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La protezione internazionale a cura di Diana Genovese
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Convenzione di Ginevra (1951)
Articolo 1 Ai fini della presente Convenzione, il termine di «rifugiato» è applicabile: (…) a chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi.
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Articolo 31 Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell'articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari. Articolo 33 Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche (principio di non- refoulement).
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Art. 10 Costituzione italiana
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. (mai attuato)
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PROTEZIONE INTERNAZIONALE (Direttiva 2011/95/UE)
Definizioni La protezione internazionale comprende lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria
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STATUS DI RIFUGIATO cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno. (= Convenzione di Ginevra del 1951)
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Motivi di persecuzione
RAZZA: si riferisce, in particolare, a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all'appartenenza ad un determinato gruppo etnico. NAZIONALITÀ: non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato. OPINIONE POLITICA: si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori e alle loro politiche o ai loro metodi, indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti. RELIGIONE: include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l'astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte.
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PARTICOLARE GRUPPO SOCIALE: è quello costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune, che non può essere mutata oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, ovvero quello che possiede un'identità distinta nel Paese di origine, perché vi è percepito come diverso dalla società circostante. In funzione della situazione nel Paese d'origine, un particolare gruppo sociale può essere individuato in base alla caratteristica comune dell'orientamento sessuale, fermo restando che tale orientamento non includa atti penalmente rilevanti ai sensi della legislazione italiana; ai fini della determinazione dell'appartenenza a un determinato gruppo sociale o dell'individuazione delle caratteristiche proprie di tale gruppo, si tiene debito conto delle considerazioni di genere, compresa l'identità di genere. N.B. Nell'esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato, è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall'autore delle persecuzioni.
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PROTEZIONE SUSSIDIARIA
cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno. Sono considerati danni gravi: a) la condanna o l’esecuzione della pena di morte; o b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
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PROTEZIONE UMANITARIA misura nazionale a carattere residuale (art
PROTEZIONE UMANITARIA misura nazionale a carattere residuale (art. 5, co. 6, D.lgs. 286/1998) Art. 32 D.Lgs. 25/2008: “Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”.
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Art. 19 d.lgs. 286/98 (T.U.I.) In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti: a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi; b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9; c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado (2) o con il coniuge, di nazionalità italiana ; d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.
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N.B.: Il d.l. n. 13/2017 (Decreto Minniti) ha attribuito alle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea la competenza a giudicare sulle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui all’art. 32, comma 3, del d.lgs. 25/2008.
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Art. 10 D.lgs. 24/2014 (attuazione della Direttiva 2011/36/UE)
All’articolo 32 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. La Commissione territoriale trasmette, altresì, gli atti al Questore per le valutazioni di competenza se nel corso dell'istruttoria sono emersi fondati motivi per ritenere che il richiedente è stato vittima dei delitti di cui agli articoli 600 e 601 del codice penale».
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Art. 600 c.p. Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù
Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
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Art. 601 c.p. Tratta di persone (modif. in attuazione Dir. 2011/36/UE)
È punito con la reclusione da otto a venti anni chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l'autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.
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Cosa si intende per posizione di vulnerabilità?
Art. 2, Dir. 2011/36/UE: “Per posizione di vulnerabilità si intende una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima”. Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (2005) – Relazione esplicativa: per «abuso di una condizione di vulnerabilità» è inteso «l’abuso di qualsiasi situazione in cui la persona coinvolta non ha altra scelta reale ed accettabile che quella di soggiacere all’abuso. Può quindi trattarsi di qualsiasi tipo di vulnerabilità, che può essere fisica, psicologica, affettivo, familiare, sociale od economica. Questa situazione potrebbe, ad esempio, essere una situazione amministrativa precaria o illegale, una situazione di dipendenza economica o uno stato di salute fragile.
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In breve, si tratta dell’insieme delle situazioni di estrema difficoltà che possono indurre un essere umano ad accettare di essere sfruttato». Può trattarsi infatti condizioni di ‘debt bondage’ e/o di dipendenza multipla in presenza del quale la vittima è indotta a credere di non avere altra scelta effettiva se non quella di accettare lo sfruttamento para-schiavistico (i fattori di vulnerabilità possono riguardare: “l’isolamento sociale, la mancata o scarsa conoscenza della lingua e della legislazione locale, l’analfabetismo, la giovane età, talvolta la disabilità, il background familiare che può essere caratterizzato da violenza domestica, il background culturale che è spesso caratterizzato da sfiducia nelle istituzioni e in particolare nelle forze dell’ordine, la precarietà legata allo statua di migrante irregolare”).
