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TACITO.

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Presentazione sul tema: "TACITO."— Transcript della presentazione:

1 TACITO

2 Vita Cornelio Tacito vive nel periodo degli imperatori Nerva e Traiano tra il 56 e il 120 d.C. Le notizie biografiche che conosciamo derivano dalle sue stesse opere e dall’epistolario di Plinio il giovane, suo amico. Tacito è il maggiore STORIOGRAFO dell’età imperiale. Appartiene a una famiglia aristocratica e lo dimostra manifestando apertamente il suo disprezzo per le classi inferiori e per la gente “salita dal basso” (liberti e plebei), lamentando l’eccessiva libertà concessa a tali ceti sociali e rimpiangendo il tempo in cui le divisioni di casta erano rigidamente rispettate.

3 Le cause della decadenza dell’oratoria
Il Dialogus de oratoribus (opera giovanile) appartiene al genere retorico che si rifaceva al modello ciceroniano affrontando il problema della crisi dell’eloquenza. In esso si riporta una discussione a cui Tacito dice di avere assistito in gioventù in casa del retore e poeta Curiazio Materno. Temi affrontati: confronto fra l’eloquenza e la poesia, differenza fra l’eloquenza antica e quella moderna, decadenza dell’oratoria moderna a causa del deteriorarsi dell’educazione sia familiare che scolastica (cfr. Quintiliano con il trattato De causis corruptae eloquentiae – opera andata perduta – e con l’ Institutio oratoria a proposito dell’importanza dell’educazione che il maestro deve dare ai suoi scolari, i futuri membri della classe dirigente romana).

4 Legame tra politica e cultura
Tacito sottolinea lo stretto legame che a suo parere esiste tra la politica e la cultura: la decadenza dell’oratoria è a suo dire connessa alla perdita della libertà politica. Tacito è molto critico nei confronti della classe politica imperiale (a cui del resto egli stesso appartiene da senatore) e ha nostalgia per i tempi passati dell’antica repubblica, periodo al quale però ammette che non si può più ritornare. Tacito riconosce la necessità dell’impero come unica forza in grado di salvare lo Stato dal caos delle guerre civili; è vero che l’autorità dello Stato limita la libertà dell’oratore, ma è altresì vero che a tale forma di governo non esistono alternative migliori. In fondo prima, sotto Domiziano (con la tirannide), Tacito non avrebbe mai potuto diffondere il suo Dialogo “De oratoribus”.

5 L’ “Agricola” e la sterilità dell’opposizione
L’ “Agricola” è un’opera biografica sulla vita del generale Giulio Agricola, statista e comandante militare (nonché suo suocero). Tacito ne elogia sinceramente l’onestà e la fedeltà al servizio dello Stato, considerando Agricola un esempio di vita per i Romani. Per il tono encomiastico (= di elogio) l’opera richiama in parte il genere della “laudatio funebris”. Vi si narra la conquista da parte di Agricola di gran parte della Britannia, con digressioni geografiche ed etnografiche (= usi e costumi dei popoli conquistati), su modello dei Commentari di Cesare (“De bello Gallico”). Tacito coglie inoltre l’occasione per criticare il tiranno Domiziano, da poco scomparso (che aveva represso ogni forma di libertà), sotto il quale era appunto vissuto Agricola.

6 La ‘Germania’: virtù dei barbari vs corruzione dei costumi dei Romani
Tacito critica la decadenza dei costumi dei Romani e nello stesso tempo vuole avvertirli della pericolosità dei popoli germanici; per farlo scrive la ‘Germania’ esaltando i valorosi costumi delle popolazioni considerate ‘barbare’ contro la debolezza dei costumi romani. Tacito non è a conoscenza diretta di ciò che scrive: usa la mediazione di fonti scritte, come ad es. le notizie etnografiche riportate da Plinio il vecchio (sua fonte principale). Le virtù germaniche sono: il coraggio, l’amore per la guerra e il senso dell’onore. Tacito non tralascia però di sottolineare anche i lati negativi dei Germani, come la tendenza ad ubriacarsi e alla rissa, la loro innata indisciplina e crudeltà. La ‘Germania’ vuole essere l’esaltazione di una civiltà ingenua e ‘selvaggia’ in senso buono: cioè non ancora corrotta, ma questa visione risulta piuttosto forzata e idealizzata. Come sempre ritorna in Tacito il rimpianto per “i bei tempi andati” dell’antica Roma. PS) Grazie a Tacito i Tedeschi hanno conosciuto le abitudini dei loro antenati: non corrotti.

