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(Cap.4) La nascita della teoria dei quanti

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Presentazione sul tema: "(Cap.4) La nascita della teoria dei quanti"— Transcript della presentazione:

1 (Cap.4) La nascita della teoria dei quanti
Energie di prima ionizzazione e periodicità Lo spettro elettromagnetico Spettri di righe degli atomi Dualismo onda-corpuscolo Teoria di Bohr per l’atomo di idrogeno Quantizzazione Transizioni elettroniche

2 Introduzione-1 Per rispondere ad alcune domande fondamentali della Chimica: 1) Perché alcuni atomi si uniscono per formare molecole e altri no? 2) Perché le proprietà chimiche e fisiche degli elementi variano, e come si spiega la ripetizione periodica di queste proprietà che si osserva nella tavola periodica? dobbiamo imparare come si dispongono gli elettroni intorno al nucleo di un atomo. La distribuzione degli elettroni è descritta dalla teoria dei quanti. La teoria dei quanti si è evoluta in due fasi dal 1900 al 1930.

3 Introduzione-2 (cap 4): serie di esperimenti che possono essere spiegati con la duplice natura corpuscolare e ondulatoria della materia: particelle come onde onde come particelle Le energie degli elettroni di un atomo sono quantizzate ovvero sono ristrette a certi valori discreti caratteristici dell’atomo stesso spiegazione degli spettri prodotti dai sistemi atomici Dal 1925 in poi (cap 5): sviluppo della teoria dei quanti, che oggi è usata per comprendere la struttura degli atomi e delle molecole

4 La tavola periodica degli elementi fornisce molte indicazioni sulla struttura elettronica o configurazione elettronica degli atomi. In generale gli elementi della stessa colonna della tavola periodica sono chimicamente simili. Possiamo aspettarci che i loro elettroni più esterni, e quindi più importanti chimicamente, abbiano disposizioni simili. Un’indicazione diretta della configurazione degli elettroni intorno ad un nucleo è data dalle energie di ionizzazione dell’atomo o ione.

5 Energia di ionizzazione
L’energia di ionizzazione di un atomo o di uno ione è l’energia minima necessaria per allontanare completamente un elettrone dall’atomo o dallo ione, allo stato gassoso. Questa energia può essere determinata sperimentalmente. L’energia di prima ionizzazione, I1, di un atomo è la minima energia necessaria per allontanare un elettrone da un atomo gassoso neutro, A, per produrre uno ione gassoso con carica positiva, A+, ed un elettrone, e-: A(g) A+(g) + e I1

6 Energie di prima ionizzazione
Il grafico delle energie di prima ionizzazione (I1) in funzione del numero atomico mostra la loro natura periodica. I simboli dei gas nobili sono in rosso e quelli dei metalli alcalini in blu.

7 Andamento dell’energia di prima ionizzazione
nella tavola periodica

8 E’ possibile comprendere le strutture elettroniche guardando non solo le energie di prima ionizzazione ma anche quelle successive. Z 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1011

9 Logaritmi delle tre energie di ionizzazione del litio in funzione del numero di elettroni allontanati (n). Il grafico suggerisce che gli elettroni dell’atomo di litio son disposti in due gusci: uno interno con due elettroni e l’altro esterno con un elettrone.

10 Logaritmi delle quattro energie di ionizzazione del berillio in funzione del numero di elettroni allontanati (n). Il grafico suggerisce che gli elettroni dell’atomo di berillio son disposti in due gusci: uno interno con due elettroni e l’altro esterno con due elettroni.

11 Logaritmi delle dieci energie di ionizzazione dell’atomo di neon in funzione del numero di elettroni allontanati (n). Il grafico suggerisce che gli elettroni dell’atomo di neon sono disposti in due gusci: uno interno con due elettroni e l’altro esterno con otto elettroni. In ognuno di questi grafici il numero degli elettroni nel guscio esterno corrisponde alla posizione dell’elemento nella tavola periodica.

12 Logaritmi delle undici energie di ionizzazione dell’atomo di sodio in funzione del numero di elettroni allontanati (n). Il grafico suggerisce che la struttura elettronica dell’atomo di sodio sia un nocciolo tipo neon, con un elettrone esterno legato in modo relativamente debole.

13 Se costruiamo un grafico simile per ciascun elemento della terza riga della tavola periodica, possiamo vedere che la struttura elettronica degli atomi consiste di un guscio interno di due elettroni e un secondo guscio di otto elettroni (che costituiscono un nocciolo di tipo neon), con un guscio esterno contenente un numero di elettroni che corrisponde alla posizione dell’elemento nella tavola periodica.

14 Logaritmi delle 19 energie di ionizzazione dell’atomo di potassio in funzione del numero di elettroni allontanati (n). Il grafico suggerisce che la struttura elettronica dell’atomo di potassio sia un nocciolo tipo argon, con un elettrone esterno legato in modo relativamente debole (4 gusci con ( ) elettroni

15 Li (3 e-) Na (11 e-) K (19 e-)

16 Gli atomi possono essere rappresentati indicando il loro nucleo interno di tipo gas nobile tra parentesi quadre ed i loro elettroni esterni con i puntini (la posizione dei puntini è arbitraria). Gli elettroni dei gusci più esterni sono chiamati elettroni di valenza; questi elettroni sono coinvolti nel legame chimico e sono importanti per determinare le proprietà chimiche degli elementi. Il numero di elettroni di valenza cresce da uno a otto andando dal metallo alcalino al gas nobile lungo una riga del sistema periodico. La rappresentazione degli elettroni di valenza come puntini intorno al simbolo dell’elemento si chiama formula di Lewis con elettroni a puntini, introdotta nel 1916 da G. N. Lewis. Le formule di Lewis mostrano solo gli elettroni di valenza, cioè gli elettroni che sono importanti chimicamente. Tabella 4.2

17

18 Per avere una visione più chiara della struttura elettronica degli atomi, dobbiamo prima studiare la radiazione elettromagnetica e vedere come gli elettroni e la radiazione elettromagnetica interagiscono. Lo studio di questa interazione aumenta la nostra comprensione degli atomi e della natura della materia.

19 La radiazione elettromagnetica
1860: James Clerk Maxwell Teoria elettromagnetica della radiazione Questa teoria afferma che tutte le forme di radiazione si propagano nello spazio come campi elettrici e magnetici oscillanti. I campi elettrico e magnetico, che oscillano insieme ad angolo retto tra di loro, sono prodotti dalla vibrazione di cariche elettriche in un certo materiale, per esempio un cristallo di quarzo in una radio trasmittente, o un filamento caldo di tungsteno in una lampadina a incandescenza.

20 La radiazione elettromagnetica
Le onde radio, le microonde, la luce infrarossa, la luce visibile, la luce ultravioletta, i raggi X e i raggi γ sono tutti forme di radiazione elettromagnetica.