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Art. 18 T.U.I. Soggiorno per motivi di protezione sociale
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale. 3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l’affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell’ente locale, e per l’espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l’assistenza e l’integrazione sociale, nonché la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
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3-bis. Per gli stranieri e per i cittadini di cui al comma 6-bis del presente articolo, vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, o che versano nelle ipotesi di cui al comma 1 del presente articolo si applica, sulla base del Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, di cui all'articolo 13, comma 2-bis, della legge 11 agosto 2003, n. 228, un programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale che garantisce, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria, ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 228 del 2003 e, successivamente, la prosecuzione dell'assistenza e l'integrazione sociale, ai sensi del comma 1 di cui al presente articolo. 4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell’ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.
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5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi. 6-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea che si trovano in una situazione di gravità ed attualità di pericolo.
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Art. 22, comma 12, T.U.I. (modif. in attuazione Direttiva 2009/52/UE)
12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato. 12-bis. Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà: a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre; b) se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa; c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale.
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12-quater. Nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo di cui al comma 12-bis, è rilasciato dal questore, su proposta o con il parere favorevole del procuratore della Repubblica, allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, un permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, comma 6. 12-quinquies. Il permesso di soggiorno di cui al comma 12-quater ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno o per il maggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. Il permesso di soggiorno è revocato in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalata dal procuratore della Repubblica o accertata dal questore, ovvero qualora vengano meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio
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Art. 603-bis c.p. Intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo (modificato con legge n. 199/2016) 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque: 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. 2. Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da a euro per ciascun lavoratore reclutato.
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3. Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: 1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. 4. Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro
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N. B. : Con la legge n. 199/2016, l’art. 603-bis c. p
N.B.: Con la legge n. 199/2016, l’art. 603-bis c.p. è stato inserito tra i reati dell’art. 380 c.p.p. (arresto obbligatorio in flagranza), pertanto si rende applicabile l’art. 18 T.U.I. (permesso per motivi di protezione sociale).
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DETERMINAZIONE DELLO STATO COMPETENTE ALL’ESAME DELLA DOMANDA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE (riferimenti normativi: Regolamento UE n. 604/2013; Regolamento UE n. 603/2013)
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REGOLAMENTO (UE) N. 604/2013 (c.d. Dublino III)
Articolo 1 (Oggetto) Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide («Stato membro competente»).
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Articolo 2 (Definizioni)
“familiare”: Il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate; i figli minori delle coppie di cui al primo trattino o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi;
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- se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto; “parenti”: - la zia o lo zio, il nonno o la nonna adulti del richiedente che si trovino nel territorio di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che il richiedente sia figlio legittimo, naturale o adottivo secondo le definizioni del diritto nazionale.
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Articolo 3 (Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale)
1. Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.
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2. Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata. Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.
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Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente. 3. Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva 2013/32/UE.
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Direttiva 2013/32/UE Art. 38 (Concetto di paese terzo sicuro)
1. Gli Stati membri possono applicare il concetto di paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che nel paese terzo in questione una persona richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri: a) non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale; b) non sussiste il rischio di danno grave definito nella direttiva 2011/95/UE; c) è rispettato il principio di «non-refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra; d) è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale; e) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra. 2. L’applicazione del concetto di paese terzo sicuro è subordinata alle norme stabilite dal diritto nazionale, comprese: a) norme che richiedono un legame tra il richiedente e il paese terzo in questione, secondo le quali sarebbe ragionevole per detta persona recarsi in tale paese;
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b) norme sul metodo mediante il quale le autorità competenti accertano che il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato a un determinato paese o a un determinato richiedente. Tale metodo comprende l’esame caso per caso della sicurezza del paese per un determinato richiedente e/o la designazione nazionale dei paesi che possono essere considerati generalmente sicuri; c) norme conformi al diritto internazionale per accertare, con un esame individuale, se il paese terzo interessato sia sicuro per un determinato richiedente e che consentano almeno al richiedente di impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo sicuro a motivo del fatto che quel paese terzo non è sicuro nel suo caso specifico. Al richiedente è altresì data la possibilità di contestare l’esistenza di un legame con il paese terzo ai sensi della lettera a). 3. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri: a) ne informano il richiedente; e b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest’ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito. 4. Se il paese terzo non concede al richiedente l’ingresso nel suo territorio, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritti al capo II. 5. Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.
