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Patologie degenerative della colonna vertebrale: modalità di comportamento e gestione da parte del Medico Competente Dr. Mirko Parabita Specialista in.

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1 Patologie degenerative della colonna vertebrale: modalità di comportamento e gestione da parte del Medico Competente Dr. Mirko Parabita Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione Fondazione “San Raffaele – Cittadella della Carità”

2 Background del Medico Competente
Ricordi di anatomia Fisiopatologia Epidemiologia Normative Linee guida 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

3 Anatomia del rachide L’unità funzionale del rachide è costituita da due vertebre contigue, il disco intervertebrale e le articolazioni intervertebrali Le strutture muscolo-legamentose hanno un’importante funzione di sostegno e permettono il movimento nei diversi piani 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

4 Anatomia funzionale rachide
Vertebre “libere”: cervicali, dorsali, lombari Vertebre “vincolate”: sacrali e coccigee Le articolazioni del rachide sono rappresentate da diartrosi (articolazioni mobili –ad es. articolazioni interapofisarie) e da anfiartrosi (articolazioni poco mobili); tra queste ultime annoveriamo le articolazioni dei corpi vertebrali veri e propri, con l’interposizione di un disco fibrocartilagineo. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

5 Mezzi di unione rachide
dischi intervertebrali, che si interpongono tra le due superfici articolari vicine; legamenti intersomatici, che si dispongono attorno all’articolazione formando due larghi nastri i quali occupano tutta l’altezza della colonna (legamento longitudinale anteriore e legamento longitudinale posteriore); legamenti gialli (che si estendono ad unire tra loro le lamine); legamenti interspinosi; legamenti intertrasversari. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

6 Ruolo colonna vertebrale
La colonna vertebrale assolve ad un ruolo statico di sostegno e ad una complessa funzione statico- cinetica. Può essere considerata come una serie coordinata di segmenti costituiti da unità funzionali sovrapposte, a loro volta rappresentate da due vertebre adiacenti e dai tessuti interposti; essa si configura come una struttura elastica capace di garantire, in opposizione alla gravità, sia la stazione eretta che l’equilibrio di forza e resistenza necessari per ogni attività cinetica. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

7 Le unità funzionali E’ possibile distinguere le unità funzionali in due sezioni: quella anteriore, costituita dai corpi vertebrali e dal disco, e quella posteriore, rappresentata dalla coppia di articolazioni che pongono in reciproca connessione le due vertebre. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

8 Anatomia del rachide La parte anteriore è una struttura flessibile, con funzioni prevalentemente statiche in grado di sopportare carichi elevati e di assorbire eventi traumatici La parte posteriore, oltre ad offrire protezione alle strutture nervose, svolge un ruolo dinamico permettendo i movimenti della colonna 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

9 Sezione anteriore La sezione anteriore dell’unità funzionale svolge la funzione di sostegno e di assorbimento meccanico. La resistenza del rachide agli insulti meccanico- cinetici è legata anche alla presenza dei legamenti longitudinali che proteggono i dischi ventralmente e posteriormente; a livello lombare il legamento longitudinale posteriore si presenta meno sviluppato in larghezza, raggiungendo in corrispondenza dell’interspazio L5-S1 (maggior rischio di erniazione)‏ 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

10 Sezione posteriore La sezione posteriore dell’unità funzionale svolge le funzioni di mantenimento della stazione eretta, di locomozione e di esecuzione di movimenti più complessi. E’ costituita dagli archi, dai processi trasversi, dai processi spinosi, e dalle coppie di articolazioni posteriori che pongono le vertebre in reciproca connessione. Le faccette articolari fungono da guida per il movimento fra due vertebre adiacenti in relazione al loro orientamento spaziale, consentendo o limitando la libertà di movimento dei vari segmenti della colonna. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

