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PubblicatoLaura Romagnoli Modificato 6 anni fa
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STORIA DEL DOPING
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Il doping, in lingua italiana dopaggio, consiste nell'uso di una sostanza o di una pratica medica a scopo non terapeutico, ma finalizzato al miglioramento dell'efficienza psico-fisica durante una prestazione sportiva, sia agonistica sia non agonistica, da parte di un atleta. II ricorso al doping avviene spesso in vista o in occasione di una competizione agonistica ed è un'infrazione sia dell'etica dello sport, sia dei regolamenti dei Comitati olimpici sia della legislazione penale italiana, inoltre espone ad effetti nocivi alla salute, anche mortali. La storia del doping inizia nell'antichità, all'epoca delle prime Olimpiadi nella Grecia classica. Le sostanze utilizzate per il doping sono varie e legate allo sviluppo della sintesi chimica, della farmacologia e della scienza medica. Esse permettono di aumentare la massa e la forza muscolare oppure l'apporto di ossigeno ai tessuti oppure di ridurre la percezione del dolore o di variare il peso corporeo, infine possono anche consentire all'atleta che ne fa uso di risultare negativo ai controlli anti-doping[2]. La lotta contro il doping degli atleti di alto livello iniziò con la morte del ciclista danese Knud Enemark Jensen durante le Olimpiadi di Roma del Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e alcune Federazioni sportive internazionali e nazionali nominarono una task force medica per studiare delle strategie di contrasto al doping. I primi risultati si ebbero solo dopo la scoperta di un altro corridore (Ben Johnson) dopato nell'Olimpiade di Seoul del 1988 e con la fine della guerra fredda nel 1989, quando le autorità politiche mondiali crearono il WADA (World Anti-Doping Agency), l'agenzia internazionale che varò il Codice mondiale anti-doping, in seguito accettato
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IL REGOLAMENTO SUL DOPING NELLE OLIMPIADI
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Il C.I.O (Comitato Olimpico Internazionale) ha stilato un elenco di farmaci "proibiti", elenco che viene tenuto costantemente aggiornato. I regolamenti sportivi vietano il doping, specificando strettamente i tipi e le dosi dei farmaci consentiti, e mettono per iscritto l'obbligo per gli atleti di sottoporsi ai controlli antidoping che si effettuano mediante l'analisi delle urine e in alcuni casi anche del sangue (controlli incrociati). Gli atleti che risultano positivi alle analisi (negli ultimi anni si preferisce l'espressione non negativi) vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha un istituto con un'apposita agenzia, la WADA (World Anti-Doping Agency), che si occupa della lotta al doping. Negli ultimi anni in Italia e altri paesi il doping è diventato un reato penale. Il reato di "frode sportiva" è stato introdotto con l'art. 1 della Legge n. 401 del 13 dicembre 1989, in modo da superare le difficoltà applicative del più generale delitto di truffa(art. 640 codice penale). Anche questo provvedimento però sembrava riferito soprattutto ai reati riguardanti il "calcio scommesse"; in questo senso si era pronunciata anche la Suprema Corte di Cassazione. Per risolvere la controversia e anche per la crescente sensibilità sociale verso il doping, il Parlamento italiano emanò una legge specifica nel 2000. È infatti del 14 dicembre 2000 la legge n. 376 "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping", che consente un'individuazione precisa del fenomeno doping e permette di colpire più efficacemente una pratica che in precedenza era sanzionabile solo sul piano sportivo. La definizione di doping è data dall'art. 1 comma 2 che recita: « Costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti»Con l'art.3 la legge istituisce presso il Ministero della sanità la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, stabilisce nell'art.4 che il controllo sanitario sulle competizioni e sulle attività sportive individuate dalla Commissione è svolto da laboratori accreditati e pagati dal CIO, ma sottoposti alla vigilanza dell'Istituto superiore di sanità. Con l'art.7 la legge stabilisce che le confezioni di tutti i farmaci in commercio, ma inseriti nella lista di quelli con effetto dopante, devono recare un apposito contrassegno di "doping" e nel foglio illustrativo una sezione sulle "Precauzioni per coloro che praticano attività sportiva". Dal punto di vista penale la legge 376/2000 commina la reclusione da tre mesi a tre anni e una sanzione pecuniaria sia a chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce l'utilizzo di sostanze dopanti sia a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti (art.9). Viene punito anche chi commercia i farmaci o le sostanze con effetto dopante attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico. La pena è aumentata se dall'uso deriva un danno per la salute, in caso di soggetti minorenni, se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI o di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal CONI (art.9). L'uso terapeutico di alcune delle sostanze, comprese nella lista di quelle dopanti, per la cura di patologie di cui un atleta può essere affetto è invece ovviamente permesso. L'art 1 della stessa legge recita: « In presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e certificate dal medico, all'atleta stesso può essere prescritto specifico trattamento purché sia attuato secondo le modalità indicate nel relativo e specifico decreto di registrazione europea o nazionale ed i dosaggi previsti dalle specifiche esigenze terapeutiche. In tale caso, l'atleta ha l'obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare a competizioni sportive, nel rispetto di regolamenti sportivi, purché ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica »Disposizioni analoghe per l'uso terapeutico dei farmaci negli sportivi sono stabilite anche dalla World Anti-Doping Agency. Il 23 ottobre 2007 viene approvata l'introduzione del passaporto biologico, un documento che registra il profilo personale (valori del sangue e delle urine) di ciascun ciclista, con lo scopo di evitare i falsi positivi ai controlli laboratoristici anti-doping; in questo modo possono essere confrontati i dati biologici di ciascun atleta nel corso del tempo.
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