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PubblicatoAssunta Gasparini Modificato 6 anni fa
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“Maestro di color che sanno” Parte terza: la logica
Aristotele “Maestro di color che sanno” Parte terza: la logica
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L’organon aristotelico
Le opere dedicate alla logica sono riunite in quel gruppo denominato da Alessandro di Afrodisia (grande commentatore di Aristotele appartenente al II-III sec. d.C.) Organon, ad indicare che lo logica è scienza che studia la correttezza del ragionamento e che, per tale motivo attraversa tutte le altre, diventando strumento utilizzato da ogni sapere per verificare la sua validità.
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Forma e contenuto La logica ha un carattere formale, dove per forma intendiamo ciò che si contrappone a contenuto (non usiamo qui il termine in senso strettamente metafisico- aristotelico). Se il contenuto di un pensiero è ciò che vuole esprimere il pensiero stesso, la sua forma è il modo in cui è espresso, sono i legami tra le proposizioni e i nessi tra i pensieri. Una stessa forma può essere usata per esprimere contenuti diversi. Per esempio, quando io dico se piove, allora mi bagno, la forma della locuzione è SE X allora Y, una forma in cui è possibile esprimere innumerevoli diversi contenuti (come ad es. se corro allora sudo, se mangio allora ingrasso, se vedo giocare la Juventus, allora rido etc.).
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Il carattere formale della logica e i suoi riferimenti ontologici
Per Aristotele, la logica, cioè la scienza che studia la correttezza formale dei ragionamenti, è formale e tuttavia le strutture del pensiero riflettono le strutture dell’essere, cioè i nessi del pensiero, quando il pensiero è corretto, riflettono i nessi della realtà vera e propria. Per questo il Filosofo dice che l’analitica (come la chiama lui) studia l’essere come vero e facendo ciò al tempo stesso ci espone quali sono le condizioni di verità di un discorso corretto.
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La condizione della verità di un discorso
Un discorso è vero in quanto unisce o disgiunge al proprio interno ciò che è unito o disgiunto nella realtà. Per esempio se io dico la penna è rossa (penna + rosso) e se tali elementi (penna e rosso) sono uniti anche nella realtà, allora la mia affermazione è vera, altrimenti (per esempio se nella realtà la penna è congiunta al nero) no.
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Un ragionamento vero Per avere un ragionamento vero, ossia un discorso più complesso sulla realtà, è necessario che il punto di partenza sia vero, cioè che le sue premesse siano vere. Guardiamo per esempio al seguente ragionamento: le automobili hanno quattro ruote, la mio opel è un automobile, dunque la mia opel ha quattro ruote: tale ragionamento conclude ad una verità (la mia opel ha quattro ruote) perché parte da due premesse vere (le automobili hanno quattro ruote e la mia opel è un automobile) ed è corretto – lo vedremo in seguito – anche dal punto di vista formale. In generale i ragionamenti scientifici sono fondati su premesse vere.
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Gli elementi più semplici di ogni discorso: i termini
La logica parte dallo studio degli elementi più semplici del discorso, cioè i singoli termini, che riflettono i singoli concetti, che si dicono “senza connessione” e che, una volta connessi, formano una proposizione.
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Comprensione ed estensione
I termini hanno una Comprensione: cioè contengono nel loro significato più o meno note caratteristiche dell’oggetto che indicano, per esempio il termine uomo significa animale razionale (con tutto ciò che riguarda l’animalità e la razionalità); “animale razionale” è la comprensione del termine “uomo”. Estensione: cioè si riferiscono ad un numero più o meno grande di individui: il termine uomo si riferisce a tutti gli uomini, e ha un’ estensione chiaramente maggiore del termine “italiano” (che ritaglia tra tutti gli uomini solo l’insieme di alcuni di essi) e minore del termine “essere vivente”.
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Genere specie individuo
In base all’estensione di un termine è possibile generare delle classi che contengono altre classi e che a loro volta sono contenute in classi ancora diverse. La classe contenente è chiamata GENERE, la classe contenuta è chiamata SPECIE. Può essere solo contenuto di classi - e non contenente - il termine che significa INDIVIDUI. Per esempio il termine uomo è contenuto nel genere “animale” e a sua volta è genere della specie “italiano”, il quale a sua volta è genere della specie “milanese”, che a sua volta è genere della specie “insegnanti del Gonzaga”, la quale contiene diversi individui tra cui il sottoscritto, che non contiene nient’altro.