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12 Movimenti complessi del rachide
I movimenti del rachide, scaturenti dai reciproci spostamenti delle diverse unità funzionali contigue, possono essere definiti “cumulativi” nel senso che, pur estrinsecandosi in maniera più o meno apprezzabile come singoli movimenti in tutta la colonna che è situata al di sopra del sacro, essi si manifestano tangibilmente solo quando un certo numero di vertebre prendono parte al movimento stesso. Va in ultimo ricordato che sebbene la cinetica flessoria sia attribuibile per gran parte al tratto lombo-sacrale il meccanismo che completa l’escursione flessoria è il movimento di rotazione della pelvi intorno all’asse trasversale delle coxofemorali. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

13 Fattori statico-dinamici
I fattori che determinano la statica e la dinamica rachidea sono dunque i seguenti: • la normale morfologia dei corpi vertebrali, • l’integrità anatomo-fisiologica dei dischi intervertebrali e dei legamenti che ne condizionano l’elasticità • l’orientamento della pelvi e delle estremità inferiori • l’integrità anatomo-fisiologica della muscolatura, la quale, mediante fini meccanismi nervosi (riflessi propriocettivi, vestibolari, oculari, ecc.), permette le correzioni posturali necessarie al mantenimento dell’equilibrio. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

14 Conseguenze del Carico sui dischi vertebrali
Carico lombare fino a 250 kg favorisce l’eliminazione delle scorie dal disco; Sollevare peso di 10 kg a schiena dritta e ginocchia flesse; Carico lombare fino a 250 kg 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita 14

15 Conseguenze del carico sui dischi vertebrali
Carico lombare intenso (> kg) possibili danni alle cartilagini vertebrale, degenerazione del disco; Carico di rottura del nucleo discale varia tra Kg! Sollevare peso di 10 kg con tronco flesso in avanti a 90 gradi; Carico lombare di circa 340 kg! 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita 15

16 Conseguenze del Carico sui dischi vertebrali
Carico lombare Estremo sopra 650 kg possibili microfratture delle cartilagini; Sollevare peso di 50 kg a schiena flessa e gambe dritte; Carico lombare sopra i 650 kg 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita 16

17 Sedi tissutali di origine del dolore
I dischi intervertebrali sono privi di terminazioni nervose e quindi privi di sensibilità dolorifica; anche i legamenti gialli ed interspinosi sono insensibili agli stimoli algogeni. Al contrario il legamento longitudinale posteriore e la sinovia delle articolazioni posteriori presentano una ricca innervazione. Si comprende così come le alterazioni della colonna vertebrale sia di tipo legamentoso che osteo- articolare, anche se non a carico di strutture anatomiche direttamente innervate, possono determinare la comparsa di una sintomatologia dolorosa in rapporto ad una azione esercitata nei confronti dei tessuti contigui sopra detti. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

18 Sedi tessutali di origine del dolore
Un’altra importante sede di origine del dolore è dovuta alla componente muscolare: da uno stato di contrattura muscolare protratta possono originarsi spasmi riflessi locali mentre una contrazione muscolare troppo energica può dare dolore anche per irritazione locale del periostio. A livello lombo-sacrale una frequente causa di dolore (irradiato) è rappresentata infine dalla compressione delle radici del nervo sciatico. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

19 Patologie del rachide più frequenti
degenerazione del disco intervertebrale artrosi ernia del disco radicolopatia alterazioni della curvatura della colonna (scoliosi, cifosi, lordosi)‏ osteoporosi 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

20 Le spondilodiscoartrosi
Per artrosi si intende un’artropatia cronica, a carattere evolutivo, consistente inizialmente in alterazioni regressive della cartilagine articolare e secondariamente in modificazioni delle altre strutture che compongono l’articolazione (tessuto osseo, sinovia, capsula). Clinicamente l’artrosi si manifesta con dolore, limitazione funzionale, atteggiamenti viziosi. L’artrosi si instaura in un’articolazione quando in essa si verifica, per fattori generali o locali, uno squilibrio tra resistenza della cartilagine e sollecitazioni funzionali. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

21 Fattori generali età (modificazioni del pH del liquido sinoviale);
ereditarietà (predisposizione alle affezioni artro- reumatiche); squilibri ormonali (con particolare riguardo agli estrogeni); obesità (sovraccarico delle articolazioni ed accumulo di colesterolo); alterazioni metaboliche (calcio, etc.); ambiente (abitazione, clima, condizioni di lavoro). 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