21 Regioni dello spettro elettromagnetico
(campo di lunghezze d’onda e frequenze della radiazione elettromagnetica)

22 Regioni dello spettro elettromagnetico
Sequenza dei colori nello spettro visibile: rosso-arancio-giallo-verde-blu-indaco-violetto

23 La radiazione elettromagnetica è caratterizzata da una lunghezza d’onda e da una frequenza.
Lunghezza d’onda, λ= distanza tra due massimi o due minimi successivi (m) Frequenza,  = numero di onde complete ( il numero di massimi) che passano in un dato punto in un secondo (s-1) Hz = 1 s-1 c = λ  c = 2,9979 x 108 m s-1 (velocità della luce) (ca km/s)

24 Radiazione laser

25 Spettri di emissione di righe degli atomi
Lo spettro della luce bianca (regione del visibile, nm), per esempio la luce che il Sole emette e che colpisce la Terra, o la luce emessa da un oggetto molto caldo, consiste in uno spettro di radiazioni continuo e ciò significa che la radiazione è emessa a tutte le lunghezze d’onda della regione. Quando facciamo passare la luce bianca attraverso un prisma, essa si separa in molti colori. Nell’arcobaleno vediamo lo stesso effetto quando la luce bianca del sole passa attraverso goccioline d’acqua nell’atmosfera e si separa nei suoi colori componenti. Al contrario la luce emessa da atomi eccitati è caratterizzata dalla presenza di poche e specifiche lunghezze d’onda.

26 Spettri di emissione di righe degli atomi
Se esaminiamo con un prisma la radiazione emessa da una sostanza chimica posta in una fiamma o da un gas attraverso cui si fa passare una scarica elettrica (es. lampade al Na usate per l’illuminazione stradale o lampade a H2 gassoso), troviamo che la radiazione emessa non è continua ma consiste di righe separate. La radiazione è emessa solo a certe (discrete) lunghezze d’onda. Si ottiene uno spettro di righe che è caratteristico della sostanza usata.

27 Spettri di emissione di righe degli atomi
Lo spettro di emissione si genera facendo passare la luce emessa da un campione eccitato (in un tubo di scarica elettrica, in una fiamma o in un’altra sorgente), attraverso un prisma o un reticolo di diffrazione per separare la luce per lunghezza d’onda. L’immagine viene poi registrata su una pellicola o con un rivelatore elettronico. Uno spettro di emissione appare come una serie di righe luminose su uno sfondo scuro.

28 Spettri di emissione di righe degli atomi
Se il campione consiste di atomi singoli, lo spettro si definisce spettro atomico di emissione. Spettro atomico di emissione (spettro di righe) dell’idrogeno

29 1885: Johann Balmer Grafico di 1/λ in funzione di 1/n2 per le righe dell’atomo di idrogeno nella regione del visibile Johannes Rydberg: equazione empirica per le lunghezze d’onda delle righe dello spettro visibile dell’idrogeno, nota come equazione di Rydberg-Balmer.

30 Equazione di Rydberg-Balmer
1/λ = R(1/22 – 1/n2) n = 3,4,5,6,7 …. R = x 107 m costante di Rydberg L’equazione di Rydberg-Balmer prevede accuratamente la lunghezza d’onda delle righe dello spettro visibile dell’drogeno ed è l’equazione della retta del grafico.

31 λ calcolata (nm) con l’eq. di Rydberg-Balmer
Righe della regione visibile dello spettro di emissione dell’idrogeno: confronto tra le lunghezze d’onda osservate sperimentalmente e quelle calcolate Colore della riga n λosservata (nm) λ calcolata (nm) con l’eq. di Rydberg-Balmer Rosso 3 653,3 656,3 Verde 4 486,1 486,2 Blu 5 434,0 434,1 Indaco 6 410,2 violetto 7 397,0

32 Gli spettri atomici di emissione di tutti gli elementi consistono di serie di righe simili alla serie di Balmer dell’idrogeno, ma il numero di righe e le lunghezze d’onda delle righe sono diverse per ogni elemento. Lo spettro atomico di emissione (spettro di righe) associato ad un elemento serve da impronta digitale dell’elemento stesso.

33 Spettri atomici di emissione nel visibile (spettri di righe) di diversi elementi.

34 Lo studio delle righe spettrali, e in generale lo studio dell’interazione della radiazione elettromagnetica con gli atomi, è chiamata spettroscopia atomica. Possiamo identificare ciascun tipo di atomo presente in un campione confrontando lo spettro di righe osservato con quello riportato in un manuale o un database di spettri atomici. La spettroscopia atomica è una tecnica di routine in chimica analitica che è quella parte della chimica che riguarda l’analisi chimica.

35 Se la luce ha uno spettro continuo, come si possono spiegare gli spettri di righe degli spettri atomici? Gli spettri atomici furono il primo dei risultati sperimentali che fu impossibile interpretare nel quadro della fisica classica (fine del diciannovesimo secolo). Gli altri esperimenti furono la radiazione del corpo nero e l’effetto fotoelettrico.

36 Max Planck: studio della radiazione del corpo nero ossia l’emissione di luce da un corpo quando è riscaldato (es. filamento incandescente di una lampadina) Il termine corpo nero è usato per designare l’oggetto come un emettitore ideale. La radiazione di un tale oggetto dipende solo dalla sua temperatura e non dalla sua composizione specifica. Si verifica sperimentalmente che un buon emettitore di radiazione è anche un buon assorbitore. Un emettitore ideale assorbirà tutta la radiazione che arriva su di esso, e quindi apparirà nero.

37 Un pezzo di metallo, quando viene scaldato, emette radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda che dipendono dalla temperatura. Inizialmente a basse temperature il colore del metallo è rosso. A temperature più elevate, il colore rosso si fa più luminoso e, a temperature ancora più alte, il rosso si trasforma in un bianco brillante. L’occhio umano percepisce le radiazioni emesse nella regione visibile dello spettro elettromagnetico. Sebbene non visibili, dal metallo incandescente vengono emesse anche radiazioni ultraviolette ed infrarosse. La lunghezza d’onda della radiazione più intensa dipende dalla temperatura: al crescere della temperatura del metallo, il massimo della curva dell’intensità della luce, in funzione della lunghezza d’onda si sposta sempre di più verso la regione ultravioletta. Ciò corrisponde al cambiamento del colore osservato al crescere della temperatura. Alla fine del XIX secolo gli scienziati cercarono di spiegare la relazione tra l’intensità e la lunghezza d’onda della radiazione emessa da un corpo incandescente.

