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La nascita degli Stati Uniti

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Presentazione sul tema: "La nascita degli Stati Uniti"— Transcript della presentazione:

1 La nascita degli Stati Uniti

2 Il continente americano: uno spazio europeo

3 Vicereame della Nuova Francia

4 Il New Jersey olandese e svedese

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6 La colonizzazione britannica
Il 1607 è l’anno della prima spedizione transoceanica inglese mirata alla fondazione, su suolo americano, di una colonia: tre navi armate dalla Compagnia dei Mercanti di Londra entrano nella Baia di Chesapeake, in Virginia, per poi fondarvi, in onore di re Giacomo I Stuart , Jamestown, la prima città britannica in America.

7 Come nascono le colonie inglesi?
Fondate dalle compagnie mercantili Concessioni del re a singoli favoriti Trasferimento oltreoceano di gruppi religiosi e politici sconfitti o emarginati (padri pellegrini).

8 Colonie inglesi e orientamenti religiosi
1620: Massachussets (Boston) e Connecticut, puritani congregazionalisti inglesi 1624: Nuova Amsterdam (poi New York), calvinisti olandesi 1632: Maryland (Baltimora) donata da Giacomo I a Lord Baltimore; nobiltà cattolica e contadini protestanti 1650: Virginia (Richmond) donata da W. Raleigh a Elisabetta I, rifugio di nobili monarchici anglicani e anticromwelliani 1682: Pennsylvania (Philadelphia), fondata da W. Penn guida spirituale della comunità quacchera. Pennsylvania, Maryland e, per un certo tempo, Delaware, appartengono a privati

9 L’autogoverno Il primo governo viene costituito in Virginia: un governatore nominato dalla Compagnia e adiuvato da un Consiglio; alcuni tribunali di contea, che operano sulla base della Common law; uno sceriffo. Nel New England, invece, viene ripreso il modello del giudice di pace. I primi nuclei amministrativi sono quelli cittadini, con la diretta partecipazione dei freeman, su un piede di parità. Ovunque si affermano un governatore (nominato dal proprietario, o dalla compagnia, o dal governo) e due organi: un consiglio nominato dal governatore e un’assemblea elettiva.

10 L’America Settentrionale nel 1750 circa

11 La resistenza fiscale Per far fronte al debito pubblico conseguente alle operazioni militari sul suolo americano nel corso della Guerra dei Sette Anni ( ), il governo e il Parlamento britannici, a partire dal 1764, prendono una serie di provvedimenti economici — dazi, imposte dirette e proibizione di emettere cartamoneta —, che colpiscono le colonie americane e scatenano proteste. Il principio «No taxation without representation», «niente tassazione senza rappresentanza», ricorre per la prima volta in un pamphlet del 1764. Nel 1765 il governo inglese vuole estendere alle colonie una tassa, lo Stamp Act, già in vigore nella madrepatria, per la quale ogni uso della carta, nei giornali, nei documenti commerciali, negli atti legali, viene sottoposto a un tributo, pagato mediante l'apposizione di un bollo. Di fronte alla protesta dei coloni, la legge sul bollo viene abrogata ma è sostituita con una serie di imposte indirette su alcune merci (carta, vernici, piombo, tè), che le colonie importavano dall’Inghilterra. La portata di questi provvedimenti era limitata, ma il Parlamento poneva una questione di principio, facendo valere concretamente il suo diritto di tassare tutti i sudditi dell'impero. I coloni non accettano l’impostazione del Parlamento e nel 1770 le imposte indirette sono abolite, salvo quella sul tè.

