L’educatore supervisore nell’organizzazione dei servizi sociali

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Presentazione sul tema: "L’educatore supervisore nell’organizzazione dei servizi sociali"— Transcript della presentazione:

1 L’educatore supervisore nell’organizzazione dei servizi sociali
Nuove prospettive sulla supervisione & Il supervisore: educatore di educatori

2 NUOVE PROSPETTIVE PER LA SUPERVISIONE: FORMAZIONE, RUOLO E FUNZIONE DELL’EDUCATORE SUPERVISORE. (LUNA CIARINI) Quando si parla di supervisore si pensa subito ad un professionista del terzo settore con una formazione di tipo clinico o da assistente sociale. Questo ruolo tuttavia può essere ricoperto anche da un educatore professionale che ha effettuato uno specifico percorso di formazione.

3 “LA SUPERVISIONE È UNA MODALITÀ DELLA FORMAZIONE, ATTUATA DA UN ESPERTO DELLA STESSA PROFESSIONALITÀ, CHE CONCORRE ALLO SVILUPPO E/O CONSOLIDAZIONE DELL’IDENTITÀ PROFESSIONALE DELL’OPERATORE ANCHE RAFFORZANDONE L’IMMAGINE CHE HA DI SE STESSO NEL SERVIZIO” - Fiorentino Busnelli

4 1) Mancanza di modelli stabili, tutto si dissolve nello stato liquido
Si può abbracciare la visione sociologica di Bauman per descrivere la supervisione L’idea fondamentale di questo autore è quella di liquidità della modernità 1) Mancanza di modelli stabili, tutto si dissolve nello stato liquido 2) L'unica certezza è l'incertezza Ci si nasconde nell'apparire ad ogni costo e nel consumismo

5 Liquidità della supervisione
Mancato riconoscimento del valore della supervisione in moltissimi ambiti

6 C’è necessità di rimettere in discussione il valore del supervisore per comprenderlo meglio e capirne: LA DEFINIZIONE LA FORMAZIONE IL RUOLO Evitando di cadere nell’autoreferenzialità. C’è bisogno di dare risalto alla figura del supervisore, ne deve essere riconosciuto l’operato negli scenari sociali. Il suo supporto è infatti fondamentale per l’andamento e la vita dell’équipe educativa.

7 IL SUPERVISORE INFATTI:
Media nel momento del conflitto trovando strade alternative per la gestione dello stesso Evita ogni rigidità Sospende il giudizio Valorizza e stimola gli educatori Sostiene l’educatore nelle decisioni Accoglie idee e suggerimenti Lavora sui punti di forza di ogni educatore

8 Mette cioè in atto questo passaggio
Da una lettura di un particolare nel contesto Astratto Ad una lettura allargata di tutto il contesto Concreto

9 Va sottolineato poi che l’educatore ha sempre una metodologia ed una deontologia professionale, cioè un codice etico messo in campo per svolgere a pieno il suo operato. Questo è fondamentale per creare un clima di stabilità, riconoscimento e fiducia. Uno degli scopi della supervisione è il raggiungimento di una sinergia esecutiva dell’équipe per centrare obiettivi educativi comuni condivisi. La supervisione deve far luce dove si sono create zone d’ombra, nell’ottica di una rielaborazione tecnico operativa. Per questo è diversa dalla supervisione clinica. La supervisione educativa non è un intervento terapeutico. Mira infatti ad allargare la visuale per riconoscere e far emergere elementi della complessità che caratterizzano la realtà socio-educativa.

10 SUPERVISIONE EDUCATIVA
Privilegiare nuove ipotesi di lettura della realtà relazionale, individuale e collettiva Creare nuovi modi di relazionarsi allo scenario educativo in cui si opera Evitare spazi e definizioni rigide

11 SUPERVISIONE EDUCATIVA
Rielaborazione dei saperi Sviluppo di processi di riflessione Valutazione e verifica

12 “LA SUPERVISIONE NON DÀ SOLUZIONI MA AIUTA IL GRUPPO A ESAMINARE LA SITUAZIONE PER TROVARE CANALI DI TRASFORMAZIONE IN MODO DA CONTINUARE A PENSARE A SVILUPPARE ESPERIENZE” - Katia Rouff

13 “L’OBIETTIVO DELLA SUPERVISIONE È IL MIGLIORAMENTO DELLA SITUAZIONE, DELL’ATMOSFERA, DELL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E DELLE SPECIFICHE COMPETENZE PROFESSIONALI. HA QUINDI L’INCARICO DI PROMUOVERE L’APPRENDIMENTO DERIVATO DALLA PRATICA PROFESSIONALE E LA QUALITÀ DELLA COLLABORAZIONE SUL LAVORO” - Associazione Professionale per la Supervisione e la Consulenza Organizzativa

14 La supervisione è dunque uno strumento fondamentale all’interno del contesto socio-educativo-pedagogico perché permette di andare oltre l’autoreferenzialità, oltre il fare, oltre il conflitto per approdare in terre nuove con spirito pioneristico. Il supervisore è chiamato ad essere costruttore di contesti che diano certezze e che consentano all’individuo di trovare il proprio benessere psico-fisico in essi. Questi contesti devono permette di “disimparare ad imparare”, di rompere gli schemi e restituire la libertà tolta dal fare. La supervisione permette all’équipe educativa di vivere nuove sfide nel suo campo e di essere parte attiva nel cambiamento.