38 Max Planck: studio della radiazione del corpo nero
La fisica classica prevedeva che l’intensità della radiazione aumentasse progressivamente al diminuire della lunghezza d’onda invece di raggiungere un massimo e poi diminuire, come osservato sperimentalmente. Nel 1900 il fisico tedesco Max Planck ipotizzò che fossero gli atomi (detti oscillatori) dell’oggetto incandescente a originare, vibrando, la radiazione elettromagnetica. Egli propose che ciascun oscillatore avesse una frequenza fondamentale di oscillazione e che la radiazione fosse emessa in pacchetti discreti chiamati quanti; l’energia associata a un quanto di radiazione è proporzionale alla frequenza della radiazione emessa in accordo con l’equazione: E = h Equazione di Planck Per riprodurre tutti i dati sulla radiazione del corpo nero, Planck asssegnò ad h il valore di 6,626 x J·s

39 Max Planck: studio della radiazione del corpo nero
Assumiamo che in un corpo incandescente ci deve essere una distribuzione di vibrazioni di atomi: alcuni vibrano a frequenza maggiore, altri a frequenza minore, ma la maggior parte ha una frequenza intermedia. I pochi atomi con vibrazione ad alta frequenza sono responsabili di una parte della luce (la regione ultravioletta), così come quelli con vibrazione a bassa frequenza (la regione infrarossa). La maggior parte della luce deve provenire dalla maggioranza degli atomi che hanno frequenza di vibrazione intermedia. Uno spettro di luce è emesso con un massimo di intensità ad una certa lunghezza d’onda, come verificato sperimentalmente.

40 Einstein e l’effetto fotoelettrico
Albert Einstein utilizzò le idee di Planck nella sua spiegazione dell’effetto fotoelettrico, e così facendo cambiò la descrizione della radiazione elettromagnetica. Apparecchio usato per studiare l’effetto fotoelettrico. La luce di una certa frequenza arriva su una superficie di metallo pulita, espellendo elettroni che sono attratti verso l’elettrodo positivo. Il numero di elettroni emessi è registrato da un rivelatore-misuratore.

41 Einstein e l’effetto fotoelettrico
Nell’effetto fotoelettrico quando una superficie metallica è esposta a radiazione ultravioletta di frequenza , vengono emessi elettroni dalla superficie, ma solo se la frequenza della luce è sufficientemente elevata. Se viene utilizzata una luce a frequenza troppo bassa non vengono emessi elettroni, indipendentemente dall’intensità della luce. A frequenze maggiori della frequenza di soglia l’energia cinetica Ec degli elettroni emessi è direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione. Un aumento dell’intensità della radiazione aumenta il numero degli elettroni emessi, ma non influenza la loro energia.

42 Einstein e l’effetto fotoelettrico
La frequenza al di sotto della quale non sono emessi elettroni è chiamata frequenza di soglia, ed è caratteristica del metallo; per il sodio metallico questa frequenza è uguale a 5,51 x 1014 Hz

43 Einstein e l’effetto fotoelettrico
Albert Einstein interpretò i risultati sperimentali combinando l’equazione di Planck con una nuova idea: la luce ha proprietà corpuscolari (proprietà tipiche delle particelle). Queste «particelle» prive di massa, chiamate fotoni, sono pacchetti di energia. L’energia di ogni fotone è proporzionale alla frequenza della radiazione, come indicato dalla legge di Planck (E = h). Nell’effetto fotoelettrico, i fotoni che colpiscono la superficie di un metallo causeranno l’emissione di elettroni solo se hanno energia sufficiente. Più alto è il numero di fotoni con energia sufficiente che colpisce la superficie del metallo, maggiore sarà il numero di elettroni emessi. Poiché l’intensità della radiazione è proporzionale al numero di fotoni nel fascio, il numero di elettroni emessi è proporzionale all’intensità della radiazione, in accordo con le osservazioni sperimentali.

44 A ogni fotone è associata un’energia espressa da
E = h ·  dove E = energia di un fotone di luce h = 6,626 · J · s (costante di Planck)  = frequenza della radiazione elettromagnetica Ricordando che  = c/, la stessa relazione si può scrivere anche: E = h · c/ 

45 Einstein e l’effetto fotoelettrico
L‘energia minima necessaria per emettere l’elettrone e-: E = h  (0 = frequenza di soglia) L’energia in eccesso rispetto a quella necessaria per emettere l’elettrone è data da: E = h  - h 0 Questa energia in eccesso è l’energia cinetica dell’elettrone emesso: Ec = 0 ( < 0) Ec = h  - h 0 ( > 0)

46 L’idea della quantizzazione dell’energia, ossia che l’energia esiste in piccoli pacchetti discreti, fu il primo passo nello sviluppo della teoria dei quanti. Planck che per primo riconobbe questo nel 1900, è considerato il padre della teoria dei quanti. Tutti i fenomeni che avvengono a livello atomico e molecolare, sono ben descritti dalla teoria dei quanti, compresi gli spettri atomici.

47 De Broglie e il dualismo onda-particella
Nel 1924 Louis de Broglie ipotizzò che la doppia natura ondulatoria e corpuscolare fosse una proprietà universale della materia. Egli propose che ad un elettrone di massa m, che si muove alla velocità v fosse associata un’onda di lunghezza d’onda data dall’equazione:  = h / p  = h / (m · v) Questa era un’idea rivoluzionaria perchè metteva in relazione le proprietà corpuscolari dell’elettrone (massa e velocità) con una proprietà ondulatoria (lunghezza d’onda). = lunghezza d’onda di de Broglie p = momento o quantità di moto della particella

48 De Broglie e il dualismo onda-particella
L’equazione di De Broglie suggerisce che a ciascuna particella in movimento è associata un’onda. Perchè  sia misurabile però il prodotto di m per v deve essere molto piccolo. E’ possibile osservare proprietà ondulatorie soltanto per particelle di massa estremamente piccola, come i protoni, gli elettroni, i neutroni. L’ipotesi di De Broglie fu verificata dal lavoro di G. P. Thomson (1926) e C. Davisson (1927) che scoprirono indipendentemente il fenomeno della diffrazione degli elettroni.

49 De Broglie e il dualismo onda-particella
La diffrazione è una proprietà intrinseca delle onde. Quando un fascio di raggi X è diretto su un foglio sottile di una sostanza cristallina, il fascio è disperso in una maniera definita, caratteristica della sostanza cristallina. Questo fenomeno, noto come diffrazione di raggi X, avviene perché la lunghezza delle distanze interatomiche nel cristallo è confrontabile con la lunghezza d’onda dei raggi X. E’ noto dalla fisica che una figura di diffrazione può essere ottenuta solo se i raggi X si comportano come onde. Tuttavia un fascio di elettroni produce una figura simile, chiamata figura di diffrazione elettronica.

50 De Broglie e il dualismo onda-particella
Bombardando un foglio di alluminio con raggi X e con elettroni si ottengono figure di diffrazione caratteristiche Figura di diffrazione dei raggi X Figura di diffrazione degli elettroni La somiglianza delle figure indica che gli elettroni possono comportarsi come i raggi X e presentano proprietà ondulatorie. La natura ondulatoria degli elettroni è utilizzata nel microscopio elettronico per determinare la grandezza e la forma degli oggetti, proprio come si usa la luce nel microscopio ottico.

51 De Broglie e il dualismo onda-particella
La visione contemporanea della natura è che la radiazione elettromagnetica e la materia possono presentare proprietà sia ondulatorie che particellari, a seconda dell’esperimento. La radiazione elettromagnetica appare ondulatoria quando si eseguono esperimenti di diffrazione, ma appare di tipo particellare quando si studiano gli effetti fotoelettrici. Gli elettroni sembrano particelle quando sono studiati in un apparecchio come quello che J. J. Thomson usò per scoprirli, ma sembrano comportarsi come onde quando sono diretti su un bersaglio adatto, in quanto danno origine ad una figura di diffrazione. Il dualismo onda-particella sembra essere una proprietà inerente della materia, che si manifesta ogni volta che la massa delle particelle è molto piccola, come si verifica per gli elettroni e per gli atomi.

