datori di lavoro oppure al patto di non concorrenza concluso a suo tempo dall’imprenditore alienante con altro imprenditore. 04/03/2011
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La successione dell’acquirente nei contratti trova una particolare applicazione nell’art c.c. per i contratti di lavoro dipendente: “In caso di trasferimento dell’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”. Non è ammesso patto contrario. La ratio di tale inderogabilità è ravvisabile innanzitutto nella necessità di garantire la tutela al prestatore di lavoro e di evitare che la cessione dell’azienda da parte dell’imprenditore possa pregiudicare l’unità economica dell’impresa, compromettendone la capacità produttiva. 04/03/2011
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Inoltre, “L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento...”. Per le aziende con più di 15 dipendenti si deve inoltre comunicare per iscritto alle rappresentanze sindacali il motivo della cessione con preavviso di almeno 25 giorni rispetto al trasferimento, indicando le ragioni giuridiche ed economiche dell’operazione (cfr. art. 47 L. n. 428/1990). 04/03/2011
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Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente
Per quanto attiene alla disciplina dei crediti e dei debiti relativi all’azienda ceduta occorre fare riferimento agli artt e 2560 c.c. Per quanto attiene ai crediti relativi all’azienda ceduta l’art c.c. dispone che “La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante…”. 04/03/2011
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Suprema Corte: la cessione dei crediti nei confronti dei terzi è automatica, “organica alla cessione di azienda”, a prescindere dalla specifica indicazione dell’atto di trasferimento. Tale cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando gli venga notificata o venga da lui accettata e comunque dal momento dell’iscrizione della cessione d’azienda presso il Registro delle Imprese. Appare comunque opportuno, nell’atto di cessione, elencare i crediti che si trasferiscono ed è indispensabile precisare se, per i crediti ceduti, il cedente assuma o meno una garanzia per il buon fine degli stessi. In assenza di una specifica pattuizione, il cedente assume una garanzia in tal senso, vale a dire in ordine al buon fine dei crediti ceduti. 04/03/2011
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Per quanto attiene ai debiti relativi all’azienda ceduta l’art. 2560 c
Per quanto attiene ai debiti relativi all’azienda ceduta l’art c.c. dispone che “L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. La ratio della norma: nessun ostacolo alla circolazione dell’azienda e di risolvere il conflitto di interessi fra creditore del cedente e cessionario, privilegiando l’interesse di quest’ultimo a rimanere estraneo ai debiti preesistenti la cessione, salvo che essi risultino dalle scritture contabili e quindi abbiano certamente concorso alla determinazione del prezzo di cessione. 04/03/2011
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Aspetti tributari della cessione d’azienda (artt
Aspetti tributari della cessione d’azienda (artt. 17, 58, 67 e 86 TUIR) Il regime ordinario della tassazione delle plusvalenze realizzate in sede di cessione d’azienda La cessione di azienda (fatti salvi i regimi di neutralità fiscale nel caso di trasferimento mortis causa o di donazione dell’azienda) comporta la tassazione in capo al cedente della plusvalenza determinata dalla differenza tra il prezzo di realizzo e il “valore di carico” dell’azienda oggetto di cessione (sommatoria dei valori di tutti i beni che la compongono). 04/03/2011
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Nel caso il soggetto cedente sia un imprenditore in contabilità semplificata si deve fare riferimento ai valori desumibili dal libro dei cespiti ammortizzabili o dalle altre scritture obbligatorie (i registri IVA). Se l’azienda è posseduta per un periodo non inferiore a tre anni è possibile optare per la “tassazione differita” della plusvalenza, che consente di fare concorrere alla formazione del reddito imponibile la plusvalenza per quote costanti in un massimo di cinque periodi di imposta (a tal fine non è rilevante la circostanza che i singoli beni componenti l’azienda siano posseduti da meno di tre anni). 04/03/2011
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Inoltre, se l’azienda è posseduta da più di cinque anni il legislatore (comma 1, lett. g) dell’art. 17 TUIR) ha previsto la “tassazione separata” della plusvalenza (con l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo del contribuente nei due anni precedenti o al reddito complessivo di uno di tali anni se nell’altro non vi sia stato reddito imponibile) qualora: la plusvalenza sia realizzata da impresa individuale (e non da società di persone o di capitali); sia fatta esplicita richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui è stata realizzata la plusvalenza. 04/03/2011
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Trasferimento mortis causa e donazione dell’azienda