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Genere e specie sotto il profilo della comprensione e dell’estensione
Il termine contenente deve avere meno note caratteristiche che quello contenuto, quindi avrà minore comprensione il genere rispetto alla specie. Infatti deve essere più vago e “generico”, proprio per potere contenere un maggior numero di classi. Per esempio il termine animale è più vago e generico del termine “uomo”, infatti se io dico “animale”, comprendo anche l’ “uomo”. Se io, viceversa, dico “uomo”, dico qualcosa di più specifico di “animale”, infatti dico “animale + razionale + un sacco di altre prerogative” che sono proprie solo degli uomini e non degli animali. Quindi quanto maggiore è l’estensione del genere, cioè il numero di individui cui si riferisce, tanto minore deve essere la comprensione, cioè le note caratteristiche che deve avere. Quanto più un concetto è ricco di particolari, tanto meno comprende individui e viceversa.
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I generi sommi Mentre a livello più alto di comprensione (e più basso di estensione) vi sono le sostanze prime, cioè i sinoli di materia e forma che costituiscono gli individui, al livello più alto di estensione (e più basso di comprensione) vi sono le dieci categorie, cioè i generi sommi dell’essere, i concetti più generali con cui si dice la realtà.
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La definizione Quando io voglio spiegare il significato di un termine devo riferirmi alla classe che immediatamente lo contiene (genere prossimo) e alla differenza specifica, cioè a quella caratteristiche che dentro la classe ritaglia la particolarità della specie cui si riferisce il termine. Per esempio, il genere prossimo che contiene l’uomo è animale, ciò che invece differenzia la specie uomo da tutti gli altri animali è a razionalità. Quindi la definizione di uomo sarà “animale razionale”… e così avviene per tutti gli altri termini.
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Le proposizioni Ma quando definiamo qualcosa, già siamo in un altro ambito della logica, poiché la definizione non è più un singolo termine ma una proposizione, una frase che contiene una connessione di termini di cui si può predicare la verità o falsità. La logica studia solo questo tipo di proposizioni (la cui forma più semplice è riducibile alla formula S è P, dove per S vi è un soggetto qualsiasi e per P un predicato qualsiasi), escludendo le preghiere, le invocazioni, le imprecazioni, gli ordini etc. Il discorso studiato dalla logica è quello descrittivo di una realtà, in termini tecnici un discorso apofantico.
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La classificazione aristotelica delle proposizioni (De interpretatione)
Le proposizioni si possono qualificare per essere Universali in cui il predicato si applica a tutti gli individui di una data classe (“tutti gli uomini sono mortali”: il predicato “mortale” è applicato a tutti i membri della classe “uomo”); Particolari in cui il predicato di applica solo ad alcuni membri di una data classe (“qualche uomo è ricco”); Affermative: il predicato afferma qualcosa del soggetto; Negative: il predicato nega qualcosa del soggetto.
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Universale affermativa
Sia le universali, sia le particolari, quindi possono essere affermative o negative: Universale affermativa: Tutti gli S sono P” s P
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Universale negativa Universale negativa: “Nessun S è P” s P
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Particolare affermativa
Particolare affermativa: “Qualche S è P” P s che sono p S
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Particolare negativa Particolare negativa: “Qualche S non è P” S P
S che sono P P S che NON sono P
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Le proposizioni singolari
Oltre alle proposizioni universali e particolari vi sono anche proposizioni singolari: quelle che riguardano un singolo individuo. Per esempio: Julia Roberts è un’attrice. Anche queste ultime possono essere negative: Julia Roberts non è brutta
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Il quadrato degli opposti
Le proposizioni universali e particolari possono essere messe in relazione fra loro. Così Aristotele determinò questa relazione secondo uno schema che poi i logici medievali rappresentarono in questo modo: contrarie UA UN UA = universali affermativa: Tutti gli S sono P es: tutti gli uomini sono intelligenti i PA = particolare affermativa: Qualche S è P es.: qualche uomo è intelligente UN = universale negativa Nessun S è P es:Nessun uomo è intelligente PN = particolare negativa: Qualche S non è P es: Qualche uomo non è intelligente C = contraddittorie C C Sub-alterne Sub-alterne C C PA PN Sub-contrarie
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Rapporti tra le proposizioni
Le proposizioni contrarie NON POSSONO ESSERE ENTRAMBE VERE ma POSSONO ESSERE ENTRAMBE FALSE, poiché ammettono un terza possibilità (nel nostro esempio: “qualche uomo è intelligente”) Le proposizioni contraddittorie NON POSSONO ESSERE ENTRAMBE VERE E NON AMMETTONO UNA TERZA POSSIBILITÁ (secondo il principio del terzo escluso). La contraddittorietà è dunque la forma più radicale di opposizione Le proposizioni sub contrarie POSSONO ESSERE ENTRAMBE VERE, MA NON ENTRAMBE FALSE (vi è qui un’opposizione debole, solo relativa alla quantità della proposizione Le proposizioni sub alterne HANNO UNA RELAZIONE DI IMPLICAZIONE dalla subalterna universale (subalternante) alla subalterna particolare (subalternata) e non viceversa. Se quindi Tutti gli uomini sono intelligenti, allora anche Qualche uomo è intelligente (e non viceversa); se Nessuno uomo è intelligente, allora anche Qualche uomo non è intelligente (e non viceversa).