52 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Attraverso i suoi studi Bohr spiegò perché soltanto certe radiazioni possono interagire con gli atomi e quale relazione intercorre tra radiazione luminosa e struttura atomica. Bohr perfezionò il modello di Rutherford e riuscì a spiegare la stabilità degli atomi e l’emissione degli spettri a righe.

53 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Nel 1913 Niels Bohr formulò una descrizione dell’atomo di idrogeno che spiegava bene lo spettro atomico osservato. Un postulato chiave della teoria di Bohr è che l’elettrone dell’atomo di idrogeno può trovarsi solo in alcune determinate orbite circolari intorno al nucleo. Le orbite saranno stabili solo se lungo la circonferenza dell’orbita entrerà un numero intero n di lunghezze d’onda complete. Per un’orbita di raggio r la circonferenza è 2r, quindi abbiamo la condizione quantica: 2r = nλ (n = 1, 2, 3…)

54 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
3) Usando questa condizione, e il bilancio delle forze tra l’elettrone orbitante e il protone, Bohr mostrò che l’elettrone in queste orbite può avere solo determinati valori di energia En. L’energia è quantizzata. I valori di En corrispondono ai livelli energetici permessi dell’elettrone nell’atomo di idrogeno. 4) per passare da un’orbita a un’altra a livello energetico più elevato, l’elettrone assorbe energia; 5) per passare da un’orbita a un’altra a contenuto energetico minore, l’elettrone emette un fotone di appropriata frequenza; l’energia del fotone emesso o assorbito corrisponde alla differenza di energia delle due orbite.

55 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Le orbite degli elettroni in un atomo sono quantizzate. mvr = n(h/2π) n = 1, 2, 3…. Quantizzazione dei raggi delle orbite dell’atomo di idrogeno. I raggi delle orbite permesse secondo la teoria di Bohr sono date da : rn = n2a0 (n = 1, 2, 3….. ; a0 = 53 pm = nm = 0.53 Å

56 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Il numero quantico principale n indica il livello energetico associato ad ogni orbita. A causa del segno meno le energie sono negative e l’energia più bassa è E1: E1 < E2 < E3, etc. Per convenzione lo stato di energia zero si realizza quando n = . In questo stato di energia zero il protone e l’elettrone sono così distanti che non si attraggono l’un l’altro (l’atomo è ionizzato), e quindi consideriamo che l’energia di interazione sia nulla.

57 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Nella teoria dei quanti gli stati energetici sono chiamati stati stazionari. Lo stato stazionario a più bassa energia è detto stato fondamentale. I livelli a energia superiore dello stato fondamentale si chiamano stati eccitati. A ogni salto di orbita si ha una transizione energetica, ovvero emissione di energia sotto forma di fotone.

58 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Secondo l’ipotesi di Bohr quando un atomo è in uno stato stazionario, non assorbe nè emette radiazione elettromagnetica. Quando un atomo effettua una transizione da un stato stazionario ad un altro, invece, emette o assorbe radiazione elettromagnetica. Ogni transizione dell’elettrone da uno stato eccitato a un livello energetico inferiore è caratterizzata da una riga nello spettro di emissione. Poiché il modello di Bohr propone un numero limitato di stati stazionari, i fotoni emessi o assorbiti possono avere solo un numero limitato di energie, e quindi di frequenze. Il numero limitato di frequenze si traduce in uno spettro di righe.

59 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
La spaziatura tra livelli successivi diventa più stretta man mano che il valore di n aumenta.

60 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno
Transizioni da stati a energia più alta a stati ad energia più bassa per l’atomo di idrogeno. Ciascuna transizione è accompagnata dall’emissione di un fotone.

61 Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno

62 La teoria di Bohr e gli spettri degli atomi eccitati
Possiamo ricavare una formula generale per la lunghezza d’onda associata alla transizione da uno stato eccitato iniziale arbitrario ni a uno stato finale arbitrario nf, dove l’energia dello stato iniziale è maggiore di quella dello stato finale.

63 La teoria di Bohr e gli spettri degli atomi eccitati
Serie di Paschen

64 La teoria di Bohr e gli spettri degli atomi eccitati
Serie di Balmer. Le frecce rappresentano le transizioni che danno origine alle righe nella regione visibile dello spettro e sono evidenziate con i colori corrispondenti alla lunghezza d’onda delle righe spettrali.

65 Gli spettri di emissione si ottengono quando si scarica una scintilla attraverso il gas.
La scarica è un impulso di energia che dissocia le molecole in atomi e promuove gli atomi a stati eccitati. Quando gli atomi tornano allo stato fondamentale, gli elettroni scendono attraverso gli stati energetici permessi, e i fotoni emessi producono lo spettro di emissione osservato.

66 La teoria di Bohr e gli spettri degli atomi eccitati
Gli spettri di emissione atomici possono essere usati per identificare gli elementi; questo principio si applica nei saggi alla fiamma, che vengono utilizzati per identificare i metalli alcalini presenti in un campione. Ciascun metallo alcalino ha un colore della fiamma caratteristico. Li (cremisi) Na (giallo) K (violetto) Rb(rosso) Cs (blu)

67 Spettri di assorbimento
Lo spettro di assorbimento si genera facendo passare la luce bianca (luce che contiene tutti i colori dello spettro) attraverso un campione e poi attraverso un prisma o un reticolo. Lo spettro di assorbimento appare in forma di bande scure alle frequenze dove la luce è assorbita, su uno sfondo colorato.

68 Spettri di assorbimento
Un atomo di idrogeno nel suo stato elettronico fondamentale (n = 1) può assorbire radiazione elettromagnetica. Quando ciò avviene l’elettrone è promosso ad uno stato eccitato (n > 1).

69 Spettri di assorbimento
Le transizioni più forti negli spettri di emissione e di assorbimento del sodio sono a 589,0 nm e 589,6 nm nella regione nel giallo dello spettro visibile.

70 Spettri di assorbimento
Due fotoni che incidono sull’atomo di idrogeno e le loro relative energie. Solo il fotone B può essere assorbito.

71 La teoria quantistica e la struttura atomica (Cap. 5)
I numeri quantici Lo spin elettronico Gli stati energetici dell’atomo Il principio di esclusione di Pauli Le configurazioni elettroniche La regola di Hund Stati eccitati Le configurazioni elettroniche e la periodicità Orbitali d e orbitali f Raggio atomico, Energia di ionizzazione e periodicità Affinità elettronica (Cap. 6) Concetto di elettronegatività (Cap. 7)

72 La teoria quantistica Il modello atomico di Bohr presentò presto tutti i suoi limiti: non era applicabile ad atomi con più di un elettrone e non spiegava gli spettri atomici in presenza di un campo magnetico. Per la struttura elettronica degli atomi era necessario un approccio completamente nuovo, che fu sviluppato indipendentemente dai fisici Werner Heisenberg ed Erwin Schrödinger nel 1925.