Art. 58, comma 1, TUIR : “Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa; l’azienda é assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi”. 04/03/2011
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Il trasferimento a titolo gratuito dell’azienda al momento del decesso dell’imprenditore non determina quindi realizzo delle plusvalenze d’azienda a condizione però che il soggetto beneficiario assuma i beni ricevuti allo stesso valore fiscalmente riconosciuto in capo al dante causa. In tal modo, le eventuali plusvalenze o minusvalenze “latenti” sui beni componenti l’azienda emergeranno unicamente al momento di una successiva dismissione di tali beni strumentali ovvero della cessione dell’azienda medesima da parte dell’erede o del soggetto donatario. La neutralità fiscale dell’operazione è dunque subordinata alla circostanza che venga mantenuta la continuità dei valori fiscali dei beni aziendali trasferiti mortis causa o per atto di donazione. 04/03/2011
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Qualora l’erede o il soggetto donatario effettui una successiva cessione a titolo oneroso dell’azienda, il comma 1 dell’art. 67 TUIR stabilisce che: “Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”……… h-bis) “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione,anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58”. 04/03/2011
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Il trattamento fiscale della plusvalenza è, dunque, differente a seconda che il soggetto cedente sia o meno imprenditore al momento della cessione: se il donatario o l’erede non ha esercitato l’impresa la plusvalenza realizzata dà luogo ad un “reddito diverso” ai sensi della lett. h bis) dell’art. 67 TUIR che viene tassato con il criterio di cassa. In tale ipotesi non risulterà applicabile la tassazione separata né il differimento della plusvalenza poiché l’art. 67 qualifica appunto tale plusvalenza come “reddito diverso” sottraendolo al regime di tassazione del reddito d’impresa; 04/03/2011
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se il donatario o l’erede ha invece continuato l’esercizio dell’attività d’impresa e, quindi, riveste lo status di imprenditore al momento della cessione, la plusvalenza realizzata è tassabile ed è determinata ex art. 86 concorrendo a formare il reddito di impresa con il criterio di competenza. In tal caso dovrebbe risultare applicabile — laddove l’azienda sia posseduta da più di cinque anni — la tassazione separata e, unicamente se il cedente continua a rivestire lo status di imprenditore dopo la cessione, — laddove l’azienda sia posseduta da più di tre anni — la tassazione differita. 04/03/2011
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Le imposte indirette nell’atto di cessione d’azienda
Ai fini delle imposte indirette la cessione di azienda è operazione estranea all’IVA ed è soggetta all’imposta di registro (d.P.R. n. 131/1986) rendendosi applicabili le seguenti aliquote (diverse, in ragione della diversa tipologia dei beni che compongono l’azienda: 7% per i beni immobili e i diritti reali immobiliari (sui beni immobili sono dovute anche le imposte ipotecarie e catastali in misura pari complessivamente al 3 per cento); 3% per i beni mobili, incluso l’avviamento. 04/03/2011
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Art. 23, I co. D.P.R. n.131/1986 : “Se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l’aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti”. Pertanto, se l’azienda ceduta comprende immobili e mobili e il prezzo pattuito è unico, sarà applicabile l’aliquota degli immobili più elevata; nel caso in cui, invece, nel contratto siano stati attribuiti specifici valori per i singoli beni si applicheranno distinte aliquote. Appare quindi opportuno porre molta attenzione a tale aspetto in fase di stesura del contratto. L’atto di cessione di azienda è soggetta ad accertamento di valore da parte dell’A.F. e la valutazione dell’avviamento rappresenta una problematica non trascurabile rilevanza specie perché molto spesso foriera di contenzioso. 04/03/2011
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In sede di contrattazione, l’avviamento concorre alla determinazione del prezzo per la differenza tra il prezzo medesimo e il valore rivalutato dei beni dell’attivo al netto delle relative passività. Appare, pertanto, evidente che le motivazioni che possono portare alla determinazione del valore in esame sono varie e strettamente correlate con le caratteristiche qualitative e soggettive del complesso aziendale oggetto di cessione. 04/03/2011
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Proprio l’estrema soggettività del concetto di avviamento ha indotto l’Amministrazione Finanziaria a stabilire dei criteri di riferimento cui l’Ufficio, in sede di accertamento, deve riferirsi e tali criteri, se da un lato possono creare distorsioni nell’applicazione al caso concreto, dall’altro permettono al contribuente di avere in anticipo un “valore” di riferimento su cui basarsi in fase di negoziazione, potendo altresì predisporre con congruo anticipo la documentazione giustificativa per un eventuale contenzioso nel caso di dichiarazione dell’avviamento su valori inferiori 04/03/2011