22 Fattori locali Alterazioni articolari prodotte da affezioni di natura infiammatoria, traumatica, necrosi epifisarie, etc.; Concentrazione o alterata distribuzione delle sollecitazioni meccaniche sulla superficie articolare (deviazione dei normali assi di carico, etc.)‏ 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

23 Classificazione artrosi
Distinguiamo un’artrosi primaria (riferibile solo a fattori generali) ed un’artrosi secondaria (da cause locali). Dal punto di vista anatomo-patologico si evidenziano: - alterazioni cartilaginee articolari; - osteofiti marginali in corrispondenza del margine periferico della superficie articolare; - osteosclerosi subcondrale; - cavità psudocistiche o “geodi” ; - alterazioni della mebrana sinoviale; - alterazioni della capsula. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

24 Osteoartrosi: incidenza
L’osteoartrosi incide per i 2/3 sul totale delle malattie reumatiche ed è una delle patologie più frequenti in assoluto, insieme alle patologie cardiovascolari e respiratorie. L’osteoartrosi non deve però essere considerata come un’ineluttabile conseguenza dell’invecchiamento ma una vera malattia, caratterizzata da fenomeni degenerativi della cartilagine articolare precoci ed intensi, a cui si associano processi flogistici della sinovia e delle altre strutture anatomiche periarticolari. Bisogna pertanto fare una chiara distinzione tra l’osteoartrosi (che si manifesta tipicamente a aa) e l’artrosi senile, tipica dei soggetti anziani (>65 aa) e legata esclusivamente alla senescenza della cartilagine articolare. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

25 Osteoartrosi: localizzazioni
Le principali localizzazioni dell’artrosi sono all’anca, alla colonna vertebrale e al ginocchio. Alla colonna vertebrale si localizza frequentemente al tratto cervicale e lombare. L’artrosi vertebrale suole essere distinta in artrosi anteriore o intersomatica (spondilodiscoartrosi propriamente detta) e di artrosi posteriore o apofisaria. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

26 Artrosi vertebrale Nel primo caso (spondilodiscoartrosi) si hanno alterazioni dei corpi vertebrali in relazione alla progressiva disidratazione, degenerazione e schiacciamento di uno o più dischi intervertebrali adiacenti. L’artrosi apofisaria o artrosi vertebrale posteriore consiste invece nella comparsa delle tipiche alterazioni artrosiche a carico delle apofisi articolari posteriori. Tutte e due le forme presentano la stessa sintomatologia: dolore locale e rigidità articolare. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

27 Classificazione spondiloartrosi
1) Patologia discale: Protusione dell’anello fibroso, Ernia del nucleo polposo 2) Patologia dell’istmo vertebrale: Spondilolisi- spondilolistesi 3) Patologia discosomatica: Spondilodisplasia metafisaria giovanile (Malattia di Scheuermann); Spondilodiscoartrosi 4) Patologia da stimolazione di strutture algogene rachidee e non: Artropatia interapofisaria; Vizi di transizione lombo-sacrali; Snd delle spinose; Snd del passaggio dorso-lombare; Snd miofasciali; Entesiti legamentose; Tendinopatie dei muscoli stabilizzatori delò rachide 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

28 Sintomatologia clinica
La sintomatologia clinica è esclusivamente locale. Si instaura tuttavia in maniera subdola e tardiva rispetto all’inizio della malattia, evolvendo in maniera cronica attraverso fasi di attenuazione e remissione. Fondamentalmente abbiamo dolore locale, progressivamente ingravescente, e limitazione articolare (da ostacolo meccanico e/o da contrattura), segno costante e relativamente precoce. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

29 Quadro radiografico I più comuni reperti sono costituiti da:
• restringimento della rima articolare fino alla sua completa scomparsa (usura cartilaginea); • osteofitosi (precoce) a livello dei bordi delle superfici articolari; • alterazione della struttura ossea subcondrale, con zone di osteosclerosi e cavità geodiche. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