73 La teoria quantistica La descrizione di Bohr di una ben definita orbita e momento dell’elettrone in un atomo di idrogeno erano incompatibili con un principio fondamentale noto come principio di indeterminazione di Heisenberg. Tale principio afferma che non è possibile conoscere simultaneamente con accuratezza la posizione e la quantità di moto di una particella come l’elettrone. Questa incertezza non è legata all’inadeguatezza della misura o della tecnica sperimentale, ma è un limite legato all’azione di misura stessa. Il principio di indeterminazione di Heisenberg ha conseguenze significative quando è applicato a particelle atomiche e subatomiche.

74 Principio di indeterminazione di Heisenberg-1
Consideriamo una misura della posizione di un elettrone. Se vogliamo individuare un elettrone entro una distanza x lungo l’asse x, dobbiamo usare una radiazione elettromagnetica con lunghezza d’onda non più piccola di x. Ossia, perché un elettrone sia “visto”, un fotone deve interagire o collidere con questo, altrimenti il fotone continuerà indisturbato la propria traiettoria e l’elettrone non sarà visibile. Il fotone ha una quantità di moto p = h/ e durante la collisione parte di questo momento verrà trasferita all’elettrone. Pertanto l’atto stesso della localizzazione dell’elettrone porterà ad un cambiamento del suo momento.

75 Principio di indeterminazione di Heisenberg-2
L’analisi di Heisenberg mostrò che non è possibile determinare esattamente quale parte del momento del fotone è trasferita all’elettrone, quando il fotone rimbalza contro l’elettrone. Così il semplice tentativo di conoscere la posizione di un elettrone entro una distanza x produce un’incertezza nel suo momento, p. (x)(p)  h/4π (1) L’eq, (1) rappresenta il principio di indeterminazione di Heisenberg, che impone un limite fondamentale all’accuratezza nella determinazione simultanea di posizione e quantità di moto di una particella, come l’elettrone, limite legato all’azione della misura stessa.

76 La teoria quantistica Poiché le informazioni sul moto dell’elettrone possono essere solo di tipo probabilistico, con la meccanica quantistica il concetto di orbita di un elettrone è superato e inadeguato. Nel 1926 Erwin Schrödinger propose l’equazione di Schrödinger, che è l’equazione fondamentale della teoria quantistica. Questa equazione è coerente sia con la natura ondulatoria delle particelle che con il principio di indeterminazione di Heisenberg. Inoltre essa predice le proprietà degli atomi multielettronici e delle molecole.

77 La teoria quantistica (meccanica ondulatoria o quantistica) consente di stabilire le zone dello spazio attorno al nucleo di un atomo dove è massima la densità di carica elettrica negativa, cioè la probabilità di trovarvi l’elettrone. Tale conoscenza è resa possibile dall’equazione di Schrödinger, che rappresenta in tre dimensioni, l’onda stazionaria associata ad un elettrone; dalla risoluzione dell’equazione si ottengono funzioni (funzioni d’onda ) che, rappresentate graficamente, consentono di conoscere la distribuzione della densità della carica elettrica nello spazio attorno al nucleo. HΨ = EΨ H = operatore hamiltoniano

78 Equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno
Risolvendo l’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno, troviamo che l’energia dell’elettrone è confinata ad una serie di valori discreti, che sono gli stessi previsti dalla teoria di Bohr (En): l’energia è quantizzata. (condizioni per ) La teoria quantistica e quella di Bohr danno gli stessi risultati per lo spettro atomico dell’idrogeno. Esse differiscono nella descrizione della posizione dell’elettrone intorno al nucleo. Invece di limitare l’elettrone a certe orbite precisamente definite, l’equazione di Schrödinger fornisce una o più funzioni, chiamate funzioni d’onda associate a ogni stato energetico consentito. Le funzioni d’onda sono funzioni della posizione dell’elettrone:  =  (x,y,z)

79 Il quadrato della funzione d’onda 2(x,y,z) rappresenta la densità di probabilità, nel senso che 2v è la probabilità che l’elettrone si trovi in un piccolo elemento di volume v intorno al punto di coordinate x, y, z. Quindi non è possibile individuare la precisa posizione dell’elettrone; possiamo solo stabilire la probabilità che l’elettrone sia in una certa regione dello spazio.

80 Il modello a orbitali Le funzioni d’onda dell’elettrone nell’atomo di idrogeno, chiamate orbitali atomici, sono quantità tridimensionali e dipendono da tre numeri interi, detti numeri quantici (n, l e ml). L’orbitale è la regione dello spazio in cui si ha la massima probabilità di trovare un elettrone con una certa energia. Il numero quantico principale n (n = 1, 2, 3…,7) determina l’energia dell’elettrone in un atomo di idrogeno Il numero quantico angolare o azimutale l (l = 0, 1,…, n-1) specifica la forma dell’orbitale valori di l orbitale: s p d f Il numero quantico magnetico ml (ml = +l, 0, -l) definisce l’orientazione spaziale di un orbitale

81 Le equazioni per le funzioni d’onda  provengono da due funzioni: la funzione radiale e la funzione angolare. La funzione radiale dipende dai numeri quantici n e da l e ci dice come il valore di  dipende dalla distanza dal nucleo . La funzione angolare dipende dai numeri quantici l e ml e riflette i cambiamenti che si verificano quando ci si allontana dal nucleo in diverse direzioni.

82 Per n = 1 l’energia assume il valore più basso consentito che corrisponde allo stato fondamentale per l’atomo di idrogeno. La funzione d’onda che descrive lo stato fondamentale dipende solo da r = distanza dell’elettrone dal protone e può essere scritta come (r). Questa funzione d’onda è descritta anche come 1s o orbitale 1s.

83 orbitale 1s Densità di probabilità dell’orbitale 1s in funzione di r.
Sebbene la probabilità di trovare l’elettrone vicino al nucleo sia massima, la curva non assume mai valore zero. La probabilità di trovare l’elettrone a una qualsiasi distanza dal nucleo non è mai nulla.

84 orbitale 1s La densità di probabilità dell’orbitale 1s dipende soltanto dalla grandezza di r e non dalla sua direzione nello spazio ed ha simmetria sferica. La densità della punteggiatura è proporzionale alla probabilità di trovare l’elettrone in quella regione. La sfera circoscrive un volume in cui la probabilità di trovare un elettrone è il 99%.

85 orbitale 1s Relazione tra il diagramma di 21s in funzione di r e una rappresentazione per punti dell’orbitale 1s. Entrambe le rappresentazioni indicano la probabilità di trovare un elettrone decresce man mano che ci si allontana dal nucleo. Il raggio della sfera che racchiude il 99% della probabilità di trovare un elettrone in un orbitale 1s è ca. 200 pm.

