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Verso l’instrumentum
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la prassi documentaria altomedievale
Fino a tutta la metà dell’XI secolo: Le parti si presentano al notaio e dichiarano la loro volontà davanti a testi Il notaio prende nota del negozio (note tironiane) e poi stende il documento Richiama le parti e i testimoni e fa loro sottoscrivere il documento Traditio chartae completio
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Perché il negozio fosse valido per tutto l’altomedioevo fu necessario
1) che venisse redatta la charta nel rispetto dei formalismi previsti dalla normativa tardoantica (Giustiniano) ↓ a) manufirmatio auctoris, b) subscriptiones testium, c) traditio, d) completio
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Come cambia il processo documentario
Dopo la metà dell’XI secolo si colgono un po’ ovunque segnali di cambiamento nella prassi nelle forme
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Cambiamenti nella prassi
1) Anni ‘70: scompaiono le note dorsali in tachigrafia sillabica 2) a Bologna, Ravenna, Roma, Napoli si attesta l’uso di estrarre documenti in mundum anche a distanza di anni dalla rogatio A Bologna in particolare dopo la stipula del contratto il notaio redigeva a) una nota dettagliata che conservava e che poteva trasmettere dopo la morte e b) un estratto più scarno che consegnava alla parte interessata (rogatio/-nes) → una ricevuta che la parte conservava presso di sé e poteva poi mostrare al notaio per chiedere il documento
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Roma Dagli anni ‘60 dell’XI sec. è testimoniata la pratica di conservare presso il notaio i dicta → dictum = una stesura ristretta del documento contenente gli elementi essenziali del contratto. E questa conservazione appare talmente affidabile da 1) eliminare a volte la stesura in mundum 2) ritardarla anche di anni
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Roma Quando si arriva alla redazione della charta
a) questa può essere svolta in mundum (ma con le sottoscrizioni ovviamente non autografe) b) oppure può essere rilasciata direttamente una copia del dictum
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Dictum svolto in mundum
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Roma I dicta romani rappresentano la fase più evoluta nel meccanismo della prassi documentaria ↓↓ a) erano conservati gelosamente presso il notaio (scriniarius s.R.E.) b) il dossier personale dei dicta di uno scriniario pote- va essere trasmesso a un altro scriniario o 1) diretta -mente oppure 2) d’ufficio
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I dicta romani e le rogationes bolognesi erano qualco- sa di più di semplici minute e dimostrano che il compimento del contratto stava cambiando modalità, soprattutto non era più fondato sulla a) redazione della charta b) manufirmatio auctoris c) subscriptiones testium d) completio notarile
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Il rito negoziale si era ormai ridotto alla dichiarazione di volontà delle parti, resa di fronte al notaio e alla presenza di testimoni Il momento culminante della documentazione non è più nel suo rilascio alle parti ma si è sposato nella rogatio: → le parti si accordano → si stipula il contratto davanti ai testi → si scrive il documento Il negozio si compie indipendentemente dalla documentazione
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Come cambiano le forme A questi forti segnali di cambiamento nella prassi si accompagnano altri fenomeni significativi ↓↓ a) che si verificano nel giro di pochi decenni (fine XI/inizi XII) b) e che portano a una vera e propria rivoluzione nelle forme della charta
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Come cambiano le forme Ovunque
1) si fanno sempre più rare fino a scomparire del tutto le sottoscrizioni autografe dei testi → solo il ricordo degli intervenuti 2) scompaiono le sottoscrizioni degli autori 3) scompare il ricordo della traditio chartae 4) scompare la completio
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Cosa è successo ? Il documento si è gradualmente liberato dai formali- smi dei quali era stato caricato nel VI secolo, quando era diventato prima costitutivo e poi dispositivo del diritto e aveva messo le basi per la nascita del sistema della charta → pesante nella prassi e carica di formalismi E liberandosi dai formalismi altomedievali si era scisso il connubio tra actio e scriptio → come dimostrano il fenomeno dei dicta e delle rogationes b) il venir meno della traditio chartae
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Come è potuto accadere ? 2 elementi concorsero a determinare il cambiamento e il passaggio dal sistema charta a quello dell’instru-mentum: → il raggiungimento della publica fides da parte dei notai → il rinnovato studio del diritto e la riscoperta del diritto romano
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La publica fides Credibilità/affidabilità/fiducia generale da parte di tutti che i notai raggiungono dopo un percorso lungo e difficile grazie a 1) organizzazioni collegiali dei notai → categorie professionali organizzate in maniera verticistica che danno garanzia del rispetto delle regole e della professionalità dei suoi membri 2) scuole di notariato → più preparazione giuridica 3) legislazione cittadina (i Comuni) che precisa i doveri dei notai, li regola per legge e aumenta la fiducia del pubblico
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La publica fides La fides publica ottenuta dal notariato consente anch’essa di spostare la credibilità del documento dai formalismi altomedievali al solo notaio ↓ il quale può diventare unico garante della documenta-zione, in quanto presente all’azione e suo verbalizza- tore.
