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PubblicatoSaverio Pisano Modificato 6 anni fa
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SCELTE DI FINE VITA Lo sviluppo tecnico-scientifico comporta possibilità di intervento anche nei momenti estremi della vita umana, che divengono campo di scelta, di autodeterminazione e di diritti. Sono coinvolti senza dubbio gli interessi del paziente, ma anche quelli del medico, il quale deve poter lavorare serenamente e senza il timore di ripercussioni legali.
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IL CODICE PENALE ITALIANO
Art. 575 (Omicidio): “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. Art. 579 (Omicidio del consenziente): “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”.
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IL RIFIUTO DELLE TERAPIE
Il tramonto del paternalismo medico e l’affermazione del modello dell’alleanza terapeutica hanno valorizzato il momento comunicativo-informativo e gli aspetti relazionali dell’incontro clinico, al fine di favorire le capacità decisionali del paziente. La legislazione e la giurisprudenza hanno recepito questi sviluppi, richiedendo il consenso informato del paziente come requisito di legittimità per ogni intervento medico.
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LA COSTITUZIONE ITALIANA
“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” (articolo 32, secondo comma)
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LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’UOMO E SULLA BIOMEDICINA
“Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato” (art. 5/1) “Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi” (art. 5/2)
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QUALI SONO I REQUISITI DI UN VALIDO RIFIUTO?
Personale Attuale e consapevole Manifesto Libero Comitato Nazionale per la Bioetica, 2008
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DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO
“I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione” (art. 9 Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina)
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CASSAZIONE n. 4211/2007 La Corte di Cassazione nega il risarcimento dei danni morali al testimone di Geova che aveva rifiutato di sottoporsi a trasfusione di sangue, perché il suo rifiuto era inattuale e non confermabile. Nello specifico la emotrasfusione era stata effettuata quando il paziente era in stato di incoscienza e a seguito di un repentino e, a parere dei giudici non prevedibile peggioramento delle sue condizioni cliniche, tali da porre in pericolo la sua stessa sopravvivenza.
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CASSAZIONE n /2007 Il tutore può rinunciare alle cure che tengono in vita il paziente incapace: se la condizione di stato vegetativo è irreversibile se tale istanza è realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della volontà del paziente stesso, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni o dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti
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CONCLUSIONI “Non è lecito usare il termine eutanasia per significare il rifiuto delle cure operato da un paziente competente. Un paziente che rifiuti di farsi curare, anche quando sa che il rifiuto delle cure lo porterà a morte, non può essere identificato come un paziente che chiede e ottiene l’eutanasia. Anche se il rifiuto delle terapie apre un problema etico (con riferimento al riconoscimento del valore della vita umana), dal punto di vista giuridico è accettabile (non essendo prefigurabile l’obbligo di sottoporre ad un trattamento sanitario coattivo il paziente competente, se non per ragioni di salute pubblica)
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