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Asserzione, possibilità e necessità
Vi sono nelle proposizioni dei modi di attribuzione del predicato al soggetto. Infatti non solo si può dire che S è P secondo l’attribuzione dell’asserzione, ma anche S è possibile che sia P, secondo l’attribuzione della possibilità; e infine S è necessario che sia P secondo l’attribuzione della necessità.
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Linguaggio pensiero ed essere
Per Aristotele questi elementi sono legati necessariamente. Anche se le parole di un determinato linguaggio sono convenzionali e variano da lingua a lingua, le immagini mentali – i concetti - cui si riferiscono sono le stesse per tutti e sono immagini di oggetti identici per tutti. Quindi il discorso è modellato sullo stato delle cose, che dà origine all’immagine mentale. Poi il discorso stesso potrà essere espresso in parole diverse a seconda delle lingue, ma la sintassi, cioè la connessione delle parole in un dato modo (affermazione, negazione, etc.) è dato dall’essere delle cose di cui noi percepiamo la forma.
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I sillogismi Negli Analitici primi, dopo aver nel De interpretatione trattato le proposizioni, lo Stagirita passa al ragionamento e in particolare al sillogismo che egli ritiene di aver scoperto e formalizzato. Tale ragionamento è costituito da tre proposizioni interconnesse fra loro di cui le prime due possono essere identificate come cause di quella finale.
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Proposizioni e termini: la struttura del sillogismo
Vediamo ora un sillogismo esemplare: 1) Tutti gli uomini sono mortali 2)I filosofi sono uomini 3)I filosofi sono mortali È la premessa maggiore È la premessa minore È la conclusione
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Il sillogismo esemplare
1) Tutti gli uomini sono mortali 2)I filosofi sono uomini 3)I filosofi sono mortali Vi sono al suo interno 3 concetti o termini: Quello presente sia nella premessa maggiore sia nella minore (uomini) è il termine medio, mentre “mortali” è l’estremo maggiore, e infine “filosofi” è l’estremo minore.
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Inclusione La correttezza e necessità della conseguenza è data dal fatto che l’estremo maggiore è il termine che ha una estensione maggiore (è più universale e racchiude il maggior numero di elementi; nel nostro caso l’insieme dei mortali). La prima proposizione dice che il termine medio (uomini) è incluso nell’insieme dei mortali. La seconda proposizione contiene l’estremo minore che ha l’estensione minore (filosofi) e dice che questo è incluso nel termine medio (uomini). Quindi se i filosofi sono inclusi nell’insieme degli uomini e gli uomini nell’insieme dei mortali, è necessario che pure i filosofi siano inclusi nell’insieme dei mortali. Come si vede, il termine medio (uomini) fa da cerniera fra gli altri due e permette di concludere che l’estremo minore è incluso in quello maggiore.