30 Osteoartrosi VS Artrosi senile
Bisogna fare una chiara distinzione tra l’osteoartrosi, che si manifesta tipicamente a anni e l’artrosi senile, tipica dei soggetti anziani (>65 aa) e legata esclusivamente alla senescenza della cartilagine articolare. La diagnosi di osteoartrosi è una diagnosi clinica, che scaturisce da un insieme di dati anamnestici, obiettivi, di laboratorio e strumentali. Non appare pertanto corretto porre diagnosi di osteoartrosi solo in presenza di reperti radiologici (ad es. osteofiti) ininfluenti dal punto di vista fisiopatologico, che in effetti sopra una certa età ( anni) possono essere riscontrati in alcuni distretti anatomici (ad es. vertebre) nel 100% dei soggetti (Schmorl, 1932)‏ 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

31 Accenni clinici: spondilolisi e spondilolistesi
La spondilolisi può essere del tutto asintomatica o manifestarsi, in altri casi, con una dolenzia localizzata in corrispondenza del segmento vertebrale interessato, che si accentua con la stazione eretta, con la deambulazione e con i tentativi di eseguire un’attività lavorativa e/o sportiva. Nei casi in cui si associa una listesi, è possibile talvolta apprezzare con la palpazione la sporgenza dell’apofisi spinosa della vertebra listesica (“segno del gradino”)‏ Conferma diagnostica mediante Rx rachide L-S con proiezioni ortogonali, integrate dalle due proiezioni oblique 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

32 Diagnostica strumentale spondilolisi-spondilolistesi
la protezione laterale è spesso assai utile per documentare lo spostamento anteriore del corpo vertebrale che non appare più allineato con i margini posteriori dei corpi vertebrali contigui. Le proiezioni oblique sono le più idonee invece per dimostrare la discontinuità dell’istmo che appare come un difetto lineare radiotrasparente a margini più o meno regolari, spesso definito come “cagnolino con la testa mozzata”. La scintigrafia ossea può, nei casi di negatività radiologica, fornire l’unica documentazione della lesione. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

33 Ernie discali lombari: semeiotica medica
In questi casi, accanto alla sintomatologia dolorosa ad esordio brusco di origine discale, si associano sintomi periferici sul territorio di distribuzione della radice, con caratteristiche diverse a seconda dell’entità e della sede della compressione. Se l’ernia comprime la quarta radice lombare (per ernie tra L3-L4), il dolore si irradierà lungo la faccia anteriore della gamba e sul ginocchio. Per un’ernia che comprime la quinta radice lombare (per ernia tra L4-L5), il dolore si distribuirà sulla faccia postero- laterale della coscia, su quella laterale della gamba e sul dorso del piede sino al 1° dito. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

34 Ernie discali L-S: accenni di semeiotica medica
Per ernia tra L5-S1: il dolore si irradierà sulla superficie posteriore della coscia, della gamba e sulla pianta del piede, coinvolgendo il 4° e 5° dito. Sintomatologia periferica da irritazione radicolare + positività dei segni di Delitala (accentuazione del dolore irradiato alla palpazione profonda del metamero interessato), di Valleix, che suscita dolore alla pressione esercitata su alcuni punti elettivi (ischiatico, gluteo, peroneo dietro la testa del perone e malleolare) e di Lasegue (elevazione dell’arto inferiore esteso). A questi segni si accompagnano, nelle forme conclamate, riduzioni di forza e della sensibilità con iporiflessia nell’area di distribuzione della radice interessata. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

35 Diagnosi strumentale ernie discali L-S
La diagnosi di ernia discale può essere facilmente confermata mediante la risonanza magnetica nucleare che fornisce una rappresentazione panoramica del canale vertebrale e del suo contenuto; Ulteriore esame è rappresentato dalla EMG degli AAII 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

