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PubblicatoFederigo Manzoni Modificato 6 anni fa
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FORZA e GIUSTIZIA Siamo in presenza di un conflitto dialettico tra logica e retorica, che il lupo può chiudere a proprio vantaggio solo in due modi: ricorrendo ad un argomento che sfugga alla logica dell’agnello, oppure spostando il confronto dal piano dialettico a quello della forza. Nella favola, infatti, si contrappongono e si affrontano due valori: forza e giustizia, natura e cultura. Il problema sta nel riuscire a risolvere il conflitto.
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FORZA e GIUSTIZIA Riconsiderando le tre versioni della favola, troviamo due diverse soluzioni, che collocano da un lato Fedro e La Fontaine e dall’altro Esopo. Quest’ultimo conclude lo scontro facendo dire al lupo: «ἐὰν σὺ ἀπολογιῶν εὐπορῇς, ἐγώ σε οὐχ κατέδομαι». «Bene, se tu sei così bravo a trovar delle scuse, io non posso mica rinunziare a mangiarti». (Traduzione di Elena Ceva Valla).
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FORZA e GIUSTIZIA Qui la forza si esprime senza travestimenti e da sola giustifica lo scempio dell’agnello. E quali erano i rapporti sociali all’interno delle aggregazioni cittadine della Grecia dell’epoca? Ebbene, in queste piccole aggregazioni si sviluppa, tra l’VIII secolo a.C. e l’arrivo dei Romani, oltre cinque secoli dopo, una lotta politica eccezionalmente passionale (…), capace di raggiungere vertici impressionanti di violenza, in quanto priva di mediazioni: nella politica greca vige infatti il principio secondo il quale “il vincitore prende tutto”. Alla base di questa lotta, troviamo divisioni elementari: sostanzialmente, la frattura tra le “due città” di cui ci parla già Platone (…), la città dei ricchi e la città dei poveri. Bettalli, M., Le origini della polis, in L’antichità a cura di U. Eco, vol. 3 Grecia. Storia politica, economica e sociale. Gruppo Editoriale L’Espresso, 2013, p. 98.
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FORZA e GIUSTIZIA La Roma nella quale vive Fedro è già da secoli patria della scienza giuridica. Certo anche la società romana era rigidamente strutturata in classi ed era attraversata da conflitti di natura economica, anche in relazione al fatto che i plebei, mentre contribuivano, insieme con i patrizi, all’accrescimento della disponibilità di nuove terre, non erano ammessi al loro godimento. Ma anche in questa situazione di profonda conflittualità «I plebei non sono privi tuttavia della cittadinanza. Essi hanno piena capacità giuridica di diritto privato e sono ammessi al godimento anche di diritti pubblici rilevanti, come la partecipazione ai comitia e alle attività militari». Cerami, P. - Metro, A. – Corbino A. – Purpura, G., Ordinamento costituzionale e produzione del diritto in Roma antica, Jovene editore, Napoli, 2006, p. 8.
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FORZA e GIUSTIZIA Le riforme giuridiche introdotte da Augusto fondano il diritto imperiale su «Aequitas (equilibrio fra situazioni diverse), bona fides (correttezza etica) e voluntas (rilievo dell’interno volere)». Ivi, p. 215 Inoltre […] si venne delineando, sin dall’età augustea, per iniziativa del principe, una serie di procedimenti, non formulari (cognitiones), contraddistinti dal conferimento a magistrati (consoli, pretori), a funzionari imperiali, al senato (in sede di appello) ed al tribunale imperiale, del potere di impostare e risolvere controversie private. Il termine ‘cognitio’ implica infatti, il potere di ‘cognoscere’ (e, quindi, di risolvere) anche il «merito» della causa. Ivi, p. 216.
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FORZA e GIUSTIZIA In questo contesto giuridico, la forza del lupo non può esprimersi come atto di pura violenza, come in Esopo, ma ha bisogno di assumere le vesti della giustizia, di travestirsi: «Pater hercle tuus male dixit mihi». Ancora una volta, il lupo ricorre ad un argomento retorico, l’appello ad ignorantiam, che, questa volta, non consente alcuna difesa all’agnello, il quale non riesce a dimostrare falsa un’accusa riferita ad un periodo in cui non era nato.
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