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Art. 39 (Concetto di paese terzo europeo sicuro)
1. Gli Stati membri possono prevedere che l’esame della domanda di protezione internazionale e della sicurezza del richiedente stesso nel suo caso specifico, secondo quanto prescritto al capo II, non abbia luogo o non sia condotto esaurientemente nei casi in cui un’autorità competente abbia stabilito, in base agli elementi disponibili, che il richiedente sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro a norma del paragrafo 2. 2. Un paese terzo può essere considerato paese terzo sicuro ai fini del paragrafo 1, se: a) ha ratificato e osserva la convenzione di Ginevra senza limitazioni geografiche; b) dispone di una procedura di asilo prescritta per legge; e c) ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ne rispetta le disposizioni, comprese le norme riguardanti i ricorsi effettivi. 3. Il richiedente è autorizzato a impugnare l’applicazione del concetto di paese terzo europeo sicuro a motivo del fatto che il paese terzo interessato non è sicuro relativamente alle sue condizioni specifiche.
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4. Gli Stati membri interessati stabiliscono nel diritto interno le modalità di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 e le conseguenze di decisioni adottate a norma delle disposizioni stesse, in conformità del principio di «non-refoulement», prevedendo altresì le eccezioni all’applicazione del presente articolo per motivi umanitari o politici o di diritto internazionale. 5. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri interessati: a) ne informano il richiedente; e b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest’ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito. 6. Se il paese terzo non riammette il richiedente, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II. 7. Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.
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Articolo 4 (Diritto di informazione)
1. Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell’applicazione del presente regolamento, specificando in particolare: a) le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell’eventuale presentazione di un’altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale;
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b) i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri; c) il colloquio personale ai sensi dell’articolo 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni; d) la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento;
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e) il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento; f) il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonché le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all’articolo 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell’opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3.
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Articolo 7 (Gerarchia dei criteri)
I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.
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Art. 8 (Minori) 1. Se il richiedente è un minore non accompagnato, è competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare o un fratello del minore non accompagnato, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Se il richiedente è un minore coniugato il cui coniuge non è legalmente presente nel territorio degli Stati membri, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui si trova legalmente il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il minore, per legge o per prassi di detto Stato membro, o un fratello se legalmente presente. 2. Laddove il richiedente sia un minore non accompagnato che ha un parente presente legalmente in un altro Stato membro e qualora sia accertato in base a un esame individuale che il parente può occuparsi di lui/lei, detto Stato membro provvede al ricongiungimento del minore con il(i) parente(i) ed è lo Stato membro competente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore.
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3. Se familiari, fratelli o parenti di cui ai paragrafi 1 e 2 soggiornano in più di uno Stato membro, lo Stato membro competente è determinato sulla base dell’interesse superiore del minore non accompagnato. 4. In mancanza di un familiare, di un fratello o di un parente di cui ai paragrafi 1 e 2, è competente lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato la domanda di protezione internazionale, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore.
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Articolo 9 (Familiari beneficiari di protezione internazionale)
Se un familiare del richiedente, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di beneficiario di protezione internazionale in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, purché gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.
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Articolo 10 (Familiari richiedenti protezione internazionale)
Se un familiare di un richiedente ha presentato in uno Stato membro una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una prima decisione di merito, l’esame della domanda di protezione internazionale compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.
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Articolo 11 (Procedura familiare)
Quando diversi familiari e/o fratelli minori non coniugati presentano una domanda di protezione internazionale nel medesimo Stato membro simultaneamente, o in date sufficientemente ravvicinate perché le procedure di determinazione dello Stato competente possano essere svolte congiuntamente, e se l’applicazione dei criteri enunciati nel presente regolamento porterebbe a trattarle separatamente, la determinazione dello Stato competente si basa sulle seguenti disposizioni: a) è competente per l’esame delle domande di protezione internazionale di tutti i familiari e/o di fratelli minori non coniugati lo Stato membro che i criteri designano come competente per prendere in carico il maggior numero di essi; b) negli altri casi, è competente lo Stato membro che i criteri designano come competente per l’esame della domanda del più anziano di essi.
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Articolo 13 (Ingresso e/o soggiorno) criterio statisticamente più rilevante
1. Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, del presente regolamento, inclusi i dati di cui al regolamento (UE) n. 603/2013, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.
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2. Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 22, paragrafo 3, che il richiedente - entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell’ingresso - ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Se il richiedente ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ha soggiornato più di recente è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.
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Articolo 15 (Domanda nella zona internazionale di transito di un aeroporto) novità
Quando la volontà di chiedere la protezione internazionale è manifestata nella zona internazionale di transito di un aeroporto di uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda
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Articolo 17 (Clausole discrezionali)
1. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento (clausola di sovranità)
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2. Lo Stato membro nel quale è manifestata la volontà di chiedere la protezione internazionale e che procede alla determinazione dello Stato membro competente, o lo Stato membro competente, può, in ogni momento prima che sia adottata una prima decisione sul merito, chiedere a un altro Stato membro di prendere in carico un richiedente al fine di procedere al ricongiungimento di persone legate da qualsiasi vincolo di parentela, per ragioni umanitarie fondate in particolare su motivi familiari o culturali, anche se tale altro Stato membro non è competente ai sensi dei criteri definiti agli articoli da 8 a 11 e 16. Le persone interessate debbono esprimere il loro consenso per iscritto (clausola umanitaria)
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Articolo 20 (Avvio della procedura)
La procedura di determinazione dello Stato membro competente è avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato membro.
