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Terapia dei disturbi conseguenti a sviluppi traumatici: Linee guida

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Presentazione sul tema: "Terapia dei disturbi conseguenti a sviluppi traumatici: Linee guida"— Transcript della presentazione:

1 Terapia dei disturbi conseguenti a sviluppi traumatici: Linee guida
Giovanni Liotti Scuola di Psicoterapia Cognitiva – Roma ARPAS - Roma

2 Frequenza e conseguenze degli sviluppi traumatici
Sembra molto elevata: si stima che fra il 30% e il 60% di coloro che ricevono una qualsiasi diagnosi psichiatrica venga da una storia di sviluppo in cui si sono cumulati eventi di vita avversi: maltrattamenti gravi fisici o sessuali, maltrattamenti verbali gravi, neglect, trauma relazionale precoce (attaccamento gravemente disorganizzato nei primi due anni di vita)  Adverse Childhood Experiences (ACE) Study E’ probabile che ne consegua un tipico quadro clinico, chiamato disturbo post-traumatico complesso, il cui centro è costituito da processi dissociativi  comorbilità possibile con molte categorie DSM Spesso tenuto a un livello subclinico da efficienti strategie controllanti, anche per anni, questo quadro clinico può manifestarsi se traumi o altri eventi di vita invalidano le strategie controllanti che tipicamente seguono all’attaccamento disorganizzato

3 Il DSPT complesso (DSPTc)
Sentimenti di vuoto, impotenza e colpa Ostilità, irritabilità e sfiducia Vergogna e conseguente tendenza all’isolamento (che non raggiunge di solito il livello dell’ansia sociale o del DP evitante) Stati mentali dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione) Perdita di coerenza nelle rappresentazioni di sé (che suggerisce possibili stati dell’io non integrati) Sintomi somatoformi (dissociazione somatoforme) Problemi di regolazione delle emozioni Vulnerabilità ad atti auto-lesivi e aggressioni esterne Dipendenza coesistente con una “fobia dell’attaccamento” ( Herman, 1992; Van der Kolk, 2002) 3

4 Developmental psychopathology della dissociazione
Modello riassuntivo MOI multiplo + Paura senza sbocco Attaccam. D Caregiver FF o HH Inibizione Attaccam. Riattivaz. Attaccam. Strategie Controllanti (punitiva, sottomessa, accudente, sessuale) Collasso strategie controllanti (traumi, separazioni, invalidazione) Paura s.sb.+ Processi dissociativi= deficit metacognitivi DSPTc, DBP Disturbi di Personalità non borderline

5 Fasi della terapia 1: Costruzione dell’alleanza terapeutica
2: Stabilizzazione dei sintomi 3: Lavoro sulle memorie traumatiche 4: Integrazione degli stati dell’io dissociati 5: Assistenza nell’esercizio delle capacità acquisite durante la vita quotidiana

6 Linee guida per la psicoterapia dei disturbi correlati a traumi infantili cumulativi
Formulare l’ipotesi diagnostica Assumere un atteggiamento collaborativo (alleanza terapeutica esplicita e “paritetica”) Prospettare o attuare una co-terapia se l’alleanza terapeutica è difficile Lavorare sui sintomi di alienazione Riparare le rotture dell’alleanza terapeutica Favorire la mentalizzazione Lavorare sulle memorie traumatiche Identificare gli stati dell’Io dissociati Procedere all’integrazione

7 Formulare l’ipotesi diagnostica
Presenza di cinque o più indicatori del DPTSc Numerose diagnosi incompatibili in precedenti trattamenti Sentimenti di allarme nel terapeuta fin dal primo incontro nel percepire insolite modalità comunicative del paziente (p. es. il paziente si estranea a momenti, usa metafore difficili da capire, allude senza essere chiaro a esperienze che non vuole o può riferire, etc.) Traumi cumulativi infantili riferiti Indicatori di attaccamento precoce disorganizzato o di strategie controlling

8 Assumere un atteggiamento collaborativo
( Necessario per gestire gli stati mentali disorganizzati/controllanti) Indagare sugli obiettivi che il/la paziente desidera raggiungere con la terapia fin dalla prima seduta. Accettarli esplicitamente se sono credibili e deontologicamente accettabili Formulare un contratto terapeutico chiaro alleanza Monitorare, durante il dialogo clinico, il sentimento di cooperazione paritetica in sé Uso del “noi” (diadico e “universale”) Tecniche di normalizzazione dei disturbi dissociativi ( “in misura minore che a Lei, capita a tutti, se non altro nello stress e nel sogno”)