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La riscoperta del diritto romano
Ma ciò è stato possibile anche perché, grazie alla risco- perta del diritto romano e alla riflessione teorica dei giuristi, si è recuperata 1) la funzione di memoria e di prova dell’instrumentum 2) la distinzione tra azione giuridica e documentazione →→→l’azione è già perfetta al momento della dichia- razione delle parti ed è distinta dalla documentazione che avviene successivamente
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Non è più necessario l’intervento di altre persone
↓ Il notaio ha una sola responsabilità, quella di verbalizzare e mettere per iscritto l’azione giuridica già pienamente valida di per sé
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Ultimo atto Il secolo XII (inizi a Bologna, primi decenni nel Nord) vede la fase decisiva per il passaggio al nuovo tipo di documento rappresentato dall’instrumentum. È allora che si avvertono nelle forme e nelle formule dei docu- menti italiani quelle trasformazioni che mostrano la charta ormai finita nelle funzioni e nei formalismi. nelle sottoscrizioni notarili la formula di completio viene sostituita da una con la quale i notai hanno cura di rilevare che sono in grado di attestare l’azione documentata per conoscenza diretta, essendone stati testimoni oculari e auricolari → → → → → → → →
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Roma 1148 “sicut vidi et audivi et cause interfui ita scripsi”
Roma 1164 “ut ante me factum est in cospectu suprascriptorum, ita, prout potui, scripsi” Arezzo 1163 “scripsi, quia et mihi preceptum est et omnia in presentia mea facta sunt” Brescia 1180 “interfui et scripsi et ea uti supra legitur audivi et vidi”
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Sempre nelle formule di sottoscrizione i notai tengono a sottolineare con forza il carattere pubblico dei documenti Roma 1148 “ob perpetuam memoriam publicis litteris scribere curavi” Roma 1155 “in publicam notionem transtuli” Piacenza 1180 “in publicis actis redegi”
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Dalla fine del XII secolo scompare completamente la charta altomedievale → il nuovo documento (instrumentum) accoglie gran parte delle forme del breve negoziale → in forma narrativa → il notaio voce narrante → nell’escatocollo: a) lista dei testi, b) dichiarazione del notaio di aver redatto l’atto
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1166
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in Romagna, nel Lazio e in Campania permane più a lunga la forma redazionale soggettiva, ma è solo una questione formale ↓ Dal punto di vista sostanziale siamo comunque in regime di instrumentum
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L’imbreviatura Tramontata la charta altomedievale, trionfa un nuovo documento notarile che fin dall’inizio del XII secolo comincia ad essere indicato col termine giuridico romano di instrumentum (= mezzo, strumento) Il notaio è ormai l’unico responsabile del documento e l’imbreviatura diventa il momento centrale della documentazione, l’asse sui cui ruota tutta la legalità del documento.