36 Lombalgie e Lombosciatalgie
La causa più frequente è rappresentata da alterazioni discali lombari, ma non si possono escludere patologie metaboliche, vascolari o neoplastiche Il dolore lombare è l’espressione clinica dell’irritazione o della compressione del nervo seno-vertebrale di Luschka 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

37 Lombalgie e lombosciatalgie
La lombalgia è caratterizzata da: - dolore spontaneo localizzato al rachide lombare accentuato dalla pressione locale e dai tentativi di mobilizzazione del tronco; - contrattura della muscolatura paravertebrale, con secondario atteggiamento obbligato del rachide lombare in flessione anteriore o laterale; - rigidità del tronco. La lombosciatalgia è’ una sindrome dolorosa che dalla regione lombare si irradia con distribuzione radicolare all’arto inferiore, nel territorio del nervo sciatico. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

38 Malattie professionali
La diagnosi di malattia professionale (sia tabellata che non) riconosce due fasi: la fase clinica, consistente nell’accertamento di una manifestazione morbosa nosologicamente qualificata; la fase medico-legale, consistente nella ricostruzione del nesso causale tra quest’ultima e una noxa lavorativa. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

39 Malattie professionali: Tabellate
Nel caso delle malattie professionali tabellate, con “presunzione legale di origine”, il lavoratore dovrà provare, secondo il principio generale sancito dall’art c.c., di essere affetto da un’infermità compresa nell’elenco delle malattie professionali e di essere stato precedentemente esposto al rischio morbigeno tabellato, restando presunto, in caso positivo, il nesso causale fra la lavorazione e l’infermità. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

40 Malattie professionali: non tabellate
Il lavoratore deve dimostrare, secondo le norme del diritto comune, i fatti che costituiscono fondamento del diritto che intende esercitare e, cioè, l’esistenza di una malattia contratta nell’esercizio ed a causa dell’attività lavorativa prestata, che deve, ovviamente, rientrare tra quelle previste dagli articoli 1, 206, 207 e 208 del Testo Unico. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

41 Patologie non tabellate
malattie osteoarticolari e angioneurosi provocate da strumenti non tabellati o da uso “non prevalente” di strumenti tabellati; patologie dei tendini, delle guaine aponeurotiche, dei nervi (ad es. snd del tunnel carpale, epicondilite, etc.), anche se la causa è costituita dall’uso di strumenti tabellati, a meno che non compaiano in concomitanza con le manifestazioni angioneurotiche ed osteoarticolari proprie della sindrome da strumenti vibranti; malattie da vibrazioni-scuotimenti (WBV); malattie da posture incongrue, microtraumi ripetuti, ipersollecitazioni funzionali, sovraccarichi articolari. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

42 LOMBALGIE I carichi agenti sui dischi intervertebrali e l’impegno dei muscoli paravertebrali sono stati studiati da numerosi autori mediante modelli matematici basati sui principi e sulle conoscenze della biomeccanica. Detti studi sono stati basati sostanzialmente sul principio della leva “in equilibrio” in cui i diversi segmenti corporei e le forze esterne agiscono come potenze, i muscoli e gli altri tessuti molli come resistenze e gli snodi articolari come fulcri. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

43 Fless. tronco di 20° con 10 Kg. in mano 185
Nella tabella che segue vengono riportati alcuni valori approssimativi del carico agente sul disco L3-L4, calcolato per alcune principali posizioni del rachide in un soggetto del peso di 70 Kg. Postura Carico lombare (in Kg.)‏ Supina Eretta Seduta senza supporto Fless. tronco di 20° Fless. tronco di 20° con 10 Kg. in mano Sollev. 20 Kg. schiena dritta e ginocchia flesse Sollev. 20 Kg. schiena dritta e ginocchia estese 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

44 Fattori di rischio lavorativo per la colonna vertebrale
1. Movimentazione manuale di carichi 2. WBV (vibrazioni trasmesse a tutto il corpo)‏ 3. Posture incongrue (fisse/protratte)‏ 4. Movimenti e torsioni (abnormi/ripetuti) del tronco 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