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Articolo 21 (Presentazione di una richiesta di presa in carico)
1. Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2. In deroga al primo comma, nel caso di una risposta pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 603/2013, la richiesta è inviata entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale regolamento.
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Articolo 22 (Risposta a una richiesta di presa in carico)
1. Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie e delibera sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dal ricevimento della richiesta. 7. La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico la persona, compreso l’obbligo di prendere disposizioni appropriate all’arrivo della stessa.
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Articolo 26 (Notifica di una decisione di trasferimento)
1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. Se l’interessato è rappresentato da un avvocato o un altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di notificare la decisione a tale avvocato o consulente legale invece che all’interessato e, se del caso, comunicare la decisione all’interessato.
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2. La decisione di cui al paragrafo 1 contiene informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili, compreso quello sul diritto di chiedere l’effetto sospensivo, ove applicabile, e sui termini per esperirli e sui termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui l’interessato deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi.
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Articolo 27 (Mezzi di impugnazione)
1. Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale. 2. Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1.
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Articolo 28 (Trattenimento)
1. Gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo motivo che sia oggetto della procedura stabilita dal presente regolamento. 2. Ove sussista un rischio notevole di fuga, gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del presente regolamento, sulla base di una valutazione caso per caso e solo se il trattenimento è proporzionale e se non possano essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive. 3. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non supera il tempo ragionevolmente necessario agli adempimenti amministrativi previsti da espletare con la dovuta diligenza per eseguire il trasferimento a norma del presente regolamento.
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REGOLAMENTO (UE) N° 603/2013 (c.d. Eurodac)
Si applica dal 20 luglio 2015 Eurodac è un sistema informatico che gestisce una banca dati che è stata creata nel 2000 per migliorare l'efficacia dell'applicazione dell'allora Convenzione di Dublino (oggi Regolamento Dublino III), attraverso la raccolta e la comparazione delle impronte digitali di richiedenti asilo e persone che vengono intercettate al momento dell'ingresso irregolare di una frontiera esterna di uno Stato membro. Ciò è particolarmente utile al fine di verificare se una persona ha già presentato una domanda di asilo in un altro Paese e/o ha attraversato irregolarmente una frontiera esterna di un altro Stato membro e, dunque, all'individuazione della responsabilità per l'esame della domanda di protezione internazionale.
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Articolo 1 (Scopo dell’«Eurodac»)
È istituito un sistema denominato «Eurodac», allo scopo di concorrere alla determinazione dello Stato membro competente, ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013, per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, e di facilitare inoltre l'applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 secondo le condizioni stabilite dal presente regolamento.
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CAPO II RICHIEDENTI PROTEZIONE INTERNAZIONALE Articolo 9 (Rilevamento, trasmissione e confronto delle impronte digitali) Ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di ogni richiedente protezione internazionale di età non inferiore a 14 anni, non appena possibile e in ogni caso entro 72 ore dalla presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 604/2013, trasmette tali dati al sistema centrale insieme ai dati di cui all'articolo 11, lettere da b) a g), del presente regolamento. I dati trasmessi (oltre alle impronte digitali, anche Stato di origine, sesso e altri) sono automaticamente confrontati con gli altri dati registrati nel sistema centrale, da cui viene inviata una risposta positiva (“HIT”: dato già registrato) o negativa (dato nuovo). Tali dati sono poi conservati presso il sistema centrale per 10 anni, salvo che l'interessato acquisisca prima di quella scadenza la cittadinanza di uno Stato membro.
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CAPO III CITTADINI DI PAESI TERZI O APOLIDI FERMATI IN RELAZIONE ALL'ATTRAVERSAMENTO IRREGOLARE DI UNA FRONTIERA ESTERNA Articolo 14 (Rilevamento e trasmissione di dati relativi alle impronte digitali) Ciascuno Stato membro procede tempestivamente al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita di cittadini di paesi terzi o apolidi di età non inferiore a 14 anni, che siano fermati dalle competenti autorità di controllo in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della propria frontiera in provenienza da un paese terzo e che non siano stati respinti o che rimangano fisicamente nel territorio degli Stati membri e che non siano in stato di custodia, reclusione o trattenimento per tutto il periodo che va dal fermo all'allontanamento sulla base di una decisione di respingimento.