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visualizzazione 1) Tutti gli uomini (U) sono mortali (M) 2)I filosofi (F) sono uomini (U) 3)I filosofi (F) sono mortali (M) m u U F M
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Le figure del sillogismo
In base alla posizione occupata dal termine medio nelle premesse, Aristotele distingue varie figure del sillogismo. A) La prima figura è quella in cui il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato nella minore B) La seconda è quella in cui il termine medio è predicato in entrambe C) La terza è quella in cui è soggetto in entrambe D) Vi è infine un quarta figura, non studiata da Aristotele, ma dai logici medievali, in cui il termine medio è predicato nella maggiore e soggetto nella minore
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Sillogismi nelle varie figure: la seconda figura (il medio è predicato in entrambe le premesse)
A)La prima figura è quella esemplare che abbiamo già trattato B) “nessun albero (estremo maggiore) è razionale (medio)”; “tutti gli uomini (estremo minore) sono razionali (medio)”; “nessun uomo (estremo minore) è un albero (estremo maggiore)”. U Uomini alberi Esseri razionali
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C) tutti gli uomini (medio) sono razionali (estremo maggiore)”;
Sillogismi nelle varie figure: la terza figura (il medio è soggetto in entrambe le premesse) C) tutti gli uomini (medio) sono razionali (estremo maggiore)”; Tutti gli uomini (medio) sono animali (estremo minore); Qualche animale (estremo minore) è razionale (estremo maggiore). Esseri razionali uomini Animali
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“Tutti gli uomini (estr. maggiore) sono animali (medio)”
Sillogismi nelle varie figure: la quarta figura (il medio è predicato nella premessa maggiore e soggetto nella premessa minore) Questa figura è stata studiata da Teofrasto, allievo di Aristotele, e da Galeno. “Tutti gli uomini (estr. maggiore) sono animali (medio)” “tutti gli animali (medio) sono esseri viventi (estr. minore)” “Qualche essere vivente (estr. minore) è uomo (estr. maggiore)”. Esseri viventi piante uomini animali
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I modi del sillogismo 1 Per ciascuna figura ogni proposizione che compone il sillogismo può essere di 4 tipi: universale affermativa (a) o negativa (e) particolare affermativa (i) o negativa (o) Mnemonicamente tali proposizioni vengono contrassegnate attraverso le vocali delle parole latine AdfIrmo e nEgO dove la primo vocale si riferisce alla proposizione universale e la seconda a quella particolare.
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I modi del sillogismo 2 I quattro tipi in combinazione fra loro nelle tre proposizioni danno 64 modi del sillogismo, che moltiplicati per le quattro figure danno 256 possibilità di combinazione. Di queste però solo 19 sono valide, cioè danno vita ad una deduzione corretta (sono 4 per ogni figura). I logici medievali hanno loro dato dei nomi mnemotecnici, per ricordarsi di quale tipi di proposizione erano composte le due premesse e la conclusione. Per esempio il sillogismo esemplare (quello della prima figura), indicando con A la proposizione universale affermativa, era chiamato bArbArA. Il nome faceva capire che sia le premesse sia la conclusione erano universali e affermative.
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Validità del sillogismo
Un sillogismo è valido quando le conclusioni sono dedotte in modo corretto Tutti gli uomini sono mortali Socrate è uomo Socrate è mortale è un sillogismo valido, mentre è un sillogismo non valido perché dal fatto che sia Socrate sia gli uomini appartengono all’insieme dei mortali, non si deduce che Socrate appartenga all’insieme degli uomini.
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Verità del sillogismo Il seguente sillogismo: Tutti gli uomini volano
Socrate è un uomo Socrate vola è valido ma non è vero. Perché? Perché parte da premesse di cui almeno una (la maggiore nel nostro caso) non è vera. Dunque un sillogismo vero parte da premesse vere. Se un sillogismo valido può non essere vero, un sillogismo vero deve anche essere valido.
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Come si ottengono premesse vere? (1)
La tematica è stata svolta da Aristotele negli Analitici secondi. Il problema è tutto nel punto di partenza del sillogismo e nella verità che esso può esibire: Il fatto che le proposizioni non siano contraddittorie – non si può dire per esempio “ogni vivente è morto”, oppure “tutti gli scapoli sono sposati” - è solo una condizione necessaria alla verità delle premesse, ma non sufficiente. Vi sono infatti molte proposizioni non contraddittorie, ma egualmente non vere (“tutti gli elefanti pesano 10 chili” non è contraddittoria, ma non è vera).