7 Le ‘Historiae’ Le ‘Historiae’, in 14 libri, narrano gli avvenimenti che vanno dal regno di Galba fino alla morte di Domiziano (eventi dal 69 al 96 d.C.), un periodo cupo per la storia di Roma, sconvolto dalle guerre civili e conclusosi con la tirannide di Domiziano. Tacito si dice suo malgrado ‘costretto’ a narrare di meschine vicende, di intrighi di corte, di violenze e persecuzioni, di rancori e di odi personali per dare una presentazione oggettiva dei fatti (cosa precisata dall’autore fin dall’introduzione e ribadita poi anche nell’introduzione degli ‘Annali’: far parlare i fatti).

8 I parallelismi della storia
Nelle ‘Historiae’ si nota un’analogia fra la situazione del 69 (la successione al trono di Galba) e quella del tempo di Traiano (succeduto a Nerva), periodo in cui Tacito scrive: Nerva, come Galba, si era trovato ad affrontare una rivolta di pretoriani che aveva minacciato la stabilità del suo potere, e – sempre come Galba – aveva designato un proprio successore per adozione. Probabilmente Tacito, che (oltre ad essere senatore) doveva aver rivestito cariche di grande responsabilità a corte, aveva partecipato personalmente al consiglio imperiale nel quale era stata decisa l’adozione di Traiano come successore di Nerva.

9 Lo stile delle ‘Historiae’
Lo stile narrativo delle ‘Historiae’ è conciso (‘brevitas’), caratterizzato da un ritmo vario e veloce, coerentemente con il rapido succedersi degli avvenimenti. In particolare Tacito è maestro nella descrizione delle masse in tumulto, incalzanti e spaventose; sa conferire efficacia drammatica alla narrazione articolando il racconto in singole scene e dipingendo una serie di quadretti vivaci che descrivono il comportamento dei soldati. Allo stesso modo sa raffigurare scene di folla tranquilla, entrando nei particolari molto dettagliati dei singoli ritratti.

10 Gli ‘Annales’ e le radici del principato
Anche negli ‘Annales’ (in 16 libri), composti dopo le ‘Historiae’, ma che trattano di un periodo di tempo anteriore ad esse, Tacito si dedica al genere storiografico narrando le vicende che vanno dalla morte di Augusto (14 d.C.) a quella di Nerone (68 d.C.). Il titolo completo dell’opera è: “Annales ab excessu divi Augusti” (cioè appunto: dalla morte di Augusto) e sembra volutamente richiamare quello di Tito Livio: “Ab Urbe condita Libri” (= annali a partire dalla fondazione della città di Roma); infatti è probabile che la storia di Tacito volesse proseguire, anno per anno (come dice il titolo), proprio quella di Livio.

11 Un cambiamento di prospettiva dalle ‘Historiae’ agli ‘Annales’
Sia nelle ‘Historiae’ che negli ‘Annales’ Tacito approfondisce la sua meditazione sulla situazione storico-politica dell’impero, proponendosi di indagare principalmente il fenomeno della tirannide imperiale e della degenerazione della classe politica dirigente. Più Tacito invecchia e più diventa pessimista: quando compone le ‘Historiae’, infatti, mostra di nutrire ancora qualche speranza che lo Stato romano possa in qualche modo risollevarsi, ma in seguito, quando scrive gli ‘Annali’, il suo pessimismo si aggrava ed egli perde ogni speranza in un possibile cambiamento.

12 Passaggio dalle Historiae agli Annales
In corrispondenza dell’evoluzione pessimistica del suo pensiero muta anche la tecnica storiografica usata: nelle Historiae Tacito cerca ancora di trovare le cause dei fenomeni storici in modo da prospettare possibili soluzioni e inserisce nella narrazione frequenti discorsi sui problemi da affrontare, ritenendo che dalla storia del passato si possano ricavare utili insegnamenti politici per il presente; invece negli Annales tutto diventa più oscuro ed incerto; lo storico, deluso, rinuncia al tentativo di risolvere i problemi e si rifugia nel fatalismo, lasciando che accada quello che deve accadere.

13 L’arte dei ‘ritratti’ in Tacito
L’attenzione di Tacito, soprattutto negli ‘Annali’, dopo l’acuirsi del suo pessimismo, si allontana dai fenomeni per concentrarsi sulla psicologia dei singoli personaggi: Tacito cerca di indagare a fondo nell’animo dei suoi personaggi (specie se si tratta di uomini politici), mettendone in luce le passioni dominanti quali la brama di potere e l’inganno, che scatenano le lotte più feroci. Alla tensione arrivistica verso la scalata sociale si accompagnano sempre aspetti negativi come l’invidia, l’ipocrisia, la presunzione, mentre passioni come l’avidità di ricchezze (Dante direbbe: “la cupidigia”) passano in secondo piano.