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Anche questi dati (oltre alle impronte digitali, Stato di origine, sesso e altri) devono essere trasmessi entro 72 ore dopo la data del fermo, salve alcune possibilità di proroga. Tali dati sono conservati per 18 mesi (salvo che all'interessato sia rilasciato prima della scadenza un titolo di soggiorno, ovvero che lo stesso abbia lasciato il territorio degli Stati membri ovvero abbia acquisito la cittadinanza di uno Stato membro) per essere confrontati con i dati relativi ai richiedenti protezione internazionale che verranno trasmessi al sistema centrale successivamente.
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CAPO IV CITTADINI DI PAESI TERZI O APOLIDI SOGGIORNANTI IRREGOLARMENTE IN UNO STATO MEMBRO Articolo 17 (Confronto dei dati relativi alle impronte digitali) Al fine di stabilire se un cittadino di un paese terzo o un apolide soggiornante irregolarmente nel suo territorio abbia precedentemente presentato una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, ciascuno Stato membro può trasmettere al sistema centrale qualsiasi dato relativo alle impronte digitali eventualmente rilevate di tale cittadino di paese terzo o apolide, purché di età non inferiore a 14 anni, insieme al numero di riferimento assegnato.
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N.B.: Il d.l. n. 13/2017 (c.d. Decreto Minniti) ha inserito un nuovo articolo 10-ter al d.lgs. 286/1998 (T.U.I.). Art. 10-ter (Disposizioni per l'identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare). – 1. Lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell'ambito delle strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle strutture di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n Presso i medesimi punti di crisi sono altresì effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed è assicurata l'informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell'Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.
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2. Le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico sono eseguite, in adempimento degli obblighi di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, anche nei confronti degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale. 3. Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2 configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri di cui all'articolo 14. Il trattenimento è disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali è stato disposto. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 14, commi 2, 3 e 4. Se il trattenimento è disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, come definita dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, è competente alla convalida il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. 4. L'interessato è informato delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2.»
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ACCOGLIENZA E PROCEDURE DI RICONOSCIMENTO DEI RICHIEDENTI LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE
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DIRETTIVA 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale DIRETTIVA 2013/33/UE, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale …recepite in Italia con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142, come modificato dal Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13.
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ACCOGLIENZA RICHIEDENTI LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE (riferimento normativo: D.lgs. n. 142/2015)
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Ambito di applicazione (art
Ambito di applicazione (art. 1): le misure di accoglienza si applicano ai richiedenti protezione internazionale presenti sul territorio nazionale, comprese le frontiere, le zone di transito e le acque territoriali, ivi compresi coloro che sono soggetti alla cd procedura Dublino. Le misure di accoglienza si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale. Titolo di soggiorno (art. 4): il richiedente protezione internazionale ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno della durata di sei mesi, rinnovabile, che consente lo svolgimento di attività lavorativa decorsi due mesi dalla presentazione della domanda di protezione internazionale. Al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale, e contestualmente alla sua verbalizzazione, al richiedente è consegnata una ricevuta che costituisce un permesso di soggiorno provvisorio.
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Documento di viaggio (art. 4, co
Documento di viaggio (art. 4, co. 5): la Questura può fornire al richiedente un documento di viaggio quando sussistono gravi ragioni umanitarie che ne rendono necessaria la presenza in un altro Stato. Domicilio (art. 5): l’obbligo di comunicazione di un domicilio è assolto tramite dichiarazione da riportare nella domanda di protezione internazionale. Perciò ai fini della presentazione della domanda non è richiesta alcuna altra allegazione di documenti concernenti il domicilio. Trattenimento (art. 6): è introdotta una nuova ipotesi di trattenimento del richiedente protezione internazionale nell’ipotesi in cui sussista il rischio di fuga. Il rischio di fuga deve essere accertato con una valutazione caso per caso nelle ipotesi in cui il richiedente abbia fatto ricorso sistematicamente a dichiarazioni ed attestazioni false sulle proprie generalità al solo fine di evitare l’adozione e l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o non ha ottemperato ad uno dei provvedimenti di cui all’art. 13, commi 5, 5.2 e 13 o all’art. 14 d.lgs. n
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Il trattenimento del richiedente asilo deve essere applicato come extrema ratio, nel senso che può essere disposto o prorogato soltanto se nel caso concreto non sia applicabile più efficacemente nessuna tra le misure meno coercitive alternative al trattenimento indicate nell’art. 14, co. 1-bis, d.lgs. 286/98. La durata massima del trattenimento ai fini dell’esame della domanda di protezione internazionale è fissata in un periodo massimo complessivo si 12 mesi.
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Persone portatrici di esigenze particolari (art
Persone portatrici di esigenze particolari (art. 17): sono individuate le categorie di persone vulnerabili che possono aver bisogno di misure di assistenza particolari e rispetto all’abrogata previsione normativa sono considerate persone vulnerabili anche i minori non accompagnati, le vittime della tratta di esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali, le vittime di tortura o di gravi violenze anche se legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere e le vittime di mutilazioni genitali.