45 Norme tecniche e valori limite
Solo per i primi due fattori di rischio esistono norme tecniche e valori limite di riferimento, ancorché elaborati con finalità preventive da vari istituti ed organizzazioni scientifiche (NIOSH, CEN, BS, HSE, ISO, ACGIH, EPM). Per i rischi da posture incongrue e da movimenti abnormi ripetuti del tronco non sono disponibili ad oggi né linee guida tecniche né specifiche norme. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

46 Strumenti per la valutazione: operazioni di sollevamento
Il NIOSH (National Institute of Occupational Safety) ha divulgato un metodo di calcolo che, partendo dalla costante di peso e considerando in seguito tutte le fasi della movimentazione permette di calcolare l’indice di rischio.

47 NIOSH Relativamente al carico lombare sostenibile il NIOSH ha individuato due limiti: a) “Action Limit” (AL) corrispondente a 350 kg. di carico lombare, al di sotto del quale non sono da prevedersi particolari misure cautelative; b) “Maximum permissible limit” (MPL) corrispondente a 650 kg. di carico lombare, corrispondente al limite da non superare mai nel sollevamento e trasferimento manuale di pesi. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

48 Metodo NIOSH: calcolo indice di rischio
Fattore altezza Peso Sollevato X X Fattore distanza X Fattore orizzontale Peso Sollevato Peso limite = Ind. Rischio raccomandato X Fattore dislocazione X Fattore presa X Peso limite Raccomandato Fattore frequenza 48

49 Attività lavorative “a rischio”
In via orientativa, tenuto anche conto delle indicazioni contenute nell’allegato VI del D. Lgs. 626/94, si può ritenere che un rischio relativamente elevato sussista per lavoratori impiegati da lungo tempo nelle seguenti attività: magazzinieri con stoccaggio su bancali molto alti/bassi; lavoratori edili con passaggio da terra su ponti di sacchi o mattoni; facchinaggio pesante e traslochi manuali; talune attività infermieristiche e parasanitarie 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

50 LE VIBRAZIONI WBV Le vibrazioni trasmesse al corpo (“whole body vibration” - WBV) costituiscono un rilevante fattore di rischio sia per la varietà e l’importanza degli effetti ad esse associati sia per il numero di lavoratori esposti. Mezzi di trasporto, semoventi, macchine ed impianti fissi rappresentano le principali sorgenti di vibrazioni. Queste due categorie di sorgenti implicano differenti superfici di trasmissione delle vibrazioni e differenti posture degli addetti; la rilevanza del rischio per i due tipi di sorgenti è inoltre nettamente diversa. Per la valutazione tecnica delle vibrazioni trasmesse al Corpo viene generalmente seguita la norma internazionale ISO 2631/1-1997 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

51 LE VIBRAZIONI WBV Le vibrazioni trasmesse al corpo (“whole body vibration” - WBV) costituiscono un rilevante fattore di rischio sia per la varietà e l’importanza degli effetti ad esse associati sia per il numero di lavoratori esposti. Mezzi di trasporto, semoventi, macchine ed impianti fissi rappresentano le principali sorgenti di vibrazioni. Queste due categorie di sorgenti implicano differenti superfici di trasmissione delle vibrazioni e differenti posture degli addetti; la rilevanza del rischio per i due tipi di sorgenti è inoltre nettamente diversa. Per la valutazione tecnica delle vibrazioni trasmesse al Corpo viene generalmente seguita la norma internazionale ISO 2631/1-1997 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

52 LE POSTURE Definizione: si intende la posizione del corpo nello spazio e la relativa relazione tra i suoi segmenti corporei. Gli studi dell’attività muscolare e dei carichi articolari quali si sviluppano nelle posture di lavoro, genericamente intese, sono stati finora mirati essenzialmente a verificare la tollerabilità della postura stessa nelle concrete condizioni spaziotemporali in cui essa viene adottata. Una postura viene definita tollerabile quando: non induce sensazione di disagio, fatica o dolore a breve termine; non causa patologia morfo-funzionale dell’apparato locomotore a lungo termine. A tutt’oggi non sono disponibili però metodi e criteri per esprimere giudizi di tollerabilità di una data postura di lavoro. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