14 Tacito ‘ritrattista’ negli ‘Annales’
Negli ‘Annales’ Tacito perfeziona l’arte del ritratto già sperimentata nelle ‘Historiae’, rivelandosi un vero artista drammatico (es.: descrizione del suicidio di Seneca, con la sua serenità e la sua forza d’animo messe in evidenza anche in punto di morte, oppure descrizione dell’esteta Petronio che affronta il suicidio come un’ultima voluttà conversando di piacevoli poesie a tavola con gli amici in attesa di morire dopo essersi fatto tagliare le vene, poi essersele fatte fasciare e infine riaprire di nuovo). Va precisato che a quel tempo era in voga un genere letterario detto degli “exitus illustrium virorum”, ovvero andava di moda parlare di episodi che raccontavano delle morti di uomini illustri, soprattutto di coloro (come appunto Seneca) che avevano affrontato il suicidio ispirandosi alle dottrine filosofiche stoiche .

15 Nel ritratto si rivela il suo stile
Tacito non ci presenta il ritratto del suo personaggio una volta per tutte, ma lascia che esso si delinei a poco a poco nel corso del racconto, attraverso una serie di osservazioni e commenti. Preferisce il ritratto morale (psicologico) a quello fisico e lascia che dai gesti si riveli il carattere dei personaggi. Dall’intensità con cui sono presentati i sentimenti e le passioni dei personaggi emerge un pathos tragico che riflette la disarmonia e il tormento interiore dello scrittore stesso; lo stile di Tacito è infatti diretta espressione del suo animo inquieto e ricco di contrasti.

16 Le fonti di Tacito Tacito stesso cita le sue fonti (come nel caso di Plinio il vecchio) e attinge alla tradizione storiografica a lui precedente, consultando direttammente la documentazione ufficiale depositata negli Acta senatus (i verbali delle riunioni del senato) e negli Acta diurna populi Romani (gli atti delle sedute del governo), atti nei quali si aggiungevano spesso notizie di vario genere su quanto avveniva a Roma e in particolare a corte. Ha inoltre a disposizione raccolte di discorsi pronunciati da alcuni imperatori come Tiberio e Claudio. Si serve anche della letteratura memorialistica ed epistolare, utilizzandola con libertà.

17 Considerazioni conclusive su Tacito
È ricordato per la storiografia e per la sua opposizione alla tirannide. È nostalgicamente legato al ricordo dell’antica repubblica, diversa rispetto a quella che per lui era la corruzione del presente nell’impero. A suo parere ci si era “rammolliti” (scusate l’espressione gergale, che però rende bene l’idea) proprio perché a quel tempo regnavano la pace e l’ozio fra i cittadini, mentre l’arte militare, un tempo coltivata, veniva trascurata. Il suo fondamentale pessimismo lo porta a vedere l’uomo tendenzialmente orientato verso il male.  PS) E questo è il motivo per cui a me Tacito non piace!

18 Conclusioni in merito al contenuto
Le passioni dominanti dei suoi personaggi, quasi sempre “uomini in vista” come lui, sono l’odio, l’invidia, la crudeltà, l’ambizione oppure, dal lato opposto, la paura. Degli uomini politici (suo suocero Agrippa escluso) Tacito rivela sempre la personalità feroce e opportunista che si cela dietro la ‘maschera’ ufficiale da loro ostentata nei rapporti formali in pubblico. Un celebre ‘ritratto’ è quello di Nerone: violento e spietato. Nelle ‘Historiae’ presenta prevalentemente una visione d’insieme (scene di masse in tumulto, eserciti in battaglia, ecc.), mentre negli ‘Annales’ si sofferma di più sui singoli personaggi dandone una descrizione dettagliata.

19 Conclusioni riguardo alla forma
Dal punto di vista dello stile è agli antipodi di Cicerone {ciò si può ricordare facilmente con il detto: “un nome, un destino” (come dicevano i Romani: “nomen omen”) ovvero Cicerone-[ciciarone]=chiacchierone ≠ mentre Tacito=uno che non amava parlare} in quanto Tacito nei suoi periodi alterna brevi frasi coordinate ad altre subordinate più ampie, prediligendo le costruzioni in ablativo assoluto e rendendosi spesso indipendente dalle leggi sintattiche. Per noi oggi è molto più facile tradurre un passo di Cicerone, più scorrevole e lineare, rispetto a uno di Tacito, che a confronto risulta piuttosto articolato e a volte addirittura contorto.

20 Frasi celebri di Tacito
In uno stato molto corrotto ci sono tantissime leggi. Irritarsi per una critica significa riconoscere di averla meritata. È tanto più facile ricambiare l’offesa che il beneficio perché la gratitudine pesa, mentre la vendetta reca profitto. È proprio della natura umana odiare colui al quale si è recato danno. Tutte le cose che ora si credono antichissime furono nuove un tempo. Una morte onesta è migliore di una vita vergognosa. (In quasi tutte si sente il suo fondamentale cinismo)


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