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Minori non accompagnati (art
Minori non accompagnati (art. 19): i minori non accompagnati sono accolti in strutture governative di prima accoglienza per il tempo strettamente necessario, e comunque per non più di 60 giorni, per l’espletamento delle operazioni di identificazione e l’eventuale accertamento dell’età. Le strutture sono attivate dal Ministero dell’Interno in accordo con l’Ente locale e gestite dal Ministero stesso anche in convenzione con l’Ente Locale. La seconda accoglienza dei minori non accompagnati è disposta nelle strutture SPRAR, ed in assenza di posti disponibili l’accoglienza è operata dall’Ente Locale. In ogni caso deve essere tempestivamente attivata ogni procedura volta all’individuazione dei familiari del minore.
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Art. 23-bis Allontanamento ingiustificato
1. Nel caso in cui il richiedente si allontana senza giustificato motivo dalle strutture di accoglienza ovvero si sottrae alla misura del trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, senza aver sostenuto il colloquio di cui all'articolo 12, la Commissione territoriale sospende l'esame della domanda. 2. Il richiedente può chiedere per una sola volta la riapertura del procedimento sospeso ai sensi del comma 1, entro dodici mesi dalla sospensione. Trascorso tale termine, la Commissione territoriale dichiara l'estinzione del procedimento. La domanda presentata dal richiedente successivamente alla dichiarazione di estinzione del procedimento è sottoposta ad esame preliminare ai sensi dell'articolo 29, comma 1-bis. In sede di esame preliminare sono valutati i motivi addotti a sostegno dell'ammissibilità della domanda comprese le ragioni dell'allontanamento.
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ARTICOLAZIONI DEL SISTEMA DI ACCOGLIENZA
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Il Sistema nazionale di accoglienza è articolato in due sotto-insiemi, entrambi coordinati dal Dipartimento di Libertà civile per l'immigrazione e dal Ministero dell'Interno. Nel primo gruppo (prima accoglienza) sono compresi: CPSA (Centri di primo soccorso e accoglienza): strutture localizzate in prossimità dei luoghi di sbarco destinate all'accoglienza degli immigrati per il tempo strettamente occorrente al loro trasferimento presso altri centri (istituiti con la legge n. 563/95 e a cui si sono sovrapposti, con l’adozione della Road Map, gli hotspot); HOTSPOT (adottati con decisioni del Consiglio dell’UE nn e 1601 del 14 settembre 2015 e del 22 settembre 2015): si tratta di un’area designata, normalmente (ma non necessariamente) in prossimità di un luogo di sbarco, nella quale, nel più breve tempo possibile e compatibilmente con il quadro normativo italiano, le persone in ingresso sbarcano in sicurezza, sono sotto-posti ad accertamenti medici, ricevono una prima informativa cartacea sulla normativa in materia di immigrazione e asilo e quindi vengono controllate, pre-identificate, e, dopo essere state informate sulla loro attuale condizione di persone irregolari e sulle possibilità di richiedere la protezione internazionale, vengono foto-segnalate. Successivamente ricevono informazioni accurate sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione e sul rimpatrio volontario assistito. Vengono dunque avviate, nel caso abbiano richiesto protezione internazionale, alle procedure per l’attribuzione di tale status, comprese quelle di ricollocazione per gli aventi titolo che ne abbiano fatto richiesta, altrimenti verso le procedure di espulsione.
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CDA (Centri di accoglienza): strutture destinate all'accoglienza degli immigrati per il periodo necessario alla definizione dei provvedimenti amministrativi relativi alla posizione degli stessi sul territorio nazionale (istituiti con l. 563/95, c.d. Legge Puglia); CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo): centri istituiti con D.P.R. n. 303/2004, poi confluiti nel d.lgs. 25/2008, ex art. 20, comma 2, ora abrogato dall’art. 6 del d.lgs. 142/2015, il quale prevede il trattenimento del richiedente asilo nei CIE nei seguenti casi: il richiedente ha commesso gravi reati (art. 1 Convenzione di Ginevra); il richiedente è un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato; il richiedente è stato condannato per uno dei reati previsti dall’art. 380 c.p.p.; il richiedente era già trattenuto in un CIE al momento della domanda; il richiedente è a rischio di fuga perché aveva dichiarato false generalità per evitare l’espulsione. CAS (Centri di accoglienza straordinaria): nati al fine di sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di accoglienza o nei servizi predisposti dagli enti locali, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti. Ad oggi costituiscono la modalità ordinaria di accoglienza. Tali strutture sono individuate dalle Prefetture, in convenzione con cooperative, associazioni e strutture alberghiere, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici, sentito l’ente locale nel cui territorio la struttura è situata. La permanenza dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture seconda accoglienza.