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L’imbreviatura Verso la fine dell’XI secolo le notizie (dorsali o no) si trasformano da semplici appunti in vere minute, seconda (e non più prima) fase nella formazione del documento → Ci si avvia verso l’imbeviatura. A Genova è del 1121 l’ultimo documento che reca note dorsali e al 1154 risale il primo cartulario notarile (Giovanni scriba) Il passaggio dalla nota all’imbreviatura si realizza poi in tutte le città dell’Italia centro-settentrionale. Alla fine del XIII secolo ci si è arrivati ovunque.
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I protocolli notarili Il registro di imbreviature o protocollo era cartaceo, composto di un numero variabile di fascicoli e presen- tava i contratti redatti uno dietro l’altro, in genere in ordine cronologico, con il testo abbreviato, ma con l’indicazione di tutte le parti essenziali (data, testi, attori, oggetto). I registri godevano della stessa pubblicità dell’ instru- mentum originale. Potevano essere trasmessi agli eredi e facevano parte del patrimonio del notaio.
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I protocolli notarili Se il notaio non aveva eredi i protocolli venivano depositati presso un altro notaio o presso il collegio notarile che provvedeva poi ad assegnarli ad un notaio che ne estraesse gli originali in caso di necessità. Spesso le parti non richiedevano il documento originale.
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La triplice redazione del documento
Giorgio Costamagna: l’accuratezza usata dai notai nel redigere gli istrumenti nei loro cartulari, nonché la loro completezza, postulano necessariamente l’esistenza di un minutario. A Genova certamente i notai adoperavano due differenti tipi di registri: 1) il manuale (di dimensioni piccole cm. 32 x 15) 2) il cartulare (molto più grande)
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La triplice redazione del documento
Il manuale è molto conciso: 1) l’invocazione è ridotta ad un semplice segno di croce 2) il testo (in forma soggettiva) è ricco di correzioni e modifiche; 3) le formule finali sono solo accennate e quelle più comuni vengono trascurate; 4) mancano in gran parte le publicationes, le formule cioè del protocollo (luogo, anno, mese, giorno, indizione), tutti elementi considerati invece indispensabili per la validità del documento. Il manuale rappresenta la prima redazione.
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La triplice redazione del documento
Nel cartolare invece i documenti sono corretti e completi in ogni parte e si chiudono con la data e i nomi dei testi. Non esistono sostanziali differenze tra gli istrumenti in mundum e quelli redatti nel cartolare (a parte ovviamente la sottoscrizione notarile che manca nel cartolare). Il cartolare rappresenta la seconda redazione.
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La triplice redazione del documento
Il passaggio dal manuale al cartolare era quasi immediato; il mundum, invece, poteva essere redatto anche a distanza di molti anni. Gli stessi statuti cittadini si occupano spesso dei tempi di redazione dei documenti e in particolare riducono i tempi di trascrizione dal manuale al cartolare: Nizza 3 giorni, Savona 3 giorni, Ivrea 8 giorni.
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Il valore dei protocolli
La consuetudine di non richiedere sempre l’originale comporta il problema della conservazione delle imbreviature. Che viene risolto in maniera diversa nelle varie città. Di regola passavano di padre in figlio o era lo stesso notaio a designare il suo erede. In caso di morte prematura (per cui il notaio non aveva lasciato indicazioni in merito a chi avrebbe ereditato i suoi protocolli) o in mancanza di eredi, era il collegio dei notai cittadini a scegliere il successore al quale affidare le imbreviature.
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Teoria e prassi L’attenzione riservata alla conservazione dei protocolli notarili già dalla fine del XII secolo è chiaro segno del loro valore giuridico. Ciononostante per molto tempo i giuristi negarono il valore dell’imbreviatura; per loro essa assunse pieno valore legale solo nella seconda metà del ‘200, se non addirittura nella prima metà del XIV. la dottrina giuridica accetta e sistematizza quella che era ormai una prassi diffusa da tempo
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Protocollo di Coluccio Salutati (1372)
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