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PubblicatoTiziano Di Matteo Modificato 6 anni fa
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del personale docente ed educativo neoassunto – AS 2014/15
LABORATORIO DI FORMAZIONE IN INGRESSO del personale docente ed educativo neoassunto – AS 2014/15 Laboratorio n°2: innovazione didattica e tecnologica [ ] Compito assegnato: predisposizione di un learning object di pertinenza disciplinare fruibile in modalità CMS Docente neoassunto: AMORISCO Domenico Classe di concorso: A033 “educazione tecnica nella scuola media” Scuola di servizio: 1° C.P.I.A. Bari – sede di erogazione del servizio: C.T.P. presso I.C. “Caiati – Rogadeo” – Bitonto
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Oggetto: la centrale idroelettrica
Destinatari: modulo di 1° livello – 1° periodo didattico (licenza media) Durata: 1 ora Prerequisiti: conoscere il concetto di energia e i principi fondamentali dell'ecologia Saper leggere e interpretare disegni, tabelle, grafici e schemi di funzionamento Conoscenze: Conoscere i vantaggi ambientali legati all'uso di risorse rinnovabili e i principi di funzionamento di una centrale idroelettrica
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COLLEGAMENTI INTERDISCIPLINARI Scienze: il ciclo dell'acqua Geografia: i grandi fiumi (il Nilo, il Fiume Azzurro ecc.) Storia: il disastro del Vajont
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L’ENERGIA IDROELETTRICA
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L’uomo ha utilizzato da secoli l’energia dell’acqua in movimento, ad esempio per il trasporto di persone e merci. In tempi più recenti ha utilizzato il mulino ad acqua per la lavorazione del frumento e in seguito per azionare i telai tessili nelle prime rudimentali industrie.
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Per realizzare una centrale idroelettrica viene costruita una diga per sbarrare la valle in cui scorre il fiume. Le acque non potendo più proseguire il loro corso formano un lago artificiale. Da questo è facile prendere acqua anche quando il fiume è in magra (cioè ha poca acqua) o addirittura quando è in secca ( privo d'acqua). Un canale a lieve pendenza conduce l'acqua spillata alla base della diga, in un punto più avanzato della valle che viene chiamato vasca di raccolta. Dalla vasca di raccolta, l'acqua viene inviata alla centrale idroelettrica per mezzo di grosse tubature, dette condotte forzate. Si chiamano così perché queste tubature, che hanno una fortissima pendenza, forzano l'acqua, cioè la costringono a scendere a grande velocità. Arrivata alla centrale l'acqua inizia a "lavorare". Questo suo lavoro sarà capace di produrre l'energia elettrica.
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Nella centrale l'acqua mette in azione una macchina che si chiama turbina. La turbina è costituita da una grossa ruota metallica alla quale sono unite numerose pale, anch'esse in metallo, e trasforma l'energia cinetica (dell'acqua) in energia meccanica (il movimento rotatorio della turbina). L'acqua, uscendo dalle condotte forzate con grande impeto, è proiettata sulle pale e fa girare la ruota. Dispositivi speciali sono in grado di far uscire una maggiore o minore quantità d'acqua dalla condotta forzata e, di conseguenza, di far girare più o meno rapidamente la ruota della turbina
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Centrale idroelettrica del lago Ritom (Piotta in Ticino)
La turbina è collegata a sua volta con un'altra macchina: così il suo movimento mette in azione anche la macchina alla quale essa è collegata. Questa macchina è l'alternatore. L'alternatore è una macchina in grado di trasformare in energia elettrica la forza che la turbina gli trasmette con il movimento. Possiamo dunque dire che l'alternatore è la macchina che produce energia elettrica. Centrale idroelettrica del lago Ritom (Piotta in Ticino)
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A questo punto si presenta il problema di trasportare l'energia elettrica dalla centrale ai luoghi dove verrà poi utilizzata. Prima di essere convogliata nelle linee di trasmissione che la trasporteranno ai luoghi di utilizzazione, cioè nei tralicci, la corrente elettrica passa attraverso uno speciale apparecchio, che prende il nome di trasformatore. Il trasformatore abbassa l'intensità della corrente prodotta dall'alternatore, elevandone però la tensione a migliaia di Volts. Giunta sul luogo di impiego, prima di essere utilizzata, la corrente passa di nuovo in un trasformatore che questa volta, alza l'intensità ed abbassa la tensione così da renderla adatta agli usi domestici.
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L’acqua è una fonte di energia rinnovabile e pulita, ma le dighe hanno un forte impatto ambientale.
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L’energia idroelettrica suggerisce alla nostra mente l’idea di fonte energetica pulita, eco-compatibile e soprattutto rinnovabile. In realtà anche una grande centrale pone problemi di impatto ambientale: estetici, di inquinamento elettromagnetico e di sovraccarico sui terreni. Il prelievo idrico riduce la quantità di acqua nei torrenti e nei fiumi a valle dell’impianto e provoca sconvolgimenti negli ecosistemi fluviali con gravi danni al patrimonio ittico e naturalistico. Per legge, è previsto che il prelievo non possa superare una percentuale della portata naturale e deve essere garantito quello viene chiamato il “minimo vitale” che garantisca la vita del corso d’acqua e dei suoi ecosistemi. In realtà nei periodi di secca, lunghi tratti di corsi d’acqua vengono di fatto lasciati praticamente all’asciutto con i conseguenti danni ambientali. Gli effetti negativi non sono limitati ai tratti di fiume a valle degli impianti, ma si ripercuotono su tutta la rete idrica: la ridotta portata dei corsi d’acqua provoca una maggior concentrazione degli inquinanti, sia nei corsi d’acqua che nelle falde da questi alimentate.
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Un aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda la costruzione delle centrali idroelettriche è legato ai possibili dissesti idrogeologici che ne possono derivare: un tragico esempio è ci dato da quanto avvenne il 9 ottobre : una frana di notevoli proporzioni (circa 260 milioni di mc di materiale), staccatasi dal monte Toc, precipitò nel bacino artificiale del Vajont (un bacino creato dalla più alta diga del mondo, ben 267 m). Si formò un'onda di circa 200m che si incanalò nella profonda gola del Vajont, raggiungendo la sottostante Valle del Piave e cancellando in pochi minuti il grosso centro di Longarone ed altri abitati minori, provocando circa morti.
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Foto d'epoca di Longarone dopo la frana
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Verifica finale del tipo “drag & drop” con trascinamento di parole chiave negli opportuni spazi.
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