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Come si ottengono premesse vere? (2)
Le proposizioni universali da cui si parte potrebbero essere costruite per induzione, cioè attraverso l’osservazione di un numero importante di casi e la loro generalizzazione (vedo tante volte uomini morire e generalizzo dicendo “tutti gli uomini sono mortali”). Il guaio è che per essere corretta l’induzione dovrebbe avere sottomano TUTTI i casi possibili. Altrimenti è sempre probabile che sopraggiunga un caso che smentisca la generalizzazione. Dunque l’induzione mi permette di avere un discreta probabilità che le premesse siano vere, ma non la sicurezza totale.
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Come si ottengono premesse vere?
Alla fine Aristotele è costretto ad affermare che dei principi non vi è conoscenza, perché essi sono i punti di partenza delle conoscenze. E se nei sillogismi le premesse di ogni singolo ragionamento, rinunciando all’induzione per voglia di esattezza,possono essere dedotte da premesse ancora più universali, si arriva ad un punto, ai principi più universali della scienza stessa (come lo sono per esempio gli assiomi della geometria) in cui non è possibile andare oltre. Allora bisognerà dire che di tali principi la mente umana ha una intuizione immediata: intuisce cioè coglie in modo subitaneo e sicuro, la loro verità. Ebbene fondamentale nel sillogismo scientifico, che è definito da Aristotele come il sillogismo valido e al tempo stesso vero, è l’intuizione della verità delle premesse, in cui ha un certo ruolo l’esperienza, ma nel quale gioca un ruolo preponderante una capacità innata dell’intelletto umano di capire e di vedere.
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Il principio fondativo di tutta la logica
Tutta la costruzione logica poggia su un principio che Aristotele non ha enunciato nelle opere logiche, ma nella Metafisica, poiché esso ha anche un chiaro aspetto ontologico (che il Filosofo ritiene di primaria importanza). Questo è il principio di non contraddizione. Dal punto di vista ontologico esso afferma che “è impossibile che una stessa cosa sia e assieme non sia”; dal punto di vista strettamente logico esso afferma: “è impossibile che un stessa cosa assieme inerisca e non inerisca alla stessa cosa e secondo il medesimo rispetto”
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La non-contraddizione
Dal punto di vista logico la formulazione aristotelica sottolinea che non si può pensare di attribuire allo stesso oggetto, secondo il medesimo punto di vista e nello stesso tempo, un attributo e il suo contrario. Per esempio non posso dire che questo libro, adesso e da questo mio punto di vista, al tempo stesso è rosso e non è rosso.
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La dimostrazione Come di tutti i principi del sapere, del principio di non contraddizione vi è una conoscenza intuitiva e non dimostrabile. Tuttavia la verità di questo principio, che dice in sostanza che non è possibile contraddirsi, si può dimostrare in modo “controfattuale”, facendo vedere che chiunque lo voglia negare, lo deve utilizzare. Infatti chi voglia negare il principio di non contraddizione, vuole negarlo e basta, e non vuole negarlo e al tempo stesso affermarlo (violando il principio stesso). Quindi anche i negatori sono costretti a non contraddirsi, cioè a rispettare il principio stesso.
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Il principio su cui poggia l’edificio del sapere
Il principio di non contraddizione, che poi verrà associato a quello di identità (una cosa è identica a se stessa e non può essere al temo stesso se stessa e un’altra) e del terzo escluso (tra un affermazione e la sua negazione non vi è vi di mezzo, non vi è una terza strada), è la pietra su cui deve poggiare ogni sapere. Infatti ad ogni scienza si chiede innanzitutto di non essere contraddittoria, altrimenti il suo oggetto non è pensabile. Se essa deve descrivere la realtà, non può farlo in modo da contraddirsi, altrimenti sicuramente sbaglia (il principio ha infatti anche una valenza ontologica, cioè anche l’essere non è possibile che al tempo stesso sia e non sia). Certo, come si è già detto a proposito delle premesse del sillogismo, la non- contraddizione è solo una condizione necessaria perché una scienza sia vera, e non sufficiente. Bisogna poi verificare che l’affermazione unisca nel discorso ciò che è effettivamente unito nella realtà. Tuttavia il fondamento di validità preliminare di un discorso è la sua non contraddittorietà.
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La dialettica o il ragionamento debole
Il sillogismo che parte da premesse vere è da Aristotele chiamato “sillogismo scientifico”. Esiste però anche un ragionamento che parte da premesse solo probabili (Topici) “accettabili da tutti, oppure dalla grande maggioranza, oppure da coloro che sono oltremodo illustri”. Questo è il sillogismo dialettico, che serve ad esercitarsi nell’arte di ragionare, ed è molto spesso usato da oratori e politici.