53 Il disturbo lombare aspecifico
(Low Back Pain) indica la lombalgia comune, vale a dire quella patologia idiopatica ricorrente che colpisce il tratto lombare della colonna vertebrale caratterizzata da dolore e limitazione funzionale e non attribuibile ad una condizione patologica ben definita. Nella popolazione generale: secondo svariati studi epidemiologici la prevalenza di lombalgia riferita all’intera vita (lifetime) si attesta intorno al 70% nei paesi industrializzati. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

54 “LOW BACK PAIN” E SPONDILOARTROPATIE
I fattori nocivi lavorativi ad oggi conosciuti ed indagati sperimentalmente sono stati da tempo classificati in fattori fisici, psicosociali ed individuali La “low back pain” può essere vista sotto un duplice punto di vista: 1) il punto di vista clinico si sofferma sui danni tessutali prodotti dai fattori lavorativi e considera l’invalidità derivante da eventi lesivi più gravi (ad es. ernia discale); 2) il punto di vista biomeccanico individua nelle abnormi esposizioni biomeccaniche lavorative la causa della LBP e quindi ritiene che con adeguati interventi preventivi si possa efficacemente prevenire la LBP. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

55 Low Back Pain/DMS FATTORI DI RISCHIO PERSONALI : Età Sesso
Fattori antropometrici Condizioni di allenamento Fumo Condizioni patologiche (congenite o acquisite)‏ - anomalie congenite - traumi, fratture - cause degenerative - cause infettive, metaboliche 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

56 Low Back Pain FATTORI DI RISCHIO PROFESSIONALI :
la movimentazione e sollevamento di carichi a mano trazione o spinta di carrelli, ecc. sforzi eccessivi movimenti incongrui posture incongrue mantenimento di posture fisse per periodi prolungati attività sedentaria vibrazioni trasmesse a tutto il corpo piccoli traumi ripetuti 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

57 La “low back-pain” può essere definita come caso clinico o come causa di assenza dal lavoro. In questo secondo caso tuttavia interferiscono altri fattori del tutto estranei, come ad esempio la tempestività e la adeguatezza delle cure mediche. Il termine di “low back pain” non ha uno specifico significato clinico in termini diagnostici, prognostici e terapeutici. Meno del 5% di pazienti in età lavorativa con LBP hanno quadri morbosi oggettivamente dimostrabili anche se sottoposti a TAC e RMN: da ciò scaturisce la convinzione che la LBP sia ormai diventata una diagnosi di esclusione 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

58 RISCHI EXTRAPROFESSIONALI
FATTORI FISIOLOGICI ED EREDO COSTITUZIONALI - fattori ormonali (distiroidismi, menopausa, etc.); - costituzione fisica (tappe dello sviluppo scheletrico, obesità); - gravidanze portate a termine (numero, epoca, decorso); - para/dismorfismi della colonna; - malformazioni congenite vertebrali e/o degli arti; - pratica di talune attività sportive (rugby, equitazione, pesistica, windsurf, sports motoristici), specie se a livello agonistico. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

59 RISCHI EXTRAPROFESSIONALI
Artrosi senile Spondilite anchilosante Artrite psoriasica Artrosi post-traumatica (fratture vertebrali)‏ Malattia di Baastrup Spondiloartrosi secondaria ad alterazioni congenite o acquisite della pelvi o degli arti inferiori Reumoartropatie a localizzazione rachidea Artrosi da terapia cortisonica Artrosi da malattie dismetaboliche Spondilodisciti (tubercolari e non)‏ Malattia di Paget Spondiloartriti Sindrome di Reiter Spondilopatia iperostosante Morbo di Scheuermann Malattia di Calvè Malattia di Forestier Spondilolisi/listesi Patologia tumorale (angioma, encondroma, osteosarcoma, metastasi, ecc.)‏ 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

60 Prognosi Esiste una prognosi unica? Direi di no, variando in relazione alla gravità del quadro clinico, attestandosi comunque da un minimo di tre giorni ad un massimo di circa due settimane di “inabilità totale” 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