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La seconda accoglienza è costituita dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), gestito attraverso gli enti locali con il supporto del terzo settore. Una volta conclusa la procedura prevista per l'esame della domanda, si procede all'individuazione della "migliore collocazione possibile nello SPRAR". Dal momento della notifica del riconoscimento della protezione internazionale o della concessione della protezione umanitaria, il periodo di accoglienza previsto è di complessivi sei mesi. Qualora questi non fossero sufficienti al completamento del percorso di «accoglienza integrata» del beneficiario è possibile procedere a una richiesta di proroga.
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N.B. L’art. 19 del d.l. n. 13/2017 (c.d. Decreto Minniti) rinomina i Centri di Identificazione ed espulsione (CIE) in «centri di permanenza per i rimpatri».
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PROCEDURA DI RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE (riferimento normativo: Dlgs. n. 142/2015 (Capo II) che introduce modifiche al D.lgs. 25/2008 ‘decreto procedure’; Dlgs, n. 150/2011; D.l. n. 13/2017)
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La domanda di protezione internazionale
Il verbale di presentazione della domanda di protezione internazionale (Mod. C3) deve essere redatto entro 3 giorni lavorativi dalla manifestazione della volontà di presentare la domanda stessa, o entro 6 giorni se la volontà è manifestata all’ufficio di polizia di frontiera. I termini sono prolungati sino a 10 giorni lavorativi in presenza di un elevato numero di domande a causa di arrivi consistenti e ravvicinati.
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La domanda di protezione internazionale è esaminata dalle Commissioni territoriali per la protezione internazionale. Esperti delle Commissioni Territoriali e visite mediche ai richiedenti Ove necessario ai fini dell’esame della domanda la CT può consultare esperti su aspetti di carattere sanitario, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori e può disporre, previo consenso, visite mediche per l’accertamento di esiti di persecuzioni o danni gravi, nonché disporre la traduzione di documentazione prodotta dal richiedente.
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Informazione e servizi di accoglienza ai valichi di frontiera È introdotto il nuovo art. 10 bis del d. lgs. n. 25/2008 che garantisce al richiedente che ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale ai valichi di frontiera e nelle zone di transito il diritto all’informazione sulla procedura, e sui suoi diritti e doveri, nonché l’accesso ai valichi di frontiera dei rappresentanti dell’UNHCR, e di enti di tutela dei titolari di protezione internazionale con esperienza consolidata nel settore. Tale accesso può essere limitato per motivi di sicurezza, ordine pubblico o per ragioni connesse alla gestione amministrativa, purché tale accesso non sia completamente impedito.
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Colloquio personale Con il d.l. 13/2017 è stata istituita l’obbligatorietà della videoregistrazione del colloquio personale. Con il d.lgs. 142/2015 è stata introdotta una nuova ipotesi in cui la CT può decidere di omettere l’audizione del richiedente, ovvero qualora questi provenga da uno dei Paesi eventualmente individuati dalla Commissione Nazionale e ritenga di avere sufficienti motivi per riconoscergli lo status di protezione sussidiaria (ipotesi di esame prioritario della domanda). In tal caso la CT ne dà comunicazione al richiedente, il quale entro tre giorni può comunque chiedere di sostenere il colloquio, ed in mancanza di comunicazione, la CT adotta la decisione.
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Nel corso del colloquio personale deve essere assicurata al richiedente asilo di esporre in maniera esauriente gli elementi addotti a fondamento della sua domanda nonché di spiegare l’eventuale assenza di elementi o le eventuali incoerenze e contraddizioni delle sue dichiarazioni, anche in riferimento ad eventuali omissioni e/o errori contenuti nel verbale di presentazione della domanda di protezione internazionale. Colloquio del minore L’audizione del minore deve avvenire alla presenza di un componente della Commissione con specifica formazione, alla presenza del genitore, ed alla presenza di eventuale personale di sostegno.
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Durata del procedimento
Il D.lgs. 25/2008 già fissava in 30 giorni il termine per lo svolgimento del colloquio e nei 3 giorni successivi l’adozione della decisione. Il D.lgs. 142/2015 prevede che se è necessario acquisire nuovi elementi la procedura è conclusa comunque in 6 mesi; il termine è prorogato di ulteriori 9 mesi se l’esame della domanda comporta la valutazione di questioni complesse, in presenza di un numero elevato di domande simultanee, quando il richiedente asilo non ha osservato gli obblighi di cooperazione. Solo in casi eccezionali, debitamente motivati, il termine può essere prorogato di ulteriori 3 mesi.