15 IL SUPERVISORE: EDUCATORE DI EDUCATORI (Giulia Stafoggia)
Équipe educativa Educatore, membro interno Lavora in maniera diretta con l'utenza E' parte di una gerarchia Supervisore, membro esterno Non conosce l'utenza e non ha potere decisionale E' neutro rispetto all'équipe e per questo il suo intervento ha valore

16 La supervisione deve accompagnare l’équipe in tutto il suo percorso, non soltanto nei momenti di crisi. È erroneo pensare che la supervisione abbia senso solo in caso di problemi irrisolti. La supervisione è una parte fondamentale del lavoro che va sempre tenuta presente. È fondamentale che il supervisione sia un educatore, perché condivide gli stessi principi e le stesse conoscenze degli educatori e solo così può davvero dare un apporto al loro lavoro.

17 Creare un contesto di parità
Liberare delle urgenze e delle classificazioni Creare uno spazio libero in cui pensare Astrarsi dalle vicissitudini del quotidiano Ripensare agli obiettivi educativi

18 La supervisione educativa è diversa da quella psicologica, svolta da uno psicoterapeuta. Lo scopo di quest’ultima è quello di far emergere emozioni, manifeste o celate, all’interno del gruppo di lavoro. Le emozioni in questione saranno poi esaminate dal punto di vista psicologico e psico-dinamico. La supervisione educativa vuole invece offrire al gruppo di lavoro uno spazio in cui prendersi cura di se stesso, mettendo al centro di tutto le dinamiche, le difficoltà e le riflessioni di tutti i presenti. È uno spazio di parola.

19 Supervisione Sul caso: si concentra sull’utenza e sul servizio o sul progetto educativo di riferimento. In questo caso l’educatore si avvicina all’utente e alla sua famiglia. Su di lui gravano grandi responsabilità diagnostiche. Deve analizzare la situazione e i fattori di rischio ad essa legati. Qui la supervisione è importante come sostegno nell’analisi del caso, che ha come finalità la diagnosi. Sul gruppo: ha la finalità di favorire l’autoriflessione e la ricerca di risorse nonché la risoluzione di difficoltà all’interno del gruppo. Si focalizza sul gruppo di lavoro in quanto tale, quindi sulle sue dinamiche e sulla comunicazione al suo interno. Mira ad individuare obiettivi comuni, valorizzando le diversità e le competenze individuali ma anche collettive.

20 LE CONDIZIONI DI RIUSCITA DELLA SUPERVISIONE SONO:
L’esistenza di un mandato riguardante il supervisore il quale deve essere riconosciuto ed avere la fiducia di tutti i membri del gruppo Il fatto che il supervisore non fornisca soluzioni ma rimandi al gruppo quello che il gruppo pensa e come interpreta la realtà che sta vivendo Il fatto che le persone abbiano la volontà di cambiare; il supervisore non ha potere sul gruppo, supporta il gruppo ad acquisire il potere su se stesso (principio di empowerment)

21 DUE ELEMENTI FONDAMENTALI DELLA SUPERVISIONE:
L’arte di ascoltare: un buon osservatore deve saper riconoscere la differenza tra cambiare il punto di vista dentro un contesto dato per scontato e cambiare questo contesto ovvero superare i propri limiti, esplorando l’incontro con l’altro. C’è bisogno di abbandonare l’ansia del ridicolo e la tendenza ad ignorare il problema esposto. Si deve abbandonare l’idea di difendere un’idea a tutti i costi pur di “salvare la faccia”. Gestione creativa del conflitto: l’incontro genera inevitabile in conflitto, ma il supervisore non deve meramente risolvere il problema. Deve piuttosto educare ad affrontare in modo creativo le incomprensibili, che sono inevitabili. La prospettiva non è quella del “tollerale”, ma del superare i propri limiti. Le parti in conflitto devono riuscirsi a vedere non faccia a faccia, ma fianco a fianco. Alla base della gestione creativa del conflitto c’è l’idea che tutti abbiano bisogno di un certo grado di riconoscimento ed ascolto.


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