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Le responsabilità fiscali del cessionario
In virtù dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997 il cessionario dell’azienda risponde in via solidale con il cedente: per le imposte e le sanzioni con riguardo alle violazioni relative all’anno in cui si è verificata la cessione e nei due precedenti; per le sanzioni già irrogate e contestate nell’anno in cui si è verificata la cessione e nei due precedenti, anche nel caso in cui le violazioni risalgano a periodi antecedenti l’imposta. 04/03/2011
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Tale responsabilità è soggetta a tre differenti limiti:
non può eccedere il valore dell’azienda o del ramo d’azienda; è successiva alla preventiva escussione del cedente; è circoscritta al debito indicato, alla data della cessione, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti competenti per l’accertamento dei tributi ad essi relativi. 04/03/2011
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Considerata l’importanza per il cessionario degli effetti derivanti dall’ultimo limite, la norma prevede la possibilità di chiedere agli uffici dell’A.F. e agli enti competenti per l’accertamento un certificato che attesti l’esistenza di contestazioni, in corso o definite, per le quali non si sia già provveduto ad estinguere i debiti relativi. Qualora il predetto certificato sia negativo o non venga rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta, esso assume pieno effetto liberatorio del cessionario. Nel certificato debbono essere enunciate anche le violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione o nel biennio precedente e già constatate dall’Ufficio o dall’ente competenti, ancorché alla data del trasferimento non sia stato ancora emesso il relativo atto di contestazione o di irrogazione della sanzione (Circ. Min. n. 180/E cit.). 04/03/2011
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L’affitto di azienda Aspetti civilistici dell’affitto di azienda
(articoli 2561, 2562 c.c.) I diritti e i doveri dell’affittuario dell’azienda Art c.c. :“L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte. Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell’azienda, si applica l’art La differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. 04/03/2011
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L’art c.c. disciplina l’affitto di azienda prevedendo l’estensione a tale fattispecie del disposto di cui al precedente art c.c. (usufrutto di azienda). Il soggetto affittuario ha il potere-dovere di utilizzare l’azienda per l’esercizio dell’impresa, conservando immutata la sua destinazione economica e conservando altresì l’avviamento e il valore unitario della stessa in vista della restituzione al proprietario. Proprio per la conservazione dell’avviamento ha il potere e l’obbligo di trasformare, alienare e ricostituire le scorte di materie prime nonché di sostituire gli impianti non più efficienti o tecnicamente superati e, in linea generale, tutti gli elementi aziendali la cui sostituzione è in linea con la prospettiva di conservazione dell’azienda. 04/03/2011
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In altre parole ciò significa che risultano a carico del soggetto affittuario tutte le spese di manutenzione di natura ordinaria nonché quelle di natura straordinaria, limitatamente però agli interventi di natura meramente conservativa della efficienza dell’azienda oggetto di contratto. Peraltro, in deroga all’art c.c., le parti possono comunque prevedere nel contratto l’obbligo di “conservare l’efficienza dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte” a carico del proprietario. 04/03/2011
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La forma del contratto L’art. 2556 c. c
La forma del contratto L’art c.c. prevede, per le imprese soggette a registrazione, che i contratti aventi ad oggetto il trasferimento dell’azienda devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che la compongono o per la particolare natura del contratto; il contratto di affitto di azienda deve essere iscritto nel Registro delle Imprese. Dal dettato normativo risulta certa l’esigenza della forma scritta ad probationem per il contratto di affitto dell’azienda. 04/03/2011
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Il bilancio di esercizio dell’affittante e dell’affittuario nell’affitto d’azienda Sotto un profilo civilistico un aspetto di particolare rilievo attiene alla iscrizione dei beni aziendali nel bilancio dell’affittante e dell’affittuario. Per quanto attiene alla tecnica contabile da adottare in ipotesi di affitto d’azienda la dottrina ha proposto due possibili approcci: uno “formale”, più seguito nella pratica e uno “sostanziale”, avanzato da alcuni studiosi di economia aziendale. 04/03/2011