12 L’insurrezione L’opposizione, a opera del giurista della Pennsylvania James Wilson e dell’avvocato della Virginia Thomas Jefferson, inizia a formalizzare i due princìpi basilari dell’opposizione americana: dipendenza delle colonie solo dal re e non dal Parlamento, in cui non hanno rappresentanza, e pari dignità fra le Assemblee coloniali e il Parlamento. Il 5 settembre 1774 si riuniscono a Filadelfia i rappresentanti di tutte le colonie, eccetto la Georgia, nel Primo Congresso Continentale, che approva, il 14 ottobre, una «Dichiarazione dei diritti e delle ingiustizie», che condanna le misure inglesi degli ultimi dieci anni. Il Parlamento britannico respinge tutte le proposte di conciliazione avanzate anche da propri membri e si rifiuta di riconoscere il Congresso Continentale, intraprendendo azioni militari per catturare i capi dei «ribelli» e per disarmare la popolazione. Ciò scatena la rivolta.

13 La Dichiarazione d’Indipendenza
L’inizio delle operazioni militari viene fatto risalire agli scontri di Lexington e di Concord, località non lontane da Boston, del 19 aprile Il Secondo Congresso Continentale, a Filadelfia, conferma la sua fedeltà al re e ribadisce di opporsi esclusivamente al Parlamento. Il 14 giugno 1775 decide la formazione di un esercito regolare al comando di George Washington, un ufficiale dell’esercito appartenente a una facoltosa famiglia virginiana e distintosi nelle guerre franco-indiane ( ). Il 23 agosto 1775 il re proclama ribelli tutti i coloni americani. Il 4 luglio 1776 il Congresso Continentale approva la Dichiarazione di Indipendenza, stesa da Jefferson. Le operazioni militari subiscono alterne vicende, fino a che la vittoria americana a Saratoga, nello Stato di New York, del 1777, convince il Regno di Francia a entrare direttamente nel conflitto. Nel frattempo, il 15 novembre il Congresso Continentale ha adottato gli Articles of Confederation and Perpetual Union, la prima Costituzione nazionale, che entra in vigore il 1° marzo 1781 dopo essere stata ratificata da tutti gli Stati. Non è previsto un esecutivo ma solo quattro dipartimenti. Il Congresso si occupava di controllare le relazioni diplomatiche, esigere fondi e soldati dagli Stati, battere moneta e contrarre prestiti. Dopo anni di vicende belliche con esiti alterni, il 18 ottobre 1781 Lord Cornwallis, comandante generale delle truppe britanniche, si arrende a Yorktown, in Virginia. Il Parlamento di Londra vota contro la prosecuzione della guerra, ma le ostilità cessano solo dopo l’accordo fra il Regno Unito e il Regno di Francia, del 20 gennaio Con il trattato di Parigi viene riconosciuta l’indipendenza degli Stati Uniti d’America, sovrani dal confine canadese alla Florida e dalla costa atlantica alla riva orientale del fiume Mississippi.

14 Federalisti/Confederalisti
Alexander Hamilton Thomas Jefferson FEDERAZIONE CONFEDERAZIONE Struttura di stato federale unitario, nel quale le ex colonie, pur mantenendo significative autonomie, delegano a parlamento e governo unici le materie di interesse generale Associazione fra stati che lasci la sovranità, e dunque la piena indipendenza, alle singole ex colonie prevale la concezione FEDERALISTA

15 La Costituzione del 1787 Il 25 maggio 1787 si riunisce la Convenzione di Filadelfia per una nuova Costituzione, che è approvata dal Congresso il 28 settembre e ratificata dalla maggioranza degli Stati tra il dicembre dello stesso anno e il 2 luglio 1788. Il 4 febbraio 1789 vengono eletti rispettivamente presidente e vicepresidente degli Stati Uniti George Washington e John Adams, che sarà il secondo presidente dal 1797 al 1800. I due princìpi innovativi sono: 1) La separazione netta fra Stato e Chiesa e l’eguale dignità di tutte le confessioni religiose: «Il Congresso non potrà emanare alcuna legge che riguardi il riconoscimento ufficiale di una religione o che ne vieti l’esercizio». 2) La democrazia diffusa: tutte le rappresentanze sono elettive, con limite rigoroso alla durata delle cariche pubbliche, e vi è un diffuso sistema di controlli e di equilibri (gli uomini si devono controllare a vicenda)