86 Differenti rappresentazioni di un orbitale 1s

87 Differenti rappresentazioni di un orbitale 1s
Rappresentazione a nuvola elettronica. Grafico di 4r22 in funzione della distanza r dell’elettrone dal nucleo. Questo grafico rappresenta la probabilità di trovare l’elettrone in un sottile guscio sferico ad una distanza r dal nucleo (grafico di densità superficiale o grafico di distribuzione radiale). Per l’orbitale 1s, 4r22 vale zero in corrispondenza del nucleo e raggiunge un valore massimo ad una distanza dal nucleo pari a 0,053 nm). c) Rappresentazione mediante una superficie di confine.

88 Numero quantico angolare o azimutale, l
Il numero quantico angolare l specifica la forma dell’orbitale. Orbitali con un diverso valore di l hanno diversa forma. Un risultato diretto della soluzione dell’equazione di Schrödinger è che l può assumere soltanto i valori 0, 1, 2, ……, n-1. Tutti gli orbitali s (l = 0) sono sfericamente simmetrici. Gli orbirtali p (l = 1) sono cilindricamente simmetrici rispetto al proprio asse e hanno una superficie nodale. Gli orbitali d (l = 2) hanno due superfici nodali. Gli orbitali sono denominati facendo seguire all’iniziale valore numerico n (1, 2, 3), la lettera corrispondente al valore di l (es. 1s, 3d).

89 n l 1 2 0, 1 3 0, 1, 2 4 0, 1, 2, 3 . 0, 1, 2, 3, ……… n - 1 l 1 2 3 4 denominazione s p d f g I simboli degli orbitali derivano dalla classificazione delle righe degli spettri di emissione degli elementi in quattro gruppi: sottile (s), principale (p), diffuso (d), fondamentale (f)

90 Designazione degli orbitali con lettere
1 1s 2 2s 2p 3 3s 3p 3d 4 4s 4p 4d 4f

91 orbitale 2s Relazione tra il diagramma di 22s in funzione di r e una rappresentazione per punti dell’orbitale 2s. Un orbitale 2s ha una superficie nodale (sferica) dove la densità dell’elettrone è nulla con raggio di ca. 100 pm. Il raggio della sfera che racchiude il 99% della probabilità di trovare un elettrone in un orbitale 2s è ca. 600 pm. Sezione del diagramma tridimensionale

92 orbitale 3s Relazione tra il diagramma di 23s in funzione di r e una rappresentazione per punti dell’orbitale 3s. Un orbitale 3s ha due superfici nodali (sferiche) dove la densità dell’elettrone è nulla. Il raggio della sfera che racchiude il 99% della probabilità di trovare un elettrone in un orbitale 3s è ca pm.

93 orbitale 2p b a ortitale 2p: rappresentazione della superficie che racchiude il 99% della probabilità di trovare un elettrone. Il piano xy che biseca l’orbitale 2p è una superficie nodale Rappresentazione mediante diagramma a punti della densità di probabilità di un elettrone 2p

94 Numero quantico magnetico, ml
Il numero quantico magnetico, ml determina l’orientazione spaziale dell’orbitale. Un risultato diretto della soluzione dell’equazione di Schrödinger è che ml può assumere soltanto i valori interi compresi tra l e – l. ml = 0,  1,  2, …..  l

95 Valori di l e ml permessi per n da 1 a 4
Orbitale Numero di orbitali 1 1s 2 2s 1, 0, -1 2p 3 3s 3p 2, 1, 0, -1, -2 3d 5 4 4s 4p 4d 3, 2, 1, 0, -1, -2, -3 4f 7

96 I tre orbitali 2p Hanno la stessa forma perché hanno lo stesso valore del numero quantico angolare (l = 1), ma una diversa orientazione spaziale perché hanno un diverso numero quantico magnetico. I tre orbitali p sono diretti lungo gli assi x, y e x, e sono indicati con px, py, pz. pz py px

97 I cinque orbitali 3d dxz dxy dyz

98 I cinque orbitali 3d Ognuno dei cinque orbitali 5d ha due superfici nodali. Gli orbitali d sono importanti nella chimica dei metalli di transizione. Gli orbitali dxy, dyz, dxz, hanno tutti i lobi che bisecano gli assi da cui prendono il nome; le superfici nodali sono dirette lungo i piani perpendicolari a questi assi. L’orbitale dx2- y2 ha quattro lobi situati sugli assi x ed y e due superfici nodali lungo i piani che intersecano questi assi. L’orbitale dz2 ha una forma unica costituita da due lobi e un anello, definita da due superfici nodali coniche orientate lungo l’asse z. Il valore di l è uguale al numero di superfici nodali che passano attraverso il nucleo.

99 Orbitali f Gli orbitali f hanno tutti l = 3; pertanto tre superfici nodali passano attraverso il nucleo dando luogo a otto regioni di densità elettronica.

100

101 I numeri quantici e gli orbitali: strati e sottostrati
In atomi che posseggono due o più elettroni, due o più elettroni possono avere lo stesso valore di n. Si dice che tali elettroni si trovano nello stesso strato elettronico o livello elettronico. Gli elettroni in un certo strato possono essere raggruppati in sottostrati o sottolivelli. Ogni sottostrato è caratterizzato da un valore differente del numero quantico l. n coincide con il numero di sottostrati nello strato in oggetto; 2l + 1 = numero degli orbitali nel sottostrato in oggetto = valori che può assumere ml; n2 = numero degli orbitali in uno strato elettronico.

102 I numeri quantici e gli orbitali: strati e sottostrati
Primo strato elettronico, n = 1 Quando n = 1, l può essere solo = a 0. Esiste un solo sottostrato formato da un solo orbitale, l’orbitale 1s. Secondo strato elettronico, n = 2 Quando n = 2, l può avere due valori, 0 e 1. Sono presenti due sottostrati, il sottostrato 2s e il sottostrato 2p. Terzo strato elettronico, n = 3 Quando n = 3 l può assumere i valori 0, 1, 2. Sono possibili tre sottostrati, il sottostrato 3s (l = 0, un orbitale), il sottostrato 3p (l = 1, tre orbitali) e il sottostrato 3d (l = 2, cinque orbitali) Quarto sottostrato, n = 4, e successivi Nello strato con n = 4 ci sono quattro sottostrati, oltre agli orbitali 4s, 4p e 4d, c’è un sottostrato 4f per il quale l = 3. Gli orbitali f sono sette, perché sette sono i valori possibili per ml.

103

104 Spin intrinseco dell’elettrone
Per spiegare alcuni sdoppiamenti delle linee spettrali degli spettri atomici (es. Na) il fisico tedesco Wolfang Pauli (1926) sostenne che questi sdoppiamenti potevano essere spiegati se l’elettrone esiste in due stati differenti. Uhlenbeck e Goudsmit identificarono questi due differenti stati in una proprietà chiamata spin intrinseco dell’elettrone, come se l’elettrone potesse ruotare attorno al proprio asse in una delle due direzioni, oraria e antioraria. Una carica in rotazione genera un campo magnetico, per cui gli elettroni agiscono come piccoli magneti orientandosi rispetto ad un campo magnetico esterno, in modo parallelo o antiparallelo. Lo spin intrinseco di un elettrone introduce un quarto numero quantico, chiamato numero quantico di spin, ms, che designa lo stato di spin di un elettrone e che può assumere due soli valori + ½ e – ½.