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Approccio “formale” L’assunto di partenza è che i beni dell’azienda affittata restino in proprietà del locatore anche durante il contratto e che in bilancio sia possibile iscrivere solo i beni di proprietà e non anche quelli di cui si ha la mera disponibilità. Conseguenza di tale affermazione è che gli elementi attivi e passivi dell’azienda oggetto di affitto rimangono iscritti nel bilancio dell’affittante. Il trasferimento in godimento dell’azienda viene pertanto evidenziato, tanto da parte di quest’ultimo quanto da parte dell’affittuario, nei rispettivi sistemi dei conti d’ordine. 04/03/2011
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Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante:
alla consegna dell’azienda esegue le opportune scritture di assestamento al fine di rispettare il principio di competenza nell’imputazione dei proventi e degli oneri alla frazione di esercizio antecedente alla data di trasferimento dell’azienda ed iscrive tutti i beni (e diritti) che compongono l’azienda nei conti d’ordine accesi ai “Beni dell’azienda presso terzi”; 04/03/2011
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al termine del contratto di affitto chiude i conti d’ordine ed adegua i propri valori contabili a quelli della situazione patrimoniale dell’azienda riconsegnata dall’affittuario e risultante dall’apposito inventario redatto a valori contabili alla scadenza del contratto. Contestualmente occorre calcolare l’importo del conguaglio in denaro (comma 4 dell’art c.c.) e dal confronto tra tale conguaglio e la variazione contabile netta rilevata a seguito della riconsegna dell’azienda origina contabilmente una sopravvenienza attiva o passiva per l’affittante. 04/03/2011
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Coerentemente, l’affittuario:
alla consegna dell’azienda rileva tutti i beni (e diritti) che compongono l’azienda nei propri conti d’ordine accesi ai “Beni di terzi presso l’azienda” ; al termine del contratto di affitto, effettuate le opportune scritture di assestamento al fine di rispettare il principio di competenza, provvede a chiudere i conti d’ordine nonché i conti principali movimentati per la gestione dell’azienda, determinando la differenza tra il saldo contabile delle posizioni “creditorie” con quelle “debitorie”. La somma algebrica tra tale saldo e il conguaglio (comma 4 dell’art c.c.) determina, specularmente a quanto precisato per l’affittante, una sopravvenienza attiva o passiva. 04/03/2011
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Approccio “sostanziale”
Tale seconda tecnica contabile privilegia la circostanza che i beni facenti parte dell’azienda entrano nell’effettiva disponibilità dell’affittuario: gli stessi possono dunque essere trattati contabilmente come se fossero di sua proprietà. Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante: alla consegna dell’azienda elimina dalla propria contabilità tutti i beni (e diritti) che compongono l’azienda iscrivendo in contropartita un credito verso l’affittuario che esprime, in buona sostanza, il valore del patrimonio netto aziendale; 04/03/2011
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al termine del contratto di affitto:
• riassume nella propria contabilità i nuovi valori degli elementi dell’azienda trasmessi dall’affittuario chiudendo il credito accesso all’inizio del contratto e rilevando le rettifiche di riconsegna; • effettua la somma algebrica tra le rettifiche di consegna e il conguaglio di cui al citato comma 4 dell’art c.c. determinando una sopravvenienza attiva o passiva. 04/03/2011
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Coerentemente, l’affittuario:
provvede a iscrivere gli elementi attivi e passivi dell’azienda affittata nella propria contabilità generale rilevando, in contropartita, un debito nei confronti dell’affittante; al termine del contratto di affitto riconsegna l’azienda al proprietario chiudendo i relativi conti attivi e passivi, chiudendo altresì la posta di debito verso l’affittante e rilevando le rettifiche di riconsegna. Analogamente al caso precedente si procederà al calcolo del conguaglio in denaro e alla determinazione della sopravvenienza attiva o passiva. 04/03/2011
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Aspetti tributari dell’affitto d’azienda (art . 102 TUIR)
Il comma 8 dell’art. 102 TUIR dispone che “Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario (o dell’usufruttuario)”. Tale particolare procedura di ammortamento si rende applicabile quando permangono a carico dell’usufruttuario e dell’affittuario gli obblighi di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili relativi all’azienda avuta in usufrutto o in locazione. 04/03/2011
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Qualora le parti convenissero per iscritto nel contratto di derogare all’obbligo civilistico, l’affittuario non può più procedere alla deduzione delle quote di ammortamento dal proprio reddito d’impresa; il diritto di dedurle spetta al proprietario. Caso particolare: nel caso di affitto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale tale diritto non sussiste posto che la deducibilità delle quote di ammortamento presuppone la presenza di un reddito d’impresa. 04/03/2011
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C.Trib. II grado di Bari, sez. I n. 487 del 17-6-87:
“se l’imprenditore dà in affitto a terzi l’unica azienda di cui è proprietario, perde per ciò stesso la qualifica professionale, venendo meno l’organizzazione d’impresa. Pertanto il reddito ricavato dall’affitto dell’azienda non può qualificarsi reddito d’impresa, ma rientra più propriamente nella categoria residuale dei redditi diversi con la conseguenza che non sono deducibili le quote di ammortamento”. 04/03/2011
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Esclusa la qualificazione di reddito d’impresa, è esclusa anche la detrazione delle quote di ammortamento che la normativa consente nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario. A tale proposito, occorre rilevare che l’art. 67, comma unico, lett. h) TUIR considera “redditi diversi” quelli derivanti dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende e puntualizza che l’affitto e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio di impresa, con la conseguenza che dal disposto di tali norme si ricava la seguente situazione: 04/03/2011
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in caso di affitto dell’unica azienda l’imprenditore “perde” tale qualifica ai fini fiscali e, pertanto, il reddito che ne deriva è “reddito diverso” per il quale non è consentita la deducibilità di quote di ammortamento neppure in presenza di deroga all’obbligo di cui al comma 2 dell’art c.c.; in caso di affitto di aziende nell’esercizio di imprese ed in presenza di deroga convenzionale alle norme dell’art c.c., dal reddito d’impresa del concedente possono dedursi le quote di ammortamento dei beni all’impresa la cui efficienza deve essere conservata a cura del concedente. Autorevole dottrina : in tal caso “le relative quote annue saranno deducibili nella determinazione del reddito d’impresa del concedente”. La deducibilità non può invece essere messa in dubbio qualora il concedente sia una società commerciale il cui reddito è sempre reddito d’impresa. 04/03/2011
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L’affittuario può procedere alla deduzione dal proprio reddito d’impresa anche delle quote di ammortamento dei beni immateriali. Al termine del contratto di affitto emergono redditi tassabili e/o perdite deducibili sia per l’affittante sia per l’affittuario. La corretta rilevazione contabile dell’affitto di azienda richiede che le parti operino, all’inizio e alla scadenza del contratto, una valutazione sia a valori contabili che a valori “correnti” del complesso aziendale per individuare le grandezze patrimoniali che debbono essere trasferite in capo all’affittuario e che verranno riconsegnate da questo all’affittante al termine del contratto: il confronto tra tali grandezze esprime l’entità delle modificazioni prodottesi nei valori contabili e nei valori “correnti” inizialmente trasferiti. 04/03/2011
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Le valutazioni effettuate a valori correnti — che tengono conto non solo delle variazioni contabili ma anche, per esempio, di eventuali plusvalori latenti — sono invece richieste dall’art c.c. (richiamato in materia di affitto di azienda dal successivo art. 2562) il cui comma 4 stabilisce che la “differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. Dal confronto tra tale “saldo” (rappresentativo della reale variazione prodottasi nel valore dell’azienda nel corso dell’affitto) e il differenziale tra i valori contabili (rilevati all’inizio e al termine del contratto) scaturisce contabilmente una sopravvenienza attiva (o passiva) per l’affittante e una sopravvenienza passiva (o attiva) per l’affittuario. 04/03/2011
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L’art c.c. stabilisce, altresì, che le variazioni di valore che il complesso aziendale subisce durante la durata del contratto siano regolate in denaro. Oltre al rilievo che ai fini reddituali assume tale differenza, particolare attenzione deve essere posta con riguardo alle conseguenze fiscali che al momento della cessazione del contratto possono venire a crearsi, nella considerazione che: l’affittante “riprenderà” nella propria contabilità i valori contabili e fiscali che si saranno consolidati in capo all’affittuario ivi inclusi gli ammortamenti, registrando così la differenza che il “patrimonio netto” contabile dell’azienda ha nel frattempo subito; 04/03/2011
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• se positiva, sarà una sopravvenienza attiva tassabile;
l’affittuario riconoscerà in favore dell’affittante a titolo definitivo un importo a fronte della perdita di valore economico dell’azienda; la differenza tra quest’ultimo importo e il decremento che il “patrimonio netto” contabile dell’azienda ha subìto, per l’affittante: • se positiva, sarà una sopravvenienza attiva tassabile; • se negativa, sarà una sopravvenienza passiva deducibile. L’affittuario realizzerà una sopravvenienza attiva o passiva a seconda che le quote di “ammortamento” accantonate siano superiori o inferiori al quantum che dovrà corrispondere in favore dell’affittante al termine del contratto di affitto di azienda 04/03/2011
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