61 Alcuni semplici consigli
Fare regolarmente esercizi. Esercizi specifici (raccomandati dal medico curante) possono allenare muscoli importanti per la salute della schiena e possono aiutare a prevenire altri problemi. Portare scarpe comode, con tacco basso. Le solette nelle scarpe possono aiutare chi deve stare in piedi per lunghi periodi di tempo. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

62 Alcuni semplici consigli
Porre le superfici di lavoro ad un’altezza comoda. Usare una sedia con un buon sostegno a livello lombare. Quando si fa un sollevamento, tenere gli oggetti vicino al corpo. Evitare sollevamenti in torsione, flessione e allungamento. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

63 Alcuni semplici consigli
Le fasce lombari, usate per prevenzione, possono consentire a qualcuno di continuare a lavorare quando il lavoro richiede frequenti sollevamenti. Riposare i piedi su uno sgabello basso quando si deve stare seduti per lunghi periodi di tempo 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

64 Alcuni semplici consigli
Mettere un cuscino o un asciugamano arrotolato dietro alla zona lombare quando si guida per lunghe distanze. Fermarsi spesso e camminare per qualche minuto. Per dormire comodamente, mettere un cuscino sotto le ginocchia quando si dorme in posizione supina, o in mezzo alle ginocchia quando si dorme su un fianco. 09 Aprile 2011 Dr Mirko Parabita

65 La tecnologia al servizio....
La quantificazione delle forze effettivamente applicate richiede il ricorso ad appositi dinamometri da applicare alle reali condizioni operative sul punto di azionamento dei carrelli manuali.

66 La tecnologia al servizio....
I seguenti trattamenti non sono raccomandati perché il comitato delle Linee Guida non ha trovato una buona base scientifica per la loro efficacia: ...Fasce lombari (eccetto il caso di uso preventivo per coloro che per lavoro devono fare frequenti sollevamenti), cinture di sostegno, macchine di rinforzo per la muscolatura della schiena...

67 Misure preventive primaria prevenzione secondaria terziaria

68 Misure di prevenzione primaria
Misure ergonomiche Meccanizzazione di tutte le operazioni al fine di ridurre il più possibile la necessità di sforzi da parte del lavoratore. Ricorrere a mezzi adeguati a ridurre i rischi connessi alla mmc Adottare misure organizzative che rendano la mmc quanto più possibile corretta e sicura. Pianificazione e ottimizzazione dei tempi e modalità lavorative. Buon work station design che consenta di evitare tutti i movimenti inutili e le posture incongrue. Misure di informazione e formazione Fornire ai lavoratori informazioni su: il peso e il centro di gravità del carico, il lato più pesante di un imballaggio qualora il contenuto abbia una collocazione eccentrica. Indicare la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta. Formazione ed addestramento sulle corrette tecniche di sollevamento (da ripetere periodicamente). Controllo in ordine ad eventuali movimenti errati o posture incongrue. Insegnamento di esercizio per il rilassamento ed il rinforzo della muscolatura, con particolare riguardo alla muscolatura paravertebrale.

69 Misure di prevenzione secondaria
– sottoporre gli addetti a mmc a sorveglianza sanitaria mirata, basata su accertamenti preventivi, atti a verificare se lo stato di salute del lavoratore è compatibile con l’attività che è destinato a svolgere, e su accertamenti periodici, per controllare lo stato di salute del lavoratore ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica; – identificare i lavoratori con aumentato rischio di sviluppare patologie a carico del rachide; – allontanare dal rischio (o ridurre l’esposizione) i lavoratori suddetti; – “allenare” il lavoratore a rischio mediante un progressivo e graduale incremento del carico fisico richiesto. Misure di prevenzione terziaria Per misure di prevenzione terziaria si intendono essenzialmente i trattamenti medici riabilitativi nei confronti di lavoratori che soffrano di patologie causate dalla movimentazione manuale dei carichi.

70 GRAZIE PER LA CORTESE ATTENZIONE


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