9 Ruolo dei trattamenti paralleli integrati
Modulazione dell’ansia da separazione e quindi dell’attivazione dell’attaccamento Il terapeuta “secondario” può esaminare criticamente le rappresentazioni transferali (Salvatore, Persecutore, Vittima) emerse nella relazione col terapeuta “primario” ( minore ostacolo alla capacità di mentalizzare connesso alla meno intensa e frequente attivazione dell’attaccamento) Sostegno reciproco fra i terapeuti  minore probabilità di confermare la relazione disorganizzante legata a paura ed impotenza percepita nella FdA Esperienza di cooperazione priva di fusionalità ( attivazione del sistema cooperativo al posto del sistema di attaccamento) Il dialogo del paziente con due terapeuti, in cui si possa esaminare con l’uno quanto è accaduto nella relazione con l’altro terapeuta, favorisce la mentalizzazione

10 Stabilizzazione: (Lavoro su sintomi di alienazione e sregolazione)
Dare nome ai fenomeni di alienazione Normalizzare Contrastare comportamenti auto-lesivi usati per ripristinare uno stato di coscienza non alienato Suggerire tecniche di grounding (dalla borsa di ghiaccio a “io sono qui adesso”) o meglio, ove possibile, la sensorimotor therapy Invitare alla condivisione dell’esperienza di alienazione (siti web di pazienti con depersonalizzazione)- (self-disclosure) Mantenere un atteggiamento empatico, mai compassionevole

11 Lavoro sulle memorie traumatiche
Evitare di indagarle a fondo durante le prime fasi del trattamento (commenti: “deve essere stata dura”, “in che modo ha influito sui suoi problemi attuali?”, e “credo che ci potrà essere utile, talvolta, tornarci sopra per capire qualche suo momento difficile di oggi”) Indagarle nei dettagli,in fasi successive, per: Aumentare la metacognizione  ricordare, non rivivere  (stati mentali, non percezioni di realtà presenti) Correggere credenze patogene (es.: “se mi ci soffermo ne sarò travolto”) e desensibilizzare fobie di stati interni Articolare meglio i significati dell’esperienza e comprendere quali rappresentazioni ne sono derivate (possibile utilità dell’EMDR) Tener presenti i rischi di false memorie

12 Riparare le rotture dell’alleanza terapeutica
Monitorare indicatori di attivazione di altri SMI in sé e nel paziente Monitorare in particolare l’attivazione del sistema di attaccamento nel paziente Mantenere o recuperare un assetto mentale non allarmato Identificare “fobia” dell’attaccamento e “fobia” della perdita di attaccamento  desensibilizzazione di questa fobie di stati interni prima che relazionali ( terapeuta come “allenatore” quando le fobie degli stati interni si manifestano nella relazione terapeutica) Usare le tecniche cognitive standard e quelle meta-cognitive per contrastare il senso di impotenza (mastery) Ripristinare un accordo cooperativo

13 Favorire la mentalizzazione
Usare ogni occasione, fin dall’inizio della terapia, per ottenere descrizioni di episodi circoscritti (memoria autobiografica episodica) Usare altri esercizi di mentalizzazione (Allen et al., 2008) Soffermarsi sul fatto che il paziente teme alcuni propri stati mentali (tipicamente, quelli connessi al ricordo di eventi traumatici o a emozioni di attaccamento) Usare molto la validazione di emozioni e intenzioni del paziente (Linehan, 1993), poco la critica, mai il giudizio Usare con prudenza momenti di autosvelamento (self-disclosure) relativi ai propri stati mentali

14 Identificare gli stati dell’io dissociati
Usare la memoria autobiografica episodica (CEPA, “mi fa un esempio?”, scene modello)  la narrativa semantica maschera l’assenza di sintesi fra strutture semantiche dissociate Notare all’interno di narrazioni episodiche barriere di amnesia dissociativa, e a volte indizi di stati dell’Io (o parti di Sé) incompatibili coesistenti Notare versioni discrepanti dello stesso evento (nella stessa o in altre sedute) che il paziente non commenta Commentare in termini di “parti di sé”, astenendosi dal criticare la contraddizione

15 Procedere all’integrazione
Indagare sugli obiettivi delle varie “parti”, e commentarli positivamente (evidenziando il loro valore di coping durante le esperienze traumatiche) Se necessario, riprendere e approfondire il “lavoro sul trauma” Commentare sugli eccessi nelle emozioni e azioni durante il perseguimento di quegli obiettivi (il “servitore troppo zelante”) Promuovere l’accordo fra le parti (tempi e luoghi e contesti diversi per il perseguimento di ciascun obiettivo)

16 BIBLIOGRAFIA Allen et al. (2008) La mentalizzazione nella pratica clinica. Traduzione italiana: Cortina, 2010. Linehan, M. (1993) Terapia cognitivo-comportamentale del disturbo borderline di personalità. Traduzione italiana Cortina, 2003. Liotti, G. (2001) Le opere della coscienza. Cortina Liotti, G. Farina, B. (2011) Sviluppi traumatici. Cortina Van der Hart, O., Nijenhuis, E., Steele, K. (2006) Fantasmi nel sé. Traduzione italiana: Cortina, 2011.


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