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Esame prioritario della domanda Quando la domanda è palesemente infondata, tra le domande presentate da persone vulnerabili è privilegiata la trattazione di quella del minore ovvero quando la domanda è presentata da un richiedente asilo trattenuto. Procedure accelerate di esame della domanda Le ipotesi sono state ridotte dal d.lgs. 142/2015. Attualmente sono quelle di domanda presentata da un richiedente asilo trattenuto in un CIE, domanda manifestamente infondata, domanda reiterata e domanda presentata da un richiedente asilo che ha eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera ovvero che sia stato fermato in posizione irregolare, se si presume che la domanda miri esclusivamente a ritardarne l’allontanamento.
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Notifica del provvedimento (art. 6, D. l. n
Notifica del provvedimento (art. 6, D.l. n. 13/2017) Quanto il richiedente è accolto in una struttura, gli atti e i provvedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale sono notificati tramite PEC al responsabile del centro, che deve comunicare alla Commissione la ricezione della PEC stessa. Il responsabile del centro deve avvisare la Commissione qualora il richiedente si rifiuti di ricevere la comunicazione oppure si sia allontanato dalla struttura.
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Ricorsi giurisdizionali e termini processuali (modifiche apportate dal d.l. n. 13/2017)
Tutte le decisioni delle Commissioni Territoriali e della Commissione Nazionale sono impugnabili di fronte alla sezione specializzata del Tribunale territorialmente competente (come individuata dall’art. 4 del d.l. n. 13/2017). Il d.l. 13/2017 istituisce presso 14 Tribunali ordinari delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. Le sezioni specializzate sono competenti: per le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale; per le controversie in materia di trattenimento e proroga del trattenimento del richiedente la protezione internazionale; per le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria.
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Le controversie in materia di protezione internazionale sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. (Procedimenti in camera di consiglio). L’istanza è formulata con ricorso e il giudice decide con decreto motivato entro 4 mesi. Il ricorso è presentato, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento. Il ricorso è notificato al Ministero dell’Interno, presso la Commissione che ha adottato l’atto impugnato, e trasmesso al Pubblico Ministero. Il Pubblico Ministero, a norma dell’art. 738 c.p.c., stende entro 20 giorni le sue conclusioni «rilevando l’eventuale sussistenza di cause ostative al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria».
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Il Ministero può stare in giudizio attraverso i propri dipendenti o un rappresentate designato dal Presidente della Commissione che ha adottato l’atto impugnato. Il procedimento è trattato in camera di consiglio. Per la decisione il giudice si avvale anche delle informazioni socio-politico-economica previste dall’art. 8, co. 3, che la commissione aggiorna costantemente e rende disponibile all’autorità giudiziaria. È fissata la comparizione delle parti esclusivamente quando il giudice: a) visionata la videoregistrazione dell’audizione in CT ritiene necessario sentire l’interessato; b) ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti; c) dispone consulenza tecnica ovvero, anche d’ufficio, l’assunzione di mezzi di prova. L’udienza è altresì disposta quando la videoregistrazione non è resa disponibile ovvero l’impugnazione si fonda su elementi non dedotti nel corso dell’audizione in CT.
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Il decreto non è reclamabile ma solo ricorribile per Cassazione entro 30 giorni dalla sua comunicazione. Quando sussistono fondati motivi, il giudice che ha pronunciato il decreto impugnato può disporre la sospensione degli effetti del decreto stesso. La Corte di Cassazione deve decidere entro 6 mesi. Quando il richiedente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il giudice quando rigetta il ricorso indica le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate.
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Efficacia sospensiva del ricorso
La proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nell’ipotesi di: - richiedente asilo trattenuto - decisione della CT d’inammissibilità della domanda - decisione della CT di manifesta infondatezza della domanda - ricorso presentato da richiedente asilo fermato in posizione irregolare In questi casi la sospensione può essere disposta «quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni e assunte, ove occorra, sommarie informazioni, con decreto motivato, pronunciato entro 5 giorni dalla presentazione dell’istanza di sospensione e senza la preventiva convocazione della controparte».
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Il richiedente asilo ha diritto di rimanere sul territorio italiano sino alla scadenza del termine per la presentazione del ricorso giurisdizionale, e nei casi in cui la presentazione del ricorso non ha efficacia sospensiva sino alla decisione sull’istanza cautelare. Il richiedente asilo ha diritto di rimanere in accoglienza sino alla scadenza del termine dell’impugnazione, ed in caso di impugnazione per tuta la durata del ricorso giurisdizionale. Il titolare di protezione internazionale e/o umanitaria ha diritto all’accoglienza per ulteriori sei mesi, prorogabili, dal riconoscimento della protezione internazionale.
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