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PubblicatoBernarda Toscano Modificato 6 anni fa
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D.P.R n. 203, , Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria Ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati.
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(Norme in materia ambientale)
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) “Ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da: () ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente ; () oppure tali da ledere i beni materiali o () compromettere gli usi legittimi dell'ambiente.”
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LEGGE 22 maggio 2015, n. 68 Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente. GU n. 122 del 28/05/2015 Si interviene a livello di CODICE PENALE, con conseguente modifica inevitabile del TUA, Testo Unico sull’Ambiente Si introduce un nuovo Titolo, VIbis, definendo nuovi delitti e nuove misure penali: inquinamento ambientale disastro ambientale impedimento ai controlli ambientali associazione a delinquere anche di stampo mafioso in ambito ambientale omessa bonifica traffico e abbandono di materiale radioattivo
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INQUINAMENTO AMBIENTALE
Il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l'inquinamento ambientale con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da a euro chiunque abusivamente cagioni: «una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo o di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.»
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Sono inoltre previste delle aggravanti:
reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall'inquinamento ambientale derivi una lesione personale ad una persona; reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi una lesione grave; reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima; reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona. Ove gli eventi lesivi derivati dal reato siamo plurimi e a carico di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo, fermo restando tuttavia il limite di 20 anni di reclusione.”
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DISASTRO AMBIENTALE E' punito con la reclusione da 5 a 15 anni. Riguarda un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali. L'offesa all'incolumità pubblica è determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. Il disastro ambientale è aggravato ove commesso in un'area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.”
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Alcuni punti critici: Definizioni (es. di “compromissione” e di “deterioramento”); Quanto esteso? In termini di superficie? O in profondità? Quali sono i sistemi di misura adottabili per stabilire lo stato degli ecosistemi? Quante specie dobbiamo «perdere» per parlare di «compromissione o deterioramento significativo» alla flora o alla fauna?
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…a fronte di alcuni nuovi punti decisivi:
La prescrizione autorizzativa viene superata dal risultato osservato! Normalmente viene fissato un limite (per es. di emissione) io lo rispetto ciò nonostante si osserva un effetto negativo sull’ambiente si è commesso un reato (penale) perché si è danneggiato l’ambiente…
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Nel 2016, a fronte di controlli effettuati la legge ha consentito di sanzionare 574 ecoreati, portando alla denuncia di quasi mille persone e al sequestro di 133 beni. In 173 casi si parla di inquinamento ambientale, disastro ambientale, impedimento di controllo, omessa bonifica e anche casi di aggravanti per morti o lesione come conseguenza del reato di inquinamento ambientale.
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I nostri legislatori hanno deciso di tenere sotto controllo lo stato dell’ambiente applicando due approcci diversi: i procedimenti autorizzativi prevedono limiti massimi di emissione in aria , e quindi: verifiche certificate “al camino” (…); comunicazione ad ARPA e alla Provincia dei valori di emissione, per la costruzione di un Catasto delle emissioni a livello provinciale (!). monitoraggio (di un numero molto ridotto) di inquinanti, scelti per la loro riconosciuta pericolosità, elevata frequenza di emissione, ecc. tramite centraline di monitoraggio automatico in alcuni punti sul territorio, avendo fissato dei limiti di riferimento.
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Alcune riflessioni sul primo punto:
Bisogna capire come vengono fissati i limiti di legge (o di prescrizione): sono spesso valori di compromesso; Ci si deve chiedere quanto significativi siano i controlli in termini di rappresentatività temporale; Quali sono le conseguenze per l’eventuale sforamento dei limiti, e i processi decisionali che ne conseguono (chi decide che cosa).
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Le verifiche previste sono tre all’anno (D. Lgs. 11 maggio 2005 n
Le verifiche previste sono tre all’anno (D.Lgs. 11 maggio 2005 n. 133), e i limiti imposti sono su base media oraria. Questo implica che i campionamenti di controllo possono essere del tutto assenti, oppure ridursi allo % del periodo totale di emissione, 3 ore su c. 8000, se consideriamo un mese di inattività degli impianti.