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L’eristica L’ultima forma di sillogismo è quello eristico, usato dai sofisti nelle loro dispute. Si tratta di un sillogismo “ingannatore” che parte da premesse che APPAIONO vere, ma non lo sono.
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La retorica E’ arte finalizzata alla persuasione e utilizza ragionamenti che partono da premesse comunemente ammesse. E’ utilizzata dai politici e riguarda argomenti attorno ai quali gli uomini e le comunità sono chiamati a prendere una decisione. In particolare la retorica utilizza uno speciale sillogismo, chiamato ENTIMEMA, in cui i passaggi logici sono saltati e da una premessa si passa direttamente alla conclusione: è un sillogismo che utilizza due proposizioni (generalmente la premessa maggiore e la conclusione), sottointendendo la terza. Esso è utilizzato per necessità di sintesi e di efficacia degli argomenti, in cui conta più sottolineare la conclusione raggiunta che non i passaggi attraverso i quali è stata raggiunta. Il secondo tipo di ragionamento usato dalla retorica è l’esempio. Esso corrisponde all’induzione: si enunciano casi per illustrare concetti e si rende così più comprensibile una legge generale. In tal modo gli argomenti sono resi intuitivamente evidenti con grande beneficio per la comunicazione, che del resto è il principale scopo della retorica.
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La poetica In generale per poetica si ntende aristotelicamente l’arte del produrre (poiein=fare). Ciò comprende tutto quanto riguarda le tecniche, che aiutando a produrre manufatti utili, e le “arti belle”, che producono oggetti belli a vedersi e a contemplarsi. Nell’opera intitolata “La poetica”, tuttavia, il termine è usato in senso più ristretto, a significare le arti che usano la voce e il suono (principalmente dunque la poesia accompagnata dalla musica), differenziandosi così dalle arti belle che noi chiamiamo “figurative” (per es. la pittura e la scultura).
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Imitazione Le arti poetiche, così come sono intese nell’omonimo testo, si fondano sull’imitazione, cioè raccontano imitando ciò che succede nella realtà, riproducendo nel racconto una seconda realtà che ha il carattere della verisimiglianza, descrivendo non esattamente ciò che è avvenuto, come fanno le discipline storiche, ma ciò che è verisimile e ciò che è POSSIBILE che avvenga. In tal modo esse non hanno di mira il particolare di un fatto reale, ma l’universale in quanto possibile.
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Il valore conoscitivo dell’arte
L’arte in generale, basandosi sull’universale possibile, ha un alto valore conoscitivo, poiché tende a configurarsi come rappresentazione dell’essenza delle cose. In questo Aristotele si distanzia notevolmente dal suo maestro Platone e dalla sua idea dell’arte come copia della copia della realtà.
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Catarsi Particolare importanza politica e sociale riveste poi l’arte tragica, cioè la forma d’arte immortale che è stata propriamente inventata dai Greci (di cui si ricordano i tre grandissimi maestri, Eschilo, Sofocle, Euripide). Essa raccontando la sua trama in modo serio ma affascinante, genera negli spettatori pietà e terrore, purificando l’animo da queste passioni (catarsi=purificazione). La catarsi si genera assistendo ad uno spettacolo in modo da provare, in un contesto artificiale, quelle passioni dalle quali ci si deve liberare. La liberazione è proprio una sorta di scarico emotivo (diremmo con linguaggio freudiano), che utilizza la scena come oggetto privilegiato su cui convogliare un’energia che altrimenti rimarrebbe repressa e andrebbe a manifestarsi distruttivamente nella vita reale.
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La funzione sociale della poesia
Ancora una volta, contrariamente a Platone, Aristotele dunque valorizza la dimensione creativo-artistica. In particolare nella città i poeti dovevano per Platone essere banditi, in quanto la loro opera abbindolava con un fascino finto la gente, allontanandola dal ragionamento corretto e dalla spassionata contemplazione della verità. Proprio per questo ultimo scopo i poeti erano utilizzati spesso dai tiranni per legittimare con le favole il loro regime irrazionale ed oppressivo. Per Aristotele, al contrario, la funzione dei poeti era quella duplice di instradare gli uditori alla considerazione di verità universali e di purificare il loro animo da passioni distruttive per il singolo e per la convivenza civile.
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