105 Spin intrinseco dell’elettrone
Sono necessari quattro numeri quantici per descrivere lo stato dell’elettrone in un atomo di idrogeno: n = 1, 2, 3,…… l = 0, 1, 2,…, n-1 ml = +l, +(l-1), ….., 0, -1,….., -l ms = + ½ o -½ Un elettrone di un atomo è caratterizzato dal valore dei quattro numeri quantici (n, l, ml, ms).

106 Combinazioni permesse per i quattro numeri quantici per n da 1 a 3 n l
ml ms 1 +1/2 o -1/2 2 +1 -1 3 +2 -2

107 Energie degli orbitali atomici

108 Energie degli orbitali atomici
Per l’atomo di idrogeno l’energia dipende esclusivamente dal numero quantico principale n, per cui orbitali con lo stesso valore di n hanno la stessa energia. Per gli atomi multielettronici, dove sono presenti oltre alle interazioni elettrone-nucleo anche le interazioni elettrone-elettrone, le energie degli orbitali dipendono sia dal numero quantico principale n che dal numero quantico angolare l. Orbitali con lo stesso valore di n ma diverso valore di l hanno energia differente. Al crescere di n, le energie degli orbitali aumentano e si avvicinano tra loro, pertanto le inversioni nell’ordine delle energie sono ancora più pronunciate ad alte energie.

109 Energie degli orbitali atomici
Dispositivo mnemonico per ricordare l’ordine delle energie degli orbitali di atomi neutri contenenti più di un elettrone. 1s<2s<2p<3s<3p<4s<3d<4p<5s<4d<5p<6s<4f<5d<6p<7s<5f<6d<7p<8s

110 Principio di esclusione di Pauli
Per correlare la struttura elettronica con la tavola periodica dobbiamo imparare come assegnare gli elettroni ai diversi orbitali. Principio di esclusione di Pauli (1926): in un singolo atomo (o in una singola molecola costituita da più atomi) non possono coesistere due elettroni che abbiano i quattro numeri quantici uguali. In un orbitale possono essere presenti al massimo due elettroni con spin opposto o antiparallelo. ↑ +½ ↓ -½ Quando due elettroni occupano un orbitale si dice che essi hanno spin accoppiato. Un singolo elettrone in un orbitale possiede spin spaiato ed è definito elettrone spaiato.

111 Il massimo numero di elettroni in uno strato è 2n2

112 Le configurazioni elettroniche degli atomi
La disposizione degli elettroni negli orbitali atomici è chiamata configurazione elettronica dell’atomo. La configurazione elettronica si riferisce allo stato elettronico fondamentale ossia lo stato elettronico permesso a più bassa energia. La configurazione elettronica dello stato fondamentale è ottenuta con il riempimento degli orbitali atomici a più bassa energia in accordo con il principio di esclusione di Pauli e la regola di Hund.

113 Regola di Hund Per ogni insieme di orbitali della stessa energia, ovvero per qualsiasi sottostrato o sottoguscio, la configurazione elettronica dello stato fondamentale si ottiene ponendo gli elettroni in orbitali differenti con spin parallelo, ovvero la disposizione di elettroni più stabile è quella con il numero massimo di elettroni spaiati, tutti con la stessa direzione di spin. Questo infatti minimizza le repulsioni elettrostatiche tra gli elettroni.

114 Configurazione elettronica dello stato fondamentale
Ogni orbitale è rappresentato da un quadratino (☐). Per mostrare gli elettroni si usano le frecce (↑, ↓) e per disegnare le frecce ci sono tre regole: ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni, purché di spin opposto (principio di esclusione di Pauli) si occupano prima gli orbitali a più bassa energia e poi quelli a energia più elevata (principio della costruzione progressiva o di Aufbau); se ci sono orbitali della stessa energia, prima si colloca un elettrone su ciascun orbitale vuoto e poi si completano gli orbitali semipieni (regola di Hund). Tabella 5.5

115 H 1s1 He 1s2 Li 1s22s1 Be 1s22s2 B 1s22s22p1 C 1s22s22p2 N 1s22s22p3 O
Elemento Configurazione elettronica dello stato fondamentale H 1s1 He 1s2 Li 1s22s1 Be 1s22s2 B 1s22s22p1 C 1s22s22p2 N 1s22s22p3 O 1s22s22p4 F 1s22s22p5 Ne 1s22s22p6

116 Configurazioni elettroniche dello stato fondamentale per gli elementi della terza riga
Elemento Configurazione elettronica dello stato fondamentale Forma abbreviata Na 1s22s22p63s1 [Ne]3s1 Mg 1s22s22p63s2 [Ne]3s2 Al 1s22s22p63s23p1 [Ne]3s23p1 Si 1s22s22p63s23p2 [Ne]3s23p2 P 1s22s22p63s23p3 [Ne]3s23p3 S 1s22s22p63s23p4 [Ne]3s23p4 Cl 1s22s22p63s23p5 [Ne]3s23p5 Ar 1s22s22p63s23p6 [Ne]3s23p6 o [Ar]

117 Configurazione elettronica dello stato fondamentale
Configurazioni elettroniche dello stato fondamentale per i metalli alcalino-terrosi Elemento Configurazione elettronica dello stato fondamentale Be [He]2s2 Mg [Ne]3s2 Ca [Ar]4s2 Sr [Kr]5s2 Ba [Xe]6s2 Ra [Ra]7s2

118

119 Stati elettronici eccitati
Li(1s22s1) + hν Li*(1s22p1) Lo stato elettronico fondamentale di un atomo è solo il più basso stato energetico atomico permesso. Quando un atomo assorbe radiazione elettromagnetica, un elettrone è promosso ad un orbitale a più alta energia e si dice che l’atomo è in uno stato eccitato.

120 Diversamente dall’equazione di Bohr che è valida solo per l’atomo di H, l’equazione di Schrödinger, che può essere risolta con l’ausilio di un computer, permette di trovare i valori dell’energia sia dello stato fondamentale che di quelli eccitati in elementi multielettronici. Essa è in grado di predire le transizioni di livello energetico che si correlano con gli spettri atomici dei vari elementi e anche di predire le similitudini periodiche degli elementi e di fornire una base teorica per l’intera tavola periodica.

121 Configurazioni dello stato fondamentale degli elettroni più esterni degli elementi.
Sopra ogni gruppo sono riportate le configurazioni elettroniche di valenza comuni per gli elementi dei gruppi principali.

122 Gli elettroni che occupano il guscio più esterno (guscio occupato da elettroni con il valore di n più alto) sono chiamati elettroni di valenza. Gli elementi della stesso gruppo della tavola periodica hanno una configurazione degli elettroni di valenza simile. Il numero del gruppo corrisponde al numero di elettroni di valenza. Gli elementi che appartengono allo stesso periodo presentano gli elettroni di valenza allo stesso livello energetico. Gli elettroni di valenza determinano le proprietà chimiche di un elemento. Il numero quantico principale dell’orbitale più esterno coincide con il numero della riga della tavola periodica.

