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LA VISITA AL MALATO E ALLA SUA FAMIGLIA. LA RELAZIONE DI AIUTO

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Presentazione sul tema: "LA VISITA AL MALATO E ALLA SUA FAMIGLIA. LA RELAZIONE DI AIUTO"— Transcript della presentazione:

1 LA VISITA AL MALATO E ALLA SUA FAMIGLIA. LA RELAZIONE DI AIUTO
Giuseppe Occhipinti – Segretario Ufficio per la Pastorale della Salute della Diocesi di Ragusa

2 MALATO malato1 agg. [lat. male habĭtus (modellato sul gr. κακῶς ἔχων «che sta male»), rifatto come un part. pass. (cfr. ammalato)]. – 1. a. Di chi è colpito da malattia, o è in genere non sano, temporaneamente o per costituzione: m. d’influenza, di polmonite, di asma; m. alle gambe, allo stomaco; esser m. gravemente, leggermente; essere mezzo m., avere un leggero malessere, star poco bene; cadere m., ammalarsi;

3 VISITA vìṡita s. f. [der. di visitare]. – 1. a. Il fatto di recarsi a casa di una persona o di una famiglia, per il piacere di rivedersi e di conversare insieme o per motivi particolari, o di andare comunque a trovare qualcuno, in casa o altrove, per cortesia o per affetto, per offrirgli compagnia, aiuto o conforto, o per dovere: far visita a qualcuno (a un amico, a un parente, a una famiglia di amici); restituire la v.; far v. o una v. a un malato, a casa o in ospedale, in clinica; v. di cortesia, di dovere, di congedo; v. di condoglianze; avere, ricevere una v., molte visite. 

4 FAMIGLIA famìglia Sotto l’aspetto antropologico e sociologico, la famiglia si definisce come gruppo sociale caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica, e dalla riproduzione: f. nucleare (o elementare), quella costituita dal solo nucleo fondamentale, ossia padre, madre e figli, o anche soltanto marito e moglie; f. ristretta, genericamente… …governo della f., l’insieme delle cure familiari, sia economiche sia morali;

5 LA RELAZIONE DI AIUTO Rogers nel 1951 ha definito la RELAZIONE D'AIUTO come "una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell'altro la crescita, lo sviluppo, la maturità ed il raggiungimento di un modo di agire più adeguato e integrato. L'altro può essere un individuo o un gruppo. In altre parole, una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggior possibilità di espressione".

6 LA RELAZIONE DI AIUTO In una medicina come quella attuale, una medicina di massa, in cui ci sforziamo di garantire prestazioni altamente specializzate a tutti coloro che ne hanno bisogno, la riduzione del tempo dedicabile alla relazione con i pazienti ed i loro familiari  pare che sia il prezzo inevitabile che siamo tutti costretti a pagare, medici, tecnici ed infermieri. Ciò però non significa rinunciare a prendere in considerazione che la qualità della relazione con il paziente ed i familiari è da considerarsi una componente essenziale della cura.

7 LA RELAZIONE DI AIUTO Una relazione soddisfacente va considerata in termini di successo terapeutico nella sua accezione più ampia, la quale coinvolge sia l’ambito del prendersi cura che quello del trattamento della patologia. Durante la visita si assiste l’individuo, sano o malato, per aiutarlo a compiere tutti quegli atti tendenti al mantenimento della salute o alla guarigione; atti che compirebbe da solo se disponesse della forza, della volontà e delle cognizioni necessarie e di favorire la sua partecipazione attiva in modo da aiutarlo a riconquistare il più rapidamente possibile la propria indipendenza” (V. Henderson)

8 La relazione d’aiuto non è un intervento “da fare”; la relazione volontario – malato/famiglia “è” Spetta al volontario fare in modo che i suoi rapporti con il malato e la sua famiglia siano, agli occhi di questi ultimi, una relazione d'aiuto, la qualità dell’incontro volontario – malato/famiglia costituisce l’elemento determinante dell’efficacia dell’assistenza.

9 Il volontario deve maturare la capacità di uscire da schemi prefissati per adattare il proprio intervento alla persone che ha di fronte, di lasciarsi coinvolgere in giusta misura in questa relazione con gli assistiti, in modo che questi possano sentirsi veramente al centro della sua attenzione. Tali atteggiamenti consentono al volontario di realizzare un approccio centrato sulla persona, di stabilire con il paziente relazione al centro della quale c’è la persona.

10 LEI SEI ATTITUDINI FONDAMENTALI INDISPENSABILI A CHI AIUTA
Empatia Rispetto Autenticità Specificità Confronto Immediatezza

11 EMPATIA Capacità di entrare in relazione di percepire esattamente i sentimenti dell’altro e di comprenderne il loro significato, mettersi nei suoi panni, provare ciò che egli prova, immedesimarsi nell’altro, ma avere chiaro che non si è l’altro. Per instaurare un rapporto empatico bisogna conoscere bene le proprie reazioni emotive, non solo con l’introspezione, ma anche con l’aiuto degli altri componenti del gruppo di lavoro. L’empatia permette di instaurare un rapporto professionale equilibrato con il malato, evitando sia il coinvolgimento emotivo dell’operatore sia l’isolamento affettivo del paziente

12 RISPETTO E AUTENTICITÀ
RISPETTO considerazione positiva dell’altro, atteggiamento non valutativo, privo di qualsiasi tipo di giudizio per la persona, rispetto delle sue potenzialità, della sua dignità, unicità, dell’integrità del corpo. AUTENTICITÀ dell’operatore di rapportarsi al paziente, instaurare un rapporto di scambio verbale e non verbale che permetta la nascita di un clima di fiducia, di rispetto reciproci, necessari al malato per soddisfare i suoi bisogni fondamentali, per rapportarsi meglio alla sua realtà, alle sue emozioni, ai suoi conflitti, ai suoi valori, ai suoi limiti, alle sue aspettative.

13 SPECIFICITÀ E CONFORNTO
SPECIFICITÀ: del proprio ruolo all’interno dell’equipe assistenziale, disponibilità a cooperare per il bene del paziente. CONFRONTO: nell’equipe, capacità a mettere in discussione le proprie idee, i propri atteggiamenti.

14 IMMEDIATEZZA IMMEDIATEZZA nel rapporto con la persona assistita l’equipe assistenziali e i volontati, prontezza nelle pratiche assistenziali, nel saper lasciare la propria programmazione per il bene dell’altro, capacità all’ascolto ad arrivare subito all’essenziale

15 CONCLUDENDO Nessuno dà quello che non possiede lui stesso… …parlando della relazione di aiuto, è importante precisare che “non perché un uomo è malato che ha meno bisogno di essere compreso e rispettato profondamente, ne la sua impotenza autorizza colui che lo aiuta a mentirgli o a recitargli una qualsiasi commedia pretestuosamente pacificante... …bisogna adattare il proprio intervento alla persona che si ha di fronte e lasciarsi coinvolgere nella giusta misura… in modo che questi possa sentirsi veramente al centro della sua attenzione e del suo impegno.


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