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L’impatto di una sorgente emittente dipende – più che dalla concentrazione al punto di emissione –
dalla quantità totale emessa; dal destino delle sostanze una volta che sono state introdotte nell’ambiente. Un grande impianto che emette a basse concentrazioni… Inquinanti persistenti (diossine, furani, PCB; elementi (es. i cosiddetti “metalli pesanti”)
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Acquista importanza: da un lato, il controllo sul territorio, e questo è possibile solo attraverso il monitoraggio degli inquinanti; questo consiste nella determinazione quali-quantitativa della loro presenza e distribuzione spazio-temporale nell’ambiente; dall’altro lato, diventa fondamentale la definizione dei valori limite e il loro progressivo abbassamento per migliorare lo stato dell’ambiente.
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Monitoraggio inquinanti atmosferici:
Campagne di misura limitate nel tempo per siti specifici o aree problematiche; Monitoraggio continuo in alcuni siti, considerati (v. oltre) rappresentativi (o significativi) del/per il territorio.
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Attualmente il processo di monitoraggio sul territorio italiano (ma su base regionale) è basato su una rete di centraline automatiche di monitoraggio. Queste sono strutture che contengono strumentazione dedicata alla registrazione in continuo di un numero molto ristretto (ridicolo?) di inquinanti (gassosi e solidi), praticamente ubiquitari e non specificatamente legati a singoli processi produttivi o attività antropiche («inquinanti generalisti»), quanto piuttosto a processi di combustione.
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Sono tipicamente sei, cinque dei quali gassosi (CO, SO2, NOx, O3, benzene), uno è solido (il particolato sospeso o PM10), anche se non necessariamente sono misurati contemporaneamente, nello stesso sito. BENZENE
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Questi sistemi di misura e registrazione del dato forniscono misure estremamente precise delle concentrazioni degli inquinanti, oltre a dati meteorologici altrettanto importanti per descrivere il complesso fenomeno dell’inquinamento dell’aria: velocità e direzione dei venti; precipitazioni; irraggiamento; temperatura dell’aria.
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I dati delle centraline possono essere integrati da quelli derivanti da sistemi di rilevamento non automatico: è cioè richiesta una attività di laboratorio per la stima delle concentrazioni di ulteriori inquinanti per i quali non è disponibile una strumentazione «in continuo» (es. IPA, composizione elementare del particolato).
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Aspetti critici: Non sempre le centraline hanno la strumentazione per registrare tutti e sei gli inquinanti. Si suppone che la compresenza di questi inquinanti non abbia implicazioni particolari (non è considerata alcuna sinergia tra di essi e con altre sostanze inquinanti, certamente presenti, ma non misurate). Intere classi di altri inquinanti (es. H2S, IPA, diossine) vengono monitorati solo in casi eccezionali, in zone «calde», per problemi specifici.
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1) Il funzionamento delle centraline dipende spesso dalla disponibilità ad investire cifre ragguardevoli (i costi di impianto e gestione sono importanti). 2) Le centraline permettono di conoscere e “tenere sotto controllo” alcuni dei punti caldi del territorio, non certo tutti. La “filosofia” non dichiarata è: «fare misure nelle zone più a rischio, ipotizzando che la situazione poco più lontano non possa che essere migliore», per i processi di diluizione e dispersione che caratterizzano il sistema-aria.
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3) La loro distribuzione è il risultato di considerazioni eterodosse.
Mancano infatti disposizioni di legge precise sulle condizioni ambientali da soddisfare per individuare il sito di collocamento di una centralina, sebbene si stabilisca una densità minima sul territorio (v. oltre).
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Centralina ARPA FVG
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Alcune centraline posizionate a Trieste
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La centralina semovente…
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Criteri per determinare i numeri minimi delle centraline
Numero minimo di punti di campionamento per i principali inquinanti (eccetto ozono) in base alla Direttiva 2008/50/CE
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Numero minimo di punti di campionamento per l’ozono, in base alla Direttiva 2008/50/CE
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Per la regione Friuli Venezia Giulia:
DGR 421 del si individua una Rete regionale di riferimento: 9 stazioni fisse situate nei centri urbani dei quattro capoluoghi di Provincia (3 TS, 2 UD, 1 GO, 1 PN + 1 a Porcia e 1 a Monfalcone) per controllare l’insorgenza di episodi acuti di inquinamento, di cui 8 forniscono in tempo reale i dati relativi alle concentrazioni di ozono nell’aria. Tale rete comprende un numero inferiore di centraline di quelle storicamente attive in Regione.
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