16 Rivoluzione americana e rivoluzione francese
I coloni nordamericani si sollevarono in difesa dei propri diritti e le loro richieste erano piuttosto moderate nonché aderenti alla realtà. I rivoluzionari francesi, invece, volendo rifare da capo la società e la natura umana, ruppero con il passato e abbracciarono dogmatismi astratti. Furono insomma prudenza e ragionamento a guidare i passi dei nordamericani, che conservarono la tradizione inglese del governo rappresentativo e dei diritti individuali, mentre all’opposto le speranze illusorie portarono i francesi al regime del Terrore.

17 Scorrendo la cronologia degli accadimenti si vede, in successione:
il crescere dell’insofferenza nei confronti di un Parlamento inglese ritenuto sempre più invasivo delle libertà coloniali, senza però che venga meno la lealtà nei confronti del monarca; quindi, dopo l’avallo regio all’operato del Parlamento, la contestazione di un modello imperiale che si ritiene ingiusto; infine, con la Dichiarazione di Indipendenza e la Costituzione, una radicale critica della degenerazione che il Parlamento inglese ha subito nel tempo.

18 «No taxation without representation» non è un principio debole nella lotta per la rappresentanza: una delle funzioni principali delle istituzioni rappresentative fin dal Medioevo è stata proprio quella di deliberare l’aiuto economico che le diverse categorie sociali del regno erano disposte a offrire al monarca. Il rifiuto della rappresentanza virtuale indica anche un’esplicita propensione dei coloni americani nei confronti di un mandato parlamentare imperativo. L’illusione frustrata che il Parlamento possa ancora tutelare le «antiche libertà inglesi» dei coloni contribuisce in modo decisivo a porre in discussione il Parlamento stesso, rettificando presso gli americani l’errore di prospettiva di considerarlo ancora la veneranda istituzione di un’Inghilterra medievale. In realtà, la rottura con il passato è avvenuta da tempo e il timido assolutismo regio che fa capolino durante il regno di Giorgio III Hannover non riesce a mascherare il vero, pesante e consolidato assolutismo di un Parlamento di volta in volta in mano a gruppi religiosi esclusivisti o a oligarchie economiche. L’esigenza di una Costituzione scritta nasce negli americani per aver constatato che la finzione dell’antica Costituzione inglese non scritta non riesce più a trattenere l’onnipotenza del Parlamento. Per la prima volta nella storia del costituzionalismo moderno la Costituzione è intesa come presidio di libertà non nei confronti del potere di un monarca, ma del potere legislativo di un Parlamento.

19 Si confrontino la Dichiarazione di Indipendenza e la francese Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 27 agosto La prima parte dal riconoscimento di una legge naturale, istituita da Dio, in base alla quale gli uomini sono dotati di diritti inalienabili, la protezione dei quali costituisce il fine e il principio di legittimità dei governi. La seconda ribalta invece la prospettiva: non esiste più una legge suprema che s’imponga tanto ai governati che ai governanti, ma i diritti promanano dall’attività del legislatore, interprete della volontà generale, alla scuola di Jean-Jacques Rousseau. In Francia la prima Costituzione rivoluzionaria risale al 1791, cioè ben due anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, e ha vita breve; la stessa Costituzione giacobina del 1793 viene subito sospesa, su proposta dell’avvocato Saint-Just, dal Comitato di Salute Pubblica, che decreta il carattere rivoluzionario, cioè extra-costituzionale, del governo. Ciò è la logica conseguenza dello spirito che fin dall’inizio anima i rivoluzionari, espresso dall’abbé Sieyès nella sua opera Che cosa è il terzo stato,. «La volontà nazionale basta è la fonte di ogni legalità. La nazione non solo non è condizionata da una Costituzione, ma nemmeno può né deve esserlo, il che equivale ancora a dire che non lo è». La volontà generale del popolo sovrano non può infatti essere limitata.


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