123 Configurazione elettronica degli elementi
In corrispondenza del calcio, Ca (Z = 20), l’orbitale 4s è completamente riempito. Gli orbitali successivi disponibili sono i cinque orbitali 3d. Nella prima serie dei metalli di transizione avviene il riempimento sequenziale dei 5 orbitali 3d (serie dei metalli di transizione 3d) (10 elettroni totali, 10 metalli di transizione tra Ca e Ga). Si osserva una irregolarità per Cr e Cu: un elettrone è stato preso dall’orbitale 4s per ottenere il semiriempimento (Cr) o un completo riempimento (Cu) dei 5 orbitali 3d. Dopo gli orbitali 3d i successivi orbitali disponibili son i 4p (serie dal Ga al Kr sotto le serie 2p (dal B al Ne) e 3p (da Al a Ar). Dopo gli orbitali 4p abbiamo gli orbitali 5s (Rb e Sr).

124 Dopo i 5s seguono i 4d, che danno luogo alla serie dei metalli di transizione 4d (da Y a Cd) che presenta un maggior numero di irregolarità rispetto alla serie 3d. Segue la serie degli orbitali 5p (da In a Xe). Dopo i 5p ci sono gli orbitali 6s (Cs e Ba). Dopo i 6s inizia il riempimento dei 7 orbitali 4f. Gli elementi dal lantanio (La, Z = 57) all’itterbio (Yb, Z = 70) costituiscono la serie dei lantanidi che non presentano irregolarità nel riempimento degli orbitali 4f e che hanno proprietà chimiche simili in quanto differiscono solo per il numero di elettroni del sottoguscio 4f. La distanza media degli elettroni 4f (n = 4, l = 3) dal nucleo, è inferiore a quella degli elettroni 6s (n 6, l = 0) o 5p (n = 5, l = 1). La densità elettronica 4f è concentrata verso l’interno dell’atomo, pertanto gli elettroni 4f hanno scarso effetto sull’attività chimica che è determinata dagli elettroni esterni 6s e 5p (metalli di transizione interna).

125 Dopo i 4f seguono gli orbitali 5d: serie dei metalli di transizione 5d da Lu (Z = 71) a Hg (Z = 80).
Segue la serie degli elementi dal Tl (Z = 81) al radon (Rn, Z = 86) che corrispondono al riempimento degli orbitali 6p. Seguono gli orbitali 7s (Fr e Ra). Dopo i 7s inizia il riempimento degli orbitali 5f da attinio, Ac (Z = 89) a nobelio, No (Z = 102): serie degli attinidi. Tutti gli elementi di questa serie sono radioattivi. Gli elementi dopo l’uranio, U (Z = 92), chiamati elementi transuranici, non sono presenti in natura, ma sono stati generati da reazioni nucleari.

126 Configurazione elettronica degli elementi della prima serie di transizione

127 Irregolarità della serie 4d
Nb (5s14d4) Mo (5s14d5) Ru (5s14d7) Rh (5s14d8) Pd (4d10) Ag (5s14d10) Le proprietà magnetiche dell’argento sono dovute all’elettrone 5s1

128 Tavola periodica allargata che indica la sequenza di riempimento degli orbitali
blocco s blocco p blocco d X: eccezione nel normale ordine di riempimento O: eccezioni derivanti da sottogusci completi o semiriempiti blocco f

129 Le proprietà periodiche degli elementi
Le proprietà degli elementi variano con regolarità lungo la tavola periodica in base alla variazione periodica della configurazione elettronica dello strato di valenza. Proprietà periodiche: raggio atomico energia di ionizzazione affinità elettronica elettronegatività

130 Raggio atomico Gli orbitali atomici non hanno un confine definito, tuttavia è possibile definire la dimensione di un atomo, affermando che il raggio atomico è pari alla metà della distanza minima di avvicinamento tra due atomi dello stesso elemento (raggio covalente). Questo approccio può essere usato solo se esistono composti molecolari dell’elemento. Per i metalli, i raggi atomici possono essere stimati misurando la distanza tra atomo e atomo in un cristallo dell’elemento.

131 Raggio atomico Raggi atomici degli elementi in funzione del numero atomico

132 Raggio atomico Andamento dei raggi atomici nella tavola periodica
Per gli elementi dei gruppi principali, il raggio atomico aumenta lungo un gruppo andando dall’alto verso il basso e diminuisce lungo un periodo andando da sinistra verso destra.

133 Raggio atomico

134 Raggio atomico I fattori che influenzano il raggio atomico sono due:
Le dimensioni di un atomo sono determinate dagli elettroni più esterni. Scendendo lungo il gruppo, gli elettroni più esterni occupano orbitali il cui numero quantico principale n aumenta e gli elettroni degli strati più esterni devono essere più distanti dal nucleo, mentre gli elettroni interni schermano la carica positiva del nucleo. Per gli elementi dei gruppi principali di un dato periodo, il numero quantico principale n è lo stesso, ma muovendosi da sinistra a destra lungo il periodo la carica nucleare effettiva Z* aumenta. Il risultato è che l’attrazione tra il nucleo e gli elettroni aumenta, ed il raggio atomico diminuisce. Z* = carica nucleare di cui risente effettivamente un particolare elettrone in un atomo polielettronico, a causa della presenza degli altri elettroni

135 Andamento dei raggi atomici negli elementi di transizione

136 Energia di ionizzazione
L’energia di ionizzazione è l’energia necessaria per rimuovere un elettrone da un atomo isolato in fase gassosa. A (g) + energia A+(g) + e- L’energia di prima ionizzazione aumenta lungo un periodo da sinistra verso destra e diminuisce lungo un gruppo dall’alto verso il basso. Il raggio atomico aumenta man mano che si scende lungo un gruppo: più lontano è l’elettrone dal nucleo, minore è l’attrazione nucleare, più facilmente viene rimosso l’elettrone. La diminuzione delle dimensioni atomiche che si osserva spostandosi da sinistra a destra lungo il periodo a causa dell’aumento di carica nucleare, si riflette nel corrispondente aumento delle energie di prima ionizzazione.

137 Energia di ionizzazione
Andamento dell’energia di prima ionizzazione nella tavola periodica

138 Energia di ionizzazione

139 Affinità elettronica L’affinità elettronica EA è l’energia che si libera quando un atomo in fase gassosa acquista un elettrone. L’affinità elettronica, come l’energia di prima ionizzazione, aumenta lungo un periodo da sinistra verso destra e diminuisce lungo un gruppo dall’alto verso il basso. A (g) + e A-(g) + energia

140 Affinità elettronica

141 Elettronegatività L’elettronegatività di un elemento misura la sua tendenza ad attrarre gli elettroni di legame da un altro elemento. L’elettronegatività aumenta lungo un periodo da sinistra verso destra e diminuisce lungo un gruppo dall’alto verso il basso.

142 Elettronegatività

143 Elettronegatività

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